L’Amministrazione Straordinaria di Mabo Holding S.p.a. in liquidazione (nel proseguo anche soltanto A.S.) ha citato in giudizio la società cooperativa Agriforest ottemperando a quanto disposto dal giudice che, con ordinanza del 24.3.2015 (successivamente confermata in sede di reclamo), aveva confermato il sequestro conservativo già precedentemente emesso inaudita altera parte in accoglimento di un suo ricorso, fino alla concorrenza di valore di E 900.000,00. Con tale atto introduttivo l’A.S. ha sostanzialmente fatto leva sulle stesse deduzioni e allegazioni contenute nel ricorso cautelare, rafforzate dal provvedimento di accoglimento medio tempore ottenuto da questo Tribunale, e che si incentrano, fondamentalmente, in un atto di riconoscimento di debito sottoscritto da Agriforest per un importo pari a E 740.000,00 oltre IVA. Più precisamente, con tale atto Agriforest si impegnava a versare a Mabo Holding (a quel tempo ancora in bonis) quell’importo – a titolo di canoni scaduti e non pagati da parte del precedente conduttore di un immobile sito in Novellara (RE) – in due soluzioni, la seconda delle quali peraltro coincidente con il rogito definitivo di vendita del bene medesimo, che contestualmente la stessa Agriforest si impegnava ad acquistare stipulando un contratto preliminare. L’A.S. ha dunque chiesto la condanna di Agriforest al pagamento dell’importo suddetto, con conseguente conferma del provvedimento di sequestro conservativo e condanna della stessa alla refusione delle spese di lite del presente giudizio e di quello cautelare.
Si è costituita in giudizio Agriforest eccependo, in via preliminare, l’incompetenza di questo Tribunale in favore di quello di Reggio Emilia sull’assunto che l’atto di riconoscimento si risolvesse, di fatto, in un contratto di locazione. Nel merito, ha formulato una varietà di eccezioni attinenti alla validità ed efficacia dell’atto di riconoscimento, come segue sintetizzabili: 1) alcuni dei beni immobili promessi in vendita erano stati costruiti abusivamente o erano privi di agibilità e, quindi, non commerciabili, sicché il contratto preliminare di vendita doveva ritenersi nullo per impossibilità o illiceità dell’oggetto; 2) tali mancanze, in ogni caso, costituivano un inadempimento da parte di Mabo; 3) non si è avverata la condizione sospensiva contenuta nella scrittura, relativa all’autorizzazione da parte degli organi competenti della (allora futura) Amministrazione Straordinaria; 4) il contratto si è risolto in data 24.9.2014 non essendo stato rispettato il termine perentorio per il pagamento della prima tranche; 5) difetterebbe la causa del contratto essendo l’operazione manifestamente antieconomica. Agriforest ha altresì eccepito (in via riconvenzionale) l’esistenza di un contro – credito (per responsabilità precontrattuale) maturato a seguito dei lavori eseguiti nell’immobile, per un valore pari a E 479.000,00, nonché di un danno da illegittima privazione del godimento del bene. Ha concluso nei termini sopra trascritti per esteso (chiedendo, si noti, anche che venga disposta l’immissione del godimento del bene locato).
Deve darsi atto che il precedente giudice istruttore, dott. Ma. Ce., ha formulato in data 7.4.2016 una dichiarazione di astensione, motivandola nel senso di aver già fatto parte, peraltro nella qualità di relatore, del collegio investito del reclamo sull’ordinanza di sequestro conservativo, e che tuttavia il Presidente del Tribunale non ha ritenuto sussistere i presupposti di cui all’art. 51 c.p.c., rimettendo la causa dinanzi al medesimo dott. Ce.. In conseguenza di tale provvedimento, all’udienza del 10.5.2016 la parte convenuta ha chiesto la sollevazione da parte dell’organo giudicante di un incidente di costituzionalità avente ad oggetto l’art. 51, n. 4, c.p.c. perché contrario agli artt. 111, comma 2, Cost. e 6, comma 1, CEDU.
