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Tribunale Bari sez. II, 27/07/2023, n. 3178

Massima

In caso di compravendita, l’inadempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo, obbligo principale, cui è tenuto l’acquirente, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza costitutiva di esecuzione in forma specifica, può essere fatto valere dalla parte non inadempiente come ragione di risoluzione del rapporto ai sensi degli artt. 1453 e ss del codice civile.

Supporto alla lettura

Risoluzione contratto

La risoluzione del contratto è un istituto che trova la propria compiuta disciplina agli articoli 1453 e seguenti del codice civile. Gli effetti della risoluzione di un contratto possono tanto ottenersi con una domanda giudiziale quanto di diritto, cioè automaticamente, quando sussistono determinati presupposti.  La risoluzione determina lo scioglimento del vincolo contrattuale per il verificarsi di eventi successivi alla stipulazione che incidono sul vincolo sinallagmatico rendendo necessaria o quanto meno opportuna la sua rimozione. Questa forma di risoluzione, cosiddetta rimediale, ha dunque lo scopo di reagire a un malfunzionamento del contratto e si distingue dalle risoluzioni non rimediali che rispondono alla diversa logica di consentire a una delle parti di liberarsi dal vincolo in forza di una pattuizione prevista dallo stesso contratto, come ad esempio nelle ipotesi in cui sia prevista una condizione risolutiva. La risoluzione rimediale ha invece sempre fonte legale e può operare o automaticamente, come nell’ipotesi di scadenza del termina essenziale ex art. 1457 c.c., e di risoluzione per impossibilità sopravvenuta ex art. 1463 c.c., o per sentenza come la risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. e per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c., o ancora tramite manifestazione di volontà negoziale, come nell’ipotesi di diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c.. Sembra invece avere una collocazione ibrida la clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c, che da un lato assume una funzione rimediale reagendo a un malfunzionamento del contratto, dall’altro poiché dà risalto alla volontà delle parti di considerare determinante l’inadempimento di una determinata obbligazione, sembra colorarsi anche di una funzione non rimediale. Preventivamente le parti possono inserire nel contratto una clausola penale. Rappresenta l’espressione del patto con il quale in via forfettaria e preventiva, si determina l’ammontare del risarcimento del danno che causano l’inadempimento delle obbligazioni o il ritardo nell’adempimento. Nel vigente codice civile italiano la clausola penale è disciplinata agli articoli 1382 – 1384 e la sua nozione è strettamente collegata alla funzione che le viene riconosciuta. La prestazione dedotta nella clausola penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno, dice la legge, il creditore non ha quindi l’onere di provare il pregiudizio subito e, sempre a tenore di codice, non può pretendere il risarcimento del danno ulteriore se non è stato così espressamente stabilito. La clausola penale limita il risarcimento alla prestazione promessa. Quindi, il creditore non può esigere il risarcimento del danno ulteriore, salvo patto contrario.

Ambito oggettivo di applicazione

I. Per quanto strettamente rileva ai fini della decisione, giusta il disposto degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., le posizioni delle parti e l’iter del processo possono riassumersi come segue.

I.1. Con ricorso ex art. 702bis c.p.c. depositato in data 13/10/2020, L.S. ha adito questo Tribunale deducendo e chiedendo accertarsi il proprio diritto ad ottenere una pronuncia di accertamento e dichiarazione della “perdita di efficacia e/o intervenuta nullità” dell’ordinanza ex art.702ter c.p.c. n. 102/2014, pronunciata in data 19/11/201310/01/2014, con cui il GU del Tribunale di Bari Sez. Distaccata di Altamura, in accoglimento di una sua pregressa domanda ai sensi dell’art.2932 c.c., aveva disposto il trasferimento coattivo del bene oggetto del preliminare di compravendita rimasto inadempiuto dal promissario acquirente, S.G., condizionando detto trasferimento al pagamento del prezzo di €50.000,00, da versarsi entro due mesi dal passaggio in giudicato dell’ordinanza.

Per effetto di tale accertamento, ha altresì chiesto condannarsi lo S.G. al rilascio e alla riconsegna dell’immobile, detenuto sine titulo.

Inoltre, poiché aveva instaurato, in forza della statuizione di condanna del promissario acquirente al pagamento della somma di €50.000,00 contenuta nella menzionata ordinanza 19/11/201310/01/2014, una procedura esecutiva immobiliare dinnanzi al Tribunale di Mantova (RGE 349/2014), a chiusura della quale aveva ricavato la somma di €3.648,48, “a parziale pagamento del proprio credito”, ha infine chiesto di “imputare” tale somma “a parziale ristoro per il mancato utilizzo del fondo sino alla effettiva riconsegna”, con vittoria delle spese di lite.

