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T.A.R. Salerno (Campania) sez. III, 05/11/2024, n. 2086

Massima

Le controversie relative al riconoscimento del diritto a specifici trattamenti sanitari, come l’erogazione del metodo ABA per il disturbo dello spettro autistico a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), rientrano nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera c) del c.p.a., in quanto implicano l’esercizio di potestà pubbliche e l’impugnazione di atti o omissioni della Pubblica Amministrazione sanitaria.

Supporto alla lettura

PROCESSO AMMINISTRATIVO

E’ un tipo di procedimento giurisdizionale che può essere utilizzato da parte di una persona, fisica o giuridica, e a cui può rivolgersi al fine di ottenere la tutela di un interesse legittimo di cui è titolare, o al fine di soddisfare una pretesa risarcitoria derivante da una lesione di un suo diritto soggettivo ed ora anche di un suo interesse legittimo.

Le azioni proponibili dinanzi al giudice amministrativo sono caratterizzate da generalità, astrattezza e autonomia, e sono:

  • azione costitutiva;
  • azione dichiarativa (o di accertamento);
  • azione risarcitoria;
  • azione sommaria;
  • azione cautelare;
  • azione esecutiva.

Sono organi della Giustizia Amministrativa:

  • il T.A.R. (Tribunale Amministrativo Regionale);
  • il Consiglio di Stato (quale organo di appello). Per la Regione Siciliana è organo d’appello il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, che agisce come sezione distaccata del Consiglio di Stato.

Sono giudici amministrativi speciali:

  • la Corte dei Conti;
  • il Tribunale Superiore per le Acque Pubbliche;
  • le Commissioni per i ricorsi in materia di brevetti;
  • i Commissari Regionali per la Liquidazione degli Usi Civici;
  • i Consigli Nazionali di alcuni ordini professionali.

A seconda delle materie trattate, il processo amministrativo si articola in:

  • rito ordinario;
  • riti speciali;
  • riti semplificati.

Il processo amministrativo per alcuni versi è simile al processo civile, essendo entrambi basati sul sistema dispositivo ad impulso di parte, nonché sul principio del contraddittorio, dell’oralità e della collegialità; per altro verso, il processo amministrativo differisce da quello civile per la presenza necessaria dei controinteressati e per la limitazione dei mezzi istruttori ammessi in alcune giurisdizioni.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1924 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) quali genitori esercenti la potesta’ sulla figlia minore (omissis) (omissis), rappresentati e difesi dagli avvocati Francesca Rogazzo, Marianna Vinciguerra, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

contro

Asl Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis), (omissis), con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

per l’accertamento, quanto al ricorso introduttivo, dell’obbligo dell’ASL Avellino di provvedere in ordine all’istanza indirizzata a mezzo pec in data 28.04.2022, e per la conseguente condanna della Asl di Avellino, con richiesta di nomina di un Commissario ad acta ex art. 117, co. 3, c.p.a.,

quanto ai motivi aggiunti,

per l’annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari:

a) del piano di trattamento individuale elaborato dal Nucleo di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Asl di Avellino datato 20.11.2023 con il quale ha indicato l’intervento e l’inserimento della piccola (omissis) nel percorso ABA aziendale per 10 ore settimanali;

b) della delibera dell’ASL di Avellino n. 1757 del 17.12.2019, in quanto atto presupposto, nella parte in cui limita il monte ore di terapia ABA domiciliare e nei contesti di vita in base alle fasce di età (da 2 anni a 6 anni ed 11 mesi: 15 ore; da 7 anni a 12 anni e 11 mesi: 10 ore);

c) del PDTA, Percorso diagnostico terapeutico assistenziale, per la presa in carico globale integrata dei soggetti con disturbi dello spettro autistico in età evolutiva, se ed in quanto lesivo degli interessi della minore, approvato con DGRC n. 131/21.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Asl Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2024 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 12.10.2022 e depositato il 18.11.2022 i ricorrenti, genitori di minore affetta da autismo, a seguito della ordinanza datata 21 luglio 2022 con la quale il Tribunale civile di Avellino ha declinato la propria giurisdizione sulla controversia a favore del Giudice Amministrativo, hanno riassunto il giudizio con cui avevano chiesto al Giudice ordinario di accertare il diritto della figlia a ricevere a carico del SSN per il tramite dell’ASL di Avellino, il trattamento ABA per un numero di ore non inferiore a 25 a settimana, nonché il diritto a n. 3 ore mensili di supervisione e 1 ora a settimana di parent training fino al compimento del diciottesimo anno d’età e di condannare l’Asl di Avellino ad adottare ogni provvedimento necessario a fornire la suddetta prestazione.