Il precedente giudice istruttore, non ritenendo la questione di legittimità costituzionale fondata e ritenendo la causa già matura per la decisione, ha rigettato tutte le istante istruttorie e rinviato direttamente per la precisazione delle conclusioni, avvenuta dinanzi allo scrivente in data 16.5.2019. L parti hanno precisato le conclusioni nei termini già testualmente riportati e sono stati assegnati i termini di cui all’art. 190 c.p.c.
MOTIVAZIONE
1. Come già illustrato in premessa, parte convenuta ha chiesto al Tribunale di sollevare una questione di legittimità costituzionale ravvisando una violazione degli artt. 111, comma 2, Cost. e 6, comma 1, CEDU (o meglio, dell’art. 117, comma 1, Cost., rispetto al quale la CEDU si pone come norma interposta) da parte dell’art. 51, comma 1, n. 4 c.p.c. (che prevede un’ipotesi obbligatoria di astensione per il caso in cui il giudice “[…] ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo”) nella parte in cui non sarebbe estendibile al caso in cui il magistrato abbia deciso il procedimento cautelare dal quale è poi scaturito il giudizio di merito.
Ritiene questo organo giudicante che non sussista la necessità di pronunciarsi su tale istanza, per due ragioni (tra di loro connesse): 1) a seguito di una riorganizzazione dei ruoli, il presente procedimento è stato assegnato al sottoscritto, il quale non ha partecipato alle fasi cautelari che hanno preceduto il presente giudizio di merito, di talché la questione difetta radicalmente del requisito della rilevanza (che, ai sensi degli artt. 23 e 24 della Legge 87/1953, costituisce un presupposto per la corretta sollevazione dell’incidente di costituzionalità); 2) la parte convenuta – probabilmente proprio in conseguenza del cambiamento del giudice istruttore – non ha reiterato l’istanza in sede di precisazione delle conclusioni.
2. Prima di affrontare gli aspetti più prettamente giuridici della causa, appare oltremodo opportuno offrire un quadro quanto più chiaro possibile delle pattuizioni intervenute tra le parti.
L’atto principale è indubbiamente la scrittura datata 13.5.2014 e denominata “rapporto di godimento” (doc. 7.1 di parte attrice). Nella stessa viene premesso: a) che Mabo Holding S.p.a. aveva concesso in locazione a Lanfredi Group S.r.l. un fabbricato sito in Novellare (RE), identificato al foglio –omissis–, part. –omissis–, sub –omissis–, n. 91, sub –omissis–, part. –omissis– e –omissis–; b) che era intenzione di Agriforest “farsi carico, senza che questo comporti la liberazione del debitore originario, degli obblighi di pagamento già spettanti alla La. Group S.r.l.”, tutto ciò nell’ottica di assicurare una continuità operativa dopo il fallimento di quest’ultima società; c) pertanto, nel sottoscrivere tale atto, Agriforest “si riconosce[va] debitore nei confronti di Mabo Holding S.p.A. dell’importo di E 740.000,00 oltre IVA provvedendo al pagamento detto corrispettivo secondo le modalità indicate all’art. 3 del presente contratto”; d) Agriforest, inoltre, manifestava il proprio interesse ad acquistare l’immobile, e si dava atto della contestuale sottoscrizione di un contratto preliminare di compravendita. L’oggetto del contratto in esame (come desumibile dall’art. 2) consiste nella concessione della detenzione dell’immobile alla Agriforest previo pagamento della prima rata dell’importo sopra indicato, secondo le modalità fissate dall’art. 3, che erano le seguenti: a) prima rata di E 370.000,00 oltre IVA entro il 24.9.2014; b) seconda rata di pari importo entro la stipula del definitivo di compravendita, fissata per il 31.12.2014. Infine – per quanto di stretto interesse ai fini della causa – nell’art. 5 venivano inserite delle condizioni sospensive, consistenti nell’intervento dell’autorizzazione da parte degli organi competenti della procedura concorsuale allora in procinto di essere attivata.
