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Tribunale Bari sez. IV, 13/03/2023, n.889

Massima

L’eventus damni, ai fini della revocatoria ordinaria, ricorre anche nell’ipotesi in cui la compravendita abbia reso maggiormente difficoltosa la soddisfazione delle ragioni creditorie

Supporto alla lettura

Azione revocatoria

L’azione revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, con cui il creditore chiede la revoca e conseguente dichiarazione di inefficacia di atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, che diminuiscano la garanzia del creditore, ossia la sua possibilità di soddisfarsi sul patrimonio del debitore. A differenza dell’azione surrogatoria, il cui esito è a favore di tutti i creditori, l’azione revocatoria opera ad esclusivo vantaggio del creditore che ha agito. L’atto revocato rimane perfettamente valido, ma esso è inefficace nei confronti del creditore che ha agito, che potrà soddisfarsi sul bene oggetto dell’atto revocato come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore e sottoporlo ad esecuzione forzata (art. 2902 c.c.). In sostanza il terzo che acquista non potrà avvalersi dello scudo della trascrizione a protezione del bene quale regime di pubblicità dell’atto poiché inopponibile al creditore che ha esperito vittoriosamente l’azione revocatoria. Il bene sarà esposto quindi ad azioni esecutive e conservative.

Ambito oggettivo di applicazione

1. Con atto di citazione notificato in data 24.6.2019, la società E. Z. Italia S.r.l., premettendo di essere creditrice nei confronti della società Agridomus S.r.l. per la somma di E 209.352,24 relativa alla fornitura di prodotti ortofrutticoli, chiedeva a codesto Tribunale di dichiarare l’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c. dell’atto pubblico a rogito Notar T. C. del 30.11.2018 repertorio n. 57571, raccolta n. 14896, trascritto il 17.12.2018, con il quale la società Agridomus S.r.l. alienava alla società immobiliare Cinquantacinque S.r.l., la proprietà dei seguenti immobili siti nel Comune di Polignano a Mare (Ba): – immobile distinto al foglio —omissis–, particella —omissis— sub —omissis–, categoria A/3,consistenza 5,5 vani, rendita euro 426,09, Via —omissis— , p. 1 – immobile distinto al foglio —omissis–, particella —omissis— sub. 3, categoria D/1, rendita euro 60,00, Via —omissis— immobile distinto al foglio —omissis–, particella —omissis— sub. —omissis–, categoria D/1, rendita euro 8.337,50, Via —omissis— piano T-1 – S- 1, ovvero, in via gradata, di dichiarare la simulazione del medesimo atto, con vittoria delle spese e compensi di causa.

Nel dettaglio, l’attrice deduceva il vulnus arrecato da detto atto di compravendita alle ragioni creditorie sostenendo: la titolarità di un credito implicitamente riconosciuto dalla debitrice, l’anteriorità del credito stesso rispetto alla stipula dell’atto di compravendità e l’univoca identità dei soggetti costituenti la compagine societaria della società alienante e di quella acquirente,

Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 29.10.2019 si costituiva in giudizio la Società Immobiliare Cinquantacinque S.r.l., la quale chiedeva rigettarsi la domanda, perché infondata in fatto e in diritto con vittoria di spese processuali.

In particolare, la convenuta, omessa ogni contestazione circa l’esistenza del credito rivendicato dall’attrice, confutava l’asserita identità delle compagini societarie della Agridomus s.r.l. e della Cinquantacinque s.r.l. nonché l’anteriorità del credito rispetto all’atto di alienazione de quo.

Successivamente, si costituiva in giudizio anche la società Agridomus s.r.l. (in data 31.10.19) chiedendo, analogamente, acclararsi l’infondatezza della domanda attorea con vittoria di spese processuali.

All’udienza del 26.11.19, il Giudice, su richiesta delle parti, disponeva la concessione dei termini ex art. 183, IV comma, c.p.c. e rinviava all’udienza del 27.10.20 per la definitiva ammissione dei mezzi istruttori.

