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T.A.R. Salerno, (Campania) sez. II, 25/09/2024, n.1722

Massima

Il sequestro penale di un manufatto abusivo non impedisce automaticamente di eseguire un ordine di demolizione, né costituisce una causa di forza maggiore. È infatti possibile ottenere il dissequestro per adempiere all’ordine di demolizione. Tuttavia, il termine per completare la demolizione non inizia a decorrere finché l’immobile è sotto sequestro, lasciando alla difesa o alla magistratura la responsabilità di avviare le procedure per il dissequestro.

Supporto alla lettura

ORDINANZA DI DEMOLIZIONE

L’ordinanza di demolizione (o ingiunzione di demolizione), rappresenta un atto amministrativo mediante il quale il Comune, ordina la demolizione di un edificio non autorizzato, realizzato in modo abusivo o non conforme alla normativa edilizia vigente.

Nell’ambito delle pratiche abusive nel settore edilizio, vi sono diverse tipologie di infrazioni che possono portare all’emissione di un’ordinanza di demolizione:

  • lottizzazione abusiva: divisione di terreni in lotti edificabili senza autorizzazione;
  • lavori eseguiti senza permesso o in difformità edilizia: casi in cui vengono eseguiti lavori edilizi senza ottenere il permesso necessario o in totale difformità da esso senza rispettare la normativa vigente;
  • interventi abusivi su terreni pubblici: interventi eseguiti su terreni di proprietà pubblica senza autorizzazione, che compromettono l’utilizzo corretto del territorio destinato a fini pubblici;
  • difformità delle norme urbanistiche: qualsiasi intervento edilizio realizzato in difformità dalle norme urbanistiche e dai piani regolatori vigenti;
  • violazione di vincoli edilizi: opere eseguite in violazione dei vincoli edilizi imposti da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche, che possono riguardare la destinazione d’uso del terreno, il rispetto di zone inedificabili o la salvaguardia di aree di particolare interesse storico o ambientale.

Secondo quanto stabilito dall’art. 31 del D.P.R. 380/01, è compito del dirigente o del responsabile dell’ufficio comunale esercitare il potere di vigilanza sull’attività urbanistica ed edilizia. Dopo aver accertato l’abuso edilizio, il Comune emette un’ordinanza di demolizione, pubblicata sul sito istituzionale e comunicata anche al Prefetto.

Il destinatario ha 60 giorni per impugnare l’ordinanza davanti al T.A.R. o presentare una richiesta di sanatoria. Se non viene avviato alcun procedimento di sanatoria nei 90 giorni successivi, la Polizia Municipale verifica l’adempimento dell’ordinanza.

Data la natura dell’ordinanza, che impone la demolizione entro 90 giorni e il cui termine, se non prorogato, porta alla confisca automatica del bene, la fase cautelare durante il processo di impugnazione riveste un ruolo fondamentale, infatti, il decorso dei 90 giorni previsti dalla legge, può essere interrotto solo mediante sospensione decisa dal giudice amministrativo su richiesta della parte ricorrente. Questa sospensione congela il termine e impedisce la confisca automatica del bene non demolito.

L’ordinanza di demolizione non sempre viene immediatamente eseguita, e ciò può determinare una serie di implicazioni e difficoltà di cui è essenziale essere consapevoli. Una delle prime conseguenze che possono manifestarsi in caso di mancata esecuzione dell’ordine di demolizione è l’applicazione di sanzioni pecuniarie. Inoltre, secondo quanto sancito dall’art. 31 comma 3 del D.P.R. 380/01, se il responsabile dell’abuso non demolisce conripristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni dalla notifica, il bene e l’area su cui è stato costruito illegalmente diventano proprietà gratuita del Comune.

In caso di accertamento di inottemperanza, ossia se l’abuso edilizio non viene rimosso entro il termine di 90 giorni fissato dall’ordinanza demolitoria, le sanzioni pecuniarie previste dal D.P.R. 380/2001 (T.U. Edilizia) possono variare da 2.000 a 20.000 euro.

Dopo aver ricevuto l’ordine di demolizione, è possibile presentare un’istanza di sanatoria per l’abuso edilizio (o accertamento di conformità), per ottenere il permesso di costruire in sanatoria o per richiedere la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA in sanatoria) o la CILA tardiva.

