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TAR Brescia sez. I, 02/02/2024, n.83

Massima

Il comitato di gestione di un Comprensorio alpino ha indiscutibilmente dei poteri, ma non può introdurre disposizioni in contrasto con le norme stabilite dalla legge o dal calendario venatorio, né apportare modifiche ai periodi, agli orari, ai modi e ai luoghi di caccia o all’elenco delle specie cacciabili o ai limiti di carniere giornaliero o stagionale, né può modificare l’ammontare dei contributi economici a carico dei cacciatori.

Supporto alla lettura

CONTROLLO E CONTENIMENTO DELLA FAUNA SELVATICA

Il controllo e il contenimento della fauna selvatica trovano il proprio riferimento normativo nella L. n. 157 del 1992, e successive modifiche.

La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale.

L’esercizio dell’attività venatoria è consentito purché non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.

Fanno parte della fauna selvatica da tutelare le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale. Esistono differenti gradi di protezione della fauna selvatica: in alcuni casi come il lupo e l’orso, fa riferimento a specie animali “particolarmente protette” – che ricevono una tutela anche a livello sovranazionale – vietandone la cattura, e assoggettando l’eventuale abbattimento o detenzione a sanzioni penali; in altre ipotesi la tutela della specie selvatica è limitata: è il caso dell’art. 18 che individua le specie “cacciabili” in determinati periodi: in tale categoria rientra il cinghiale; nelle residue ipotesi si tratta di specie animali non cacciabili ma che non godono di una particolare protezione sul piano giuridico.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

FATTO

1.- Con la delibera n. 19/2023 qui impugnata, assunta il 23.3.2023 dal (omissis) (di seguito per brevità anche “CAC”), sono state adottate:

a) le “Disposizioni Comitato di Gestione in merito alla caccia di selezione al cinghiale per il periodo 22/04/2023 al 30/06/2023”, che hanno sospeso la caccia di selezione al cinghiale fino al 22 aprile 2023;

b) il “Regolamento per la Gestione del Cinghiale in Caccia di Selezione” nel territorio del CAC.

2.- Il 14.4.2023 la Provincia di Bergamo, con nota del Dipartimento Presidenza, Segreteria e Direzione Generale – Servizio di Vigilanza ittico-venatoria, ha rilevato che “La sovrapposizione delle disposizioni del Comitato di gestione, in merito alla caccia di selezione al cinghiale (…) alle indicazioni del decreto n° 2679 del 24/02/2023 della Direzione Generale Agricoltura Alimentazioni e Sistemi verdi e la differente disciplina dell’attività della caccia di selezione al cinghiale in esse contenute, disorienta l’attività di vigilanza affidata anche al personale della Polizia Provinciale. Quest’ultimo potrebbe trovarsi di fronte ad azioni di un cacciatore in contrasto con il Regolamento del Comprensorio ma rispettose del Decreto Regionale che, motivatamente e chiaramente, proroga lo IAPC 2022 /2023 per il territorio delle Prealpi Bergamasche fino al 30 giugno 2023 prevedendo, peraltro, un incremento del piano di prelievo con un obiettivo (correlato alle criticità sanitarie della PSA e della prevenzione ai danni all’agricoltura) che potrebbero essere compromessi dalle limitazioni previste dalle disposizione del Comitato di Gestione del CAC Prealpi Bergamasche. Nelle indicazioni operative al personale di polizia, in servizio nell’ambito territoriale del CAC Prealpi Bergamasche, in attesa di un approfondimento e di un chiarimento in merito alla applicabilità delle disposizioni del Comitato di Gestione di cui trattasi, continuerò a dare prevalenza ai contenuti del decreto n° 2679 del 24/02/2023 della Direzione Generale Agricoltura Alimentazioni e Sistemi verdi avendo la proroga dello IAPC 2022 /2023 reso legittima la caccia di selezione al cinghiale fino al 30 giugno 2023 confermando le disposizioni previste dal DDS 20 maggio 2022, n. 7034 così come modificate e integrate dal DDS n.13119 del 15/09/2023”.

3.– Il 18.4.2023, all’esito di una riunione tenutasi presso gli uffici della Regione Lombardia alla presenza dell’Assessore regionale all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, il CAC ha sospeso il regolamento fino al 30 giugno 2023.

Il giorno seguente, 19.4.2023, il dirigente della Struttura regionale Agricoltura, Foreste, Caccia e Pesca (A.F.C.P.) di Bergamo ha confermato che il regolamento è “da intendersi sospeso in attesa degli approfondimenti programmati, da compiersi entro il 30 giugno stesso”.

Sennonché una settimana dopo, il 26.4.2023, il CAC ha informato i cacciatori, tra l’altro, che “Come comunicato anche in data odierna all’Assessore Regionale il Regolamento sulla caccia di selezione adottato dal CAC Prealpi è pienamente operativo, restano sospesi solo le disposizioni riguardanti l’obbligo dell’accompagnatore nelle uscite di caccia e l’obbligo di collocare i punti sparo nei soli settori di appartenenza dei cacciatori”.

4.– Con PEC del 28.4.2023 alcune decine di cacciatori di selezione hanno esposto alla Regione Lombardia, tramite gli stessi avvocati dei ricorrenti, le plurime ragioni di illegittimità – a loro avviso – del regolamento, invitando l’Amministrazione a destituire il Comitato di Gestione e a nominare un commissario ex art. 30, comma 13, della l.r. 26/1993.

Anche WWF Italia ETS, quale ente gestore della Zona Speciale di Conservazione (“ZSC”) Valpredina-Misma, ha reagito all’adozione del regolamento, perché ha modificato le disposizioni vigenti sulla caccia di selezione al cinghiale nell’area buffer (cioè nella fascia di rispetto) esterna alla ZSC, senza alcuna preventiva interlocuzione con lo stesso WWF. Quest’ultimo, con lettera 2.5.2023 all’Ufficio territoriale regionale (cioè alla Struttura regionale A.F.C.P.) di Bergamo, e al Direttore Generale Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi della Regione, ha evidenziato l’incompetenza del CAC ad adottare le suddette disposizioni, e ha chiesto di intervenire affinché il CAC le annullasse in autotutela e fosse richiamato ad operare in conformità alle disposizioni vigenti e alla sentenza del TAR Brescia, sez. II, n. 132/2023.

5.- Il 19.5.2023 i ricorrenti hanno notificato il ricorso introduttivo (depositato il 24.5.2023) e il 16.6.2023 hanno depositato un elenco di 68 cacciatori di selezione al cinghiale che condividono la loro iniziativa giurisdizionale, con le relative firme.

Si è costituito il CAC, evidenziando tra l’altro che Comitato di Gestione è un organo dell’ente, non un soggetto distinto dall’ente stesso, e pertanto non ha legittimazione passiva.

Si è costituito anche il WWF Italia ETS.

All’udienza camerale del 21.6.2023 i ricorrenti hanno rinunciato alla domanda cautelare.

Con ordinanza n. 556 del 28.6.2023 il Collegio ha disposto la regolarizzazione della procura alle liti del CAC, in quanto priva di attestazione di conformità all’originale, e lo stesso giorno il CAC ha depositato l’attestazione di conformità, che è rispettosa dell’art. 8, comma 2, dell’allegato 1 al d.P.C.S. 28.7.2021, il quale prevede che essa può essere contenuta anche “in un distinto documento sottoscritto con firma digitale”.

6.- Con decreto n. 9706 del 28.6.2023, il dirigente della U.O. sviluppo di sistemi forestali, agricoltura di montagna, uso e tutela del suolo agricolo e politiche faunistico-venatorie della Regione Lombardia, dott. Andrea Massari, ha confermato “le modalità organizzative e attuative del prelievo venatorio del cinghiale nelle Unità di gestione e, al loro interno, nei singoli istituti faunistico-venatori sopra elencati, come definite dai PPGC quinquennali e disposte dai competenti dirigenti delle strutture AFCP con gli atti di approvazione degli IAPC per la stagione venatoria 2022/23, prorogando questi ultimi fino al 30 giugno 2024, come elencati nell’allegato B, parte integrante e sostanziale del presente provvedimento” (punto 4); ha inoltre ribadito che “le disposizioni di cui agli atti di approvazione degli IAPC per la stagione venatoria 2022/23, prorogati con il presente provvedimento fino al 30 giugno 2024, non possono in alcun modo essere derogate o modificate dagli organi di gestione degli istituti faunistico-venatori cui sono riferite” (punto 5).