All’esito di tale udienza, svoltasi nelle forme della trattazione scritta, il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava l’udienza di precisazione delle conclusioni dell’8.11.2022 a cui seguiva, rassegnate le conclusioni delle parti, lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica nei termini dell’art. 190 c.p.c.

2. La domanda deve essere accolta per le ragioni di seguito esposte.

3. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione sollevata dalla difesa dell’Agridomus s.r.l. nei propri scritti conclusivi, circa il difetto di interesse ad agire della società creditrice poiché non potrebbe giammai aggredire il patrimonio dell’Agridomus s.r.l. ammessa alla procedura di concordato preventivo con decreto di questo Tribunale del 1° giugno 2020 (all. 4 produzione documentale per la società Enza Zaden Italia s.r.l. di cui alla memoria ex art. 183 n. 2, c.p.c.), almeno fino alla conclusione del piano concordatario.

Invero, è noto (e si vedrà nel prosieguo) che l’effetto della sentenza che accoglie l’azione revocatoria non è quello restitutorio, ma solo quello dell’inefficacia relativa, nel senso che il bene oggetto dall’atto dispositivo revocato resta nel patrimonio dell’acquirente, ma può essere aggredito dal creditore che ha esercitato vittoriosamente l’azione. Quindi, il piano concordatario, successivo all’alienazione per cui è causa, non può contemplare gli immobili alienati con la compravendita oggetto di questo giudizio poiché appunto con tale atto negoziale gli stessi sono ormai fuoriusciti dal patrimonio della società venditrice oggi in concordato preventivo.

Venendo al merito, è opportuno premettere che l’azione revocatoria è uno strumento per la tutela (indiretta) del diritto del creditore, poiché svolge la funzione di ricostituire la garanzia patrimoniale generica assicurata a quest’ultimo dal patrimonio del suo debitore, al fine di permettergli il soddisfacimento coattivo del suo credito (cfr. Cass. 19131/2004). In particolare, si tratta di un’azione di inefficacia relativa dell’atto impugnato, la cui validità quindi non è posta in discussione: con essa si domanda che l’atto impugnato, ancorché valido sia dichiarato inefficace nei confronti del creditore agente. Pertanto, il bene non ritorna nel patrimonio dell’alienante ma resta soggetto all’aggressione del creditore istante nella misura necessaria a soddisfare le sue ragioni, e l’azione giova unicamente al creditore che l’ha esercitata (cfr. ex multiis, Cass. 5455/2003; Cass. 7127/2001; Cass. 1804/2000). L’art. 2901 c.c. infatti dispone che il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore reca pregiudizio alle sue ragioni, nel concorso dei requisiti previsti. Tali requisiti sono:

a) l’esistenza di un diritto di credito verso il debitore, anche litigioso, condizionato, eventuale (tra le altre, Cass.1893/2012);

b) l’esistenza di un atto dispositivo posto in essere dal debitore;

c) un pregiudizio arrecato dall’atto di disposizione alla garanzia patrimoniale di tale creditore (eventus damni);

d) un particolare atteggiamento soggettivo del debitore e, quando si tratti di atto a titolo oneroso, anche del terzo, scientia damni o consiulium fraudis, salva la necessità della dolosa preordinazione ove l’atto sia successivo al sorgere del credito.

Ciò premesso, l’attrice afferma la sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c.

A riguardo, la stessa sostiene, in primo luogo, di essere titolare di un credito nei confronti della società Agridomus S.r.l., di importo pari ad euro 209.352,24, la cui esistenza, già implicitamente riconosciuta dalla debitrice nella nota del 25.2.2019 con cui l’Agridomus chiedeva alla creditrice di acconsentire ad una rateizzazione del nostro debito nei termini che andremo a concordare, (all. 16 della produzione attorea contenuta nel fascicolo di parte) non è stata oggetto di contestazione nel presente giudizio.

