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Tribunale Bologna sez. IV, 14/08/2017, n.1877

Massima

In tema di revocatoria, ai fini dell’art. 2901 cod. civ. quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore. La relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato; e tutto ciò senza che assumano, viceversa, rilevanza l’intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis), né la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo: pertanto, come nel caso di specie, è sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (“scientia damni”), ovvero la previsione di un mero danno potenziale, ove la nozione di scientia damni designa appunto la mera “coscienza” del debitore “disponente” circa il “pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore, ossia la consapevolezza, del debitore alienante della diminuzione della garanzia generica, per la riduzione della consistenza patrimoniale.

Supporto alla lettura

Azione revocatoria

L’azione revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, con cui il creditore chiede la revoca e conseguente dichiarazione di inefficacia di atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, che diminuiscano la garanzia del creditore, ossia la sua possibilità di soddisfarsi sul patrimonio del debitore. A differenza dell’azione surrogatoria, il cui esito è a favore di tutti i creditori, l’azione revocatoria opera ad esclusivo vantaggio del creditore che ha agito. L’atto revocato rimane perfettamente valido, ma esso è inefficace nei confronti del creditore che ha agito, che potrà soddisfarsi sul bene oggetto dell’atto revocato come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore e sottoporlo ad esecuzione forzata (art. 2902 c.c.). In sostanza il terzo che acquista non potrà avvalersi dello scudo della trascrizione a protezione del bene quale regime di pubblicità dell’atto poiché inopponibile al creditore che ha esperito vittoriosamente l’azione revocatoria. Il bene sarà esposto quindi ad azioni esecutive e conservative.

Ambito oggettivo di applicazione

A) La vicenda in esame trova origine nel giudizio instaurato da “Equitalia Centro S.p.A.”, la quale ha proposto la presente azione revocatoria, instaurata ai sensi dell’art.2901 c.civ. nei confronti di YY, di JJ e di XX, così concludendo “… dato atto che il Sig. YY è debitore nei confronti degli Enti impositori risultanti dagli estratti di ruolo della somma contenuta nella cartella di pagamento notificata, per un totale di E *938.429,32* oltre interessi ed accessori; 1) Revocarsi, ex art.2901 c.civ. e dichiararsi che l’atto di compravendita 24.5.2010, ai rogiti Dott. G(omissis) M(omissis), Notaio in Bologna, iscritto nel ruolo del Distretto Notarile di Bologna, numero di repertorio (omissis)/(omissis) (doc. n. 3), trascritto presso la Conservatoria dei R.R.I.I. di Bologna come da note di trascrizione Reg. Gen. n. (omissis), Reg. Part. n. (omissis), presentata in data (omissis) (omissis) 2010 e Reg. Gen. n. (omissis), Reg. Part. n. (omissis), presentata in data (omissis) (omissis) 2010, e trascritto altresì presso la Conservatoria dei R.R.I.I. di Ravenna come da note di trascrizione Reg. Gen. n. (omissis), Reg. Part. n. (omissis), presentata in data (omissis) (omissis) 2010, con il quale il Sig. YY ha trasferito la piena proprietà degli immobili siti nel Comune di San Lazzaro di Savena (Bologna) al Sig. JJ ed alla Sig.ra XX e nel Comune di Ravenna al solo Sig. JJ, come sopra meglio descritto, è stato effettuato in danno alle ragioni dell’odierna attrice, e, conseguentemente, dichiararsi tale atto inefficace nei confronti di Equitalia Centro S.p.A.; e per l’effetto revocarsi ex art. 2901 c.civ. e dichiararsi che l’atto di compravendita in data 3.7.2014, ai rogiti Dott. G(omissis) M(omissis), Notaio in Bologna, iscritto nel molo del Distretto Notarile di Bologna, numero di repertorio (omissis)/(omissis), con il quale la Sig.ra XX ha venduto la propria quota dell’immobile sito in San Lazzaro di Savena al Sig. JJ è stato effettuato in danno alle ragioni dell’odierna attrice, e, conseguentemente, dichiararsi anche tale atto inefficace nei confronti di Equitalia Centro S.p.A. 2) Ordinarsi al Conservatore dei RR.II. di Bologna e di Ravenna di procedere alla trascrizione della emananda sentenza, con esonero di qualsivoglia responsabilità; 3) Con vittoria di spese, diritti e onorari di lite …”; in particolare, si trattava del trasferimento negoziale dell’originaria proprietà appartenente pro quota al YY – identificato quale debitore dell’Erario, sulla base degli estratti di ruolo di cui alla cartella di pagamento (n. 02020100083736130) notificatagli in data 15/10/2010 – sul patrimonio immobiliare costituito dai seguenti cespiti:

a) Bene situato nel Comune di Ravenna, censito al Catasto Fabbricati – Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (A2), Viale (omissis) P. 2-4;

b) Beni situati nel Comune di San Lazzaro di Savena ed ivi censiti al Catasto Fabbricati – *Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (A3), Via ‘Alfa’ n. 28, P. 3 int. 6; – *Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (C6), Via ‘Alfa’ n. 28, P.T.; – *Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (C7), Via ‘Alfa’ n. 28, P.T.; – *Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (C6), Via ‘Beta’ n. 3, P. S1.