7.- Il giorno dopo, 29 giugno 2023, il medesimo dirigente ha scritto al Comitato di Gestione del CAC evidenziando che, alla luce del decreto di cui sopra, “permane il contrasto tra il Regolamento in oggetto e le relative disposizioni attuative e le vigenti norme e prescrizioni di Regione Lombardia”, precisando analiticamente le singole violazioni, e intimando “di modificare o revocare le segnalate difformità del Regolamento in oggetto e tutti i contenuti e comportamenti non conformi a norme, regolamenti e atti emanati da Regione entro e non oltre sette (7) giorni dal ricevimento della presente, avvisando sin d’ora che, in caso di inottemperanza, si avvierà senza altro preavviso il procedimento per la sua destituzione e per la nomina di un commissario, ai sensi e per gli effetti dell’art. 30, comma 13, della l.r. 26/1993 per violazione di legge e delle competenze”, valendo la missiva quale comunicazione di avvio del procedimento (doc. 22 ricorrenti).

8.– Ricevuta questa intimazione, il Comitato di Gestione, nella riunione del 6 luglio 2023, ha deliberato di emendare il regolamento sostituendo le disposizioni in contrasto con il citato decreto n. 9706 del 28.6.2023 “e con alcuni provvedimenti ivi richiamati” (non meglio precisati), e adottando in loro vece “le disposizioni previste e richiamate da detto DECRETO”, con riserva di adottare ogni provvedimento opportuno, necessario e dovuto all’esito della definizione del presente giudizio (doc. 15 ricorrenti).

Il Comitato di Gestione ha dapprima pubblicato nella sezione News del sito web del CAC (e non sull’Albo Pretorio), in data 12 luglio 2023, il “Regolamento per la Gestione del Cinghiale in Caccia di Selezione – Rev. 5”, datato 11 luglio 2023, che non presenta alcuna modifica rispetto all’originario documento ma riporta soltanto la dicitura “sospeso parti del regolamento evidenziate in XXXXX [giallo] in attesa di pronuncia del TAR”.

Il giorno dopo (13 luglio 2023) il Comitato ha pubblicato sempre nella sezione News del sito web una nuova versione del Regolamento, in sostituzione di quella dell’11 luglio 2023, cioè il “Regolamento per la Gestione del Cinghiale in Caccia di Selezione – Rev. 5” con la dicitura “adeguato alle nuove disposizioni di Regione Lombardia” e con la precisazione in prima pagina “06.07.23 – Rev.05 del 06/07/23 (le parti evidenziate con colorazione gialla xxxxxx sono revocate)”.

9.– Contro tale delibera e le due versioni del regolamento da ultimo citate i ricorrenti hanno proposto ricorso per motivi aggiunti notificato il 3.10.2023.

Il 24.10.2023 si è costituita la Regione chiedendo l’accoglimento “del ricorso”, senza distinguere tra quello principale e quello per motivi aggiunti.

10.- Nel frattempo, il 19.7.2023, dunque prima della proposizione del ricorso per motivi aggiunti, è deceduto uno dei ricorrenti, il sig. Giacomo Moroni.

11.- Dopo l’udienza pubblica del 6.12.2023, passata la causa in decisione, il Collegio, con ordinanza ex art. 73, 3° comma, c.p.a. del giorno seguente, n. 900, ha rilevato:

– la possibile improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse delle censure formulate col ricorso principale, e la possibile inammissibilità per originaria carenza di interesse delle censure formulate col ricorso per motivi aggiunti, in entrambi i casi relativamente alle censure aventi ad oggetto le disposizioni del regolamento che sono state revocate nell’ultima versione, indicata in epigrafe al punto vii), essendo quelle disposizioni non più in vigore per effetto della loro revoca;

– la possibile tardività delle censure formulate col ricorso per motivi aggiunti aventi ad oggetto le disposizioni, tra quelle non revocate elencate alle pagg. 18-21 di quel ricorso, che non erano state specificamente censurate col ricorso principale, perché tali disposizioni erano note ai ricorrenti quantomeno dalla data di notifica del ricorso introduttivo (19.5.2023), sono rimaste invariate nell’ultima versione del regolamento (che non appare essere un nuovo regolamento, ma una versione emendata del regolamento impugnato col ricorso principale) e sono state oggetto di specifica censura solo con il ricorso per motivi aggiunti notificato il 3.10.2023;

– per quanto riguarda la sola posizione del ricorrente sig. Giacomo Moroni, deceduto dopo la proposizione del ricorso principale e prima della proposizione del ricorso per motivi aggiunti, la possibile improcedibilità del ricorso principale per sopravvenuta carenza di interesse dovuta alla sua morte, e la possibile inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti dovuta all’inesistenza della parte.

Il Collegio ha pertanto assegnato alle parti il termine perentorio di venti giorni per presentare memorie vertenti unicamente su queste questioni, riservando all’esito la decisione. I ricorrenti, la resistente e la Regione Lombardia hanno depositato memoria.

DIRITTO

A) Sulla morte sopravvenuta del ricorrente sig. (omissis).

1.– Nella memoria conclusiva di parte resistente, a pag. 5, si legge: “Si evidenzia, per quanto possa occorrere, che lo scorso mese di luglio è deceduto il Sig. (omissis) che tuttavia ancora compare come ricorrente nell’atto per motivi aggiunti datato 3.10.2023”.

Nella replica di parte ricorrente, a pag. 7, si legge: “7. In replica a quanto rilevato dal CAC nell’ultimo periodo di pag. 5, la scrivente difesa rappresenta di avere avuto conoscenza della morte del Sig. (omissis), avvenuta il 19 luglio 2023, soltanto il 3 novembre u.s. … Ad ogni modo, parte resistente non potrà giovarsi dell’interruzione del processo né contestare l’inammissibilità/improcedibilità dei motivi aggiunti di ricorso e ciò sia per l’esistenza di ulteriori tre ricorrenti aventi il medesimo interesse sostanziale e processuale, sia per la natura dell’impugnazione (atto ad applicazione generalizzata)”.

2.- La dichiarazione dei procuratori del sig. (omissis) sopra riportata non è idonea a provocare l’interruzione del processo, perché non resa in udienza o notificata alle altre parti, come prescrive l’art. 300, 1° comma, c.p.c.: in questo senso v. Cons. Stato, sez. IV, 13.2.2019, n. 1027, e 9.5.2014, n. 2380; quest’ultima in particolare ha affermato che “L’interruzione del processo a causa di uno degli eventi previsti dall’art. 300 c.p.c. consegue solo ad un atto del procuratore quale dominus litis, atto che postula la valutazione, riferita all’oggetto della causa, dell’opportunità, nell’interesse delle parti stesse o dei suoi eredi in caso di morte o di perdita di capacità della parte, di comunicare o notificare l’evento interruttivo alle altre parti, senza che detta comunicazione o notificazione ammetta equipollenti; ne consegue che non è idonea a determinare l’effetto interruttivo la notizia dell’evento riportata in semplice memoria”.

Inoltre la giurisprudenza ha precisato che la dichiarazione del procuratore relativa al verificarsi di un evento interruttivo in capo al proprio assistito deve essere finalizzata al perseguimento di tale effetto, mentre non comporta l’interruzione se viene resa, ad esempio, a scopo puramente informativo o per chiedere un rinvio (v. Cons. Stato, sez. II, 30.10.2020, n. 6678; sez. VI, 22.6.2020, n. 3715; sulla natura negoziale della dichiarazione del difensore avente ad oggetto la morte del suo assistito ai fini dell’interruzione, v. Cons. Stato, sez. V, 22.22.2011, n. 1104).