2. Con ordinanza n. 545 del 6.12.2022 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare formulata col ricorso introduttivo con la seguente motivazione: “stante prima facie la sussistenza di profili di fondatezza del ricorso e, quindi, dell’imprescindibile requisito del fumus boni iuris, in quanto l’interruzione del trattamento ABA, in precedenza garantito al minore, a seguito della condivisibile ordinanza n. 2425/2021, del 29/12/2021, emessa dal Tribunale di Avellino, ex art. 700 c.p.c., appare suscettibile di menomare nell’immediatezza l’adeguatezza dei livelli prestazionali postulati dall’ordinamento per garantire la salute della persona interessata, tenuto conto dell’età e della rilevanza della patologia da cui la stessa è affetta; Ritenuto, pertanto, di dover confermare l’erogazione del trattamento riabilitativo sanitario con le modalità A.B.A. nella misura di 25 (venticinque) ore settimanali, con 3 (tre) ore di supervisione mensili, presso lo stesso centro AIAS convenzionato, che aveva già in carico il bambino; Richiamati i condivisibili principi di recente affermati in materia da questo T.A.R. (cfr. sentenze dalla Sezione II n. 1635 del 6.7.2021 e n. 2087 del 5.10.2021 e della Sezione III n. 302 del 2.2.2022 nonché ordinanza cautelare di questa III Sezione n. 202200453, pubblicata in data 26.9.2022, con riferimento ad altra fattispecie riguardante la medesima ASL Avellino); Ritenuto, pertanto, fermi restando gli eventuali approfondimenti in sede collegiale, di poter accogliere l’istanza […] mediante invito all’A.S.L. di Avellino di ripristinare con immediatezza il trattamento ABA in regime domiciliare con la frequenza sopra precisata”.

3. Con sentenza n. 2385 depositata in data 24.10.2023 questa Sezione ha accolto il ricorso in epigrafe e, per l’effetto:

– ha dichiarato “l’obbligo dell’azienda resistente, nel termine di 30 giorni dalla notificazione ovvero dalla comunicazione in via amministrativa della sentenza, di provvedere, nelle forme previste dalla normativa di settore, previa convocazione dell’organo a ciò deputato, visita del paziente ed esame di tutta la documentazione medica agli atti, in ordine all’istanza, al fine di stabilire la corretta diagnosi e se il trattamento riabilitativo richiesto sia o meno idoneo a soddisfare le esigenze di cura della minore (sentenza T.A.R. Campania Salerno n. 1619 del 23.07.2023)”;

– per il caso di ulteriore inerzia, ha nominato “quale commissario ad acta il dirigente della Direzione Generale per la Tutela della salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario regionale”; – ha confermato gli effetti di cui all’ordinanza cautelare n. 545 del 6.12.2022 “fino alla determinazione dell’Asl ovvero al provvedimento sostitutivo del Commissario in via sostitutiva”;

– ha fissato “in prosieguo l’udienza in Camera di consiglio del 18.06.2024, per la verifica dell’esatto adempimento di quanto sopra e per la eventuale liquidazione del commissario (le cui spese saranno poste a carico dell’Asl inadempiente)”.

4. Espongono i deducenti che successivamente alla comunicazione della sentenza, l’ASL di Avellino ha convocato nuovamente a visita la piccola -OMISSIS- ed elaborato il piano terapeutico che prevede l’assegnazione delle ore di terapia ABA unicamente in base all’età della bambina (10 ore settimanali), trascurando la storia clinica ed i miglioramenti ottenuti da (omissis) a seguito della erogazione di n. 25 ore settimanali di terapia ABA – con spese sostenute dai familiari – nonché della stessa Consulenza tecnica di parte curata dal Dr. (omissis), specialista in neuropsichiatria infantile, psicoterapeuta, esperto in analisi del comportamento, depositata agli atti.

5. Motivo per cui, in data 11.01.2024 è stato notificato, anche nei confronti della Regione Campania, il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 15.01.2024 avverso il piano di trattamento individuale elaborato in data 20.11.2023 dal Nucleo di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Asl di Avellino, recante l’inserimento della minore nel percorso ABA aziendale per 10 ore settimanali, con istanza di misure cautelari monocratiche, ai sensi dell’art. 56 cod. proc. amm., accordate con decreto presidenziale n. 14/2024 del 16.01.2024, con cui è stato ordinato all’ASL Avellino di ripristinare con immediatezza l’erogazione del trattamento riabilitativo sanitario con le modalità A.B.A. nella misura di 25 (venticinque) ore settimanali, oltre 3 (tre) ore di supervisione mensili, alla stregua di quanto sopra rilevato.

6. Con successiva ordinanza collegiale n. 46/2024 è stato confermato il sopra citato decreto presidenziale n. 14/24 e disposta una Consulenza Tecnica d’ufficio (CTU) affidando l’incarico al Dott. (omissis) che si è avvalso di ausiliario nella persona del Dr. (omissis) ed ha depositato relazione finale in data 15.07.2024.

7. All’udienza pubblica del 22 ottobre 2024 la causa è stata spedita in decisione.

8. Ritiene questo collegio di dover preliminarmente rammentare che la giurisdizione amministrativa sulle controversie in materia di riconoscimento di interventi terapeutici mediante metodo A.B.A. (Applied Behaviour Analysis) per il trattamento del disturbo dello spettro autistico è conseguenza della sentenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione n. 1781/2022 e del suo recepimento da parte del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, che, fino a quel momento, si era invece pacificamente occupato della materia, prevalentemente in via di urgenza, ritenendo la propria giurisdizione.