I.2. Con comparsa di risposta depositata il 29/03/2021, si è costituito S.G., il quale ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità della domanda di inefficacia e/o nullità della ordinanza n.102/2014, siccome: 1) quanto alla inefficacia, detta ordinanza è divenuta “cosa giudicata per non interposto gravame sin dal lontano 17/02/2014” sicché è “pienamente vincolante, ergo efficace in toto”; 2)quanto alla nullità, il rimedio “soggiace ad un rigido regime di tipicità” ed è riferibile solo ai “requisiti vitali previsti dall’art.132 c.p.c.”.

Nel merito ha contestato integralmente l’avversa domanda, eccependo, in particolare, che, con riguardo alla richiesta di imputazione della somma di €3.648,48 a titolo di “parziale ristoro per mancato utilizzo del fondo”, nessuna domanda di accertamento e quantificazione del danno era stata formulata con l’atto introduttivo.

Ha pertanto concluso per il rigetto di tutte le domande attoree e, in via subordinata, in caso di accertamento della inefficacia e/o nullità dell’ordinanza, ha chiesto, in riconvenzionale, la restituzione della somma di €3.648,48. Il tutto con vittoria di spese.

I.3. Con ord. del 15/4/2021 il rito sommario è stato mutato in ordinario ai sensi dell’art. 702ter, co.3, c.p.c.

I.4. Concessi i termini di cui all’art.183 co.6 c.p.c., le parti non hanno depositato memorie istruttorie; sicché la causa, istruita con produzioni documentali, è stata riservata in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti come in epigrafe, con assegnazione dei termini per le memorie conclusionali.

I.5. Con la comparsa conclusionale dell’11/04/2023 l’attore ha formulato le seguenti richieste, difformi o ulteriori rispetto a quelle libellate con l’atto introduttivo: condannare il convenuto “al risarcimento dei danni per l’illegittima occupazione del fondo e del correlativo mancato godimento da parte dell’attore a far tempo da ottobre 2011, o, in subordine, dalla scadenza del termine concesso dal Giudice per il pagamento del prezzo, ed imputare la somma di euro 3.648,48, residuata dal ricavato dell’esecuzione immobiliare di cui in narrativa, rispetto alle altre voci di credito rinvenienti dalla stessa sentenza-ordinanza indicata sub “1” e successive e conseguenziali, a parziale ristoro di tale credito” (conclusione sub 3) nonché al risarcimento per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. (conclusione sub 4).

II. Le questioni sorte nel contraddittorio devono essere decise secondo l’ordine logico-giuridico.

II.1. Dovendosi premettere, nei limiti di ciò che è rilevante per la decisione, una ricostruzione dei fatti di causa, possono ritenersi provate, siccome documentalmente dimostrate o incontestate, le seguenti circostanze:

con scrittura privata del 25/05/2011 L.S. si era obbligato a vendere a S.G. un terreno agricolo, sito nel comune di Gravina di Puglia (BA) alla Contrada “Salsa” (composto da n.2 appezzamenti, identificato nel Cat. Terreni, pt. .., fg. .. e p.lle ..), a fronte del corrispettivo di €65.000,00 (di cui €15.000,00 versati dallo S.G. in data 11/09/2006 a titolo di caparra confirmatoria e gli ulteriori €50.000,00 così ripartiti: €15.000,00 da versarsi entro il 30/09/2011 e gli ultimi €35.000,00 entro il 31/12/2011);

all’art.5 del preliminare (termine di consegna e di stipula) si legge che “la consegna del bene mediante la materiale immissione in possesso dello stesso, libero da persone e cose, è già avvenuta in data 30/05/2007” (in occasione della stipula di un precedente preliminare di vendita del medesimo fondo, inficiato da nullità per omessa identificazione del bene);

stante l’inadempimento del promissario acquirente all’obbligo sia di versamento del pattuito saldo di €50.000,00, sia di stipula del definitivo entro il termine convenuto (31/12/2011), il promittente alienante L.S. adiva il Tribunale di Bari Sez. distaccata di Altamura con ricorso ex art.702bis c.p.c., onde ottenere l’esecuzione in forma specifica del preliminare in danno dell’obbligato S.G., promissario acquirente;

con ordinanza ex 702 ter c.p.c. n.102/2014 del 19/11/201310/01/2014 il Giudice accoglieva la domanda, disponendo il trasferimento coattivo del bene dal L.S. allo S.G. condizionatamente al pagamento da parte di quest’ultimo del residuo prezzo di €50.000,00, da versarsi entro due mesi dal passaggio in giudicato della ordinanza definitoria del giudizio;

in ragione dell’inadempimento dell’obbligazione di pagamento dello S.G., il L.S. instaurava una procedura esecutiva immobiliare in danno del primo, all’esito della quale otteneva un parziale soddisfacimento del proprio credito.