Come anticipato, nella suddetta scrittura si dava atto della contestuale sottoscrizione di un contratto preliminare di compravendita. L’A.S. associa quest’ultimo negozio al doc. 7.2; scrittura che presenta le sottoscrizioni tanto di Mabo Holding S.p.a. in liquidazione quanto di Agriforest e che, dopo aver riepilogato il contenuto della coeva scrittura sul “rapporto di godimento” e dopo aver dato atto che “la società Agriforest intende eseguire sull’immobile una serie di lavori di manutenzione straordinaria necessari per l’adeguamento dell’immobile alle normative vigenti, lavori giustificati da preventivi per E 479.000,00 ed è intenzione delle parti tener conto di ciò”, veniva cristallizzato l’impegno da parte di Agriforest di acquistare l’immobile al prezzo di E 2.250.000,00 oltre IVA, “prezzo che tiene conto delle menzionate spese di straordinaria manutenzione e di trasformazione da sostenere da parte dell’acquirente” (si legga l’art. 9). Il contratto in questione veniva tuttavia sottoposto ad alcune condizioni, sia sospensive (consistenti nell’autorizzazione da parte della procedura) sia risolutive (la ricezione da parte di Mabo di offerte migliori per lo stesso immobile in seno ad un’istauranda procedura di evidenza pubblica).
Agriforest, invece, sembra associare tale contratto ad un’altra scrittura, anch’essa stipulata in data 13.5.2014, nella quale Mabo avrebbe dato atto delle opere già eseguite (e quindi non da eseguire) e, per questo, avrebbe fissato il prezzo di vendita in misura pari a E 2.000.000,00 oltre IVA. L’uso del condizionale non è causale: la parte convenuta, infatti, non ha riprodotto nella fase di merito la scrittura che, invece, sicuramente aveva prodotto in sede cautelare (tanto che il giudice di quella fase prese posizione in merito).
3. Ciò detto, va esaminata innanzitutto l’eccezione preliminare di incompetenza funzionale e territoriale di questo Tribunale. La tesi proposta da Agriforest, in estrema sintesi, è che la scrittura del 13.5.2014 contenente il riconoscimento di debito sarebbe un contratto di locazione e, pertanto, da un lato l’A.S. avrebbe dovuto seguire il procedimento di sfratto per liberare gli immobili e, dall’altro lato, territorialmente competente sarebbe stato il Tribunale di Reggio Emilia, trovandosi l’immobile nel suo circondario.
Tale prospettazione difensiva non convince.
Deve infatti escludersi che l’attrice, attraverso la proposizione del ricorso per sequestro conservativo, abbia surrettiziamente posto in essere una procedura di sfratto. L’oggetto del ricorso cautelare era molto chiaro e riguardava il pagamento di alcune somme, e non la liberazione di un immobile. Immobile che, peraltro, non risultava affatto occupato da Agriforest, come agevolmente evincibile dalle scritture sopra richiamate nelle quali, in più occasioni, veniva specificato che la detenzione sarebbe rimasta a Mabo fintantoché l’odierna convenuta non avesse pagate le rate di E 370.000,00 + IVA; e dal momento che quest’ultima circostanza non si è verificata, va da sé che Agriforest non acquisiva mai la concreta detenzione del bene. Nessuno sfratto esecutivo, pertanto, aveva luogo a seguito dell’accoglimento del ricorso per sequestro conservativo.
Ma anche prescindendo da ciò, può seriamente dubitarsi che nella presente fattispecie ci si trovi di fronte ad un contratto di locazione. Il costrutto negoziale messo in piedi dalle parti attraverso il collegamento tra le due scritture sopra richiamate, infatti, lascia ritenere che il contratto sul “rapporto di godimento” fosse un contratto atipico di concessione della detenzione, peraltro condizionato al verificarsi di una serie di presupposti che, in concreto, non si sono verificati.
