SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 253 del 2025, integrato da motivi aggiunti, proposto da
(omissis), rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Istruzione e del Merito, (omissis) di Terni, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliataria ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;
per l’annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
– del provvedimento, di estremi sconosciuti, adottato in data (omissis), con cui la ricorrente è stata esclusa dall’esame di Stato, con annullamento delle prove scritte e divieto di somministrazione delle prove successive, e disposto il suo allontanamento dall’edificio scolastico;
– di qualsiasi atto che disponga o sia interpretabile nel senso di disporre l’esclusione dalle prove di esame di maturità o il loro annullamento per il mero possesso di un telefono cellulare, anche a prescindere dalla prova del suo utilizzo per la redazione dei compiti, ivi inclusa la circolare dettata sul punto dalla Dirigenza dei (omissis) in data (omissis);
Per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati il 16.07.2025:
degli atti già gravati con il ricorso principale
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione e del Merito;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2025 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La studentessa (omissis) impugna il provvedimento del (omissis) con cui la Commissione d’esame nominata per l’esame di stato 2025 presso il Liceo delle (omissis) “(omissis) (omissis)” ha annullato la sua prima prova scritta in corso di svolgimento, escludendola altresì dall’espletamento delle prove successive, in quanto sorpresa ad utilizzare un telefono cellulare.
Premette la ricorrente di essere stata ammessa all’esame di stato, sessione 2025, dopo aver frequentato il liceo delle scienze umane con la media dell’ 8,64 e l’attribuzione di 34 crediti formativi, e di essere stata ingiustamente colpita dalla sanzione dell’esclusione dall’esame allorchè non aveva neppure iniziato la stesura del tema d’italiano, e nonostante il telefono cellulare in suo possesso non fosse stato occultato e fosse rimasto sempre spento.
2. L’impugnativa è affidata ad unico motivo, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della L. n. 241/1990, in combinato disposto con gli artt. 8, 12 e 17 del D.Lgs. n. 62 del 13 aprile 2017, nonché l’eccesso di potere per manifesta sproporzionalità ed ingiustizia manifesta. Non esisterebbe alcuna fonte normativa che imponga l’esclusione di uno studente dalle prove di maturità per il mero possesso di un cellulare che non sia stato effettivamente utilizzato, e comunque si tratterebbe di sanzione manifestamente sproporzionata rispetto allo scopo perseguito dalla disciplina dell’esame di stato, ovvero la necessità di accertare le effettive competenze del candidato e non già garantire la par condicio di tutti i partecipanti, come in ambito concorsuale, ove viene operata una valutazione comparativa in vista della redazione di una graduatoria finale. A tal fine la ricorrente ha gravato altresì la comunicazione del (omissis) dell’Istituto scolastico agli alunni delle classi quinte, in cui si ribadiva il divieto di utilizzo di dispositivi elettronici durante le prove a pena di esclusione. La ricorrente formulava altresì apposita istanza istruttoria sul telefono di riferimento, per accertare il suo mancato uso in sede di esame, oltre all’ordine di esibizione dei fogli che le erano stati consegnati per la redazione della prima prova.
3. Con decreto cautelare n. (omissis) il Presidente di questo T.A.R. ha ammesso con riserva la studentessa alle prove di esame suppletive, che si tenevano il (omissis); quindi, sostenuta altresì la prova orale, la ricorrente conseguiva la valutazione finale di (omissis).
4. In data (omissis) la ricorrente ha notificato e depositato motivi aggiunti in cui preliminarmente segnalava l’esito positivo dell’esame, che dimostrerebbe l’indubbio possesso delle competenze richieste per il conseguimento del titolo finale, oltre all’effettiva capacità di sostenere le prove senza aiuti: chiedeva infine che venisse dichiarata cessata la materia del contendere.