3.– La morte del sig. (omissis) comporta che, per la posizione di questi, il ricorso per motivi aggiunti è inammissibile, perché egli era già deceduto quando tale ricorso è stato proposto.

4.- Invece il ricorso principale, sempre per la posizione del sig. (omissis), è improcedibile perché la posizione che questi ha fatto valere in giudizio è intrasmissibile ai suoi eredi, come la licenza di caccia che la fonda, e dunque con la morte del sig. Moroni viene meno qualsivoglia interesse a una pronuncia di merito relativa alla sua posizione.

B) Sulla legge regionale n. 26 del 1993.

5.– La fonte di riferimento per la decisione della presente controversia è la legge della Regione Lombardia del 16 agosto 1993, n. 26, recante “Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria”.

Tale legge prevede che, con il piano faunistico-venatorio territoriale, il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata sia ripartito in ambiti territoriali di caccia e in comprensori alpini di caccia omogenei (art. 14, comma 3, lett. g e art. 28, comma 1). È così che, nel piano faunistico approvato con delibera del Consiglio Provinciale di Bergamo n. 79 del 10 luglio 2013, è stato costituito il Comprensorio Alpino di Caccia “Prealpi Bergamasche”, odierno resistente.

Con riguardo ai comprensori alpini di caccia, la citata legge prevede che “Ogni cacciatore ha diritto di essere socio dell’ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino di caccia in cui ha la residenza anagrafica, con specifico riferimento all’indirizzo civico in cui risiede” (art. 28, comma 7); disciplina gli organi dei comprensori, costituiti dal presidente, dal comitato di gestione, dall’assemblea dei cacciatori iscritti e dal revisore legale (art. 30, comma 1 e commi 7-10); ne disciplina anche gli statuti (art. 30, commi 2, 3 e 15); stabilisce i compiti dei comitati di gestione (art. 31); riserva alla Regione un potere di vigilanza e, in caso di inadempienze o irregolarità, il potere di destituire il comitato di gestione e di nominare un commissario (art. 30, commi 13 e 17).

C) Sulle diverse versioni del regolamento, sulla sopravvenuta revoca di alcune disposizioni in esso contenute e sulle conseguenze di essa per il ricorso e per i motivi aggiunti.

6.- Si sono succedute nell’arco di pochi mesi ben quattro diverse versioni del regolamento del CAC per la gestione del cinghiale in caccia di selezione:

(a) la prima versione, approvata con delibera del comitato di gestione del 23.3.2023, è quella impugnata con il ricorso principale;

(b) la seconda versione, che il CAC afferma essere stata adottata il 7.4.2023 (prima del ricorso principale) ma pubblicata solo il 31.5.2023 (dopo il ricorso) per un errore del gestore del sito internet, nella quale è stato emendato l’art. 8, riguardante “modalità periodi e tempi di prelievo”, nella sola parte in cui, al penultimo puntino, regola le distanze dei punti di foraggiamento dalle abitazioni e dagli allevamenti di suini;

(c) la terza versione reca la dicitura “Modificato con delibera del C.d.G. n. 37 /2023 nella seduta del 06.07.23 – Rev.05 del 06/07/23 Sospeso parti del regolamento evidenziate in XXXXX in attesa di pronuncia del TAR”, dove “XXXXX” è colorato in giallo: tale versione è identica nel testo alla precedente, ma alcune parti sono evidenziate in giallo e dunque, come detto nell’intitolazione, “sospese” in attesa della pronuncia di questo Tribunale; questa versione è impugnata con il ricorso per motivi aggiunti;

(d) la quarta versione reca invece la dicitura “Modificato con delibera del C.d.G. n. 37 /2023 (immediatamente esecutiva) nella seduta del 06.07.23 – Rev.05 del 06/07/23 (le parti evidenziate con colorazione gialla xxxxxx sono revocate)”; tale dicitura è uguale a quella della terza versione, ma con due differenze: viene precisato che la delibera di approvazione è “immediatamente esecutiva” e si dispone che le parti evidenziate in giallo, che coincidono con quelle che erano evidenziate con lo stesso colore nella terza versione, sono tout court “revocate” anziché temporaneamente “sospese”; anche questa versione è impugnata con il ricorso per motivi aggiunti.

Peraltro, confrontando la quarta versione con la terza, emergono anche delle modifiche al testo delle disposizioni:

– sono stati eliminati l’art. 6 su “mobilità cacciatori nei settori di caccia” e l’art. 18 sui “divieti”, con conseguente modifica alla numerazione degli altri articoli e ai rinvii interni da un articolo all’altro;

– l’art. 8 (già 9) ha subito tre modifiche: è stata ridotta da 200 a 100 metri la distanza minima tra punti sparo; nella disposizione sulla revoca d’ufficio dei punti sparo che non registrino uscite o abbattimenti entro certi termini, è stata eliminata l’eccezione che era riportata tra parentesi alla fine; è stata anticipata dalle 15 alle 14 l’ora limite entro la quale comunicare al CAC l’uscita pomeridiana/serale;

– l’art. 9 (già 10), nella parte sulle “riassegnazioni meritorie” dei punti sparo, e in particolare nella tabella sui punti di merito, è stato modificato eliminando la prima e l’ottava voce.

7.– Non può dubitarsi del fatto che, nell’ultima versione del regolamento, le disposizioni evidenziate in giallo siano state revocate: in primo luogo, la delibera con la quale l’ultima versione del regolamento è stata adottata dispone espressamente di “emendare” il regolamento “sostituendo” (e non sospendendo soltanto) le disposizioni in contrasto con le norme regionali, dove per “sostituire” si intende eliminare quelle disposizioni lasciando che operino in loro vece le difformi disposizioni regionali; in secondo luogo, l’intitolazione della quarta versione del regolamento, nella quale si dice espressamente che “le parti evidenziate con colorazione gialla xxxxxx sono revocate”, senza alcuna condizione, rende evidente – già di per sé, ma ancor più se confrontata con l’intitolazione della terza versione del regolamento, nella quale si diceva invece che le disposizioni evidenziate in giallo erano “sospese … in attesa di pronuncia del TAR” – che da ultimo è stata disposta una vera e propria revoca delle disposizioni evidenziate, e non una loro mera sospensione temporanea.

Non può essere condivisa la tesi dei ricorrenti secondo la quale la revoca sarebbe “a tempo”, cioè verrebbe meno con la sentenza di questo TAR: infatti né il regolamento né la delibera fissano un limite temporale alla revoca, e nella delibera il comitato di gestione del CAC si è semplicemente riservato, in modo generico, “l’adozione di ogni provvedimento opportuno” all’esito della decisione del TAR.

Siccome le disposizioni revocate non sono più vigenti, esse non possono essere annullate.

8.– Nel ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti hanno evidenziato che non tutte le disposizioni censurate con il ricorso principale sono state revocate nell’ultima versione del regolamento, e hanno pertanto ribadito le medesime censure svolte con i primi due motivi del ricorso principale, concernenti rispettivamente le norme prescrittive e quelle sanzionatorie del regolamento (il terzo motivo del ricorso principale, lo si dirà infra, è inammissibile per difetto di interesse, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti); a tali censure ne hanno aggiunta una ulteriore, con la quale hanno lamentato l’inottemperanza delle ultime versioni del regolamento all’intimazione del 29.6.2023 del dirigente della Regione Lombardia dr. Massari (citata nel paragrafo 7 dell’esposizione dei fatti).

9.- Alla luce di quanto sopra, preliminarmente va rilevato, con riguardo alle censure proposte con il ricorso principale, e ribadite con il ricorso per motivi aggiunti, che si riferiscono a disposizioni revocate con l’ultima versione del regolamento, che tali censure sono improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse per il ricorso principale, e inammissibili per originaria carenza di interesse per il ricorso per motivi aggiunti.

Vanno invece esaminate nel merito le censure proposte con il ricorso principale, e ribadite con il ricorso per motivi aggiunti, dirette a disposizioni del regolamento che non sono state revocate, ma sono rimaste invariate tra la prima e l’ultima versione del regolamento.