8.1. La controversia, difatti, rientra nell’alveo dell’art. 133, comma 1, lettera c) del c.p.a. che ascrive alla giurisdizione amministrava “la cognizione piena delle controversie relative ad una materia che, per sua stessa natura, implica un indecifrabile intreccio di diritti ed interessi legittimi, tra le posizioni incise dall’espletamento delle relative potestà pubbliche, … (restando confermato, per radicare la giurisdizione amministrativa, il necessario limite dell’esplicazione del potere pubblicistico per mezzo dell’adozione di un provvedimento amministrativo, secondo l’originaria e fondamentale statuizione della Corte Costituzionale, con la sentenza 6 luglio 20014, n. 204)” (cfr., nell’analoga materia dei contenziosi per le ore di sostegno scolastico per alunni disabili, Consiglio di Stato – Adunanza Plenaria sentenza 12 aprile 2016 n. 7).

8.2. Questa sezione ha inoltre avuto modo di precisare che “come recentemente rilevato dal Consiglio di Sato (sentenza del 6 ottobre 2023, n. 8708, la domanda di condanna dell’ASL al riconoscimento del diritto di un disabile ad uno specifico ed individualizzato trattamento terapeutico, sia in modalità diretta che per equivalente monetario, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 104 del 2010, non essendo dubbio che, in presenza di un “pubblico servizio”, debba considerarsi impugnabile, quale “provvedimento negativo”, l’omissione provvedimentale della P.A. sanitaria in relazione alle specifiche richieste azionate giudizialmente (Cassazione civile, Sezioni Unite, 20 gennaio 2022, n. 1781).

Conseguentemente, avendo l’attività dell’amministrazione in questa materia carattere autoritativo e in assenza di un’espressa previsione legislativa di silenzio diniego, l’inerzia serbata sull’istanza diretta ad ottenere l’erogazione, diretta o indiretta, di un trattamento sanitario, integra un’ipotesi di silenzio inadempimento giustiziabile ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a.” (TAR Campania, Salerno, sentenza 2385/2023).

9. Tanto premesso e passando all’esame del merito, va precisato che il focus del presente esame s’incentra sulla legittimità del progetto riabilitativo individualizzato del 20.11.2023, adottato dall’Asl resistente a seguito della sentenza di questa Sezione n. 2385/2023 pubblicata in data 24 ottobre 2023.

10. Va inoltre premesso che le contestazioni dei ricorrenti mosse con i motivi aggiunti non si appuntano solo sui contenuti del piano riabilitativo, ritenuto evidentemente inadeguato, ma anche sulla delibera Asl di Avellino n. 1757 del 17.12.2019 nonché sulla delibera della Giunta Regionale relativa all’organizzazione della erogazione dei trattamenti a favore dei pazienti autistici presupposta dal “provvedimento conformativo del diritto di cura”.

11. Ciò posto, ritiene il Collegio di dover iniziare la disamina proprio dalla domanda di annullamento della delibera giuntale n. 131/2021.

11.1. Sul punto si ritiene di poter richiamare e fare proprie le considerazioni al riguardo svolte da T.A.R. Campania, Napoli, V Sez., 16 novembre 2023, n. 6305, già spesso richiamata da precedenti decisioni di questa Sezione, di seguito riportate:

9.1 Tanto premesso, in termini di ricostruzione generale della complessa e delicata questione sottoposta all’esame del Collegio, è fondato il primo gruppo di censure, con il quale la parte ricorrente lamenta l’illegittimità della delibera di Giunta Regionale n. 131/2021, nella parte in cui fissa limiti ex ante di entità del trattamento, non derogabili nella fase di predisposizione del PAI.

Al riguardo, va preliminarmente ribadito il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa in base al quale in una materia tecnica come quella sanitaria le scelte dell’amministrazione appaiono caratterizzate da un elevato grado di discrezionalità tecnica, siccome volte a bilanciare interessi diversi e per certi versi contrapposti, ovvero l’interesse pubblico alla salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza, la razionale distribuzione delle risorse finanziarie e il contenimento della spesa, il diritto degli assistiti alla fruizione di adeguate prestazioni sanitarie, le aspettative degli operatori privati che si muovono secondo una legittima logica imprenditoriale e l’assicurazione della massima efficienza delle strutture pubbliche che garantiscono l’assistenza sanitaria a tutta la popolazione secondo i caratteri tipici di un sistema universalistico.

In altri termini, le scelte programmatorie in questione sono attuative di misure di macro-organizzazione e di razionalizzazione del sistema sanitario rispetto alle quali deve conseguentemente riconoscersi alla Regione un’ampia sfera di discrezionalità nella valutazione delle varie esigenze che vengono in rilievo.

Tale discrezionalità è sindacabile dall’Autorità Giudiziaria amministrativa solo nei limiti in cui risulti affetta da profili di evidente illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà o di irragionevolezza della determinazione e dei modi di adozione della stessa.

Va anche precisato che l’esercizio dell’ampia discrezionalità degli organi di governo, che si esplica, nella fase a monte, attraverso atti generali e di indirizzo, non può tuttavia finire per consumare interamente l’ulteriore spazio di valutazione che è riservato agli organi dell’amministrazione, i quali sono poi tenuti a tradurre in misure concrete, nella fase a valle, le direttrici generali tracciate dai primi.