4. Presupposti che, è bene dirlo fin d’ora, costituiscono il vero fulcro della vicenda e sui quali la parte convenuta, pur avendo mosso una pluralità di eccezioni, di rito e di merito, non pare aver preso compiutamente posizione. È del tutto evidente, infatti, che con la scrittura del 13.5.2014 Agriforest si obbligava, prima di ogni altra cosa, a pagare a Mabo tutti i debiti accumulati dal precedente conduttore dell’immobile (La. Group S.r.l.), mossa del tutto verosimilmente dall’assoluta contiguità tra le compagini sociali delle due società (il sig. Re. La. costituendo il legale rappresentante dell’odierna convenuta e il socio al 50% della precedente conduttrice: cfr. doc. 4 e 6 del fascicolo cautelare di parte attrice). Premessa fondamentale di tutti gli altri effetti contrattuali – dalla detenzione alla promessa vendita – era il rispetto, da parte di Agriforest, dei termini di pagamento di cui all’art. 3 della scrittura, i quali rappresentavano null’altro che le modalità esecutive di un accollo di tipo non liberatorio (art. 1273 c.c.), accompagnato da un riconoscimento di debito con il quale le parti hanno quantificato esattamente il quantum debeatur.
Con il ricorso per sequestro conservativo e, conseguentemente, con l’atto di citazione che ha originato il presente giudizio l’A.S. altro non ha fatto che chiedere Agriforest, coobbligatosi a pagare tale importo in qualità di accollatario, l’adempimento dell’impegno assunto e pacificamente disatteso (che, infatti, la convenuta non abbia pagato alcunché, oltre ad essere provato documentalmente dalla corrispondenza intrattenuta tra le parti prima dell’inizio del contenzioso giurisdizionale, costituisce circostanza assolutamente incontestata).
5. Tale precisazione, a ben vedere, finisce per sminuire grandemente tutte le doglianze di parte convenuta, con le quali, nella sostanza, si cerca di condurre l’accertamento giudiziale verso lidi del tutto estranei al cuore della vicenda. Sull’infondatezza degli assunti di parte convenuta si sono già pregevolmente soffermati i giudici occupatisi della fase cautelare, ma si ritiene opportuno motivare anche qui le ragioni alla base della loro infondatezza.
5.1. Lamenta prima di tutto Agriforest una nullità per impossibilità o illiceità dell’oggetto poiché alcuni dei beni immobili erano stati costruiti abusivamente o erano privi di agibilità. Tale doglianza sembra nascondere un ragionamento più ampio, non compiutamente espresso nella – per il vero un po’ confusa – esposizione di parte convenuta, vale a dire che la ragione (o, per meglio dire, la causa) per la quale l’odierna convenuta si accollava i debiti della precedente conduttrice risiedeva nell’auspicio di proseguire nella detenzione del bene e finanche acquistarlo in un secondo momento, di talché la nullità dell’oggetto della futura concessione in godimento e/o della futura compravendita finirebbe per riflettersi sulla stessa validità dell’impegno di accollo.
In realtà la giurisprudenza di legittimità ha più volte escluso che possa parlarsi di impossibilità o illiceità dell’oggetto, implicante il radicale vizio della nullità, nel caso in cui il bene immobile oggetto di compravendita o locazione sia abusivo o privo del certificato di agibilità.