L’istanza di sanatoria può essere presentata anche se è già stato presentato un ricorso al Giudice Amministrativo contro l’ordine di demolizione, entro un termine di 60 giorni dalla notifica del provvedimento. In questo caso, l’ordine di demolizione viene temporaneamente sospeso in attesa del completamento del nuovo e separato procedimento relativo alla sanatoria dell’abuso edilizio.

Le situazioni in cui un’ordinanza di demolizione può decadere sono le seguenti:

  • se l’ordine di demolizione risulta sproporzionato rispetto alla gravità dell’abuso commesso;
  • se è in corso un processo di regolarizzazione (sanatoria), la demolizione può essere sospesa e poi annullata;
  • in casi in cui il ripristino dello stato originario risulta impossibile senza danneggiare irreparabilmente la parte dell’edificio costruita correttamente (fiscalizzazione dell’abuso edilizio

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTO e DIRITTO
La ricorrente è proprietaria di un appezzamento di terreno sito in (omissis), catastalmente identificato al foglio (omissis).

La consistenza immobiliare era concessa in comodato con contratto ritualmente registrato all’Agenzia delle Entrate il 28.10.2021 a favore della ditta (omissis) srl, che esercita un’attività industriale nell’opificio adiacente al fondo di proprietà della ricorrente.

Con ordinanza, n. 2349 del 24.03.2023, notificata in data 29/03/2023, l’Ente ordina la demolizione delle seguenti opere abusive così descritte:

“realizzazione di un muro in c.a. edificato a confine con fabbricato rurale….; realizzazione di due depositi…; realizzazione di una piattaforma in cemento …ha comportato un cambio di destinazione d’uso…; realizzazione di due ombraie….”.

Avverso l’atto de quo insorge il ricorrente, mediante gravame di annullamento, ritualmente notificato e depositato, sorretto da una serie di censure di illegittimità, variamente scandite nei diversi motivi di ricorso, così di seguito sintetizzate:

1) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL T.U. EDILIZIA. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA

La parte ricorrente rimarca che, ancorché sia proprietario della consistenza immobiliare, non esercita su di essa alcun tipo di gestione e/o di possesso, stante il contratto di comodato registrato all’Agenzia delle Entrate tra l’usufruttuaria e la comodataria sin dal 2013. A seguito della notifica del presente provvedimento ingiuntivo, parte ricorrente provvedeva a diffidare a mezzo dello scrivente difensore sia la società comodataria sia l’usufruttuaria circa il ripristino dello stato dei luoghi con pec del 17.05.2023.

Peraltro, il ricorrente si duole dell’impossibilità di dare esecuzione all’ordine demolitorio in ragione del sequestro penale.

2) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 7 DELLA LEGGE 241/90

La parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 7 L. 241/1990, atteso che l’omessa comunicazione avrebbe comportato la violazione della ratio stessa della normativa in questione, mirante alla finalità di partecipazione del cittadino ai procedimenti avviati d’ufficio dalla pubblica amministrazione.

Resiste in giudizio il Comune intimato, depositando documentazione e memoria difensiva, nella quale, controdeducendo alle avverse prospettazioni di parte ricorrente, conclude per il rigetto del ricorso.

Nell’udienza pubblica del 24 settembre 2024, la causa è introitata per la decisione.

Il gravame è rigettato.

Si controverte della legittimità o meno dell’ordine demolitorio, oggetto della presente impugnazione.

Ed invero, sulla base della disamina della documentazione in atti, la gravata ordinanza si appalesa al Collegio legittima, in ragione della rigorosa osservanza della normativa vigente in materia.

Sono prive di pregio, in quanto infondate, le censure di illegittimità, variamente profilate nei diversi motivi di ricorso, le quali, in ragione della loro affinità contenutistica, sono congiuntamente scrutinate.

Anzitutto, va disattesa la censura di illegittimità, circa la omessa comunicazione di avvio procedimentale.

La giurisprudenza è chiara.

Gli atti vincolati, come l’ordinanza di demolizione, non richiedono la comunicazione di avvio del procedimento in quanto non prevedono valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene. L’ordine di demolizione, come gli altri provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto e non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, in quanto si tratta di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche, regolamentata rigidamente dalla legge (Consiglio di Stato sez. VI, 02/01/2024, n. 22).