In subordine, da un lato, censurava la violazione delle garanzie procedimentali ai danni della ricorrente, che non veniva resa edotta in anticipo tramite apposita comunicazione di avvio del provvedimento sanzionatorio che sarebbe stato adottato nei suoi confronti; inoltre eccepiva l’eccesso di potere sotto ulteriore profilo per ingiustizia manifesta, travisamento dei fatti e disparita’ di trattamento, producendo all’uopo stralcio di un certificato medico del Dott. (omissis), psicologo (certificato poi depositato nella versione integrale il successivo -OMISSIS-) redatto il (omissis) ed attestante che la ricorrente è affetta da un “(omissis)” dovuto ad un rapporto simbiotico con la madre, che in occasione di distacchi da tale figura genitoriale potrebbe causare importanti attacchi d’ansia, invece evitabili con il possesso di due telefoni cellulari che assicurerebbero il mantenimento di un persistente “contatto con il simbionte”. Si censurava la circostanza che la scuola non solo non aveva mai rilevato tale grave disturbo nel corso dell’anno scolastico, ma aveva applicato ingiustamente la sanzione dell’esclusione dalle prove ad una studentessa assolutamente meritevole, che aveva detenuto con sé un telefono cellulare solo per contrastare l’ansia legata all’allontanamento dalla madre in una situazione di forte stress.
5. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Istruzione e del Merito, che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della presente impugnativa per omessa impugnazione dell’atto presupposto, ovvero la nota ministeriale prot. (omissis) quale fonte della potestà sanzionatoria dell’Amministrazione; inoltre nell’ipotesi in cui detta impugnativa dovesse ritenersi ritualmente effettuata, la competenza a decidere la presente controversia spetterebbe al T.A.R. Lazio, sede di Roma.
Nel merito la difesa erariale ha evidenziato la correttezza del provvedimento espulsivo, che trovava fondamento normativo nel R.D. n. 653/25 ed in apposita normativa secondaria oltrechè, in via analogica, nella disciplina dei pubblici concorsi, in quanto da verbale della prima prova scritta la studentessa era stata sorpresa nell’atto di utilizzare un telefono cellulare, che veniva rinvenuto acceso e sbloccato, dopo averne consegnato alla Commissione un altro. La studentessa non avrebbe nell’immediatezza contestato tale ricostruzione in fatto, ma si sarebbe solo scusata per l’accaduto, ma poi sarebbe stata esclusa su valutazione concorde, oltre che della Commissione d’esame, anche del Dirigente scolastico, del Dirigente tecnico e del coordinatore regionale dei dirigenti tecnici. La sanzione oltre che dovuta in punto di fatto sarebbe stata anche proporzionata ed opportuna, in quanto l’esame di stato tenderebbe ad accertare non solo le competenze ma anche la maturità personale del candidato, il suo senso di responsabilità ed il suo rispetto delle regole. Inoltre nessuna valenza scriminante potrebbe riconoscersi ad un certificato medico relativo ad una patologia psicologica mai segnalata alla scuola in corso d’anno dalla famiglia, che quindi non avrebbe potuto consentire in sede di esame la predisposizione di eventuali misure compensative, né tantomeno un esonero da provvedimenti sanzionatori.
L’Amministrazione si opponeva altresì alla declaratoria di cessazione della materia del contendere perché l’esito favorevole dell’esame era giunto a seguito dell’ammissione con riserva alle prove suppletive, che non poteva essere assorbito sic et simpliciter dal successivo esito favorevole.
6. La ricorrente ha depositato una memoria in replica in cui ha anticipato la prossima proposizione di motivi aggiunti avverso la nota ministeriale prot. (omissis), chiedendo all’uopo apposito rinvio dell’udienza in camera di consiglio del 22 luglio 2025; ha inoltre insistito sul fatto di non aver mai utilizzato il cellulare, che era spento, insistendo per l’acquisizione in giudizio del medesimo telefono per accertare tale circostanza, oltre all’esibizione dei fogli della prima prova scritta di (omissis).
7. All’udienza in camera di consiglio del 22 luglio 2025 dopo ampia discussione delle parti il difensore della ricorrente ha specificato che la rinuncia all’istanza di rinvio della trattazione depositata in atti il 21 luglio 2025 deve ritenersi comprensiva anche della preannunciata proposizione di motivi aggiunti. Il Collegio, ritenuto il giudizio già maturo per la decisione, ha rappresentato alle parti presenti la possibilità della definizione dello stesso con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.. Il ricorso è stato quindi trattenuto in decisione.
8. Preliminarmente, si ravvisa la sussistenza dei presupposti di legge ex art. 60 cod. proc. amm. per la definizione della presente controversia con sentenza in forma semplificata all’esito della trattazione cautelare, essendo la causa matura per la decisione e stante l’assenza di cause ostative.
9. Deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione dell’atto presupposto, individuato dalla difesa erariale nella nota prot. (omissis) del MIUR recante istruzioni operative circa lo svolgimento dell’esame e la specificazione del “divieto assoluto di utilizzare dispositivi elettronici nelle giornate delle prove” a pena di esclusione da tutte le prove: infatti pur non avendo la ricorrente formalmente impugnato tale atto – che veniva prodotto in giudizio dal Ministero solo il (omissis) e non era ragionevolmente conosciuto prima- ha gravato la circolare della scuola del (omissis), riproduttiva di tale divieto, articolando plurime censure sia sui presupposti del potere sanzionatorio dell’Autorità scolastica che sul suo esercizio in concreto.
In ogni caso neppure l’impugnativa della nota ministeriale del 29 maggio avrebbe determinato la devoluzione ex art. 13, comma 4 bis, cod. proc. amm. del presente giudizio al T.A.R. del Lazio: tale atto infatti si limita a specificare, con indirizzo alle stesse Amministrazioni, la disciplina operativa dell’esame per il 2025, il cui contenuto viene riprodotto con pressochè identica formulazione per ogni sessione d’esame, essendo emanazione del generale principio posto in tema di pubblici concorsi circa il divieto di comunicare con gli altri candidati e con l’esterno portato dall’art. 13, commi 9 e 10 del d.P.R. n. 487/94, da ritenersi “norme vigenti in materia di pubblici esami”, quindi applicabili in via generale, ancorché originariamente emanate con riferimento al solo accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e alle modalità di svolgimento dei concorsi in genere e che prevedono, quale sanzione, nel caso di contravvenzione del candidato alle disposizioni dettate, l’esclusione dalla prova (cfr. Cons. St., sez. VI, 12 settembre 2012 n. 4834; id., 27 gennaio 2012, n. 391).
10. Non può essere accolta neppure la tesi di parte ricorrente secondo cui il positivo superamento delle prove d’esame ad opera della studentessa determinerebbe l’assorbimento del precedente provvedimento lesivo e la conseguente improcedibilità dell’impugnativa, o addirittura la cessazione della materia del contendere.
In verità l’istituto dell’assorbimento è stato elaborato in riferimento alla fattispecie della mancata ammissione all’esame di maturità, rispetto alla quale l’esito favorevole delle prove costituirebbe una diversa e successiva determinazione dell’Amministrazione idonea a superare l’originario provvedimento lesivo quale esito di una valutazione sulla preparazione complessiva del candidato. Diversamente, nel caso de quo si controverte dell’esclusione dalle prove e conseguente divieto di sostenere le successive, che la ricorrente ha superato con riserva sulla base del decreto monocratico presidenziale; tuttavia “dall’ammissione con riserva non [può] derivare il consolidamento della posizione della parte ricorrente, in quanto il processo cautelare costituisce una fase autonoma e distinta nell’ambito del giudizio di impugnazione, non in grado di consumare il rapporto processuale principale e senza, quindi, che l’eventuale sospensiva del provvedimento impugnato – destinata ad avere efficacia solo fino alla decisione di merito, al fine di evitare effetti negativi irreversibili prima di tale decisione – possa determinare la cessazione della materia del contendere o l’improcedibilità dell’impugnativa (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 2 dicembre 2003, n. 7864, 21 novembre 2006, n. 6807, 19 maggio 2010, n. 3165; Cons. Stato, sez. III, 13 maggio 2011, n. 2907, 25 marzo 2013, n. 1660,6 giugno 2013, n. 5671; Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 12). Il carattere, dunque, interinale della pronuncia cautelare esclude la cessazione della materia del contendere e l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, poiché la cessazione degli effetti della decisione adottata dal giudice amministrativo in via di urgenza porterebbe inevitabilmente al ripristino dell’atto lesivo, ove non definitivamente annullato con la pronuncia di merito. Non a caso, d’altra parte, una significativa deroga ai principi ricordati è stata resa possibile solo con la disposizione legislativa, da considerare per ciò stesso norma eccezionale e di stretta interpretazione, di cui all’art. 4, comma 2-bis, del d.l. 30 giugno 2005, n. 115, introdotto dalla legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168, concernente gli esami di abilitazione per avvocato e, in più occasioni, dichiarata inapplicabile ai concorsi pubblici a numero chiuso o alle valutazioni scolastiche (fra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7002, 8 luglio 2011, n. 41100, 11gennaio 2012, n. 106, 21 maggio 2013, n. 2727, 10 aprile 2014, n. 1722,nonché n. 12 del 2016)”. (Cons. Stato, sez. VII, 2 novembre 2022, n. 9451).