Con riferimento alla compravendita deve richiamarsi anzitutto il recente pronunciamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 8230/2019) il quale ha precisato che l’unico caso in cui un contratto di compravendita possa essere dichiarato nullo per illegittimità connesse ai titoli edilizi è quello testualmente contemplato dall’art. 46 del D.P.R. 380/2001, vale a dire la mancata indicazione nell’atto degli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria, oppure l’indicazione di titoli fittizi, non residuando invece spazio per nullità di altro genere (sia di tipo strutturale che di tipo virtuale). Nel caso di specie, a ben vedere, un contratto di compravendita non è stato mai stipulato, sicché è impossibile sapere se una nullità di questo genere si sarebbe mai verificata e, segnatamente, se in tale atto non sarebbero stati indicati i titoli necessari (giacché, medio tempore, ben avrebbe potuto Mabo sanare le eventuali irregolarità, sempre assumendo che le stesse fossero esistenti).
Per quanto concerne, invece, la mancanza di certificati di abitabilità, è da sempre escluso che un simile difetto rifluisca sulla validità del negozio, potendo semmai in varia guisa rilevare ai fini dell’efficacia del contratto (cfr. Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 29090 del 05/12/2017).
Relativamente alla locazione, o comunque ai contratti costitutivi di un diritto personale di godimento, può farsi riferimento all’indirizzo giurisprudenziale evocato nell’ordinanza emessa in sede di reclamo, il cui principio di diritto (massimato) viene qui riportato solo per completezza espositiva: “in tema di locazione di immobile ad uso abitativo, il carattere abusivo dell’immobile locato ovvero la mancanza di certificazione di abitabilità non importa nullità del contratto locatizio, non incidendo i detti vizi sulla liceità dell’oggetto del contratto ex art. 1346 cod. civ. (che riguarda la prestazione) o della causa del contratto ex art. 1343 cod. civ. (che attiene al contrasto con l’ordine pubblico), né potendo operare la nullità ex art. 40 della legge n. 47 del 1985 (che riguarda solo vicende negoziali con effetti reali): ne consegue l’obbligo del conduttore di pagare il canone anche con riferimento ad immobile avente i caratteri suddetti” (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22312 del 24/10/2007).
5.2. Le mancanze lamentate dalla convenuta – si ripete: sempre dando per scontato che le stesse siano esistenti – avrebbero potuto semmai configurare un inadempimento da parte di Mabo; ed in effetti Agriforest sostiene anche questo, nella sostanza – anche in questo caso l’esposizione risulta tutt’altro che cristallina – eccependo l’altrui inadempimento a giustificazione del totale mancato pagamento dei debiti oggetto di accollo.
Sennonché sembra doversi valorizzare un fatto tutt’altro che a significativo, sul quale non a caso in sede cautelare è stato posto particolarmente l’accento. Sia nella scrittura denominata “rapporto di godimento” che nel preliminare di compravendita, infatti, si trova una clausola del seguente tenore: “la società Agriforest dichiara di ben conoscere il medesimo immobile, i suoi accessori e pertinenze, e dichiara quindi, conscia dello stato di fatto e di diritto in cui attualmente si trova, di riconoscerla idonea all’uso e di suo pieno gradimento” (cfr. l’art. 2 di entrambi i negozi). Che non si tratti di una clausola di mero stile può agevolmente evincersi dal fatto che La. Group S.r.l., conduttrice dell’immobile fin dal 1.10.2012, presentava un’articolazione societaria quasi speculare a quella dell’odierna convenuta, la quale ambiva ad una “continuità operativa” (come si può leggere nelle premesse della scrittura del 13.5.2014) con la predetta società, poi fallita.
È del tutto evidente che la conoscenza o meno dello stato di diritto dell’immobile da parte del futuro locatore(detentore)/acquirente è tutt’altro che privo di rilievo ai fini dell’inquadramento dell’equilibrio del sinallagma. In questo senso si è anche espressa la Corte di Cassazione, anche di recente: “in tema di obblighi del locatore, in relazione ad immobili adibiti ad uso non abitativo convenzionalmente destinati ad una determinata attività il cui esercizio richieda specifici titoli autorizzativi dipendenti anche dalla situazione del bene sotto il profilo edilizio – e con particolare riguardo alla sua abitabilità e alla sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale – solo quando la mancanza di tali titoli autorizzativi dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire in radice il rilascio degli atti amministrativi necessari e quindi da non consentire in nessun caso l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito, può configurarsi l’inadempimento del locatore, fatte salve le ipotesi in cui quest’ultimo abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere i necessari titoli abilitativi o, di converso, sia conosciuta e consapevolmente accettata dal conduttore l’assoluta impossibilità di ottenerli” (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15377 del 26/07/2016).