Per tali ragioni, il ricorso principale e quello per motivi aggiunti verranno di seguito esaminati congiuntamente, seguendo l’ordine delle censure proposte, e specificando di volta in volta per ciascuna di esse se si tratti di censura riferita a una norma revocata oppure a una norma ancora vigente.

Per semplicità nel prosieguo si farà riferimento, ove non diversamente specificato, alla numerazione degli articoli dell’ultima versione del regolamento.

D) Sul 1° motivo del ricorso principale e del ricorso per motivi aggiunti.

10.- Con il primo motivo del ricorso principale e del ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti lamentano un vizio di incompetenza e un vizio di violazione di legge.

Sostengono più precisamente che il regolamento (e la delibera che lo ha adottato) siano illegittimi per violazione della disciplina regionale sulla caccia di selezione al cinghiale, e per incompetenza assoluta del Comitato di Gestione del CAC, in quanto hanno ad oggetto aspetti dell’attività venatoria (quali modalità, orari, periodi, luoghi, carnieri) che esulano dalla sfera di attribuzione dei comprensori alpini di caccia.

Infatti l’art. 30 l.r. 26/1993, nell’individuare il contenuto dello statuto dei comprensori, al comma 18 dispone che “in nessun caso i comitati di gestione degli ambiti territoriali o dei comprensori alpini possono modificare le disposizioni di cui all’art. 32, né apportare modifiche ai periodi, agli orari, ai modi ed ai luoghi di caccia o all’elenco delle specie cacciabili o ai limiti di carniere giornaliero o stagionale definiti dalla presente legge, dal calendario venatorio regionale e dal calendario venatorio integrativo della provincia di Sondrio”.

Inoltre lo stesso articolo, al comma 15, dispone che “Gli ambiti territoriali ed i comprensori alpini di caccia conformano i propri statuti ai criteri ed agli indirizzi per la redazione dello statuto adottati dalla giunta regionale. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge e dallo statuto, si rinvia alle disposizioni di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice civile, ove applicabili, fermo restando che è fatto divieto agli organi degli ambiti territoriali e dei comprensori alpini di caccia introdurre o attuare regolamenti in contrasto con le norme sull’attività venatoria stabilite dalla presente legge o dal calendario venatorio regionale”.

I ricorrenti aggiungono, alla fine del motivo, che nessuna norma di rango primario conferisce al Comitato di Gestione il potere di regolamentare la caccia di selezione al cinghiale: difatti l’art. 31 della l.r. 26/1993, recante i “compiti dei comitati di gestione” dei comprensori alpini di caccia, non menziona alcuna prerogativa regolatoria in capo ai medesimi in materia di caccia, e men che meno di quella avente ad oggetto i cinghiali. Tale materia è già disciplinata dalla D.G.R. 30 giugno 2022 – n. XI/6587 recante il c.d. P.R.I.U., cioè il Piano regionale di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l’eradicazione della PSA (Peste Suina Africana) nei suini di allevamento e nella specie cinghiale (sus scrofa) della Regione Lombardia per il triennio 2022/25 (doc. 15 CAC). Quest’ultima D.G.R., peraltro, dispone espressamente, al paragrafo 6.4, che “Il presente piano è da intendersi sovraordinato anche a tutti i regolamenti eventualmente adottati dai comitati di gestione degli Ambiti territoriali e dei Comprensori alpini di caccia in materia di caccia al cinghiale”.

11.- Occorre esaminare separatamente le due censure di incompetenza e di violazione di legge, cominciando dalla prima.

Il vizio di incompetenza non sussiste perché le citate norme della legge regionale, lungi dal negare l’esistenza di un potere regolamentare dei CAC, al contrario lo conferiscono implicitamente, fissandone anche i limiti, in ossequio al principio di legalità: infatti, se i CAC non avessero un potere regolamentare in materia, le disposizioni di cui ai commi 15 e 18 citt. non avrebbero ragione di esistere.

Peraltro pure il P.R.I.U., menzionato dai ricorrenti, disponendo che “Il presente piano è da intendersi sovraordinato anche a tutti i regolamenti eventualmente adottati dai comitati di gestione degli Ambiti territoriali e dei Comprensori alpini di caccia in materia di caccia al cinghiale”, presuppone l’esistenza di un potere regolamentare in capo ai CAC.

Il potere regolamentare è anche coerente con la natura di ente associativo propria dei CAC, quale si desume sia dal rinvio che il comma 15 cit. fa, per quanto non espressamente previsto da quella legge e dallo statuto, “alle disposizioni di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice civile” che riguardano le associazioni non riconosciute, sia dall’art. 28, comma 7, della legge medesima, il quale prevede che ciascun cacciatore ha diritto di essere socio del CAC in cui ha la residenza anagrafica.

La stessa Regione Lombardia, nella memoria difensiva, non ha negato in radice la potestà regolamentare dei CAC, ma si è limitata a censurare la legittimità delle singole disposizioni regolamentari contrastanti con la disciplina regionale.

Non è invece pertinente il richiamo, operato nelle difese del CAC, all’art. 27, comma 4, l.r. 26/1993, il quale, prevedendo che “Con regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, sono stabilite norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinare l’attività venatoria nel territorio della zona Alpi, tenuto conto delle consuetudini e delle tradizioni locali”, si riferisce a un regolamento regionale, che difatti è stato adottato il 4.8.2003 (n. 16), proprio in attuazione (inter alia) di quella disposizione.

Il potere regolamentare dei CAC può esplicarsi negli ambiti devoluti alla competenza dei medesimi CAC, in particolare ai sensi dell’art. 31 della l.r. 26/1993, ma incontra i precisi e pregnanti limiti fissati dall’art. 30, commi 15 e 18, della l.r. 26/1993, sopra ricordati: non può, cioè, introdurre disposizioni in contrasto con le norme sull’attività venatoria stabilite dalla medesima legge o dal calendario venatorio regionale, “né apportare modifiche ai periodi, agli orari, ai modi ed ai luoghi di caccia o all’elenco delle specie cacciabili o ai limiti di carniere giornaliero o stagionale definiti dalla presente legge, dal calendario venatorio regionale”; inoltre non può modificare l’art. 32 della medesima legge sui contributi economici a carico dei cacciatori.

Non sussiste dunque il dedotto vizio di incompetenza assoluta del CAC ad emanare regolamenti sulla caccia di selezione al cinghiale.

Vale la pena di aggiungere per completezza, sotto il profilo dell’incompetenza relativa (non dedotta dai ricorrenti), che l’art. 6, comma 7, lett. s, dello statuto del CAC (doc. 4 ricorrenti) stabilisce che, all’interno del CAC, l’organo competente ad adottare i regolamenti è il Comitato di Gestione, il quale appunto può “approvare o modificare i Regolamenti del C.A. proposti dalle commissioni o dai singoli membri del Comitato di Gestione per una corretta organizzazione delle forme di caccia presenti nel C.A.”: ed è per l’appunto il Comitato di Gestione ad avere adottato il regolamento impugnato.

Conclusivamente, è infondata la censura di incompetenza sollevata dai ricorrenti.

12.– È invece fondata la censura di violazione di legge: non però con riguardo all’intero regolamento, ma soltanto per quelle disposizioni che sono oggetto di specifica censura da parte dei ricorrenti perché contrastanti con il divieto, di cui all’art. 30, comma 18, cit., di apportare modifiche ai periodi, agli orari, ai modi ed ai luoghi di caccia e ai limiti di carniere giornaliero o stagionale definiti dalla medesima legge e dal calendario venatorio regionale.

Naturalmente sono fondate solo le censure dirette alle parti del regolamento che non sono state revocate, come precisato sopra nel paragrafo 9.

La fondatezza inoltre non riguarda tutte quelle censure: una piccola parte delle disposizioni impugnate è infatti legittima, come si dirà.

Occorre dunque esaminare singolarmente le censure proposte dai ricorrenti con riguardo a specifiche disposizioni del regolamento, onde precisare per ciascuna di esse in primis se risulta improcedibile/inammissibile per intervenuta revoca della disposizione, e in secundis, qualora la censura riguardi una disposizione non revocata, se la censura sia fondata o meno.