Riguardo tutti i suddetti beni, con unitario atto notarile del 24/5/2010, YY cedeva per intero le relative quote di cui egli risultava titolare, trasferendole a titolo oneroso ai due soggetti che ne erano rispettivamente comproprietari per il residuo, costituiti appunto dal figlio JJ e dalla moglie dello stesso venditore, XX: ciò in quanto quest’ultima – che già ne era comproprietaria per il 50% – acquistò così la restante metà, appartenente al marito, dell’autorimessa sita in via ‘Beta’ n. 3 a San Lazzaro di Savena; nel contempo, il padre YY cedette al figlio JJ – già loro comproprietario per il 25% – la residua porzione indivisa di 3/4 su tutti gli altri cespiti appartenenti fino a quel momento al venditore, sia il bene ubicato in Ravenna, sia quelli di via ‘Alfa’ n. 28 a San Lazzaro di Savena. Sicché, all’esito della complessiva operazione appena descritta, nessuna intestazione immobiliare residuava più in capo al YY; inoltre, in seguito (con atto di compravendita a rogito notaio G(omissis) M(omissis)) in data 3/7/2014 la XX (che si precisa non essere la madre naturale di JJ) ha ceduto allo stesso JJ la proprietà dell’intero suddetto immobile ad uso autorimessa – l’unico situato in via ‘Beta’ n. 3, a San Lazzaro di Savena (censito nel *Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (C6), Via ‘Beta’ n. 3, P. S1) – di cui ella aveva acquistato la residua quota di 1/2 dal marito YY, essendone già originaria contitolare per la metà: nel descritto contesto, anche di tale autonomo e successivo “ritrasferimento” l’odierna attrice “Equitalia” ha chiesto qui pronunciarsi l’inefficacia, ai sensi dell’art.2901 co.ult. c.civ., sul presupposto ex lege che il suo “compratore finale” – nella persona sempre di JJ, ormai unico titolare di tutte le quote dei beni che costituivano l’originario patrimonio immobiliare del padre YY – non potrebbe definirsi come un “terzo subcessionario di buona fede”, ma viceversa è da ritenere assoggettabile agli “effetti riflessi” derivanti dalla revocatoria dell’atto traslativo “sottostante” in parte qua alla situazione giuridica odierna, cioè quello stipulato in data 24/5/2010 fra gli allora comproprietari YY e XX.

B) Nel quadro così delineato, “Equitalia Centro” lamenta l’intervenuta decurtazione del patrimonio del YY lesiva della sua capacità di fronteggiare adeguatamente la relativa responsabilità ex art.2740 c.civ., una volta trasferite ai propri congiunti – rispettivamente moglie e figlio – tutte le quote di proprietà immobiliari a lui appartenenti; sicché:

*1) da un lato, tali atti dispositivi da parte del contribuente avrebbero “…inesorabilmente precluso all’odierna attrice qualsiasi possibilità di agire in executivis sui beni che, prima dei citati atti di compravendita, appartenevano allo stesso. La circostanza che l’atto di compravendita, sia stato compiuto dal debitore in epoca concomitante alla notifica della cartella di pagamento posta alla base del credito da riscuotere, sono da ritenersi, a parere della scrivente difesa, elementi sufficienti a delinearne la preordinazione in capo allo stesso il quale era palesemente consapevole del pregiudizio che tale atto avrebbe cagionato alle ragioni dell’Agente della Riscossione. Si appalesano, pertanto, tutti i requisiti richiesti dalla legge per chiedere all’Ill.mo Tribunale adito la revocatoria dell’atto di compravendita …” l’art. 2901 prevede una nozione ampia di “credito”, comprensiva anche della semplice ragione od aspettativa (in questo senso, Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza n. 12678 del 17 ottobre 2001). Nel caso di specie, il credito per il quale si procede è quello portato dalle cartelle di pagamento che riproducono essenzialmente i ruoli predisposti dall’Ente impositore … l’inutile decorso del termine fissato per il pagamento della cartella produce automaticamente lo stato di morosità del debitore, cosicché, a partire dal 61° giorno successivo alla notificazione, l’Agente della Riscossione può dare avvio alla procedura esecutiva per il soddisfacimento del credito iscritto a ruolo. Come detto più sopra, ad oggi il credito vantato da “Equitalia Centro S.p.A.” nei confronti del Sig. YY ammonta ad Eu*938.429,32*. Non vi è dubbio alcuno, pertanto, che la cartella di pagamento, rappresenti, di per sé, titolo esecutivo per … fondare il ricorso all’azione revocatoria …”;

*2) d’altro canto, ne emergerebbe dunque il necessario “eventus damni“, da identificare secondo “… numerose pronunce … “non soltanto quando si determini la perdita, in tutto od in parte, della garanzia patrimoniale offerta dal debitore, ma anche quando si verifichi maggiore difficoltà, incertezza o dispendio nell’esazione coattiva del credito” (Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza n. 2400 del 22 mano 1990, e, conformi, Sezione III, sentenza n. 6777 del 15 giugno 1995, Sezione III, sentenza n. 6272 del 10 luglio 1997, Sezione Il, sentenza n. 5863 del 12 giugno 1998). Possono, pertanto, ritenersi pregiudizievoli per il soddisfacimento delle ragioni dei creditori tutti quegli atti con cui il debitore modifica la sua situazione patrimoniale … con conseguente diminuzione del suo patrimonio fino a farlo diventare insufficiente a garantire il soddisfacimento di tutti i creditori. Inoltre, si considerano pregiudizievoli quegli atti che, pur senza diminuire il patrimonio, diminuiscano tuttavia la garanzia da esso assicurata ai creditori, rendendo più difficile la soddisfazione dei loro crediti … basti pensare, per esempio, alla trasformazione di un bene in un altro che sia meno agevolmente aggredibile in sede esecutiva, oppure che sia semplicemente più facilmente occultabile (Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza n. 7262 del 1° giugno 2000, e Sezione III, sentenza n. 4578 del 6 maggio 1998) … essendo, invece, sufficiente un pericolo di danno derivante dall’atto di disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale del debitore, tale da rendere incerta l’esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità (Corte di Cassazione, Sez. Il, sentenza n.2971 del 29 marzo 1999) … peraltro “…l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe, secondo i principi generali, al convenuto nell’azione revocatoria, che eccepisca la mancanza, per questo motivo, del cd. eventus damni …” (Corte di Cassazione, sezione I, sentenza n. 15257 del 6 agosto 2004)…”;