In buona sostanza, non sembra possibile intravedere uno squilibrio funzionale del contratto laddove la parte che ha intenzione di acquisire un diritto personale di godimento sul bene o finanche di acquistarlo sia perfettamente a conoscenza del suo stato di fatto e di diritto.
Nel caso di specie, poi, anche a voler trascurare le superiori sottolineature, deve ritenersi che l’eccezione di inadempimento non appare neppure connotata da buona fede (con tutto ciò che ne consegue ai sensi dell’art. 1460, comma 2, c.c.). A tal proposito vuol porsi l’attenzione sul fatto che Agriforest assume di essere venuta a conoscenza della carenza di titoli e certificati dell’immobile soltanto dopo la stipula dei contratti, e segnatamente con la perizia stilata dal geom. Co. datata 19.1.2015. Sennonché deve constatarsi che la Agriforest conferiva l’incarico al geometra in data 10.3.2014, e quindi quasi un anno prima, sicché sorge qualche dubbio sulla genuinità della datazione di tale consulenza. Appare cioè singolare che Agriforest abbia: a) incaricato il professionista nel marzo 2014 e che lo stesso abbia concluso le proprie attività (di carattere peraltro non complesso, trattandosi di semplice verifica della documentazione amministrativa) nel gennaio dell’anno successivo; b) stipulato comunque le scritture oggetto di causa nel maggio 2014, senza interessarsi degli accertamenti del proprio professionista teoricamente ancora non conclusisi; c) fornito a Mabo una pluralità di rassicurazioni circa l’effettivo pagamento degli importi promessi (doc. nn. 10-16 di parte attrice) fino a qualche giorno prima dell’invio della lettera di messa in mora (doc. 9.1 di parte attrice), senza interessarsi minimamente delle attività del proprio professionista.
In definitiva, sussistono plurimi elementi che lasciano ritenere che – indipendentemente dalle affermazioni specificamente contenute negli stessi contratti, sulla cui valenza ci si è già soffermati – Agriforest fosse perfettamente a conoscenza della situazione di fatto e di diritto dell’immobile, e che la relazione del geom. Co. – i cui risultati, almeno nella sostanza, erano già ben noti – abbia costituito una scusa ad hoc per evitare (il sequestro e) la condanna al pagamento una volta iniziato il contenzioso giurisdizionale.
Per queste ragioni non si può neppure dare credito alla tesi – fugacemente esposta nelle maglie della comparsa di costituzione – secondo la quale il mancato pagamento è stata causato indirettamente da Mabo, giacché la banca alla quale Agriforest si era rivolta aveva negato il finanziamento proprio una volta constatate le problematiche amministrative afferenti l’immobile.
Peraltro, tale allegazione – cioè quella relativa alla mancata concessione del finanziamento per tale causa – non è stata minimamente accompagnata dal sia pur minimo elemento probatorio.
5.3. Un altro elemento portante della comparsa di costituzione è che il pagamento non sarebbe dovuto perché non si sarebbe mai avverata la condizione sospensiva di cui all’art. 5, che così recita: “le parti prendono atto della circostanza che parte promittente venditrice è in procinto di essere ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria e pertanto le parti subordinano l’efficacia di tutte le clausole del presente atto alla necessaria autorizzazione da parte degli organi competenti”.