Tali elementi consentono di affermare la sussistenza del primo requisito per la fondatezza dell’azione revocatoria, essendo sufficiente, a tal fine, l’esistenza di un credito anche non munito dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità ed anche se la sua sussistenza sia oggetto di accertamento giudiziale (cfr. Cass. 12045/2010), ovvero la mera aspettativa e dunque anche un credito eventuale (cfr. Cass., ord., 5746/2022, 18291/2020).

In secondo luogo, secondo la prospettazione attorea, sussiste l’elemento oggettivo (c.d. eventus damni) rappresentato, nel caso di specie, dalla stipulazione dell’atto di compravendita in parola, successivo al sorgere del credito, che avrebbe determinato una deminutio patrimonii in danno della creditrice istante.

In proposito, la giurisprudenza è costante nel ritenere che l’eventus damni ricorra, non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito (peiculus damni), con la conseguenza che grava sul creditore l’onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (cfr. Cass. 19207/18; Cass. 13172/17; Cass. 1902/15; Cass. 7767/07).

L’accertamento dell'”eventus damni“, dunque, non presuppone una valutazione del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore istante, ma richiede solo la dimostrazione da parte di quest’ultimo della pericolosità dell’atto impugnato, in termini di una possibile, quanto eventuale, infruttuosità della futura esecuzione sui beni del debitore (Cass. n. 16986/2007).

In riferimento al caso oggetto del presente giudizio, giova ricordare che, in data 30.11.2018, le odierne convenute stipulavano un contratto di compravendita in cui convenivano un prezzo nella misura di euro 935.000,00, corrisposto secondo le seguenti modalità: euro 120.000,00 versati mediante l’emissione dal parte dell’acquirente, in data 05.01.2018, di n. 4 assegni non trasferibili; euro 11.102,64 versati al momento della stipula dell’atto mediante assegno bancario non trasferibile della Banca Monte dei Paschi di Siena; euro 183.089,28 mediante accollo del corrispondente debito residuo in linea capitale del mutuo contratto dalla Agridomus con la Cassa Rurale ed Artigiana di Castellana Grotte credito Cooperativo – Soc. Coop. giusta atto per notaio Massimo Cesaroni di Polignano a Mare del 24 luglio 2002; euro 338.313,80 mediante accollo del corrispondente debito residuo in linea capitale del mutuo contratto dalla Agridomus con la Cassa Rurale ed Artigiana di Castellana Grotte credito Coopertaivo Soc. Coop. giusta atto del per notaio Eugenia Gallo di Bari del 28 marzo 2018; euro 282.494,28 mediante accollo del corrispondente debito residuo in linea capitale del mutuo chirografario contratto dalla Agridomus con la Cassa Rurale ed Artigiana di Castellana Grotte – credito Coopertaivo Soc. Coop. Contratto in data 9 marzo 2018.

Ciò premesso, l’attrice assume che il su citato atto di compravendita, come detto stipulato in data 30.11.2018, sia successivo al sorgere del credito de quo in quanto correlato, quest’ultimo, a fatture emesse in un arco temporale compreso tra luglio e settembre 2018.

Le convenute replicano sostenendo che, tale atto di alienazione, lungi dal costituire un atto in frode alle ragioni creditorie posteriore al sorgere del credito, sia stato, piuttosto, il positivo esito di lunghe e pregresse trattative, a suggello delle quali, sarebbe intervenuta in data 05.01.2018, da parte dell’acquirente, (ben prima dell’emissione delle fatture da cui ha tratto origine il credito dell’attrice risalenti al luglio settembre 2018, nonché, prima della stipulazione dell’atto di compravendita del 30.11.2018) l’emissione di n. 4 assegni bancari non trasferibili (di cui due della Banca Intesa San Paolo, filiale di Monopoli n. —omissis— e n. —omissis— e due della Banca Popolare Pugliese, filiale di Polignano a Mare, n. —omissis— e n. —omissis–) ciascuno di importo pari ad euro 30.000,00, per un totale complessivo di euro 120.000,00.