Proprio la circostanza che la ricorrente abbia potuto svolgere le prove solo in virtù della favorevole misura cautelare giudiziale e non di un’autonoma decisione dell’Amministrazione sopravvenuta in corso di causa, rende i successivi provvedimenti adottati dall’Amministrazione inscindibilmente connessi con la decisione cautelare assunta dal giudice di primo grado e soggetti inevitabilmente a seguire la sorte della sentenza definitiva: da qui il persistente interesse alla decisione di merito in ordine al ricorso già proposto, da cui discende l’obbligo per il Giudice di delibarlo.
11. Il ricorso è infondato.
11.1. L’art. 95 del Regio Decreto n. 653/1925, comma terzo, prescrive che: “L’annullamento di singole prove di qualsiasi esame, per frode o per infrazione disciplinare, è pronunciato, durante la sessione, dalla Commissione esaminatrice; dopo la chiusura della sessione, dal preside o, qualora si tratti di esami di maturità o di abilitazione, dal Ministero”.
La norma in esame ha l’evidente finalità di individuare, nel caso in cui si debba disporre l’annullamento di singole prove, l’organo titolare del potere di adozione del relativo provvedimento, a seconda del momento in cui la violazione da punire (comportamento fraudolento o violazione disciplinare) venga rilevata. L’art. 95 è dunque norma sulla competenza, che non esaurisce il novero delle sanzioni applicabili né delle condotte irregolari sanzionabili durante gli esami di stato, anzi implicitamente ammette che la Commissione esaminatrice possa adottare misure ulteriori ove previste se previste da altre norme di settore.
11.2. Lo svolgimento dell’esame de quo è regolato dal D.Lgs. n. 62/2017 il quale – analogamente alla fonte normativa di cui sopra- all’art. 12, comma 4, demanda a provvedimenti del Ministro dell’Istruzione l’indicazione delle “modalità organizzative ed operative per lo svolgimento” dell’esame di Stato conclusivo dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado.
Nell’esercizio di tale potere, attribuito al Ministro dell’Istruzione dalla riportata norma di rango legislativo, l’Amministrazione adotta annualmente provvedimenti (come la nota ministeriale del 29 maggio 2025) che oltre a disciplinare l’organizzazione operativa dell’esame prevedono espressamente l’esclusione da tutte le residue prove per il candidato che faccia uso del cellulare. Tali atti intervengono pertanto, del tutto legittimamente e nella piena osservanza del principio costituzionale di legalità, a regolamentare l’espletamento dell’esame di maturità. (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 25 luglio 2019, n. 1353).
11.3. Del resto, la giurisprudenza è unanime nel ritenere pienamente ammissibile l’individuazione di specifiche sanzioni da parte del Ministro in sede di disciplina organizzativa dell’esame di maturità: nello specifico la piena legittimità della previsione dell’esclusione dalle prove in caso di uso del cellulare risulta avvalorata da plurime pronunce (Cons. Stato, Sez. VI, 19 marzo 2008 n. 1214; id., 12 settembre 2012 n. 4834, id. 27 gennaio 2012, n. 391; TAR Lazio, Latina, 26 luglio 2013, n. 670; TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 2.3.2012, n. 338; TAR Napoli, Sez. IV, 6.8.2012, n. 3726, T.A.R. Marche, sez. I, 22 gennaio 2018, n. 57) purchè il divieto di utilizzo del cellulare sia stato adeguatamente pubblicizzato e portato a conoscenza degli studenti.
Peraltro in presenza di previsioni ad hoc, risulta recessivo l’argomento contrario all’applicabilità di tale divieto che fa leva sulla presunta diversità funzionale tra concorsi pubblici e esami scolastici: se da un lato è vero che negli esami di maturità non esiste competizione in senso stretto tra i candidati, non essendovi una graduatoria né un numero di posti limitati, ma solo la verifica svolta caso per caso di un adeguato livello di preparazione e maturità personale, l’art. 13 del d.P.R. 487/1994 come già segnalato è stato ritenuto applicabile sotto questo profilo anche agli esami di Stato (cfr. Cons. St., n. 391/2012, cit., ma anche T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 6 agosto 2012, n. 3726).