Detto in altri termini, un atto generale di pianificazione e indirizzo della successiva attività amministrativa è intrinsecamente incompatibile con un contenuto vincolante e inderogabile, non potendosi, in sede di definizione politica degli indirizzi generali, ingabbiare l’esercizio della discrezionalità che deve essere esplicata ex post, in una fase a valle, dall’apparato amministrativo.

In mancanza, l’atto in questione avrebbe l’intrinseca natura di ordine dell’autorità e, in sostanza, non sarebbe un atto generale, di cui al più conserverebbe la sola denominazione formale.

Ebbene, si è visto che il fuoco delle censure attoree si focalizza sulla previsione contenuta alle pagine 22 – 23 della precitata delibera n. 131/2021 laddove, come riportato in precedenza, sono indicati rigidi parametri di intervento, con indicazione predeterminata e inderogabile del numero specifico di ore di terapia ABA erogabili, previa valutazione del Nucleo Operativo Territoriale per i Disturbi del Neurosviluppo e Neuropsichiatrici dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in base a determinate fasce d’età del minore:

a) fino ad un massimo di 12 ore settimanali fino a 6 anni e 11 mesi di età dei bambini con durata dai 12 ai 36 mesi e con verifica ogni 6 mesi;

b) fino ad un massimo di 8 ore per la fascia di età 7-13 anni e 11 mesi, con durata da 36 a 60 mesi e verifica ogni 6 mesi;

c) fino ad un massimo di 4 ore settimanali per la fascia di età 14-17 anni e 11 mesi, con durata massima di 18 mesi.

9.2 Il motivo è fondato.

Occorre premettere, anche al fine di superare l’eccezione delle resistenti amministrazioni in ordine alla inammissibilità dell’impugnativa, che, con specifico riferimento al caso di specie, non può dubitarsi della effettiva cogenza delle previsioni che vincolano le scelte dell’A.S.L. nell’assegnazione delle ore di terapia ABA con oneri a carico del Servizio Sanitario Regionale; tanto risulta confermato dalla formulazione letterale delle previsioni (nella parte in cui si afferma che risultano erogabili “fino ad un massimo” di ore settimanali dettagliate nel provvedimento), nonché dalla specifica assegnazione al minore, nel caso specifico, di un numero di ore (n. 12) corrispondente al massimo della fascia d’età (0-6 anni e 11 mesi) prevista dall’atto regionale.

Si aggiunga che neppure la difesa dell’A.S.L. dubita della vincolatività delle previsioni programmatorie regionali, tanto da aver eccepito nella memoria difensiva l’irricevibilità, per tardività, del gravame avverso la delibera n. 131/2021, riconoscendo che la lesione – pur attualizzata dall’adozione degli atti consequenziali tempestivamente gravati – discende dalla limitazione oraria predeterminata nell’atto di programmazione regionale.

9.3 Ciò posto, ritiene il Collegio che sia fondata la prima serie di censure, nella parte in cui parte ricorrente si duole della illegittima predeterminazione di rigide gabbie decisionali, con suddivisione delle ore massime di trattamento in maniera lineare per fasce di età, a prescindere dalle specifiche caratteristiche della sindrome e del percorso clinico del paziente.

In tal modo l’amministrazione regionale non ha fatto buon uso della discrezionalità di cui è titolare, sconfinando infatti in valutazioni che trovano la loro naturale collocazione nella fase di determinazione del piano individualizzato, alla stregua delle linee guida nazionali, richiamate sia dalla normativa nazionale che regionale cui si è fatto cenno in premessa e, in tal modo, giungendo ad introdurre limiti massimi di trattamento, che, da un lato, pretendono di porsi come vincolanti per le aziende sanitarie deputate ad erogare il servizio, e che, dall’altro, sono incompatibili con i Lea definiti in materia di disturbi dello spettro autistico.

9.3.a) Sotto un primo profilo, infatti, per quanto evidenziato, non può un atto di natura generale, qual è la delibera regionale in questa sede controversa, consumare integralmente la discrezionalità tecnica propria dei competenti organi operativi (Nuclei territoriali di Neuropsichiatria infantile) delle ASL, in una fase affatto impropria, in quanto posta a monte dell’articolato e complesso processo decisionale che, tuttavia, deve necessariamente concludersi solo nella fase posta a valle, scandita dal contratto terapeutico che definisce il piano assistenziale individualizzato.

A ben vedere, infatti, la delibera impugnata, per quanto dichiari di voler indicare “criteri generali di riferimento per l’erogazione dei trattamenti abilitativi/riabilitativi di tipo sanitario/sociosanitario a carico del SSN”, ha poi finito per esautorare il potere discrezionale dei Nuclei operativi territoriali di NPI, avocando a sé la definizione dei confini massimi entro cui il progetto assistenziale individualizzato può spaziare, ingabbiandone la durata e l’intensità massima entro tre precise fasce d’età, senza possibilità di discostamento in parte qua, nemmeno attraverso una specifica motivazione caso-specifica, utilizzandosi, come rimarcato innanzi, l’univoca espressione “fino a massimo (12/8/4) ore”.