13.- Con riferimento ai “periodi” di caccia, il regolamento prevede il divieto di caccia di selezione al cinghiale sia durante i censimenti primaverili, nelle giornate stabilite dal CAC e comunicate ai cacciatori (art. 7, commi 10-11), sia nei mesi di ottobre, novembre e dicembre per tutti i giorni nelle zone ove si pratica la caccia collettiva, escluso il lunedì e giovedì (art. 8, ultimo comma).

I ricorrenti lamentano che queste disposizioni contrastano: (i) con il decreto n. 7034 del 20 maggio 2022 del dirigente della Struttura A.F.C.P. (Agricoltura, Foreste, Caccia e Pesca) di Bergamo (doc. 5 WWF), che consente di cacciare per cinque giorni a scelta alla settimana e non pone ulteriori divieti né diretti né indiretti; (ii) con il calendario venatorio di cui alla D.G.R. n. 6497/2022, che nulla dispone in tal senso.

Il CAC si è difeso sostenendo che il decreto n. 7034/2022 non è norma sovraordinata alla sua competenza regolamentare, mentre il calendario venatorio lo è, ma, per espressa ammissione dei ricorrenti, nulla dispone. Ha inoltre obiettato che il regolamento non modifica le disposizioni regionali in ordine al numero di giorni in cui la caccia è consentita (5 alla settimana), e che il divieto di caccia di selezione al cinghiale durante i censimenti primaverili risponde ad esigenze di sicurezza.

13.1.– L’art. 8, ultimo comma, del regolamento, è stato però poi revocato, con le conseguenze di cui si è detto sopra al paragrafo 9. Era peraltro manifesta l’illegittimità di tale disposizione, che introduceva delle limitazioni ai periodi di caccia, in violazione dell’art. 30, comma 18, l.r. 26/1993.

13.2.– La censura sui periodi di caccia può dunque essere esaminata nel merito solo con riguardo all’art. 7, commi 10-11, ed è fondata, perché le norme regolamentari censurate modificano, restringendoli, i periodi in cui si può cacciare, fissati dal calendario venatorio, violando così l’art. 30, comma 18, l.r. cit. Lo stesso CAC del resto riconosce che il calendario venatorio non prevede un divieto di cacciare durante i censimenti primaverili: e se non lo prevede, il CAC deve adeguarsi, senza potere introdurre esso stesso un tale divieto di natura temporale. Pertanto va annullato l’art. 7, commi 10-11, del regolamento, nell’ultima versione adottata.

14.- Con riferimento agli “orari”, il regolamento impone un’interruzione della giornata di caccia dalle 8.30 alle 16.00, e di segnalare su WhatsApp la fine della caccia (art. 8, commi 18 e 20).

Secondo i ricorrenti, queste disposizioni contrasterebbero con il citato decreto n. 7034/2022 del dirigente della Struttura A.F.C.P. di Bergamo, il quale ha disposto che “la caccia di selezione al cinghiale, sul territorio di competenza della Struttura A.F.C.P di Bergamo sia autorizzata cinque giorni settimanali a scelta, con esclusione del martedì e del venerdì da un’ora prima dell’alba alle ore 24.00, e che nelle aree interessate dalla caccia collettiva al cinghiale sarà autorizzata a partire dalle ore 15.00 nei giorni di mercoledì, sabato e domenica” (doc. 5 WWF, pag. 16, punto 8).

14.1.- Le disposizioni impugnate, nella parte in cui vietavano di cacciare tra le ore 8.30 e le ore 16, sono state revocate, con le conseguenze di cui si è detto sopra al paragrafo 9; peraltro esse erano manifestamente illegittime in parte qua, perché l’art. 30, comma 18, l.r. 26/1993 vieta ai regolamenti dei CAC di modificare gli orari di caccia.

La disposizione è invece rimasta in vigore nella parte in cui impone al cacciatore di segnalare su WhatsApp la fine della caccia. Tale disposizione però non appare in contrasto con il decreto citato dai ricorrenti, sicché la censura in parte qua è infondata.

15.- In ordine ai “modi” della caccia, diverse sono le censure proposte dai ricorrenti avverso le previsioni del regolamento.

15.1.- In primo luogo, ad avviso dei ricorrenti il regolamento introduce un farraginoso, complesso ed incomprensibile sistema di attribuzione di punteggi di merito o demerito ai cacciatori, non previsti da nessuna normativa regionale o statale, neppure di rango regolamentare.

L’attribuzione dei punteggi dà luogo ad una graduatoria che viene utilizzata per assegnare sia il numero di capi che è possibile abbattere, sia i punti di sparo e i punti di foraggiamento all’inizio di ogni stagione venatoria.

15.1.1.- Sennonché le disposizioni sull’utilizzo della graduatoria per l’assegnazione del numero di capi da abbattere sono state revocate, con le conseguenze di cui si è detto.

15.1.2.– Restano dunque da esaminare le sole disposizioni sull’utilizzo della graduatoria per l’assegnazione dei punti di sparo e dei punti di foraggiamento (art. 9, parte rubricata “Riassegnazioni meritorie”, 2° comma e terzultimo comma). Anche queste risultano in contrasto con l’art. 30, comma 18, l.r. cit., perché incidono sui modi in cui si svolge la caccia di selezione al cinghiale, precludendo al singolo cacciatore la possibilità di scegliere autonomamente dove collocare quei punti (nel rispetto delle prescrizioni inerenti le distanze dei punti medesimi).

Conferma si trae dal decreto del dirigente della Struttura A.F.C.P. di Bergamo n. 9091 del 16.6.2023, emanato dopo il ricorso principale ma prima del ricorso per motivi aggiunti, nel quale si prevede chiaramente che “i punti sparo e i punti di foraggiamento e sparo vengono individuati dal singolo cacciatore in modo autonomo e presentati al CAC per la verifica cartografica” (doc. 18 ricorrenti).

La censura dunque in parte qua è fondata, e conseguentemente vanno annullate le disposizioni del regolamento che prevedono che i punti di sparo e i punti di foraggiamento siano assegnati in base a una graduatoria a punti.

15.2.- In secondo luogo, sempre a proposito dei modi della caccia, i ricorrenti lamentano che il regolamento:

– prevede che i punti di sparo e foraggiamento siano assegnati d’ufficio esclusivamente dal CAC senza possibilità di ingerenza alcuna da parte della Regione Lombardia o della Provincia di Bergamo (artt. 8-9);

– introduce ulteriori norme sulle distanze dei punti sparo e foraggiamento che, in combinato disposto con le norme cogenti di cui all’art. 21 della legge statale 157/1992, all’art. 43 della l.r. 26/1993 (che dà attuazione alla citata norma statale) e a pag. 17 del citato decreto del dirigente della Struttura A.F.C.P. di Bergamo n. 7034/2022 (che indica la distanza minima di 400 m da un altro punto di foraggiamento, il tutto con il limite di un punto di foraggiamento ogni 50 ettari), rendono di fatto impossibile il piazzamento dei punti e dei cacciatori.

15.2.1.– Sia le disposizioni sull’assegnazione dei punti di sparo e di foraggiamento (contenute negli artt. 8-9 del regolamento), sia le disposizioni sulla collocazione di tali punti (contenute nell’art. 7), sono in contrasto con l’art. 30, comma 18, l.r. cit., perché anch’esse incidono sui modi in cui si svolge la caccia di selezione al cinghiale, modi che possono essere regolati solo da fonti regionali: conseguentemente quelle disposizioni del regolamento vanno annullate.

15.3.- In terzo luogo, ancora a proposito dei modi della caccia, il regolamento introduce l’obbligo della presenza nell’azione di caccia dell’accompagnatore abilitato (art. 7, comma 13): secondo i ricorrenti, si tratta di una figura non resa obbligatoria da alcuna norma nazionale e regionale, e men che meno dalla D.G.R. n. 8/796/2005 che disciplina la caccia di selezione agli altri ungulati, poiché tale D.G.R. all’art. 2 esclude espressamente dal suo ambito di applicazione il cinghiale.