12. Ritenuta l’astratta compatibilità con la vigente normativa di un provvedimento che irroghi allo studente sorpreso ad utilizzare un telefono cellulare l’esclusione definitiva da tutte le prove, è necessario valutare se nel caso di specie tale sanzione fosse giustificata e proporzionata.
12.1. Il Collegio è di tale avviso, considerato che la ricostruzione dei fatti operata nel ricorso introduttivo ha trovato parziale smentita a seguito del deposito in giudizio ad opera del Ministero del verbale della prima prova scritta del (omissis), dove si legge che dopo circa mezz’ora dalla dettatura delle tracce e dall’inizio delle prove (fissato alle 9,10, con termine 6 ore più tardi, alle 15,10) e dopo che la ricorrente aveva consegnato il proprio smartphone unitamente agli altri, costei “intorno alle 9:40, è stata sorpresa mentre utilizzava uno smartphone (…). La prof.ssa (omissis) ha immediatamente segnalato alla ragazza il divieto di utilizzo dello smartphone che era acceso. La ragazza a fronte della contestazione ha provato a giustificarsi per l’utilizzo del telefono acceso”. Quindi la studentessa è stata accompagnata dall’insegnante dalla Presidente della Commissione ed “è stata messa subito al corrente della gravità del suo comportamento e di ciò che ne consegue in base alla normativa vigente in questi casi, in particolare della nota del M.I.M. prot. (omissis).”. Si legge ulteriormente nel verbale che gli studenti erano stati più volte avvertiti del divieto di utilizzo dei dispositivi elettronici, come da circolare della giornata precedente, e da ulteriore segnalazione prima dell’inizio della prova; poi, dopo apposita consultazione del Presidente della Commissione con il dirigente scolastico, e con altri dirigenti tecnici, di comune accordo si è ritenuto di escludere la ragazza.
12.2. La più volte citata nota ministeriale prot. (omissis) prescrive letteralmente che “- è assolutamente vietato, nei giorni delle prove scritte, utilizzare a scuola telefoni cellulari, smartphone e smartwatch di qualsiasi tipo, dispositivi di qualsiasi natura e tipologia in grado di consultare file, di inviare e ricevere fotografie, immagini e audio, nonché apparecchiature a luce infrarossa o ultravioletta di ogni genere [..]
– è vietato l’uso di apparecchiature elettroniche portatili di tipo palmare o personal computer portatili di qualsiasi genere in grado di collegarsi all’esterno degli edifici scolastici tramite connessioni wireless, comunemente diffusi nelle scuole, o alla normale rete telefonica con qualsiasi protocollo;
– nei confronti di coloro che violassero tali disposizioni è prevista, secondo le norme vigenti in materia di pubblici esami, l’esclusione da tutte le prove di esame.”
12.3. Dal punto di vista fattuale può dirsi integrata la fattispecie concreta prevista dalla norma sanzionatoria, poiché la studentessa veniva sorpresa, durante la prova, con il telefono in mano accesso e nell’atto di utilizzarlo, dopo averne precedentemente consegnato un altro alla Commissione. Né la ricorrente smentisce efficacemente tale circostanza, concentrandosi sulla contestazione della concreta utilità ai fini del compito del contributo portato da un dispositivo elettronico o sulle circostanze di carattere personale che avevano indotto la ragazza a portare con sé un secondo telefono.
“Da questo punto di vista decisiva è innanzitutto la circostanza che il verbale costituisce atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 c.c. ed è, come tale, destinato a fare pubblica fede dei fatti in esso descritti fino a querela di falso. Una simile azione non risulta, ad oggi, essere stata proposta dal (omissis). Pertanto, esso non potrà contestare nella presente sede l’avvenuto utilizzo del dispositivo, specificamente verbalizzato dalla Commissione” (T.A.R. Puglia, Lecce sez. II, 1353 del 25 luglio 2019). L’accertamento in fatto circa l’utilizzo dello smartphone deve dunque ritenersi incontestabile.