*3) infine, nel nostro caso l’elemento psicologico da verificare andrebbe ricondotto alla specifica nozione della mera scientia damni, che “… in capo al debitore corrisponde alla consapevolezza del pregiudizio che quell’atto cagiona alle ragioni creditorie … necessaria e sufficiente la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, essendo l’elemento soggettivo integrato dalla semplice conoscenza – cui va equiparata l’agevole conoscibilità – nel debitore (e, in ipotesi di atto a titolo oneroso, nel terzo) di tale pregiudizio, a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l’azione, e senza che assumano rilevanza né l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, né la partecipazione o la conoscenza da parte del terzo in ordine all’intenzione fraudolenta del debitore (Corte di Cassazione, sentenza n. 7262/2000 cit.). L’esistenza del requisito in esame, nel caso di specie, appare di palmare evidenza, posto che l’atto di compravendita si è perfezionato successivamente all’insorgenza del credito, ed in concomitanza con la notificazione della cartella n. 0202010083736130000. Inoltre, non sembra revocabile in dubbio che anche i Sig.ri JJ e XX, in quanto figlio e coniuge del debitore, fossero a conoscenza del debito tributario. Elementi quali il vincolo di parentela intercorrente tra le parti della compravendita, e la vicinanza temporale tra la data della disposizione e quella della richiesta di pagamento da parte dell’odierna attrice, non possono che contribuire alla determinazione, in capo al terzo, della consapevolezza richiesta dalla legge ai fini del legittimo esercizio dell’azione de qua. Il debitore, tra l’altro, continua a risiedere presso uno degli immobili oggetto di trasferimento, unitamente al nucleo famigliare composto dalla moglie Sig.ra XX e dal figlio Sig. JJ…”.

C) Ritualmente costituitisi tutti con il medesimo difensore, i tre convenuti hanno resistito alle tesi avversarie sotto una pluralità di aspetti – pur senza negare la ricostruzione storica sopra riferita, peraltro parzialmente integrata come poi vedremo – sostenendo che:

*a) “…le condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ex art 2901 c.c., consistono nell’esistenza di un valido rapporto di credito tra chi agisce in revocatoria e il debitore disponente, nell’effettività del danno inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell’atto pregiudizievole del credito. Ora, dall’esame della documentazione, versata in atti da “Equitalia”, non si evince alcun titolo e/o documento a fondamento della pretesa creditoria vantata dalla stessa. La stessa Equitalia, nelle proprie argomentazioni in fatto e diritto … non fa cenno alcuno delle vicende processuali che hanno caratterizzato la cartella di pagamento (n.02020100083736130), né fa menzione alcuno del suo ricorso avanti la Suprema Corte di Cassazione, per l’annullamento della sentenza n.45 emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Bologna, il 4 Luglio 2013, in relazione a detta cartella di pagamento. Inoltre … le azioni esecutive intraprese da Equitalia in relazione al recupero del credito di cui nella cartella di pagamento (n. 020201000$3736130) sono state puntualmente opposte processualmente dal disponente sig. YY: ne consegue che attualmente Equitalia non ha alcun titolo e/o documentazione per agire legittimamente in odio ai sig.ri YY e JJ e XX. A questo proposito è opportuno osservare quanto segue … la Commissione Tributaria Provinciale di Bologna Commissione sez. n.5 aveva rigettato il ricorso proposto dal sig. YY contro la cartella di pagamento esattoriale (n. 02020100083736130), avente ad oggetto pretese creditorie per IRPEF, IVA, ADD. Reg. e sanzioni, oltre accessori per le annualità dal 2003 al 2006, notificata il 15 Ottobre 2010 …. la CTR dichiarava la nullità della cartella di pagamento (n. 02020100083736130) per i motivi di cui nella sentenza … travolgeva anche la pretesa relativa agli interessi di mora ed alle sanzioni, assorbendo gli altri motivi di impugnazione, cosicché si accoglieva l’appello proposto dal sig. YY. Ciò nonostante, Equitalia nel mese di Febbraio 2014 notificava il proprio ricorso presso la Corte Suprema di Cassazione – sez. Tributaria – per l’annullamento della sentenza n.45, pronunciata il 4 Febbraio 2013 e depositata il 4 Luglio 2013 dal CTR di Bologna … alcuni giorni prima del termine di mesi 6 dalla pubblicazione della sentenza incriminata, faceva seguire poi l’odierno atto di citazione in revocatoria ex art. 2901 c.civ. contro i convenuti alcuni giorni prima del termine dei 5 anni ex art. 2903 c.civ. dalla perfezione dell’atto pubblico del disponente, per evitare forse l’eccezione di prescrizione del diritto vantato da essa … Orbene, a tutt’oggi, nessuna udienza è stata fissata per la discussione dalla Suprema Corte di Cassazione, sez. Tributaria : ne deriva che Equitalia non è legittimata ad agire giudizialmente nei confronti dei convenuti; peraltro non si prospetta neppure un’aspettativa di credito da tutelare attraverso l’azione revocatoria, stante la mancanza di elementi probatori in possesso di Equitalia. È evidente che nel caso di accoglimento del controricorso presentato dal sig. YY avanti la S.C. di Cassazione – sez Tributaria – nessuna pretesa creditoria può essere in futuro utilmente esercitabile da parte della ricorrente (cfr.: Cass. S.U. 29431/2008). Ne consegue, a parere di questa difesa, che l’azione giudiziaria intrapresa da Equitalia ex art. 2901 c.civ. avrebbe la sola finalità di interrompere l’istituto della prescrizione ex art. 2903 c.civ., … magari confidando nell’annullamento della sentenza n.45 del 4 Luglio 2013 emessa dal CTR di Bologna, che consentirebbe ad Equitalia di agire giudizialmente nei confronti del sig. YY …”;