Tali limiti, sia pure ancorati, come ribadito dalle difese della Regione, a studi approfonditi e valutazioni di esperti e professionisti del settore medico di riferimento, nell’ambito di uno specifico gruppo di lavoro istituito all’uopo dalla Regione, impediscono, di fatto, alla equipe medica del Nucleo di NPI dell’ASL, che poi è deputata alla presa in carico del paziente e alla predisposizione del PAI, di valutare e prescegliere il progetto di trattamento più appropriato, essendo sottratta alla stessa la possibilità di definire liberamente, sulla base del bisogno specifico di cura del minore, l’intensità e la durata globale del trattamento, nonostante la pregnanza che tali aspetti possono rivestire sulla sua efficacia, in termini di variazioni positive del profilo funzionale del minore.

Il PDTA, in parte qua, non si è limitato a fissare – come anche fa, coerentemente alla sua natura generale – obiettivi programmatici e linee direttrici della pianificazione dell’intervento assistenziale multidisciplinare pro futuro, anche al fine di assicurare una maggiore efficienza organizzativa e il più razionale utilizzo delle risorse, strumentali, umane ed economiche, deputate ad assicurare il delicatissimo servizio socio-sanitario in questione.

Tale piano, difatti, ha finito per travalicare, sotto il profilo evidenziato, lo spazio di discrezionalità che necessariamente deve essere esercitato dai Nuclei Operativi Territoriali per i Disturbi del Neurosviluppo e Neuropsichiatrici dell’Infanzia e dell’Adolescenza, posto che, al momento della predisposizione dei singoli progetti terapeutici di assistenza integrata, vengono imposti limiti orari che, come eccepito dalla difesa ricorrente, del tutto plausibilmente potrebbero rilevarsi non adeguati ad una valutazione caso-specifica, risultando tale imposizione di per sé in contraddizione con gli stessi criteri generali tracciati dalle linee guida nazionali oltre che con gli stessi indirizzi regionali contenuti nello stesso PDTA.

Senonché, la evidenziata vocazione di pianificazione e organizzazione del servizio nelle varie aziende sanitarie regionali, non può spingersi fino a imporre, ex ante e in maniera standardizzata e vincolante per fasce d’età, livelli massimi di prestazioni, dovendosi ritenere, al contrario, che, al fine di assicurare l’adeguatezza del servizio socio-assistenziale in questione, non sia possibile la previsione di rigidi limiti (minimi come anche massimi) di trattamento settimanale e di durata dell’ABA, costituendo gli studi contenuti nelle Linee guida nazionali, così come nel PDTA, dei parametri di riferimento sulla cui base formulare un progetto di prestazioni individualizzato, competendo, come rimarcato anche dai ricorrenti, la scelta del trattamento più appropriato ai Nuclei operativi di NPI delle ASL, tenuti a motivare congruamente la scelta, nel caso concreto, della tipologia di trattamento, della sua intensità e articolazione nel tempo.

In sostanza, con maggior impegno esplicativo, i livelli essenziali di assistenza in subiecta materia devono essere assicurati attraverso la predisposizione di adeguati piani individualizzati, calibrati sullo specifico bisogno socio-sanitario del minore e non attraverso la predisposizione di rigide e standardizzate fasce orarie di trattamento ABA.

A tal fine, pertanto, nella predisposizione del contratto terapeutico, non potrà non tenersi conto, in particolare:

– del diverso livello di gravità del disturbo dello spettro autistico, cui è associata la necessità di una diversa tipologia e intensità di supporto sanitario-assistenziale secondo il DMS-5;

– della diversa efficacia della metodica ABA, in relazione all’età del minore, così come emerge dagli studi delle Linee guida nazionali;

– del contesto globale degli interventi e delle prestazioni integrate che sono assicurate al minore, posto che gli interventi coordinati che garantiscono la globalità della presa in carico del bambino a carico del SSR (abilitativi/riabilitativi, ausili, farmaci), per come più sopra chiarito, devono essere inseriti nel PAI e integrati con quelli sociali ed educativi, come precisato nel PDTA;

– della necessità che il numero elevato di ore afferenti agli studi riportati nelle linee guida (per lo più relativi a trattamenti ad approccio comportamentale centrati tra le 20 e le 40 ore settimanali) vada calato nella peculiarità del contesto internazionale in cui è stata sviluppata tale metodica, posto che, come ribadito nella delibera impugnata, tali studi sono basati sull’esclusivo lavoro a casa e nelle scuole speciali (per lo più americane), mentre la rete assistenziale italiana offre, oltre all’intervento sanitario presso i centri clinici e presso il domicilio, altre opportunità di supporto presso le istituzioni educative in cui è inserito il minore, grazie al sistema normativo inclusivo (pag. 12 PDTA). A tale ultimo riguardo vanno considerate le conclusioni delle stesse Linee guida 21, nella parte in cui si rimarca che:

I) “non sono disponibili dati sui quali dovrebbe essere il numero di ore ottimale erogato settimanalmente per evitare il rischio di un training eccessivamente intensivo e stancante” (pag. 54), segnalandosi anche studi inclusi in una delle metanalisi con intensità media degli interventi erogati anche di sole 10 ore a settimana, fino a giungere a 37,5 ore a settimana (in media circa 26 ore a settimana) e che all’aumentare dell’intensità oltre le 25 ore a settimana non corrisponde un proporzionale miglioramento negli outcome;

II) “È presente un’ampia variabilità a livello individuale negli esiti ottenuti dai programmi intensivi comportamentali ABA; è quindi necessario che venga effettuata una valutazione clinica caso-specifica per monitorare nel singolo bambino l’efficacia dell’intervento, ossia se e quanto questo produca i risultati attesi” (pag. 55).