Tale somma, dunque, costituirebbe la caparra cofirmataria versata dalla società immobiliare Cinquantacinque S.r.l. in favore della società Agridomus S. r.l. per l’acquisto degli immobili su citati.

Le difese delle convenute devono essere disattese, in quanto, innanzitutto non è neppure contestato dalle due società convenute che, mediante tale compravendita, la società Agridomus s.r.l. si sia privata di beni immobiliari di cospicuo valore, con ciò determinando l’insorgere del c.d. eventus damni, poiché tale atto negoziale ha reso quantomeno più difficoltoso il recupero da parte dell’attrice dell’ingente credito.

Inoltre, si evidenzia che, nel corso del giudizio, non è stato fornita prova che gli assegni non trasferibili emessi dalla società Immobiliare Cinquantacinque S.r.l. in data 05.01.2018 a titolo di caparra confirmatoria siano stati effettivamente incassati dalla Agridomus s.r.l. (sarebbe stato sufficiente, al proposito, produrre copie degli estratti conto bancari di una delle due società convenute dai quali risulti l’accredito ovvero l’addebito rispettivamente a favore della venditrice ovvero a carico dell’acquirente). Né rileva, a tale proposito, la produzione da parte dell’Immobiliare Cinquantacinque s.r.l. delle asserite schede contabili  cassa titoli e l’asserzione del successivo pagamento della medesima somma a titolo di caparra cofirmataria per l’acquisto degli immobili in favore di Agridomus. Infatti, dette assunte schede contabili non sono altro che fogli prodotti in giudizio, privi di ogni riferibilità temporale e quindi privi di ogni univoca certezza circa l’appartenenza alla contabile aziendale.

Si ribadisce quindi che non è stato prodotto in atto alcun documento idoneo a provare l’avvenuto pagamento di tali assegni bancari, destano peraltro sospetto il fatto che siano stati emessi per una così cospicua somma assegni bancari e non circolari, che, com’è noto, per loro natura presuppongono la sussistenza della provvista.

Inoltre, alla circostanza, quantomeno inusuale per i traffici commerciali, di pagamenti così ingenti eseguiti mediante assegni non circolari, il resto del prezzo (per un rilevantissimo importo) è stato convenuto mediante accollo di mutui della società venditrice che però non risulta avere carattere liberatorio (dalla documentazione in atti non emerge che la Banca mutuante ha prestato il proprio assenso alla liberazione del debitore originario), rimanendo così la società venditrice esposta con la banca all’eventuale inadempimento della società acquirente nel pagamento delle rate di mutuo.

Si aggiunga che è senz’altro difforme rispetto alla comune prassi commerciale che, una caparra così cospicua, costituita da assegni dell’importo complessivo di euro 120.000,00, sia stata versata in assenza della contestuale stipulazione di un contratto preliminare, unicamente in vista dell’eventuale futura pattuizione di una compravendita (che nel caso di specie risale ad undici mesi più tardi, in data 30.11.2018)

Ciò induce a ritenere che, il contratto di compravendita stipulato tra la società debitrice ed il terzo, sia effettivamente successivo al sorgere del credito e rappresenti, di fatto, un pregiudizio per le ragioni creditorie.

Quanto all’elemento soggettivo che connota l’azione revocatoria, la giurisprudenza ha chiarito che, come nel caso che ci occupa, ove l’atto di disposizione (come visto del 30.11.2018) sia a titolo oneroso e sia successivo al sorgere del credito (nella specie, sorto con l’emissione di fatture emesse tra luglio e settembre 2018) è sufficiente la c.d. scientia damni, ossia che il debitore ed il terzo siano consapevoli di arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori, prescindendo dalla specifica conoscenza del credito tutelando da parte di quest’ultimo e senza che assumano rilevanza l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, né la partecipazione del terzo alla fraudolenza intenzione del debitore (tra le altre, Cass. 14489/2004; 14274/1999; 987/1989). Con riferimento specifico alla consapevolezza del terzo, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la relativa prova può essere fornita tramite presunzioni (Cass. ord. 16221/2019; Cass. 2153/2011).