*b) proseguendo nella disamina volta a confutare l’altrui ricostruzione, la loro comparsa di risposta affrontava quindi il tema della – pure contestata – esistenza di un rilevante eventus damni, poiché in quanto “…presupposto obiettivo dell’azione revocatoria, incombe al creditore fornire le prove capaci di convincere il sig. Giudice adito che l’esecuzione forzata avrebbe esito negativo, od anche insufficiente, oppure sarebbe sensibilmente ostacolata in seguito all’atto compiuto dal debitore. Tale eventus damni dev’essere stimato al momento in cui viene posto in essere l’atto di disposizione e deve essere tale anche quando l’azione viene proposta. Non si potrebbe, sulla base dell’incapienza manifestata successivamente, sottoporre a critica un atto che al tempo in cui venne posto in essere non si manifestava come pericoloso …”;

*c) riguardo poi l’elemento psicologico, veniva anzitutto sottolineato – tenuto conto della pacifica cronologia, ove la notifica della cartella di pagamento risultava avvenuta il 15/10/2010, mentre la vendita complessivamente effettuata da YY (con trasferimento delle proprietà al figlio JJ ed alla XX) risaliva ancora al 24/5/2010 – che “… trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento, sicché trattandosi di atto oneroso, il terzo deve essere partecipe della dolosa preordinazione … ossia l’intenzione (o quanto meno la previsione) di contrarre un certo debito e, in relazione a detta intenzione o previsione, … un atto con l’animus specifico di pregiudicare la responsabilità patrimoniale relativa a tale futuro debito. In caso di atto oneroso vale il principio dell’estensione dell’elemento soggettivo anche al terzo acquirente (cd. partecipatio fraudis) … consapevole del pregiudizio che l’atto è in grado di produrre al creditore. L’onere di provare la consapevolezza dell’altra parte della stipulazione oggetto della revoca, incombe su colui che agisce in revocatoria. Tuttavia, nel caso in esame, tale presupposto soggettivo … non riguarderebbe in particolare la posizione del terzo convenuto sig.ra XX … non avendo assunto costei alcuna obbligazione nei confronti di Equitalia … Nel caso in esame mancano tali presupposti a supporto della domanda azionata giudizialmente da Equitalia …”;

*d) infine, sulla scorta “… delle esposte considerazioni, si invoca in primo luogo: il rigetto dell’avversa domanda formulata nei confronti della sig.ra XX, attesa che parte convenuta non è legittimata passiva dell’azione revocatoria di cui in esame; in secondo luogo: si invoca il rigetto dell’avversa domanda nei confronti dei convenuti perché priva di qualsiasi presupposto oggettivo e soggettivo, nonché priva di qualsiasi elemento probatorio volto a sostenere l’azione intrapresa da Equitalia…”.

D) Nessuna attività istruttoria – salvo che per le produzioni documentali rispettivamente fornite – è stata svolta nella presente sede; avutasi la precisazione delle conclusioni nell’udienza del 22/12/2016 – secondo quanto rispettivamente indicato in premessa – la causa è stata trattenuta in decisione, con l’assegnazione dei termini di cui all’art.190 c.p.c., fruibili dalle parti per il deposito di comparse conclusionali e delle repliche, scaduti il 13/3/2017: all’esito di tali adempimenti, il Giudice monocratico ha pronunciato la presente sentenza, emessa il 7/7/2017.