II.2. Fissati i punti in fatto rilevanti, il thema decidendum principale si concentra sulla domanda di “accertamento della intervenuta inefficacia e/o nullità” della ordinanza ex art.2932 c.c., il cui esame costituisce il presupposto logico-giuridico delle altre pronunce richieste dalle parti.

La formulazione letterale della domanda ne evidenzia, anzitutto, l’inesattezza sul piano giuridico, avendo l’attore prospettato, in chiave alternativa o cumulativa, due categorie (nullità e inefficacia) del provvedimento giudiziario ontologicamente differenti.

Nella specie, il richiamo alla nullità (specie di invalidità tipizzata che si sostanzia, in termini di estrema sintesi, nell’esito del giudizio di non conformità di un atto a disposizioni imperative di legge) è quanto meno improprio giuridicamente, laddove l’unica categoria riferibile alla fattispecie dedotta è quella della inefficacia, che, presupponendo la validità dell’atto (nella specie, della sentenza-contratto), opera sul piano distinto, meramente effettuale, della concreta sua idoneità a produrre gli effetti giuridici che gli sono propri.

Fatta questa precisazione circa la corretta qualificazione giuridica della domanda del L.S., se ne può esaminare il merito.

II.2.1. Nell’accogliere la domanda di esecuzione coattiva dell’obbligo di contrarre (art. 2932 c.c.), il GU aveva condizionato l’efficacia del provvedimento (ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., avente attitudine al giudicato, al pari di un’ordinaria sentenza di merito) al versamento del prezzo pattuito entro un termine (due mesi) dal passaggio in giudicato.

In generale, una sentenza con i contenuti predetti va qualificata come “sentenza condizionale” ed è caratterizzata dal fatto che la concreta regolamentazione dettata dal giudice per realizzare il programma contrattuale risultante dal preliminare, è soggetta a completamento e perfezionamento.

L’unanime giurisprudenza condivide questa impostazione, affermando che la sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c. tiene luogo del contratto definitivo non concluso e costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, ragione per cui alla regolamentazione del rapporto che questa contiene si applicano le regole generali disciplinanti il contratto (v., tra le altre, Cass. n. 8687/2004).

Data l’applicazione di tali regole, si pone l’esigenza di cristallizzare le conseguenze che discendono, in ordine all’efficacia, allorquando vi sia inadempimento della “condizione” stabilita nella sentenza passata in giudicato, ossia non avvenga il pagamento del prezzo concordato nel preliminare, da versare al tempo della conclusione del definitivo.

La peculiarità della situazione si rinviene nel fatto che la condizione a cui è subordinato l’effetto traslativo si sostanzia in un adempimento della parte che beneficia dell’acquisizione della proprietà.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale più diffuso e meditato, che questo Giudice ritiene di condividere, tale adempimento deve qualificarsi, più che come condizione sospensiva per la produzione dell’effetto traslativo (il cui mancato avveramento determina l’inefficacia originaria del trasferimento disposto), come causa di scioglimento del contratto per la mancata esecuzione della prestazione principale cui è tenuto l’acquirente (che determina, per via della risoluzione per inadempimento, la caducazione sopravvenuta dell’efficacia del trasferimento, con valenza obbligatoria retroattiva ex art. 1458 co. 1 c.c.).

In quest’ultimo caso la ratio dell’inefficacia successiva risiede in una sopravvenuta disfunzione dell’autoregolamento, che risulta privato retroattivamente dei suoi effetti, a causa di un evento capace di incidere sulla funzione pratica globalmente intesa.

Di talché il negozio (nella fattispecie la sentenza-contratto), sebbene valido, non è più idoneo a dare attuazione all’assetto di interessi previsto dalle parti e diventa impugnabile per difetto funzionale sopravvenuto.