Orbene, nella vicenda in esame ricorre senza dubbio anche il requisito soggettivo.

Per delineare l’atteggiamento fraudolento per i creditori della Agridomus s.r.l. basti osservare che a distanza di meno di un anno dal sorgere del credito, precisamente in data 25 ottobre 2019, la società Agridomus s.r.l., come visto in precedenza, depositava, presso il Tribunale di Bari, un ricorso finalizzato all’ammissione (deliberata in data 1° giugno 2020) alla procedura di concordato preventivo.

Ebbene, l’esiguità del lasso temporale intercorso tra il sorgere del credito (fatture emesse tra luglio/settembre 2018), la stipulazione dell’atto di disposizione patrimoniale (30 novembre 2018) e la richiesta di ammissione al concordato preventivo (25 ottobre 2019), denota la finalità frodatoria per il ceto creditorio, se si considera pure che la difficoltà di far fronte alla propria esposizione debitoria fosse ben nota al debitore al momento della comunicazione inviata alla E. Z. Italia s.r.l. in data 25 febbraio 2019, con la quale veniva richiesta al creditore una rateizzazione del debito.

Sussistono anche molteplici elementi presuntivi che inducono a ritenere la sussistenza della consapevolezza della società terza acquirente di arrecare pregiudizio ai creditori.

Parte attrice, nell’atto introduttivo del presente giudizio, aveva affermato l’identità della compagine societaria dell’Agridomus s.r.l. e della Cinquantacinque s.r.l. Tale assunto è stato smentito dalla produzioni documentali dei convenuti che hanno dimostrato la diversità dei soggetti in questione, così identificati: P. R. (nato a Polignano a Mare il —omissis–) e R. A. V. (nato a Polignano a Mare —omissis–) entrambi detentori al 50% del capitale sociale dell’Agridomus s.r.l.; R. V. A. (nato a Polignano a Mare il —omissis–) e P. F. (nato a Polignano a Mare il —omissis–) – detentori al 50% del capitale sociale dell’Immobiliare Cinquantacinque s.r.l.

Ciò acclarato, l’attrice ha sostenuto, in ogni caso, l’esistenza di un vincolo parentale tra i soggetti citati, in particolare affermando, quanto a R. A. V. e R. V. A. la discendenza dal medesimo Avo nonché, in ogni caso, l’esistenza tra gli stessi, di un rapporto di vicinanza. In merito, la società Immobiliare Cinquantacinque srl, nella propria memoria ex art. 183, IV comma, n. 2, c.p.c. ha affermato: il vincolo di parentela esistenti tra gli amministratori delle società convenute in revocatoria difetta finanche del requisito della convivenza, offrendo in produzione i relativi certificati storici di residenza.

Alla luce di quanto riportato, si ritiene, in disparte l’assenza di una convivenza, sussistere una relazione di parentela tra i soggetti citati (rispetto ai quali è indubbia l’omonimia), idonea a costituire una presunzione circa la consapevolezza della società terza acquirente dell’eventus damni nei termini sopra esplcitati. Infatti, le difese delle società convenute non hanno contestato la sussistenza del rapporto di parentela tra i predetti soggetti, limitandosi ad asserire l’assenza dell’identità soggettiva tra gli stessi come delineata da parte attrice, ed anzi la difesa della Immobiliare Cinquantacinque s.r.l. ha, come visto, ammesso implicitamente il rapporto di parentela quando ha negato la solo sussistenza della convivenza.