E) Le articolate critiche formulate dai convenuti non valgono a smentire gli argomenti attorei, non potendo condividersi gli assunti difensivi fondamentali fatti valere per contrastare l’azione in esame, in primo luogo riguardo la negata legittimazione passiva della XX, viceversa qui correttamente estesa a quest’ultima, malgrado l’unica quota di proprietà vendutale dal marito YY (cioè 1/2 dell’autorimessa di via ‘Beta’ n. 3) risulti essere stata nel frattempo da lei ritrasferita – pure a titolo oneroso – al “figliastro”, JJ; invero, per principio generale, “…nell’azione revocatoria ordinaria disciplinata dagli artt. 2901 ss. c.civ. sono litisconsorti necessari il creditore, il debitore alienante ed il terzo acquirente …” (così Cass. 895/2016, che precisa come tale “…orientamento, consolidato (Cass. 5 luglio 2000 n.8952; Cass.16 luglio 2003 n.11150; Cass. 23068 del 2001) … si riferisce all’ipotesi che l’atto da revocare sia (come nella specie) un trasferimento di beni (di norma, una compravendita immobiliare), sicché ne ha fondato le ragioni sul rilievo per cui “l’accoglimento della domanda comporta, per effetto dell’assoggettamento del terzo alle azioni esecutive sul bene oggetto dell’atto di disposizione impugnato, l’acquisto da parte di costui di ragioni di credito verso l’alienante (art. 2902 c.c., comma 2), nonché, oltre ad altri effetti immediati e diretti (quali l’obbligo della restituzione del prezzo a seguito della evizione della cosa), postula nei confronti del debitore l’accertamento della sua frode e dell’esistenza del credito” (così la citata Cass. n. 8952 del 2000)…”, nonché conforme Cass. 23068/2011, ecc.), mentre la “sequenza” tipica dell’ipotesi regolata dall’ultimo comma dell’art. 2901 c.civ. presuppone (fra l’altro) la previa pronuncia di revocatoria del “primo trasferimento”, ossia “…dell’atto dispositivo … all’origine della catena dei trasferimenti, e la conseguente dichiarazione di inefficacia di tale atto…” (così Cass. 2977/2006, e nello stesso senso cfr. Cass. 2423/1996, Cass. 28988/2008, tutte afferenti i rapporti fra revocatoria ex artt.67 L.F. e 2901 c.civ., che comunque valgono ai nostri fini): ne deriva che anche la posizione giuridica della XX si qualifica come immanente nella presente causa, poiché il positivo riscontro circa la revocabilità del trasferimento negoziale avvenuto nel 2010 fra i due coniugi rappresenta una conditio sine qua non per sottoporre con successo alla “correlata” actio pauliana la “rivendita” della medesima quota immobiliare del 50% – realizzatasi nell’ambito dell’acquisto di quell’intero bene da parte di JJ, trattandosi di un cespite di cui la venditrice XX era già originariamente comproprietaria nella misura della metà – stipulata nel 2014 fra la signora ed il figlio del medesimo suo cessionario.

F) Altrettanto, non può negarsi che la situazione giuridica dedotta da “Equitalia” valga a farla riconoscere nel nostro caso come “creditrice” ai fini dell’art.2901 co.1° c.civ. – nel senso che per jus receptum viene attribuito alla relativa qualifica – quale norma che appunto accoglie “… una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità. Ne consegue che anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria, avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore …” (così Cass. 1893/2012, Cass. 5619/2016, ecc.): ciò in quanto – specularmente – esso “…presuppone, per la sua legittima esperibilità, la sola esistenza di un debito e non anche la concreta esigibilità di esso, potendo essere esperita – in concorso con gli altri requisiti di legge – anche per crediti condizionali, non scaduti e/o soltanto eventuali…” (v. Cass. 7484/2001, nonché Cass. 1413/2006, ecc.), mentre non esige quale posizione legittimante la titolarità di un diritto accertato definitivamente, né determina alcun reciproco vincolo di “pregiudizialità” (cfr. Cass. 2673/2016, Cass. S.U. 9440/2004, ecc.). Invero – tenuto conto che “… anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizio, sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria, ai sensi dell’art.2901 c.civ., avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore … essendo d’altra parte da escludere l’eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito …” (così Cass. 11573/2013) – è pertanto “…sufficiente la titolarità di un credito eventuale … fermo restando che la sentenza dichiarativa dell’atto revocato non può essere portata ad esecuzione finché l’esistenza di quel credito non sia accertata con efficacia di giudicato …” (così Cass. 9855/2014, Cass. 17257/2013, ecc.); tanto più che la giurisdizione sulla generalità dei crediti vantati a carico di YY da parte degli Enti impositori (per IRPEF, IVA, contributi previdenziali e sanzioni) spetta alle Commissioni Tributarie (cui viene attribuita la cognizione circa tutte e controversie in materia di imposte e tasse, v. Cass. 17943/2009) e non all’A.G.O.: sicché quest’ultima non può che occuparsene incidenter tantum (cfr. la fattispecie di Cass. S.U. 14506/2013) – al limitato fine di accertare i presupposti di fatto della actio pauliana – poiché la relativa pronuncia resta invece devoluta esclusivamente alla cognizione del Tribunale competente (v. Cass. 15862/2009, C. Conti 29/3/2001 n.84, ecc.).