In realtà, come già evidenziato nelle ordinanze emesse in fase cautelare, tale autorizzazione vi è necessariamente stata, come si evince dal fatto che proprio l’A.S., fin dal settembre 2014, si attivava stragiudizialmente per conseguire il pagamento del dovuto, proprio in corrispondenza delle scadenze pattuite nella scrittura privata contenente l’accollo con riconoscimento di debito. A maggior ragione la condizione risulta soddisfatta alla luce della presente iniziativa giudiziale, che per l’appunto presuppone, implicitamente, un’autorizzazione da parte degli organi della procedura (id est il Commissario Straordinario, il quale ha sottoscritto la procura alle liti).
5.4. Perfino paradossale, poi, è l’affermazione secondo la quale il mancato pagamento della prima rata nei termini pattuiti finisca per giovare alla stessa convenuta perché, essendosi risolto il contratto di diritto (essendo il 24.9.2014 un termine qualificato come perentorio, e quindi essenziale), deve escludersi una qualsiasi possibilità di autorizzazione da parte degli organo della procedura. In realtà la risoluzione del contratto implicava unicamente il diritto della A.S. a conseguire l’intero importo oggetto dell’accollo, senza però il diritto in capo ad Agriforest di pretendere la locazione e – tanto più – la vendita dell’immobile, e il fatto che la procedura concorsuale abbia coltivato attivamente – peraltro fin da prima che il termine essenziale scadesse, e già questo risulterebbe di per sé dirimente – il diritto alla riscossione presuppone l’accettazione, da parte sua, dell’intera operazione negoziale orchestrata da Mabo Holding S.p.a. in bonis.
5.5. Infine, non è ravvisabile alcun difetto di causa alla base dell’intera operazione negoziale. È del tutto evidente, infatti, che Agriforest aspirava alla prosecuzione operativa dell’attività della fallita La. Group S.r.l., negli stessi locali da quest’ultima detenuti, e che Mabo Holding S.p.a. in liquidazione, preso atto della vicinanza tra le compagini sociali delle due società e facendo tesoro dell’esperienza pregressa, si convinceva ad assecondare la volontà di Agriforest soltanto a rigorose condizioni, prima tra tutte l’accollo del debito pregresso accumulato dalla precedente conduttrice, il cui esatto adempimento si poneva come base per la conclusione di tutti gli altri negozi futuri (locazione, prima, e vendita, poi). Non v’è dubbio che in questo modo Agriforest si assumeva un grande rischio, ma ciò fa parte delle ordinarie operazioni commerciali e pertanto lo squilibrio sinallagmatico non può di per sé condurre ad escludere l’esistenza di una causa negoziale.
6. Chiarito, dunque, che la somma oggetto di accollo è senz’altro dovuta da Agriforest, occorre interrogarsi sull’esistenza o meno di un controcredito in capo alla medesima idoneo a ridimensionare il credito fatto valere dall’A.S. (in ciò consistendo l’eccezione riconvenzionale formulata dalla convenuta).
A tal proposito la convenuta fa leva sul valore economico di lavori che avrebbe eseguito sull’immobile, apportanti miglioramenti dei quali, con il naufragare dell’operazione negoziale, si avvantaggerebbe indebitamente o comunque ingiustamente l’A.S.. Nelle proprie conclusioni Agriforest evoca la culpa in contraendo in capo all’attrice, avendo Mabo indotto la convenuta a stipulare il contratto pur essendo perfettamente conscia del fatto che l’immobile presentasse problematiche a livello urbanistico. Non sono però ravvisabili profili di responsabilità precontrattuale, perché dovrebbe darsi per provato che da parte di Mabo vi sia stato un comportamento prossimo al dolo quando invece nei negozi stipulati non si fa minimamente riferimento alle condizioni giuridiche dell’immobile e, di converso, vi sono plurimi elementi che lasciano ritenere che Agriforest fosse perfettamente a conoscenza dello stato di diritto dello stesso.