Il CAC ha replicato che già l’art. 2, comma 6, di quella D.G.R. prevedeva l’obbligo dell’accompagnatore, e che tale D.G.R. è stata sempre richiamata negli anni dall’Ufficio territoriale regionale (ora Struttura A.F.C.P.) di Bergamo nelle sue circolari sulla caccia di selezione al cinghiale; ma soprattutto l’obbligo dell’accompagnatore era ed è previsto dall’art. 2, comma 2, della delibera della Giunta provinciale di Bergamo n. 94 del 26.3.2012 (doc. 8 CAC) con la quale è stato adottato il primo regolamento specifico per la caccia di selezione al cinghiale. Il CAC ha auspicato che la Regione Lombardia metta chiarezza alla sua normativa e stabilisca se l’accompagnatore sia o non sia necessario.

15.3.1.– La disposizione in questione è stata revocata, con le conseguenze sulla censura già chiarite sopra al paragrafo 9. Peraltro la censura era manifestamente fondata, perché non consta alcuna norma regionale che imponga di svolgere la caccia di selezione al cinghiale con un accompagnatore abilitato. Difatti nell’intimazione al CAC del 29.6.2023, il dirigente regionale dell’unità operativa che si occupa di politiche faunistiche e venatorie ha espressamente affermato che “La normativa regionale vigente non prevede la figura obbligatoria dell’accompagnatore per la caccia al cinghiale in selezione”. L’introduzione di un tale obbligo da parte del CAC configura dunque una modifica ai “modi” di caccia, vietata dall’art. 30, comma 18, l.r. 26/1993.

15.4.- In quarto luogo, il regolamento prevede che “Il prelievo selettivo del cinghiale può essere effettuato esclusivamente con armi con canna ad anima rigata, di calibro non inferiore a mm 7 (consentito il 270 W) o con l’uso dell’arco” (art. 7, 3° comma). Secondo i ricorrenti, si impone così immotivatamente l’utilizzo di un calibro superiore a quello minimo di 5,6 x 40 mm consentito dall’art. 23, comma 1, lett. b), della l.r. 26/1993.

15.4.1.- Anche questa disposizione è stata revocata, con le conseguenze sulla censura già chiarite sopra al paragrafo 9. Peraltro la censura era manifestamente fondata, essendo evidente il contrasto con la puntuale norma di legge regionale.

16.- Passando ai “luoghi” della caccia, l’art. 3 del regolamento, rubricato “assegnazione dei cacciatori nei settori caccia”, prevede la divisione del territorio in settori di caccia, con fissazione di un numero massimo di cacciatori per ogni settore e previsione di criteri di priorità per l’assegnazione di ciascun cacciatore ad un settore. L’articolo inoltre stabilisce, al penultimo comma, che “Ogni cacciatore di selezione al cinghiale può essere ammesso in un solo settore, vincolante per tutta la stagione venatoria a insindacabile giudizio del Comitato di Gestione su proposta della commissione Ungulato Monogastrico, cercando dove possibile di rispettare il vincolo territorio/cacciatore e ridurre al minimo i disagi logistici relativi. (D.G.R. Regione Lombardia 11 ottobre 2005 n.8/796)”.

Secondo i ricorrenti, l’art. 3 cit.: (a) è in aperto contrasto tanto con il P.R.I.U. quanto con il decreto del dirigente della Struttura A.F.C.P di Bergamo n. 7034/2022, che non recano alcuna limitazione all’interno del territorio del comprensorio; (b) è contrario al parere di I.S.P.R.A del 28 aprile 2022 secondo cui “un’adeguata regolamentazione della caccia di selezione al cinghiale dovrebbe prevedere la possibilità per tutti i cacciatori abilitati di accedere a tutto il territorio venabile” (doc. 24 ricorrenti).

Ancora più illegittima, secondo i ricorrenti, è la previsione della possibilità di istituire dei sottosettori su proposta del responsabile di settore (art. 4, quartultimo e terzultimo comma).

16.1.– La disposizione dell’art. 3, penultimo comma, che consentiva ai cacciatori di essere ammessi in un solo settore, è stata revocata, con le conseguenze sulla censura già chiarite sopra al paragrafo 9.

16.2.– Restano invece in vigore le altre disposizioni del regolamento sopra citate riguardanti: (a) la suddivisione del territorio del CAC in settori ed eventualmente in sottosettori; (b) la fissazione di un numero massimo di cacciatori di ammettere in ogni settore. Le prime di per sé non sono incompatibili con l’art. 30, comma 18, l.r. 26/1993, mentre lo sono chiaramente le seconde, perché costituiscono un limite alla possibilità, per i cacciatori, di cacciare in tutto il territorio del CAC; limite che contrasta con il divieto legislativo ai CAC di modificare i luoghi di caccia.

Pertanto le disposizioni dell’art. 3 del regolamento tuttora in vigore che fissano un numero massimo di cacciatori per ogni settore sono illegittime e vanno annullate.

17.– Sempre con riguardo ai luoghi, il regolamento vieta il foraggiamento attrattivo nell’area di buffer (art. 7, ultimo comma), ossia un’area perimetrale di particolare rispetto dell’Oasi di protezione Valpredina Misma (che contiene a sua volta l’omonima Riserva Naturale Regionale).

Secondo i ricorrenti tale previsione è illegittima perché viola il disposto del decreto del dirigente della Struttura A.F.C.P di Bergamo n. 7034/2022, il quale prevede che, “ferme restando le competenze gestionali in capo al CAC, quest’ultimo debba farsi carico delle eventuali ulteriori scelte gestionali sulla caccia in selezione al cinghiale nel buffer che dovranno essere tali da assicurare adeguata tutela dell’area protetta in argomento” (doc. 5 WWF, pag. 15, punto 5). Trattandosi di zona sottoposta a tutela ambientale, la caccia di selezione al cinghiale è qui praticata con lo scopo di riequilibrare i danni alla biocenosi causati da questo suide selvatico, sicché è necessario rispettare le prescrizioni dell’Ente Gestore (WWF), che nella fattispecie non è stato neppure informato sui contenuti del Regolamento.

Su questa disposizione del regolamento si incentra la difesa del WWF, che ha dispiegato intervento adesivo alle domande dei ricorrenti. In particolare ha osservato che il foraggiamento (i) è modalità legittimamente e necessariamente prescritta nell’area di buffer per prevenire e limitare danni al cuore della riserva, e (ii) costituisce una vera e propria misura di conservazione corrispondente alle indicazioni dello stesso piano faunistico provinciale vigente, che mira ad eradicare la specie dai siti Rete Natura 2000 per spostarla ad aree vocate, conformemente alle indicazioni di I.S.P.R.A.

17.1.- L’art. 7, ultimo comma, del regolamento è stato revocato, con le conseguenze già descritte sul ricorso principale e sui motivi aggiunti.

Era peraltro fondata la censura di illegittimità che era stata mossa dai ricorrenti, con l’adesione del WWF, avverso quella disposizione, il che assume rilevanza anche ai fini della regolazione delle spese di lite nei rapporti tra il CAC e il WWF.

Infatti la Seconda Sezione di questo Tribunale, con l’ordinanza n. 302 del 12 aprile 2022 e la sentenza n. 132 del 14.2.2023 (che ha ripreso il contenuto dell’ordinanza), entrambe citate sia dai ricorrenti sia dal WWF, hanno affermato, in una controversia di cui erano parte sia il WWF sia il CAC (che dunque è vincolato a quella sentenza), che il CAC “deve farsi carico delle esigenze rappresentate dall’ente gestore [della ZSC Valpredina Misma] sulle modalità di svolgimento della caccia” nell’area di buffer esterna a tale ZSC.

Questo non è avvenuto per la disposizione in questione, che è stata adottata dal CAC senza consultare il WWF.