G) Ancora, abbiamo visto che i convenuti sostengono che la tempistica della presente vicenda determini – a fronte di una notifica della cartella di pagamento avvenuta circa quattro mesi dopo la compravendita iniziale, che ha coinvolto tutti e tre i suddetti – una situazione di “anteriorità dell’atto dispositivo” rispetto alla “insorgenza del credito”, con tutti gli effetti secondo legge in ordine all’elemento psicologico, come stabiliti dalle disposizioni di cui al n.1) e n.2) dell’art.2901 c.civ.; sennonché, va sottolineato in senso opposto che la “anteriorità” del credito rispetto all’atto dispositivo “pregiudizievole” deve essere sempre riscontrata riferendosi al suo “momento genetico” – anziché al giorno della relativa “esteriorizzazione” od addirittura a quella del suo accertamento in giudizio (alla data dell’illecito in materia di violazioni fiscali si richiamano costantemente Cass. S.U. 1468/1979, Cass. 5824/1985, Cass. 1968/2009, Cass. 3676/2011, ecc.) – e quindi nel nostro caso nulla smentisce la precisa “cronologia” dei periodi d’imposta che figurano riportati, a partire dal 2003 e fino al 2006, sulla cartelle di pagamento la cui notifica risulta pure documentata in atti (v. docc. “B” e “F”, in fasc. YY). Ne consegue – non dovendoci riferire al giorno delle relativa notifica, bensì all’epoca del mancato versamento dei diritti e tributi in questione – che siamo qui in presenza di una serie di crediti tutti “sorti” prima del trasferimento dei diritti immobiliari, ceduti dal contribuente ritenuto inadempiente, YY: in tale condizione, contrariamente alla tesi dei resistenti, l’elemento psicologico resta dunque correlato alla mera scientia damni – e prescinde, anche in capo al terzo “avente causa”, dalla riferibilità della sua consapevolezza al credito specifico spettante a chi agisce in revocatoria – risolvendosi allora nella “…semplice conoscenza, nel debitore e nel terzo acquirente, del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni del creditore e, pertanto, prescinde dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela la revocatoria viene proposta, essendo sufficiente che la consapevolezza investa la riduzione della consistenza del patrimonio del debitore in danno dei creditori complessivamente considerati…” (così Cass. 987/1989, e cfr. Cass. 5824/1985, Cass. 2303/1996, Cass. 20813/2004, Cass. 10623/2010, Cass. 16825/2013, ecc.); ebbene, la descritta disciplina resta applicabile “…quand’anche l’accertamento definitivo del credito avvenga in sede giudiziale successivamente alla stipula dell’atto pregiudizievole per il creditore, quest’ultimo per ottenere l’accoglimento della propria domanda revocatoria deve provare unicamente la “scientia fraudis” del terzo, e non anche il “consilium fraudis“…” (così Cass. 2477/2015) .

G/1) In definitiva, ai fini dell’art.2901 c.civ. “… quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore. La relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato …” (così Cass. 27546/2014); e tutto ciò “… senza che assumano, viceversa, rilevanza l’intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis), né la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo…” (così Cass. 10052/2009, Cass. 4044/2013): pertanto, anche nel nostro caso “…è sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (“scientia damni“), ovvero la previsione di un mero danno potenziale…” (Cass. 15310/2007), ove la nozione di scientia damni designa appunto la mera “coscienza” del debitore “disponente” circa il “pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore” (v. Cass. 17327/2011, Cass. 27546/2014, ecc.), ossia “…la consapevolezza, del debitore alienante … della diminuzione della garanzia generica, per la riduzione della consistenza patrimoniale…” (così Cass. 16825/2013, ecc.).

G/2) Riguardo poi la materia della richiamata consapevolezza – che deve ravvisarsi in capo al debitore ed al terzo “avente causa” in termini sostanzialmente analoghi – esso si configura come la rappresentazione del cd. eventus damni, da intendere semplicemente come conoscenza della variazione qualitativa o quantitativa che l’atto dispositivo implica per il patrimonio dell’obbligato (così Cass. 26151/2014); considerando dunque insita nel ricorso all’art.2901 c.civ. “…la funzione di ricostituire la garanzia generica fornita dal patrimonio del debitore, a determinare il cd. “eventus damni” è sufficiente anche la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore, integrata con la costituzione in fondo patrimoniale di un bene immobile … di proprietà dei coniugi, in tal caso determinandosi … il pericolo di danno costituito dall’eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva, della cui insussistenza incombe al convenuto, che nell’azione esecutiva l’eccepisca, fornire la prova …” (così Cass. 966/2007): ciò poiché il particolare fondamento “…dell’azione revocatoria ordinaria non richiede la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito. Incombe sul convenuto in revocatoria l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio, adducendo l’esistenza di ampie residualità patrimoniali ed adducendo, quindi, la mancanza del cd. eventus damni…” (così Cass. 1902/2015, e cfr. Cass. 2896/2012, Cass. 24757/2008, Cass. 15310/2007, Cass. 3470/2007, ecc.).

G/3) Anche sotto quest’ultimo profilo, la linea difensiva dei convenuti va dunque disattesa, poiché a fronte della pacifica cessione ai due congiunti dell’intero patrimonio immobiliare di YY, avvenuto – per quanto di rispettiva pertinenza – nella contestuale ed unitaria occasione del rogito notarile in data 24/5/2017, si intende realizzato un tipico “quadro presuntivo” determinante: infatti, esso fa ritenere “realizzate in re ipsa” sia la prova della esistenza del pregiudizio patrimoniale, sia la relativa consapevolezza in capo alle parti dell’atto dispositivo, riguardo il pregiudizio patrimoniale così arrecato alle ragioni creditorie, così da rendere legittimamente esperibile il corrispondente esercizio dell’azione pauliana (così Cass. 18034/2013, Cass. 7507/2007, ecc.); inoltre, va ribadito che tanto basta per far presumere “… il pericolo di danno costituito dall’eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva, della cui insussistenza incombe al convenuto, che … l’eccepisca, fornire la prova…” (v. Cass. 10052/2009, Cass. 966/2007, ecc.), sicché in tal caso “fronte della significativa variazione deteriore della garanzia ex art.2740 c.civ.” spetta comunque al debitore fare eventualmente emergere la positiva esistenza di ulteriori “ampie disponibilità economiche”, idonee a soddisfare i creditori (cfr. Cass. 7767/2007, Cass. 7507/2007, Cass. 15265/2006, Cass. 19963/2005, ecc.).