La consapevolezza della società terza acquirente è inoltre avallata dalla mancanza di prova circa l’effettivo incasso degli assegni emessi in data 05.01.2023 a titolo di caparra confirmatoria, per un importo complessivo più che ragguardevole di euro 120.000,00. Del resto, appare quanto mai anomalo che una simile somma possa essere stata corrisposta con assegni bancari e non circolari ed in assenza di una benché minima stipulazione negoziale, salva, per l’appunto, l’esistenza di uno stringente vincolo fiduciario/parentale tra i paciscenti.

Milita ancora nel senso della vicinanza e del rapporto fiduciario tra le parti del contratto per cui è causa, la suindicata modalità di accollo dei debiti residui gravanti sulla società Agridomus nei confronti della banca mutuante Cassa Rurale ed Artigiana di Castellana Grotte, trattandosi per l’appunto di accolli non liberatori. Ebbene, la previsione di accolli non liberatori posti in essere nell’ambito di un’operazione negoziale in cui il venditore/debitore ha interesse a liberarsi da un debito, appare singolare e induce, pertanto, a ritenere che anche l’acquirente fosse ben a conoscenza dell’esposizione debitoria dell’alienante, ottenendo senza dubbio condizioni di pagamento favorevoli.

Le considerazioni svolte rendono, pertanto, ragionevole che l’acquirente, ossia la società Immobiliare Cinquantacinque s.r.l., fosse perfettamente consapevole dell’intento fraudolento dell’alienazione.

In conclusione, sussistono tutti i presupposti per accogliere l’azione revocatoria e dichiarare l’inefficacia dell’atto di compravendita del 30.11.2018 nei confronti del creditore.

Resta assorbita, in ragione dell’accoglimento della domanda principale proposta, la pronuncia sull’accertamento della simulazione riferita al medesimo atto.

5. Stante la soccombenza dell’Agridomus s.r.l. e dell’Immobiliare Cinquantacinque s.r.l., le spese e le competenze di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate così come in dispositivo in applicazione dei parametri medi (minimo per la fase di trattazione) di cui al D.M. 55/2014 per lo scaglione delle cause di valore indeterminabile complessità media (in applicazione dei parametri aggiornati dal DM 147/2022, alla luce di quanto previsto dall’art. 6 di tale DM, poiché l’attività difensiva si è esaurita dopo il 23.10.2022, cioè dopo l’entrata in vigore di tale ultimo DM).

P.Q.M.

Il Tribunale di Bari, disattesa ogni diversa istanza, eccezione o deduzione, accoglie la domanda e per l’effetto:

dichiara l’inefficacia, nei confronti della società E. Z. Italia s.r.l., dell’atto di compravendita stipulato in data 30.11.2018 a rogito del notaio Notar T. n. Rep.57571, n. Racc. 14896, avente ad oggetto il trasferimento della proprietà dei seguenti immobili: immobile distinto al foglio 22, particella —omissis— sub —omissis–, categoria A/3,consistenza 5,5 vani, rendita euro 426,09, Via — omissis–, p. 1 – immobile distinto al foglio —omissis–, particella —omissis— sub. —omissis–, categoria D/1, rendita euro 60,00, Via —omissis— piano T immobile distinto al fogli —omissis–, particella —omissis— sub. —omissis–, categoria D/1, rendita euro 8.337,50, Via —omissis— piano T-1 – S- 1, tra la società Agridomus s.r.l e la società Immobiliare Cenquantacique s.r.l., in persona dei rispettivi l.r.p.t.;

ordina alla Conservatoria competente di procedere, con esonero da ogni sua responsabilità, all’annotazione della presente sentenza, a margine della trascrizione dell’atto di citazione;

condanna le società convenute al pagamento, in solido, delle spese processuali in favore della siccità attrice, che liquida in complessivi euro 9.781,00, di cui euro 790,00 per esborsi ed euro 8.991,00 per compenso professionale, oltre IVA e CAP come per legge, nonché rimborso forfetario delle spese generali in ragione del 15% sull’importo del compenso.

Così deciso in Bari, il 10.3.2023.

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