18.– Quanto ai “limiti di carniere giornaliero e stagionale”, i ricorrenti lamentano che, mentre l’art. 26, comma 1, l.r. 26/1993 e il decreto del dirigente della Struttura A.F.C.P. di Bergamo n. 13119/2022 non ne prevedono alcuno per la caccia al cinghiale, il regolamento, invece, pone dei limiti quantitativi, assegnando ai cacciatori nominativamente gli animali da abbattere secondo un (macchinoso quanto inattuabile) meccanismo a punti (art. 9), e introducendo un limite di capi abbattibili in ogni punto sparo (artt. 8 e 9): limitando le assegnazioni, si eliminano i picchi di abbattimento da parte dei cacciatori o nei punti che, per vari motivi, hanno più successo, con la conseguenza che si ridurrà la media degli abbattimenti, in netto contrasto con gli indirizzi delle norme statali e regionali (P.R.I.U.) per la lotta alla PSA.

18.1.– Sennonché le disposizioni che fissavano limiti all’assegnazione del numero di capi da abbattere sono state revocate, con le conseguenze di cui si è detto. Quelle disposizioni peraltro prevedevano chiaramente dei limiti di carniere, e dunque risultavano manifestamente contrarie alla legge regionale più volte citata, sicché la censura era manifestamente fondata.

19.– Nel ricorso per motivi aggiunti, alle pagg. 18-21, i ricorrenti elencano le disposizioni dell’ultima versione del regolamento che non sono state revocate e che a loro avviso sarebbero ancora illegittime.

Tuttavia alcune di queste disposizioni (e precisamente quelle qui sotto specificate ai punti b-c-e) non erano state specificamente censurate con il ricorso principale, e dunque la loro censura con il ricorso per motivi aggiunti è tardiva e irricevibile; altre di queste disposizioni, invece, erano state censurate col ricorso principale e sono già state esaminate sopra. Si riporta di seguito l’elenco stilato dai ricorrenti, indicando per ciascuna disposizione se appartiene all’una o all’altra categoria.

a) Le prescrizioni di cui all’art. 3, commi 1, 2, 3 e 4 riferite ai settori e ai sottosettori: sul comma 1 si rinvia al paragrafo 16, i commi 2-3 sono stati revocati, il comma 4 non esiste.

b) Tutte le prescrizioni di cui agli artt. 3 e 4 relative ai poteri dei capi settori e al potere del CAC di “spostare” i cacciatori sul territorio: sull’art. 3 si è detto poco sopra; l’art. 4 invece non era stato specificamente censurato col ricorso principale nelle disposizioni relative ai poteri di “spostare” i cacciatori sul territorio, ma è chiaro che, per effetto dell’annullamento dell’art. 3, le disposizioni del medesimo art. 4 che presuppongono un limite di cacciatori per ciascun settore o sottosettore non saranno più applicabili.

c) L’art. 6 (già art. 7) in materia di censimenti: col ricorso principale ne erano state censurate solo le norme sanzionatorie (sulle quali v. infra a proposito del secondo motivo), non quelle precettive, come confermano anche le evidenziazioni in azzurro nel doc. 32 dei ricorrenti.

d) L’art. 7 (già art. 8) nella parte in cui prevede il divieto di caccia durante i censimenti (commi 10-11): si rinvia al paragrafo 13.

e) L’art. 7 (già art. 8), comma 4, che consente il ricorso ad opportune fonti luminose, visori notturni e ottiche notturne: non era stato censurato col ricorso principale, come conferma anche la mancata evidenziazione in azzurro nel doc. 32 dei ricorrenti.

f) Le disposizioni dell’art. 8 (già art. 9) sulle assegnazioni dei punti sparo: si rinvia al paragrafo 15.2.1.

g) La disposizione sulle distanze dei punti di foraggiamento dalle abitazioni e dagli allevamenti di suini, contenuta nell’art. 7 (già art. 8), penultimo puntino: si rinvia al paragrafo 15.2.1.

h) Le disposizioni dell’art. 8 (già art. 9) sull’identificazione di punti sparo separati da punti di foraggiamento: anche qui si rinvia al paragrafo 15.2.1.

i) Ogni limite ai piani di prelievo: si rinvia al paragrafo 18.

j) La disposizione dell’art. 9 (già art. 10) nella parte che riguarda le “assegnazioni capi da prelevare” e le “riassegnazioni meritorie”: si rinvia ai paragrafi 15.1.1, 15.1.2 e 18.

k) Tutto l’impianto sanzionatorio: si rinvia al successivo paragrafo 20 sul secondo motivo di ricorso.

19.1.– I ricorrenti affermano poi, alla lett. l) dell’elenco in esame, che “In generale il regolamento contiene delle disposizioni che sono configurabili come prevaricazioni delle competenze del CAC ex art. 30, comma 13, L.R. n. 26/1993 rispetto i propri compiti stabiliti dall’art. 31 e per questo censurabili in quanto diretti anche a limitare o rendere particolarmente onerosa l’azione venatoria prevista dal Priu che impone, al contrario, l’aumento drastico dei prelievi di cinghiali”, e ne indicano alcune “a titolo esemplificativo e non esaustivo”.

Nessuna di queste censure, però, era stata proposta con il ricorso principale: esse dunque sono tutte irricevibili perché sollevate tardivamente solo con il ricorso per motivi aggiunti.

19.2.- Da ultimo, i ricorrenti affermano che “il Regolamento così emendato reca numerose incoerenze, refusi, parti illogiche e non coordinate tra loro”: il che è certamente vero, a seguito della revoca di numerose disposizioni intervenuta con l’ultima versione del regolamento, e lo è ancor più per effetto dell’annullamento di altre disposizioni disposto con la presente sentenza, come giustamente prefigurato dai ricorrenti a pag. 7 della memoria autorizzata depositata il 27.12.2023. Non spetta però a questo Tribunale, ovviamente, realizzare l’opportuno coordinamento delle disposizioni rimaste in vigore, che è rimesso al CAC, sempre che questi non decida più radicalmente di abrogare l’intero regolamento.

E) Sul 2° motivo del ricorso principale e del ricorso per motivi aggiunti.

20.– Fin qui si è esaminato il primo motivo del ricorso principale e del ricorso per motivi aggiunti, che, come si è visto, riguarda alcune norme precettive del regolamento. Si può ora passare al secondo motivo del ricorso principale e del ricorso per motivi aggiunti, concernente invece le norme sanzionatorie.

Diverse disposizioni del regolamento (attuali artt. 4, 6, 8, 9, 10, 11 e 12) prevedono la possibilità per il Comitato di Gestione del Comprensorio di irrogare sanzioni amministrative ai cacciatori di selezione che non rispettano le disposizioni ivi riportate.

Secondo i ricorrenti, tali disposizioni sono illegittime per violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 31 e 32 della legge 157/1992 (riguardanti l’una le sanzioni e l’altra sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia), nonché agli artt. 34 e 51, ultimo comma, della l.r. 26/1993.

20.1.- La censura conserva attualità perché, con l’ultima versione del regolamento, è stato revocato solo il terzultimo comma dell’art. 17, il quale prevedeva che “Per ogni violazione al presente regolamento sarà applicata la sanzione prevista dall’art.51 comma 1 della Legge Regionale n.26 del 16 agosto 1993”, con le conseguenze già illustrate nel paragrafo 9 più volte richiamato (cioè improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della censura formulata col ricorso principale, e inammissibilità per carenza di interesse della censura formulata col ricorso per motivi aggiunti). Sono invece rimaste in vigore tutte le altre disposizioni sparse nel regolamento che comminano sanzioni a carico dei cacciatori.

20.2.- La censura è fondata.

Infatti l’art. 34 l.r. 26/1993, rubricato “Caccia programmata”, stabilisce che “Ai fini del coordinamento della gestione programmata della caccia, la Regione e la provincia di Sondrio per il relativo territorio (…) adottano i provvedimenti disciplinari a carico dei trasgressori alle disposizioni vigenti”.

Il successivo art. 51, rubricato “Sanzioni amministrative statali e regionali – ritiro tesserino”, dopo aver individuato tutte le tipologie di sanzioni, sottolinea all’ultimo comma che “le sanzioni amministrative sono irrogate dalla Regione o dalla provincia di Sondrio per il relativo territorio”.