G/4) Un ulteriore dato presuntivo emerge ad avvalorare il positivo riscontro ai fini della scientia damni, insito nella circostanza pacifica per cui le alienazioni oggetto primario dell’odierna revocatoria sono state poste in essere dal marito (alienante-debitore) rispettivamente a favore della moglie e del figlio (acquirenti-terzi), sicché proprio “… lo stretto legame parentale tra il debitore disponente ed i terzi stessi … rendeva estremamente plausibile la presunzione che questi ultimi … non potessero non essere a conoscenza del pregiudizio che così si veniva ad arrecare alle ragioni del creditore …” (v. Cass. 5359/2009): sul punto, la descritta condizione soggettiva appare qui connotata dalle “relazioni personali” fra i suoi protagonisti, e dunque “… la prova del requisito della consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori può essere fornita anche mediante presunzioni, dovendosi, tra l’altro, attribuire rilievo al grado di parentela fra il debitore e gli acquirenti…” (così Cass. 8735/2009; nonché v. Cass. 1068/2007, ecc.). Questo Giudice deve pertanto concludere che lo strettissimo vincolo familiare in esame – unito all’evidente problematicità della situazione economica di YY – porta qui logicamente ad escludere che i due congiunti acquirenti, altresì in rapporto di convivenza fra loro e con il venditore, ignorassero che si trattava dell’acquisto da parte loro dei cespiti principali di quel patrimonio, già appartenente al rispettivo padre e marito: ne deriva che laddove “…la convinzione del giudice di merito che, in tema di azione revocatoria ordinaria, desuma l’intento di sottrarre il bene ai creditori dal rapporto di parentela esistente tra il disponente ed il terzo è logica e congrua, laddove tale rapporto – che di per sé solo può essere più o meno significativo in relazione al contesto in cui si colloca – si caratterizzi per la coabitazione tra le medesime parti, riguardi parenti stretti (nella specie, i due genitori e l’unico figlio) e non risulti alcun altro motivo oggettivo idoneo a rendere ragione del trasferimento…” (così Cass. 13447/2013); ebbene, riguardo la carenza di ragioni plausibili per una diversa soluzione – con la sola ragionevole ipotesi, costituita dallo scopo di sottrarre vari beni alla garanzia dei creditori del venditore – nel nostro caso occorre pensare alle plurime incongruenze di cessioni che comprendono l’abitazione nella quale si continua a risiedere, nonché effettuate in favore di persone presumibilmente destinate a diventare eredi dello stesso venditore .

H) Tanto basta per accogliere la domanda revocatoria in riferimento all’originaria complessiva compravendita delle quote immobiliari di proprietà del debitore di “Equitalia”, che nel 2010 YY ha trasferito a titolo oneroso nei confronti di JJ e della XX; ai sensi dell’art.2901 co.ult. c. civ., inoltre, anche la successiva “rivendita” stipulata fra questi ultimi in data 3/7/2014 – ove la XX ha ceduto al sub/acquirente l’intera autorimessa, ivi compresa la quota a lei proveniente dal marito – risulta assoggettabile all’esperita azione pauliana, purché si possa escludere che “… il sub acquirente ha agito in buona fede e senza avere consapevolezza che il bene acquistato era stato in precedenza alienato dal debitore al primo acquirente con pregiudizio per i propri creditori…” (come ben riconosciuto altresì dalla difesa convenuta, v. pag. 3 della sua memoria 5/12/2016).

H/1) In proposito, l’esegesi più convincente – e prevalente – della norma suddetta implica che “… a fronte di una sequenza di atti, … affinché l’acquisto del subacquirente possa dirsi inefficace, occorre … provare la sua mala fede in rapporto all’evento pregiudizievole per i creditori, consistito nel … primo atto stipulato…” (così Cass. 2772/2012, e cfr. Cass. 13182/2013, Cass. 11195/2010, ecc.): sicché l’aspetto dirimente va individuato appunto nella “…revocabilità del primo atto, nel senso che è alla conoscenza di tale condizione che deve aversi riguardo, per malafede nell’art. 2901 co.4° c.civ. intendendosi – per diritto ricevuto (v. Cass. 2423/1996; Cass.1016/1976) – la consapevolezza che il primo atto è inefficace…” (v. Cass. 11083/2004, Cass. 2423/96 che precisa “… la mala fede del primo subacquirente consiste nella consapevolezza del vizio di revocabilità che inficiava l’atto di trasferimento originario … . Quanto alla prova …per i subacquirenti, la cui responsabilità è fondata sul co. 4° dell’art. 2901 c.civ., la dimostrazione della consapevolezza della revocabilità sia del primo atto, sia degli atti successivi, costituisce onere probatorio gravante sull’attore…”, nonché Cass. 9271/1999, Cass. 4945/1987 “…ai fini dell’azione revocatoria ordinaria … è solo sufficiente che l’atto produca per gli altri creditori pericolo od incertezza per la realizzazione del loro diritto, così come è sufficiente ad integrare la mala fede, ai sensi dell’ultimo comma, art. 2901 c. c., la semplice conoscenza nel subacquirente che l’atto di cui si chiede la revoca determini per gli altri creditori quella incertezza o pericolo…”, ecc.).