Ciò osservato, con riguardo al rapporto che si costituisce per effetto della sentenza di accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere una compravendita, la Suprema Corte ritiene che “ove il trasferimento di proprietà sia subordinato al pagamento del prezzo o del saldo prezzo, tale pagamento non si atteggia quale evento futuro ed incerto, accidentale rispetto all’atto di trasferimento, afferente alla mera efficacia di quest’ultimo e configurabile come condizione sospensiva ai sensi e per gli effetti dell’art. 1353 c.c., bensì quale elemento essenziale intrinseco, atto a ripristinare la corrispettività del contratto, di cui la sentenza tiene luogo, tanto che il mancato versamento del dovuto, all’esito del passaggio in giudicato della sentenza, non costituisce ragione di automatica e definitiva inefficacia del trasferimento ex art. 1353 c.c., ma causa di inadempimento risolutivo” (Cass. nn.8164/2023, 8054/2021, 20226/2018, 10605/2016, 25364/2006 e 10827/2001).

In definitiva, il fatto che il pagamento del prezzo sia imposto dal giudice sotto forma di “condizione” per il verificarsi dell’effetto traslativo, non toglie a detto pagamento la natura, ad esso propria, di prestazione corrispettiva, destinata ad attuare il sinallagma contrattuale (cfr. Cass. n. 10827/2001).

Dai principi di diritto richiamati deriva che l’inadempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo (obbligo principale, cui è tenuto l’acquirente, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza costitutiva di esecuzione in forma specifica) può – nel concorso dei relativi presupposti – essere fatto valere dalla parte non inadempiente come ragione di risoluzione del rapporto ai sensi degli artt. 1453 e ss- c.c.

II.2.2. Applicando le suddette coordinate al caso di specie, deve osservarsi che sussistono tutti i presupposti della risoluzione per inadempimento, da accertarsi in funzione dell’accoglimento della generica domanda di “inefficacia” formulata dall’attore.

Non v’è invero dubbio, anche alla luce della sostanziale non contestazione, che lo S.G., promissario acquirente, si è reso colpevolmente inadempiente all’obbligo di pagare il corrispettivo a saldo dovuto per la vendita, a fronte dell’anticipata immissione nel possesso del terreno agricolo promessogli in vendita dal L.S. (art.5 del preliminare: v. doc. b, produzione attore).

E’ fuori discussione che detto inadempimento non abbia “scarsa importanza” ai sensi dell’art. 1455 c.c., considerato che il mancato pagamento del prezzo ha una gravità intrinseca nel sinallagma della vendita, tale da alterare l’equilibrio di interessi sotteso al contratto, così da far venir meno la corrispettività tra le prestazioni e, quindi, travolgere l’intero regolamento negoziale.

II.2.3. In ragione del fatto che il contratto preliminare rimasto inattuato è stato sostituito dalla sentenza costitutiva, condizionata al pagamento del prezzo, la verifica della sussistenza dei presupposti per la risoluzione per inadempimento non può portare ad una formale pronuncia di risoluzione del contratto, bensì ad una pronuncia di accertamento (costitutiva) concernente il piano degli effetti (v. Cass. n. 8164/2023, cit.).

Nella specie, vanno adottate tutte quelle statuizioni effettuali che, stante il sopravvenuto venir meno inter partes del vincolo contrattuale e la normale retroattività di tale scioglimento, conseguono al travolgimento delle prestazioni già eseguite che devono essere restituite (art. 1458 c.c.).

Di talché deve riconoscersi:

1) in primo luogo, il diritto del L.S. a ottenere la restituzione del fondo agricolo oggetto del preliminare di compravendita e il corrispondente obbligo di rilascio da parte del convenuto S.G., come espressamente richiesto dall’attore principale;

2) in secondo luogo, il diritto dello S.G. a ottenere la restituzione della somma di €3.648,48 (asseritamente incamerata dal L.S. a seguito della procedura esecutiva immobiliare incardinata in forza della sentenza ex art.2932 c.c.: sull’ammontare di tale somma non sono sorte contestazioni in causa), come espressamente richiesto dal convenuto in via riconvenzionale.

II.2.4. Non può infine riconoscersi all’attore alcun risarcimento per la detenzione del fondo da parte del convenuto sin dall’epoca della conclusione del preliminare, in ragione dell’inammissibilità della relativa domanda, siccome formulata solo con le note conclusive.

Com’è noto, in forza di consolidati principi di legittimità, “le comparse conclusionali hanno soltanto la funzione di illustrare le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fondano le domande e le eccezioni già proposte e pertanto non possono contenere domande o eccezioni nuove, che comportino l’ampliamento del thema decidendum” (tra le altre, Cass. n. 20723/2018, n. 5478/2006 e n. 315/2012).