Dunque, nella fase di esercizio “a valle” della discrezionalità, i Nuclei operativi devono poter tener conto delle linee di indirizzo terapeutico contenute nel PDTA, nella loro naturale valenza programmatoria, e, dunque, nei limiti in cui le sue disposizioni rilevino alla stregua di mere raccomandazioni non vincolanti e, pertanto, naturalmente derogabili in melius, sia pure dando conto delle ragioni del discostamento, attraverso congrua motivazione, e valutando, al fine della determinazione dell’intensità del trattamento, una serie di elementi che – variando da paziente a paziente – vanno contestualizzati e calati nella fattispecie concreta.

9.3.b) Sotto un secondo concorrente aspetto, va anche rimarcato che l’imperatività e non derogabilità delle prescrizioni in questione, pervicacemente avversata da parte ricorrente, non solo, come detto, è ontologicamente incompatibile con la natura di atto generale del PAI, ma è anche inidonea a garantire i livelli minimi di assistenza, come definiti dalle Linee Guida dell’ISS – cui il DPCM 12 gennaio 2017 e la legge 134/2015 rimandano – che prescrivono un obbligo di trattamento individualizzato, che non può non tener conto della gravità del disturbo del minore e delle variazioni positive del profilo funzionale alla sollecitazione attraverso il metodo ABA, così come fondatamente dedotto con il motivo di ricorso sub VI).

La scelta dell’articolazione temporale del trattamento terapeutico, infatti, deve essere adeguata, rispondente alle specifiche esigenze del singolo minore e tener conto del livello di gravità e bisogno di supporto del suo peculiare caso, del suo contesto socio-ambientale e del suo personale percorso di recupero, di cui occorre dare trasparente contezza nella motivazione, con indicazione delle ragioni concrete e specifiche per cui, tenuto conto di tali fattori, si giunge alla assegnazione di un determinato numero di ore; ciò soprattutto ove si ritenga di dover assegnare al minore un numero di ore superiore rispetto alle fasce orarie distinte sulla base dell’età, indicate dai protocolli regionali che, per quanto esposto, non potendo avere valenza vincolante, potrebbero al più valere come mera raccomandazione, come tale motivatamente derogabile dalle ASL.

E’ il Nucleo operativo di riferimento che, infatti, deve procedere alla valutazione complessiva del bambino ai fini della redazione di un piano/programma/progetto individuale che definisca in modo puntuale le prestazioni che gli devono essere erogate a carico del SSR, rientrando la redazione del predetto piano/programma/progetto nella competenza esclusiva dell’ASL che, anche eventualmente avvalendosi di indagini e diagnosi svolte da parte di un centro di terzo livello, deve stabilire la durata e la frequenza degli interventi terapeutici sulla base di oggettivi riscontri normativi e/o scientifici – adattati alla peculiarità del caso clinico – che attengono al corretto svolgimento del protocollo previsto nella normativa nazionale e regionale al riguardo (cfr., Tar Lazio, sent. n. 8790/2023).

In senso contrario a quanto innanzi evidenziato, la delibera regionale, contingentando le prestazioni erogabili al di fuori di una valutazione caso-specifica, determina un notevole abbassamento del meccanismo di garanzia insito nella previsione di “standard minimi”, da assicurare su tutto il territorio nazionale, in violazione delle norme contenute nella legislazione esclusiva statale in materia di “livelli essenziali delle prestazioni” (cfr., in termini, sent. Corte Cost. 18 aprile 2012 n. 91 e nn. 72 e 91 del 2020).

Nella specie, dunque, è evidente che la definizione di livelli massimi di prestazioni determina una non consentita deroga in peius ai livelli essenziali delle prestazioni, incompatibile con i principi costituzionali innanzi richiamati.

Ritiene il Collegio che costituisce un presidio basilare di garanzia minima della adeguatezza del servizio socio-sanitario erogato la possibilità di adattamento del contratto terapeutico alle specifiche necessità di cura del singolo paziente, sulla base di una valutazione globale della peculiarità del caso clinico su cui va progettato e costruito il piano individualizzato, dunque, necessariamente “a misura”, sulla base di una motivata valutazione della sua storia clinica, applicando standard di qualità del servizio e delle prestazioni scevri da aprioristiche generalizzazioni e adeguatamente differenziati sulla base dei bisogni del minore.

Il ricorso a progetti già “preconfezionati”, immotivatamente e vincolativamente adattati al paziente, finisce, invece, come evidenziato, per limitare se non impedire un’adeguata analisi caso specifica, diversamente richiesta come necessaria dalla legislazione statale, come anche dalle Linee guida cui questa fa rinvio, impedendo allo stesso Nucleo multidisciplinare di potervi derogare, e in tal modo attuando uno sconfinamento in peius rispetto ai Lep fissati in materia di Lea, secondo la disciplina fissata nel D.P.C.M. 21 gennaio 2017.