I provvedimenti non sarebbero annullabili ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990, atteso che – trattandosi di atti dovuti – risulta palese che il contenuto dispositivo dell’impugnata ordinanza di demolizione non avrebbe potuto essere diverso se fosse stata data ai ricorrenti comunicazione dell’avvio del procedimento (T.A.R. Napoli, sez. III, 05/12/2023, n. 6707).

Anche le doglianze di illegittimità espresse nel primo motivo di ricorso sono infondate.

Com’è noto, le sanzioni urbanistiche ed edilizie hanno natura reale, ossia attengono alla cosa e non hanno carattere personale.

L’ordinanza di demolizione è, infatti, rivolta a sanzionare una situazione di fatto oggettivamente antigiuridica e può essere rivolta a chiunque si trovi ad essere proprietario dell’immobile al momento dell’emanazione del provvedimento, pur se estraneo all’illecito, per cui, pur restando ferma la possibilità di dimostrare l’estraneità rispetto all’abuso e di rivalersi nei riguardi del dante causa, le misure repressive per l’attività edilizia abusiva sono legittimamente irrogate nei confronti degli attuali proprietari degli immobili diversi dal soggetto che ha realizzato l’abuso stesso, salva la loro facoltà di agire nei confronti dei danti causa (T.A.R. Ancona, sez. I, 04/11/2020, n. 637).

L’individuazione del suo destinatario comporta l’accertamento di chi sia obbligato propter rem a demolire e prescinde da qualsiasi valutazione sulla imputabilità e sullo stato soggettivo (dolo, colpa) del titolare del bene.

Diverso discorso vale per l’acquisizione gratuita, quale conseguenza dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e della relativa omissione, ha natura afflittiva (così come la correlata sanzione pecuniaria).

La stessa giurisprudenza è chiara sul punto.

Deve ritenersi destinatario della sanzione pecuniaria il solo responsabile dell’abuso e non anche il proprietario che non risulti responsabile dell’abuso, né sia nella disponibilità e nel possesso del bene; e che, quindi, la responsabilità di quest’ultimo può sorgere solo nel caso in cui egli sia responsabile dell’abuso ovvero quando, avendo la disponibilità ed il possesso del bene o avendoli successivamente acquisiti, non abbia provveduto alla demolizione (Cons. Stato, sez. VI, n. 3391/2017; TAR Campania, Napoli, sez. II; n. 5014/2022).

L’estraneità all’illecito edilizio accertato, di per sé sola, non sottrae il proprietario alla misura sanzionatoria pecuniaria susseguente all’inottemperanza a quella ripristinatoria: incombe, infatti, su tale soggetto, siccome interessato ad evitare la perdita del diritto dominicale, anche il dovere di attivarsi tempestivamente al fine di adottare i comportamenti necessari ad assicurare il ripristino dello stato dei luoghi antecedente l’abuso. Conseguentemente, al fine di riparare il proprietario incolpevole dall’altrui illecito edilizio da conseguenze eccessivamente penalizzanti, ossia dagli effetti sanzionatori ex art. 31, commi 3, 4 e 4 bis, del d.p.r. n. 380/2001, occorre che egli dimostri, da un lato, la sua estraneità all’abuso e, dall’altro, l’assunzione di iniziative consentite dall’ordinamento, che siano idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa (Cons. Stato, Ad. Plen., 11.10.2023, n. 16; TAR Sardegna, Cagliari, sez. II, n. 1835/2009; TAR Lazio, Roma, sez. I, n. 3103/2012; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, n. 3480/2015).

Da ciò consegue la legittimità dell’ordinanza demolitoria, indirizzata anche al proprietario incolpevole.

Vale, altresì, soggiungere che la sottoposizione di un manufatto abusivo a sequestro penale non costituisce impedimento assoluto a ottemperare a un ordine di demolizione, né integra causa di forza maggiore impeditiva della demolizione, dato che sussiste la possibilità di ottenere il dissequestro dell’immobile al fine di ottemperare all’ingiunzione di demolizione. Il contemperamento con le esigenze della difesa si realizza ritenendo che il termine assegnato dall’ordinanza per la demolizione o la rimessione in pristino non decorre sin quando l’immobile rimane sotto sequestro, restando all’autonoma iniziativa della difesa ovvero della magistratura inquirente attivare gli strumenti che al dissequestro possono condurre (Consiglio di Stato sez. VII, 19/06/2024, n. 5467).

Stanti queste premesse, il gravame è rigettato.

La peculiarità della fattispecie consente di compensare le spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 25 SET. 2024.

Allegati

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