12.4. Quanto agli elementi allegati dalla ricorrente con valenza “scriminante” dell’infrazione, tra cui la circostanza che l’utilizzo dello smartphone non aveva potuto recare alcuna utilità alla ricorrente, perché costei non aveva neppure iniziato a scrivere, gli stessi non sono decisivi.
Innanzitutto la norma sanzionatoria non subordina l’esclusione dall’esame del candidato alla concreta prova dell’utilità del contributo dello smartphone all’elaborato, ma si limita a punirne l’utilizzo, sicuramente integrato dal maneggiamento di tale dispositivo. Una differente formulazione avrebbe l’effetto di depotenziare l’effetto dissuasivo della norma, aprendo il varco a valutazioni delle Commissioni eccessivamente discrezionali e potenzialmente discriminatorie nei confronti degli stessi studenti.
12.5. Si è già fatto cenno a Cons. St., sez. VI., n. 391/2012, che ha ritenuta legittima l’esclusione di un candidato a seguito del mero squillo del cellulare essendo stato dimostrato che il ragazzo era stato regolarmente preavvertito delle conseguenze dell’ingresso nell’aula di un tale dispositivo.
Nel caso in esame risulta dal verbale della prima prova scritta:
– che la presidente della commissione, prof. (omissis), aveva quella stessa mattina richiamato l’attenzione degli studenti sulle disposizioni vigenti in materia di svolgimento dei pubblici esami, soffermandosi, in particolare, sull’assoluto divieto di utilizzo di cellulari e di apparecchiature elettroniche di qualsiasi tipo in grado di collegarsi all’esterno degli edifici scolastici, pena l’esclusione da tutte le prove,
– che il (omissis), c’era stato specifico avviso sul registro elettronico rivolto agli studenti delle classi quinte;
– che in quella mattina prima della consegna degli elaborati tutti i candidati fossero stati invitati a consegnare i cellulari e la ricorrente ne avesse consegnato consapevolmente solo uno.
12.6. Inoltre la prova del contributo del dispositivo rispetto all’esito del compito sarebbe del tutto aleatoria rispetto alla prova d’italiano, in cui (a differenza dei casi giurisprudenziali in cui il compito di matematica era stato ritenuto “copiato” perché rinvenuto in stralci nel cellulare) eventuali informazioni o testi rinvenuti nello smartphone potrebbero essere stati personalmente rielaborati dal candidato, rendendo finanche impossibile accertare se e cosa sia frutto di copiatura oppure delle capacità personali di ciascuno. Da questo punto di vista si ritengono quindi irrilevanti eventuali approfondimenti istruttori sullo smartphone utilizzato durante la prova di italiano.
12.7. Neppure possono scriminare in senso favorevole alla studentessa le considerazioni circa il suo brillante curriculum, perché diversamente opinando si finirebbe nella sostanza per giustificare l’utilizzo dei dispositivi elettronici esclusivamente da parte dei candidati più preparati (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III bis, 21 luglio 2015, n. 9970).
12.8. La Commissione d’esame dopo aver accertato la circostanza dell’utilizzo del cellulare si è consultata in composizione allargata con altri docenti (coinvolgendo anche il dirigente d’istituto, il dirigente tecnico ed il coordinatore regionale) ed ha ritenuto di escludere la candidata con valutazione immune dai vizi denunciati dalla ricorrente, e comunque vincolata, una volta accertato il presupposto fattuale dell’utilizzo del dispositivo.
13. Anche i motivi aggiunti devono essere disattesi.
13.1. Non può essere condivisa la censura di violazione delle garanzie partecipative in danno della ricorrente per omesso invio della comunicazione di avvio di procedimento. A parte la considerazione circa l’indubbia urgenza del provvedimento (che doveva conciliarsi anche con il concorrente interesse degli altri candidati al regolare svolgimento dell’esame) risulta dal verbale che la studentessa sia stata sentita da più di un docente (la prof.ssa (omissis), e la Presidente) per eventuali spiegazioni e giustificazioni, e che prima della formalizzazione del provvedimento sia stata mandata al suo posto, con del tempo a disposizione per “riflettere” sull’accaduto, senza che però, purtroppo, emergessero elementi in grado di escludere la valenza espulsiva dei fatti occorsi.