A tale riguardo, giova richiamare la pronuncia della Corte Cost. 115/2012, con cui si è invero evidenziato come occorra, specialmente in materia di livelli essenziali delle prestazioni, osservare il principio di leale collaborazione tra Stato ed enti territoriali, sempre sul presupposto che la legislazione esclusiva dello Stato ricopre un ruolo essenziale nella determinazione dei livelli essenziali di assistenza in quanto garantisce l’osservanza di uno standard di tali prestazioni non inferiore al minimo previsto dalla normativa nazionale e comunitaria.

La definizione, l’attuazione e la verifica di un programma terapeutico individualizzato, attraverso cui è in concreto garantita “ai minori con disturbi neuropsichiatrici e del neurosviluppo” la presa in carico globale multidisciplinare, richiede, a mente dell’art. 25 DPCM 12 gennaio 2017, che lo stesso sia calibrato per intensità, complessità e durata in base alle valutazioni caso specifiche che non possono che essere riferite alla patologia e alla storia clinica del paziente, individuando le prestazioni, anche domiciliari, mediche specialistiche, diagnostiche e terapeutiche, psicologiche e psicoterapeutiche, e riabilitative, necessarie, anche modulandole nella loro articolazione diacronica, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche, necessarie e appropriate”.

11.2. Va tuttavia, dato atto che sulla legittimità della delibera della Regione Campania n. 131/2021 si è già pronunciato il Tar Campania, Sede di Napoli, con sentenza n. 4508/2023, annullandola in parte qua e che, successivamente, la citata delibera è stata novellata dalla successiva n. 42 del 31.01.2024.

11.3. Ne deriva l’improcedibilità della relativa domanda di annullamento.

11.3.1. Per completezza si soggiunge che la delibera n. 42/2024 non è stata impugnata da parte ricorrente con motivi aggiunti, ragion per cui nessuna statuizione va resa in ordine alla legittimità o meno della stessa.

12. Proseguendo nell’esame degli atti avversati dai ricorrenti, va accolta la domanda di annullamento della delibera dell’A.S.L. intimata n. 1757 del 17.12.2019 nella parte in cui ha previsto trattamenti generalizzati e precostituiti per fasce d’età, con suddivisione delle ore massime di trattamento in maniera lineare.

12.1. In effetti tale delibera risente degli stessi vizi illustrati con riferimento alla delibera di giunta n. 131/2021 nella misura in cui, alle pagg. 6 e 7 del Percorso Autismo A.S.L. di Avellino, vengono stabiliti monti-ore massimi per fasce d’età.

12.1. Ne consegue la necessità di annullare in parte qua tale delibera.

13. Il ricorso risulta poi fondato anche nella misura in cui è stato chiesto l’annullamento del PRI del 20.11.2023.

13.1. Vale la pena richiamare quanto di recente affermato dalla giurisprudenza amministrativa: “L’inclusione del metodo dell’analisi comportamentale applicata (Applied Behaviour Analysis –A.B.A.) per il trattamento del disturbo dello spettro autistico nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA) implica che il diniego di tale trattamento può risultare giustificato solo a fronte dell’erogazione da parte dell’Amministrazione sanitaria di una diversa terapia che possa contrastare altrettanto efficacemente la disabilità di cui è portatore il minore, ai sensi dell’art. 1, comma 7, d.lgs. n. 502 del 1992. Ne consegue che se, da un lato, l’inclusione nei LEA del metodo A.B.A. non comporta l’automatico riconoscimento in capo al richiedente di un diritto all’erogazione del trattamento nella misura richiesta sulla base di quanto indicato dai soggetti erogatori privati, dall’altro, l’ambito di discrezionalità tecnica riconosciuto all’Amministrazione sanitaria riguarda la scelta del trattamento terapeutico più adeguato in base alle specifiche condizioni di salute del minore e, tra più “forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze”, di quella che garantisce un “uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell’assistenza (TAR Lombardia, Brescia, sez. I, n. 365 del 2 maggio 2024; TAR Campania Napoli, Sez. V, n. 3511 del 7 giugno 2023).

13.2. Ebbene, in primo luogo, coglie nel segno la censura dei ricorrenti relativa alla mancanza di reale motivazione nell’atto impugnato circa le concrete e specifiche ragioni per le quali, in considerazione della specifica e concreta condizione della minore, l’attribuzione di 10 ore settimanali di trattamento andrebbe considerata la scelta di trattamento terapeutico più adeguata piuttosto che una applicazione acritica delle ore massime fissate in astratto nella delibera dell’A.S.L. di Avellino del 2019 sopra citata.

13.3. Inoltre, il ricorso risulta pure fondato con riferimento alle doglianze relative all’adeguatezza delle ore di trattamento ABA rispetto alla specifica condizione della minore.