H/2) Il riscontro di tale specifico elemento psicologico – che qualifica la particolare fattispecie dell’art.2901 co. ult. c.civ. – attiene dunque allo stato soggettivo del terzo subacquirente, da “correlare” però alle caratteristiche dell’atto negoziale sottostante: così da dimostrare che il terzo medesimo ne conoscesse la “revocabilità”, avuto sempre riguardo alle condizioni delle relative parti – ossia, per quanto ci riguarda, l’attuale proprietario JJ rispetto all’originario debitore (YY) ed al suo successivo subvenditore (la XX) – nel momento della cessione del diritto in suo favore; ebbene, le concrete modalità della presente vicenda – ove vi fu perfetta coincidenza nella tempistica dei trasferimenti iniziali, ai quali JJ e la XX parteciparono contemporaneamente davanti al notaio, per l’acquisto dei beni ceduti loro da YY (in data 24/5/2010, v. doc.3 fasc. attoreo) – valgono di per sé a chiarire che il subacquirente JJ aveva piena e coeva consapevolezza che la compravendita della quota di autorimessa trasferita da YY a XX (e poi da lei vendutagli, oltre quattro anni dopo) risultava suscettibile di essere sottoposta all’azione ex art. 2901 c.civ., donde la fondatezza anche dell’invocata estensione dell’inefficacia della duplice operazione, a tutela della creditrice “Equitalia Centro”.

I) Deve quindi concludersi per il pieno accoglimento della richiesta actio pauliana, ovviamente limitata alla quota che l’asserito debitore, YY, ha trasferito ai terzi congiunti; tuttavia, dall’integrale successo della domanda in esame non deriva qui la diretta applicabilità del criterio della soccombenza, ai fini del regolamento di cui agli artt. 91 ss. c.p.c.: sul punto, è opportuno piuttosto – in questa fase di attesa della pronuncia definitiva della S.C., nell’ambito della pretesa tributaria – disporre l’integrale compensazione delle spese processuali fra tutte le parti del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Giudice del Tribunale di Bologna, definitivamente pronunciando nella causa di cui al n.7275/2015 R.G. – ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa – così provvede :

1) In accoglimento della domanda proposta ex art. 2901 c.c.:

*a) REVOCA nei confronti di “EQUITALIA CENTRO S.p.A.” l’atto di compravendita in data 24/5/2010 a rogito dott. G(omissis) M(omissis), Notaio in Bologna (trascritto presso la Conservatoria dei R.R.I.I. di Bologna come da note di trascrizione Reg. Gen. n. (omissis), Reg. Part. n. (omissis), presentata in data (omissis) (omissis) 2010 e Reg. Gen. n. (omissis), Reg. Part. n. (omissis), presentata in data (omissis) (omissis) 2010, e trascritto altresì presso la Conservatoria dei R.R.I.I. di Ravenna come da note di trascrizione Reg. Gen. n. (omissis), Reg. Part. n. (omissis), presentata in data (omissis) (omissis) 2010) con il quale YY ha trasferito la proprietà delle sue quote immobiliari situate nel Comune di San Lazzaro di Savena (BO) rispettivamente a JJ ed a XX, nonché di quelle situate nel Comune di Ravenna ancora a JJ; in particolare: A) al JJ, 3/4 del bene immobile situato nel Comune di Ravenna (fraz. (omissis)) censito al Catasto Fabbricati – Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (A2), Viale (omissis) n. 36, P. 2-4; B) al JJ, 3/4 dei beni situati nel Comune di San Lazzaro di Savena ed ivi censiti al Catasto Fabbricati – *Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (A3), Via ‘Alfa‘ n. 28, P. 3 int. 6; – *Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (C6), Via ‘Alfa‘ n. 28, P.T.; – *Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (C7), Via ‘Alfa‘ n. 28, P.T.; C) alla XX, 1/2 del bene sito in Comune di San Lazzaro di Savena, ivi censito al Catasto Fabbricati – *Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (C6), Via ‘Beta’ n. 3, P. S1.

*b) Per effetto della revocatoria relativa alla suddetta quota del bene immobile trasferito da YY a XX – Dichiara INEFFICACE ex art.2901 co. ult. c.civ., nei confronti di “EQUITALIA CENTRO S.p.A.”, l’atto di compravendita in data 3/7/2014 (a rogito dott. G(omissis) M(omissis), Notaio in Bologna) con il quale XX ha venduto a JJ la quota immobiliare pervenutale da YY, riguardo il bene sito in San Lazzaro di Savena (BO) ivi censito al Catasto Fabbricati – *Foglio (omissis), Particella (omissis), Subalterno (omissis) (C6), Via ‘Beta’ n. 3, P. S1.

2) Dispone, a cura della competente Agenzia del Territorio in Bologna ed in Ravenna, che si proceda alle relative trascrizioni, con esonero da responsabilità.

3) Dichiara integralmente compensate fra tutte le parti le spese processuali per il presente giudizio

Così deciso in Bologna, nella IV Sezione Civile del Tribunale, il 7/7/2017.

Depositata in Cancelleria il 14 Agosto 2017

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