Massima

In materia di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, gli atti dell’Amministrazione hanno natura meramente dichiarativa, non costitutiva, esulando qualsiasi potestà discrezionale. Ne consegue che la situazione giuridica soggettiva vantata è di diritto soggettivo, non di interesse legittimo. Per tale ragione, il ricorso per silenzio-inadempimento, strumento processuale esperibile solo per l’inerzia amministrativa che incide su posizioni di interesse legittimo, è inammissibile dinanzi al giudice amministrativo. La cognizione della domanda è, pertanto, devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.

Supporto alla lettura

CITTADINANZA

Il termine “cittadinanza” indica il rapporto tra un individuo e lo Stato, ed è in particolare uno status, denominato civitatis, al quale l’ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici.  In Italia il moderno concetto di cittadinanza nasce al momento della costituzione dello Stato unitario ed è attualmente disciplinata dalla L. 91/1992.

La cittadinanza italiana si acquista iure sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani.  Esiste una possibilità residuale di acquisto iure soli, se si nasce sul territorio italiano da genitori apolidi o se i genitori sono ignoti o non possono trasmettere la propria cittadinanza al figlio secondo la legge dello Stato di provenienza. Si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio (iure matrimonii), la quale è riconosciuta dal prefetto della provincia di residenza del richiedente.

La cittadinanza può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti. In particolare il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica.

La legge prevede alcuni casi in cui può venir meno lo status di cittadino italiano, si può riacquistare su domanda, e il D.L. 113/2018, convertito con L. 132/2018 ha introdotto all’art. 10 bis della L. 91/1992 l’istituto della revoca della cittadinanza nei casi espressamente previsti dall’art. 10 bis della citata L. 91/1992.

Diverso è parlare di “cittadinanza europea” che non è uno status che si acquisisce, infatti ogni cittadino di un Paese membro della Ue, oltre alla cittadinanza del paese di origine, gode della cittadinanza europea. Secondo la testuale dizione del trattato di Maastricht (TUE), è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.

La cittadinanza dell’Unione europea comporta una serie di norme e diritti ben definiti, che si possono raggruppare in quattro categorie:

  • la libertà di circolazione e di soggiorno su tutto il territorio dell’Unione;
  • il diritto di votare e di essere eletto alle elezioni comunali e a quelle del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza;
  • la tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro in un paese terzo nel quale lo Stato di cui la persona in causa ha la cittadinanza non è rappresentato;
  • il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo e ricorsi al mediatore europeo.

 

Il D. Lgs. 36/2025, conv. L. 74/2025, ha modificato la legge sulla cittadinanza italiana, soprattutto in merito allo ius sanguinis. Il fine è quello di limitare la trasmissione automatica della cittadinanza per discendenza, introducendo requisiti più stringenti e valutando il “vincolo effettivo e attuale con la comunità nazionale”. Le nuove disposizioni non si applicano a chi ha presentato domanda di riconoscimento della cittadinanza entro il 27 marzo 2025 (data di entrata in vigore del decreto); è prevista invece una finestra temporale, dal 1 luglio 2025 al 31 dicembre 2027, per il riacquisto della cittadinanza italiana da parte di cittadini che siano nati in Italia o che abbiano risieduto in Italia per almeno 2 anni, o che abbiano perso la cittadinanza prima del 16 agosto 1992.

Ambito oggettivo di applicazione

FATTO E DIRITTO
Rilevato:

– che con il ricorso in oggetto gli istanti in epigrafe hanno chiesto l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana per ius sanguinis avanzata in data 17.09.2018, prospettando violazione dell’art. 2 L. 241/90 e 31 CPA per superamento del termine per la conclusione del procedimento amministrativo e obbligo dell’amministrazione di provvedere;

– che l’amministrazione, costituitasi in resistenza, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;

Considerato:

– che l’eccezione sollevata dalla difesa erariale è fondata;

– che per pacifico – e condivisibile – indirizzo gli atti che i competenti organi pubblici possono assumere in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana per nascita non hanno natura costitutiva, bensì natura meramente dichiarativa, restando conseguenzialmente estranea agli stessi lo svolgimento di qualsiasi potestà discrezionale, con la conseguenza che la situazione giuridica soggettiva che gli istanti vantano a fronte dell’azione degli organi pubblici nella materia è quella di diritto soggettivo e non di interesse legittimo;

– segnatamente, nel sistema delineato dalla l. n. 91/1992 le ipotesi di acquisto iure sanguinis in virtù della nascita da cittadini italiani non integrano una concessione demandata al potere discrezionale dell’amministrazione, ma costituiscono un vero e proprio diritto soggettivo relativamente al quale gli organi competenti possono assumere solo atti a carattere dichiarativo e non costitutivo, una volta riscontrata la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge;

– che il ricorso all’odierno esame attiene per l’appunto al riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis ai sensi dell’art. 1 L. n. 91/1992, sicché gli istanti azionano una posizione giuridica di diritto soggettivo;

– che, vertendo la questione in tema di posizioni di diritto soggettivo, il rito del silenzio-inadempimento di cui agli artt. 31 e 117 D.Lgs. 104/2010 non è esperibile, trattandosi di strumento processuale inidoneo a superare qualsiasi inerzia dell’amministrazione, ma solo quella connessa sempre e comunque ad attività incidente su posizioni di interesse legittimo (cfr. da ultimo Cons. Stato Sez. III, 22/06/2018, n. 3858; quali precedenti conformi di questo Tribunale, sez. III ter n. 08692/2018, 1220/2019);

Ritenuto in conclusione:

– che secondo l’ordinario criterio di riparto la domanda esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo per essere devoluta alla cognizione del giudice ordinario (davanti al quale può essere riproposto con le modalità e nei termini di cui all’art. 11 c.p.a.);

– che le spese di lite, data la particolarità della questione, possono essere compensate.

P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III-ter, definitivamente pronunciando:- dichiara il ricorso in epigrafe inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;

– compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 18 MAR. 2019.

Allegati

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