13.4. Depongono in tal senso gli esiti raggiunti dal consulente per come riportati nella relazione scritta di C.T.U. depositata nel presente giudizio in cui si legge: “Considerando i parametri definiti nel DSM-5, è possibile stabilire che il grado di gravità di Disturbo dello Spettro Autistico di cui è affetta la bambina corrisponde al livello 2, condizione che rende necessario un supporto significativo (…) In considerazione del livello di gravità sopra descritto, la bambina necessita di un intervento intensivo, in grado di agire sui diversi domini evolutivi ancora deficitari, come, in particolare, il funzionamento comunicativo, sociale e adattivo. Livelli di intensità di almeno 25 ore settimanali sono necessari per ottenere miglioramenti significativi nel caso in cui sia necessario intervenire su più domini deficitari, come nella fattispecie in esame (…) La periziata necessita di un intervento ABA strutturato in non meno di 25 ore settimanali di intervento diretto e 2 ore mensili di supervisione.

13.5. E, quanto, alla durata dell’intervento: “Non è possibile predeterminare la durata dell’intervento ABA, poiché la stessa è subordinata alla valutazione dell’efficacia della risposta del bambino al trattamento, da effettuarsi con cadenza almeno semestrale da parte delle competenti strutture sanitarie dell’ASL AV. Le ore di trattamento summenzionate potranno essere aumentate o diminuite in base alla risposta del bambino al trattamento e alle esigenze del momento.

13.6. Sintetizzando, il consulente a) ha confermato il livello di gravità pari a 2 del disturbo dello spettro dell’autismo, ritenendo necessario un supporto molto significativo; b) ha ritenuto l’insufficienza e l’inefficacia del trattamento erogato in favore della minore; c) ha concluso nel senso di riconoscere alla minore la necessità di 25 ore settimanali di intervento ABA, oltre 2 ore mensili di supervisione; d) ha evidenziato la necessità di valutazioni periodiche sul grado di risposta della bambina al fine di modulare il trattamento.

13.7. Ebbene, questo Collegio ritiene di fare propria l’indicazione del C.T.U. in ordine alla temporaneità del trattamento ABA ed alla necessità di una successiva rivalutazione della minore ai fini della conferma o della modifica (nel senso dell’aumento o della riduzione) delle ore di trattamento ABA in base alla risposta al trattamento.

13.8. Ne deriva che, diversamente da quanto richiesto dai ricorrenti, non può essere accolta nella presente sede la domanda relativa all’erogazione del trattamento predetto fino al compimento del diciottesimo anno di età.

14. In definitiva, in accoglimento del ricorso va ordinato all’A.S.L. intimata di garantire alla minore l’erogazione del trattamento riabilitativo sanitario con le modalità A.B.A. nella misura di 25 ore settimanali di terapia ABA e 2 ore mensili di supervisione.

15. Quanto alla durata, la stessa va fissata nella misura di un anno a far data dalla comunicazione (o, se anteriore, dalla notificazione) della presente sentenza.

15.1. Al termine di tale periodo annuale l’amministrazione procederà a rivalutare la situazione della minore. Tale durata, in linea con quanto indicato dal C.T.U. si spiega nell’ottica della necessità di una rivalutazione ravvicinata al fine della migliore tutela dell’interesse della minore.

15.2. Ne deriva la possibilità che le ore di trattamento all’esito della rivalutazione predetta ed in base alla risposta della minore al trattamento non siano confermate, bensì anche aumentate o ridotte.

16. Tirando le fila delle considerazioni svolte, il ricorso proposto è meritevole di accoglimento e, per l’effetto:

– va annullata in parte qua la delibera dell’A.S.L. intimata n. 1757 del 2019, con salvezza degli ulteriori atti di tale amministrazione;

– va annullato il Progetto Riabilitativo Individualizzato adottato in data 20.11.2023 per la minore (omissis) (omissis);

– va ordinato all’A.S.L. intimata di garantire alla minore l’erogazione del trattamento riabilitativo sanitario con le modalità A.B.A. nella misura di 25 ore settimanali di terapia ABA e 2 ore di supervisione, per la durata di un anno a far data dalla comunicazione (o, se anteriore, dalla notificazione) della presente sentenza.

17. Le spese di lite seguono la soccombenza dell’amministrazione intimata e vanno liquidate come da parte dispositiva.

18. Quanto agli oneri relativi alla C.T.U. questi debbono essere posti definitivamente a carico dell’amministrazione intimata.

18.1. Il Collegio, esaminate la relazione, la documentazione allegata e l’istanza di liquidazione, ritiene congruo liquidare in favore del C.T.U. dott. Antonio Prudente per l’attività concretamente svolta (per come desumibile dalla relazione depositata) la somma di € 800,00, comprensivi di quanto anticipato all’ausiliario Dr. Nicola Angelillo e detratto l’acconto, se corrisposto, oltre I.V.A, se non esente, e contributi come per legge.

19. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità del minore e dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, nonché di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sede di Salerno (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto:

a) accoglie il ricorso per motivi aggiunti nei sensi e nei limiti di cui in motivazione;

b) condanna l’amministrazione intimata al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese di lite, che si liquidano in € 1.500,00 per compensi professionali forensi, oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute e nelle misure di legge, oltre al rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso;

c) pone definitivamente gli oneri relativi alla C.T.U., così come liquidati in parte motiva, a carico dell’amministrazione intimata, mandando alla Segreteria per la comunicazione dell’avvenuta liquidazione al C.T.U.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Manda alla Segreteria per procedere all’oscuramento dei dati, come in parte motiva.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

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