Sul punto è anzitutto il caso di evidenziare che dal raffronto tra le conclusioni formulate dall’attore nell’atto introduttivo (riportate supra, al par. I.1) e quelle formulate nella comparsa conclusionale (riportate supra, par. I.5) emerge inconfutabilmente il carattere oggettivamente diverso delle ultime, che comprendono la pretesa risarcitoria integrale (dal 2011) per “illegittima occupazione del fondo” e “mancato godimento”, da ritenersi perciò inammissibili.

Quanto invece all’originaria richiesta di “imputazione” delle somme (€3.648,48) incamerate a seguito di esecuzione immobiliare a “parziale ristoro” per il mancato utilizzo del fondo sino alla effettiva riconsegna, la domanda risarcitoria, oltre a non essere completa nell’allegazione degli elementi in fatto minimi e indefettibili, anche per la quantificazione del danno, è rimasta sfornita di qualsivoglia supporto probatorio nel corso del giudizio.

II.2.5. Non può nemmeno trovare accoglimento la richiesta di risarcimento del danno da lite temeraria avanzata dall’attore, dal momento che l’avversa difesa non travalica i limiti della legittima prospettazione difensiva; sicché difetta (quanto meno) la prova dell’elemento soggettivo, ossia della mala fede o della colpa grave sottesa all’azione giurisdizionale, indispensabile ai fini del riconoscimento della responsabilità ex art. 96 c.p.c. (Cass. n. 24645/2007).

III. Quanto alle spese processuali, l’accoglimento tanto della domanda principale dell’attore (in parte), quanto della domanda riconvenzionale del convenuto, integra, ai sensi dell’art. 92 co. 2 c.p.c., soccombenza parziale reciproca e giustifica la compensazione per 1/3; mentre i restanti 2/3 devono porsi a carico del convenuto, prevalentemente soccombente.

Alla liquidazione dei compensi difensivi deve provvedersi secondo i parametri fissati dal d.m. n. 55/2014, come aggiornati dal d.m. n. 147/2022, la cui disciplina transitoria (art.6) ne prevede espressamente l’applicazione alle “prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore” (nella specie avvenuta il 23/10/2022); sicché, avuto riguardo alla circostanza che il compenso per la fase decisionale deve comprendere, tra l’altro, attività successive al deposito della sentenza (quali l’esame e la registrazione del provvedimento conclusivo del giudizio, il ritiro del fascicolo: art. 4, co. 5, lett. d, d.m. n. 55/2014), il nuovo regolamento ministeriale (d.m. 147/2022) trova applicazione anche laddove si tratti di controversia iniziata e svolta, in tutto o in parte, sotto la vigenza del d.m. n.55/2014 (in senso analogo, cfr. Cass. SS.UU. n. 17405/2012 e Cass. SS.UU. n. 33482/2022).

Nel prospetto seguente sono riportate le voci di compenso spettanti e i relativi importi, liquidati tenendo conto dell’attività difensiva effettivamente svolta nonché della difficoltà delle questioni trattate:

omissis

P.Q.M.

il Tribunale di Bari, seconda sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con ricorso depositato in data 13/10/2020, da L.S. nei confronti di S.G., così provvede:

a) in accoglimento della domanda principale, DICHIARA la sopravvenuta inefficacia dell’ordinanza n.102/2014 emessa dal G.U. del Tribunale di Bari Sez. dist. di Altamura in data 19/11/201310/01/2014, a definizione del proc. n.746/2012 R.G., e, per l’effetto, CONDANNA S.G. al rilascio, in favore di L.S., del terreno agricolo sito nel comune di Gravina di Puglia (BA) alla Contrada “Salsa” (composto da n.2 appezzamenti rispettivamente identificati nel Cat. Terreni, pt. .., fg. .. e p.lle ..), entro sessanta giorni dalla comunicazione della presente sentenza;

b) in accoglimento della domanda riconvenzionale, CONDANNA L.S. alla restituzione della somma di €3.648,48, in favore di S.G.;

c) RIGETTA la domanda dell’attore di risarcimento del danno;

d) CONDANNA il convenuto S.G. alla rifusione, in favore dell’attore L.S., dei 2/3 delle spese processuali, parte che liquida in €6.914,40, di cui €253,00 per esborsi ed €6.661,40 per compensi, oltre a rimborso forf. spese generali (15% compensi), Iva e Cap come per legge; DICHIARA le spese compensate tra le parti per il restante terzo.

Bari, 26/07/2023

Il Giudice

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