Ne discende che nessuna prerogativa sanzionatoria in tale specifico ambito spetta ai CAC, né per quanto riguarda la comminazione delle sanzioni, né per quanto riguarda la loro concreta irrogazione.

Il CAC ha replicato che la sua potestà sanzionatoria verso i soci che non rispettino i regolamenti interni è prevista dall’art. 6 dello Statuto, e deriverebbe dalla disciplina del codice civile in materia di associazioni, poiché un’associazione può dotarsi di un proprio sistema sanzionatorio a garanzia del corretto e rispettoso svolgimento dei rapporti e obblighi tra i consociati e tra consociati ed ente.

Queste repliche non hanno però fondamento, perché la circostanza che lo statuto preveda un potere sanzionatorio in capo al CAC è irrilevante, trattandosi di un’autoattribuzione di tale potere, che invece può essere conferito solo dalla legge, e, quanto alla disciplina civilistica delle associazioni, essa prevede solo che gli associati possano essere esclusi per gravi motivi (art. 24, 3° comma, c.c.), ma non che l’associazione possa prevedere e irrogare altre sanzioni a loro carico.

Il motivo di ricorso dunque è fondato, e pertanto vanno annullate tutte le disposizioni del regolamento che prevedono sanzioni a carico dei cacciatori.

E) Sul 3° motivo del ricorso principale.

21.– Con il terzo motivo del ricorso principale (non riproposto nel ricorso per motivi aggiunti) i ricorrenti hanno censurato la delibera e le Disposizioni sulla caccia di selezione al cinghiale indicate in epigrafe alle lett. 1) e iii), nella parte in cui prevedevano la sospensione di questa caccia fino al 22 aprile 2023 (cfr. doc. 1 cit., punto 4 o.d.g., pag. 68) quando invece, ai sensi dell’art. 40, comma 11, l.r. 26/1993, la caccia di selezione al cinghiale è consentita tutto l’anno, salvo limiti imposti dalla Regione Lombardia per specifici comprensori alpini.

Anche il P.R.I.U., oltre a richiamare la menzionata disposizione, precisa che la caccia di selezione al cinghiale si svolge “Tutto l’anno Max 5 giorni su 7 esclusi martedì e venerdì”.

Il decreto della Direzione Generale Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi della Regione Lombardia n. 2679 del 24.2.2023 aveva già stabilito chiaramente, al punto 2, che la caccia di selezione al cinghiale è ammessa senza soluzione di continuità fino al 30 giugno 2023.

I ricorrenti dichiarano di avere formulato questa censura per evidenziare l’agire disinvolto del Comitato di Gestione e la sistematica noncuranza delle disposizioni regolamentari vigenti in materia.

21.1.- Il motivo è inammissibile per difetto di interesse perché, già al momento della proposizione del ricorso principale, la data del 22.4.2023 era già passata e dunque gli atti impugnati avevano comunque perso la loro lesività, come peraltro riconoscono gli stessi ricorrenti (pag. 18, ultimo capov., del ricorso principale).

F) Sul 3° motivo del ricorso per motivi aggiunti.

22.– Infine occorre esaminare l’ultimo motivo del ricorso per motivi aggiunti, con il quale i ricorrenti sostengono che le disposizioni da essi censurate sarebbero illegittime perché contrastanti con la diffida del 29.6.2023 del dirigente regionale dr. (omissis) , che ha ingiunto al CAC di “modificare o revocare le segnalate difformità del Regolamento in oggetto e tutti i contenuti e comportamenti non conformi a norme, regolamenti e atti emanati da Regione”.

22.1.- Il motivo è infondato, perché l’eventuale illegittimità delle disposizioni regolamentari non può derivare dal contrasto con tale diffida, ma semmai dalla violazione delle norme regionali delle quali nella diffida si intima il rispetto.

G) Sull’ordinanza 10.11.2023 n. 105 del Presidente della Giunta regionale lombarda.

23.- Il giorno prima dell’udienza pubblica del 6.12.2023, alle ore 17.01, il CAC ha depositato in giudizio l’ordinanza 10.11.2023 n. 105 del Presidente della Giunta regionale lombarda, pubblicata il giorno seguente nel Bollettino Ufficiale della Regione, recante “Disposizioni per la prevenzione e il controllo della diffusione della Peste Suina Africana”. Nella memoria autorizzata depositata il 27.12.2023 il CAC ha sostenuto che il contenuto dell’art. 8 di tale ordinanza avrebbe “svuotato completamente di significato il ricorso e i motivi aggiunti dei ricorrenti”, i quali non avrebbero più interesse al loro accoglimento.

23.1.- Si può prescindere dalla tardività del deposito di quest’ordinanza e dall’inammissibilità delle deduzioni svolte dal CAC in merito alla stessa in una memoria che doveva riguardare esclusivamente le questioni sollevate da questo Tribunale con l’ordinanza ex art. 73, comma 3, c.p.a., perché comunque la citata ordinanza del Presidente della Giunta regionale non fa venire meno l’interesse dei ricorrenti all’accoglimento delle loro censure, ma semmai determina ulteriori sopravvenute ragioni di illegittimità di alcune delle vigenti disposizioni del regolamento, in quanto l’art. 8 dell’ordinanza, al fine di massimizzare il prelievo di cinghiali per contenere la diffusione della peste suina africana, prevede che la caccia di selezione al cinghiale si svolga “con libero accesso a tutti i settori eventualmente istituiti” dai CAC e “con libero accesso (…) a tutti i punti fissi sopraelevati di sparo, al fine di consentirne la massima operatività giornaliera”.

H) Sulle spese.

24.- Quasi tutte le disposizioni del regolamento specificamente censurate con il ricorso principale erano illegittime, e solo dopo tale ricorso il CAC ha posto rimedio all’illegittimità di alcune di esse, revocandole; le altre disposizioni illegittime sono invece rimaste in vigore, e vengono annullate con la presente sentenza.

Tutto questo porta a ritenere prevalente la soccombenza del CAC, considerando sia la soccombenza reale sulle censure accolte nel merito, sia la soccombenza virtuale sulle censure che erano fondate ma vengono dichiarate improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse perché le relative disposizioni sono state medio tempore revocate.

Pertanto si giustifica la condanna del CAC alla rifusione delle spese di lite, in misura maggiore per i ricorrenti, minore per il WWF e ancora minore per la Regione (che si è costituita solo dopo il ricorso per motivi aggiunti), nonché alla restituzione dei contributi unificati ai ricorrenti.

Per quanto riguarda il sig. (omissis), la pronuncia sulle spese deve essere effettuata secondo il criterio della c.d. soccombenza virtuale, e dunque la regolazione delle spese segue quella disposta per gli altri ricorrenti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti:

– quanto al ricorrente sig. Giacomo Moroni, dichiara improcedibile il ricorso principale per sopravvenuto difetto di interesse e inammissibile il ricorso per motivi aggiunti per inesistenza della parte;

– quanto agli altri ricorrenti, accoglie in parte il ricorso principale e i motivi aggiunti e per l’effetto annulla le disposizioni del regolamento impugnato di cui in motivazione; respinge, per il resto, secondo quanto precisato in motivazione.

Condanna il Comprensorio Alpino di Caccia Prealpi Bergamasche a rifondere alle altre parti le spese di lite così liquidate:

– a favore dei ricorrenti in solido, euro 6.000,00 oltre rimborso spese forfettario del 15%, CPA e IVA se dovuta;

– a favore di WWF Italia ETS, euro 2.500,00 oltre rimborso spese forfettario del 15%, CPA e IVA se dovuta;

– a favore della Regione Lombardia, euro 1.500,00 oltre rimborso spese forfettario del 15%, CPA e IVA se dovuta;

condanna il Comprensorio Alpino di Caccia Prealpi Bergamasche a rifondere ai ricorrenti, i contributi unificati versati, al verificarsi dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 6 bis.1, del d.P.R. 115/2002.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nelle camere di consiglio dei giorni 6 dicembre 2023 e 17 gennaio 2024, con l’intervento dei magistrati:

(omissis) , Presidente

(omissis), Referendario, Estensore

(omissis), Referendario

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