In ogni caso secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale la commissione d’esame non gode in materia di discrezionalità (neppure quella di tipo tecnico di cui essa dispone in sede di valutazione delle prove di esame) configurandosi la sanzione dell’esclusione quale atto del tutto vincolato; pertanto, eventuali vizi puramente formali non potrebbero comportare, ex art. 21 octies comma 2 l. n. 241/1990, l’annullamento di un atto che, comunque, non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 6 agosto 2012, n. 3726, T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 2 marzo 2012, n. 338).
13.2. Infine non ha pregio neppure la censura secondo cui la scuola avrebbe dovuto rilevare in corso d’anno la patologia ansiosa certificata dal Dott. (omissis) ed eventualmente tenerne conto ai fini dell’irrogazione della sanzione espulsiva, considerando che il secondo cellulare detenuto dalla ricorrente non era stato introdotto in aula con l’intento di copiare ma bensì per mantenere un legame con l’esterno, in particolare con la mamma, cui è simbioticamente legata.
La difesa erariale ha depositato in giudizio attestazione dell’Istituto del (omissis) da cui risulta che “non è mai stato predisposto alcun Piano didattico personalizzato, in quanto la famiglia non ha mai presentato alcun tipo di certificazione né mai palesato, nel corso dei colloqui, problematiche di alcun genere, così come i docenti, nel biennio suddetto, non hanno mai ravvisato la necessità di predisporre un Piano Didattico Personalizzato per detta studentessa”.
L’ordinamento scolastico garantisce agli studenti con bisogni educativi speciali la predisposizione di un apposito strumento (il PDP) che prevede l’utilizzo di strumenti compensativi per agevolare l’apprendimento dello studente, strumenti eventualmente replicabili anche durante le prove d’esame (cfr. O.M. n. 67/25, art. 25). Poiché la responsabilità educativa nei confronti degli studenti è condivisa tra scuola e genitori (i quali sottoscrivono un patto educativo con la scuola) non è addebitabile però alla scuola di non aver tenuto in debito conto eventuali bisogni speciali dello studente che non siano stati tempestivamente segnalati durante l’anno, in tempo per predisporre eventuali misure che lo agevolassero o tendessero a superare specifiche criticità. Ciò vale a maggior ragione per l’ipotesi dell’ingresso e della detenzione di un secondo cellulare in sede di prova d’esame – individuato dalla difesa di parte ricorrente quale unica misura idonea ad esorcizzare nella ricorrente la sua grave ansia da distacco dalla figura genitoriale – che in quanto attività specificamente vietata andava puntualmente segnalata in precedenza al fine di concordare una soluzione rispettosa degli interessi di tutti.
Tra l’altro risulta dal regolamento d’istituto, all’art. 24.2, che la scuola frequentata dalla ricorrente proibisce l’utilizzo di cellulari ed altri dispositivi elettronici durante le attività didattiche, tanto è vero che gli smartphone venivano regolarmente saranno riposti dagli studenti tutte le mattine alle ore 8.00, in apposito contenitore predisposto in ogni aula e ripresi solo all’uscita: discende da ciò che la studentessa durante l’anno si era già trovata nell’identica situazione sperimentata all’esame di stato, potendo sperimentare l’ansia di verifiche senza l’ausilio ( anche solo psicologico) di un dispositivo elettronico.
Analogamente non risulta che il giorno dell’esame la ricorrente, nell’atto di consegnare il primo cellulare, avesse avvertito la commissione della necessità di detenerne un altro per particolari esigenze personali, né che prima di utilizzarlo in ipotesi di incipiente attacco d’ansia, avesse preavvertito l’insegnante, invece di essere sorpresa nel corso della prova.
E’ chiaro che la Commissione d’esame non poteva eventualmente valutare con minor rigore un’infrazione disciplinare se la studentessa non palesava la sua patologia o comunque la sua probabile difficoltà di gestione dell’ansia neppure dopo essere stata sorpresa nell’utilizzo, neppure giustificandolo per sue precise esigenze personali.
Se dunque le difficoltà emotive della studentessa non venivano segnalate in tempo per predisporre eventuali misure compensative, non possono giustificare a posteriori una grave infrazione disciplinare al cui rispetto tutti gli studenti erano stati più volte richiamati, costituendo il senso di responsabilità e il rispetto delle regole una componente importante della maturità personale anche di uno studente.
14. Il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere conclusivamente respinti.
15. Sussistono giustificati motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui motivi aggiunti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2025 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