Sul piano prettamente astratto-giuridico le doglianze di parte convenuta avrebbe potuto ricevere attenzione laddove questa avesse coltivato una tesi della quale in effetti v’è traccia nella comparsa, vale a dire che l’A.S., con il naufragio dell’operazione negoziale, beneficerebbe dei lavori compiuti da Agriforest del tutto indebitamente e, quindi, si assicurerebbe un ingiustificato arricchimento. Sennonché deve rilevarsi, oltre al fatto che tale eccezione non è stata riportata nelle rassegnate conclusioni, che non è stata fornita la benché minima prova che tali lavori siano stati effettivamente posti in essere. Né può attribuirsi efficacia probatoria alla scrittura privata che sarebbe stata stipulata in data 13.5.2014 tra le parti contenente un contratto preliminare avente ad oggetto l’immobile, nel quale si darebbe atto dell’effettuazione di tali lavori, per una pluralità di ragioni: a) la scrittura non è stata nuovamente prodotta in questo giudizio, sicché questo organo giudicante non ha potuto prendere visione del suo effettivo contenuto; b) l’A.S. – fin dalla fase cautelare, ma nuovamente con la prima memoria ex art. 183 comma sesto c.p.c. – ha eccepito l’inopponibilità di tale scrittura ai sensi dell’art. 2704 c.c.; c) può seriamente dubitarsi della genuinità di tale scrittura poiché la stessa presenta un contenuto radicalmente diverso da quella prodotta in giudizio dall’A.S. (doc. 7.2) che la convenuta non ha minimamente disconosciuto.
Infine, non sussistono margini per riconoscere ad Agriforest un danno da “privazione del bene concesso in godimento”: basti, in proposito, richiamare quanto già argomentato sub 3.
7. Per tutte le ragioni sin qui esposte, devono trovare accoglimento le domande formulate dall’A.S. e pertanto Agriforest va condannata a pagare alla procedura concorsuale E 740.000,00 oltre IVA (allora pari al 20%), importo sul quale vanno calcolati gli interessi al tasso previsto dal D.Lgs. 231/2002. Alla statuizione di condanna consegue, ai sensi dell’art. 686 c.p.c., la conversione del sequestro conservativo in pignoramento.
8. Passando alla regolamentazione delle spese di lite, esse non possono che rimanere a carico di Agriforest, totalmente soccombente nel presente giudizio. Preso atto che questo Tribunale ha già provveduto alla liquidazione della fase di reclamo, si procederà unicamente a liquidare la presente fase e il primo grado cautelare, facendo applicazione dei parametri medi tabellari tenuto conto del valore effettivo della causa e con elisione della fase istruttoria per quanto concerne il grado cautelare (non essendosi concretamente tenuta).
P.Q.M.
Il Tribunale di Arezzo, in composizione monocratica, ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa o assorbita, definitivamente pronunciando sulle domande come in epigrafe proposte:
condanna Agriforest S.c.a. a pagare nei confronti dell’Amministrazione Straordinaria di Mabo Holding S.p.a. in liquidazione un importo pari a E 740.000,00 oltre IVA (con aliquota al 20%), somma sulla quale andranno calcolati gli interessi al tasso previsto dal D.Lgs. 231/2002;
dà atto che il sequestro conservativo si converte in pignoramento;
condanna Agriforest S.c.a. a rifondere le spese di lite sostenute dall’Amministrazione Straordinaria di Mabo Holding S.p.a. in liquidazione, liquidate per il presente giudizio di merito in E 27.804,00 oltre IVA, CAP e rimborso delle spese generali per compensi e E 1.715,00 per esborsi documentati, nonché per il primo grado cautelare in E 9.653,00 oltre IVA, CAP e rimborso delle spese generali per compensi e E 870,00 per esborsi documentati.
Arezzo, 9 settembre 2019
Depositata in Cancelleria il 09/09/2019
