SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9653 del 2018, proposto da
(omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) Ditta Individuale, (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., (omissis) s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutte rappresentate e difese dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, Viale (omissis);
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura capitolina in Roma, Via del Tempio di Giove, 21;
Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
– dell’ordinanza n. 111 del 26 giugno 2018 emanata dal Sindaco di Roma Capitale, avente ad oggetto la “Disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro di cui all’art. 110, comma 6, del TULPS, installati nelle sale gioco e nelle altre tipologie di esercizi, autorizzati ex artt. 86 e 88 del TULPS”;
– ove occorra, del “Regolamento Sale da Gioco e Giochi Leciti”, approvato con deliberazione dell’Assemblea capitolina n. 31 del 9 giugno 2017, oltre che di ogni altro atto analogo, relativo, presupposto e conseguente, e comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2018 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Le ricorrenti operano a vario titolo nell’ambito della filiera del gioco legale. Più in dettaglio:
– (omissis) s.r.l. è un gestore di apparecchi da divertimento e intrattenimento con vincita in denaro riconducibili alle tipologie di cui all’articolo 110, comma 6, lett. a) e b), del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, ossia gli apparecchi convenzionalmente indicati, rispettivamente, come AWP (Amusement With Prizes) e VLT (Video Lottery Terminal);
– le altre ricorrenti sono titolari di diverse tipologie di esercizi commerciali ove sono installati apparecchi di gioco AWP e/o VLT per conto del gestore (omissis); si tratta sia di esercizi dedicati esclusivamente alla raccolta del gioco mediante i predetti apparecchi (sale giochi), sia di esercizi dedicati anche ad altre tipologie di gioco (sale bingo), sia – infine – di esercizi commerciali di varia natura (bar, corner sportivi, rivendite di generi di monopolio).
2. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, le ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza del Sindaco di Roma Capitale del 26 giugno 2018, recante la “Disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro di cui all’art.110 comma 6 del TULPS installati nelle sale gioco e nelle altre tipologie di esercizi autorizzati ex artt.86 e 88 del TULPS”, mediante la quale l’orario di funzionamento dei suddetti apparecchi è stato fissato dalle ore 9,00 alle ore 12,00 e dalle ore 18,00 alle ore 23,00 di tutti i giorni, festivi compresi.
Hanno inoltre impugnato, “ove occorra”, il “Regolamento sale da gioco e giochi leciti”, approvato con deliberazione dell’Assemblea capitolina n. 31 del 9 giugno 2017.
3. Dopo aver rimarcato il grave pregiudizio per gli interessi pubblici e privati che, al loro avviso, deriverebbe dall’ordinanza comunale, le ricorrenti hanno diffusamente allegato quanto segue:
I) sarebbero riscontrabili i vizi di difetto di istruttoria e violazione del principio di proporzionalità; in particolare: (a) il difetto di istruttoria emergerebbe dalla circostanza che gli elementi forniti dal Dipartimento di epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio risultanti dalla Relazione 2016 e dall’allegato focus descrittivo sui pazienti in trattamento per disturbo da gioco d’azzardo nei servizi Ser.D del Lazio e di Roma aggiornato al 2017 – elementi richiamati nel provvedimento impugnato – si fonderebbero su dati di stima parziali e, inoltre, riferiti al territorio regionale, che sarebbero stati tuttavia traslati asetticamente al territorio capitolino; tali elementi non evidenzierebbero, comunque, il carattere emergenziale della diffusione della ludopatia e non sarebbero quindi idonei a giustificare l’adozione del provvedimento; la misura restrittiva attuata non sarebbe perciò sorretta da precisi studi scientifici relativi all’ambito territoriale di riferimento, contrariamente a quanto richiesto da un consolidato orientamento giurisprudenziale; l’Amministrazione non avrebbe dimostrato, tra l’altro, l’adeguatezza della misura adottata e non avrebbe svolto neppure alcuna istruttoria per comprovare che la diffusione della ludopatia sia legata al gioco legale, piuttosto che a quello illegale; il difetto di istruttoria emergerebbe anche dal mancato coinvolgimento, mediante una preventiva consultazione, degli operatori del gioco legale, eventualmente per il tramite delle relative associazioni di categoria; (b) il difetto di proporzionalità della misura sarebbe evidenziato anzitutto dalla circostanza che la limitazione a otto ore dell’orario di funzionamento degli apparecchi si porrebbe in contrasto con l’intesa sancita in Conferenza unificata il 7 settembre 2017, essendo stata riconosciuta in quella sede agli enti locali la facoltà di stabilire delle fasce orarie fino a sei ore complessive di interruzione quotidiana del gioco, proprio al fine di ottenere l’omogeneizzazione delle discipline e di evitare divieti eccessivi; la limitazione disposta dall’ordinanza impugnata sarebbe invece eccessiva, perché comporterebbe una riduzione dell’orario di oltre il cinquanta per cento, con gravi effetti sulle imprese e sui livelli occupazionali da esse garantiti; tale limitazione finirebbe anche per favorire la migrazione degli utenti verso altre forme di gioco lecito o verso il gioco illegale; la fissazione di due fasce orarie di funzionamento degli apparecchi, inframmezzate da un periodo di interruzione, costringerebbe poi gli utenti a entrare e uscire dall’esercizio, determinando il c.d. “effetto canguro”, che li indurrebbe a scegliere di non frequentare più l’esercizio neppure negli orari consentiti; esisterebbero, inoltre, studi scientifici secondo i quali le pause forzate avrebbero un effetto controproducente sulla propensione degli utenti a riaccostarsi al gioco, a meno che il giocatore non sia destinatario di messaggi volti a indurlo a riconsiderare il proprio comportamento;
II) sarebbero, inoltre, violati gli articoli 3, 41, 97, 117, secondo comma, lett. e), h) e m), e 118 della Costituzione; in particolare: (a) la misura violerebbe gli articoli 3 e 41 della Costituzione, in quanto limiterebbe la libertà di iniziativa economica in modo irragionevole e tale da realizzare un’ingiustificata disparità di trattamento; come sopra detto, infatti, la disposta limitazione degli orari sarebbe irragionevole in quanto non sorretta da un’adeguata istruttoria; essa realizzerebbe, inoltre, una discriminazione tra i giochi “fisici” e i giochi online e, inoltre, tra i diversi giochi leciti non distribuiti online, essendo destinata a penalizzare solo il gioco mediante apparecchi con vincite in denaro; peraltro, il provvedimento impugnato affermerebbe la particolare pericolosità delle lotterie istantanee, senza tuttavia colpirle mediante alcuna misura, e limitando invece le proprie disposizioni restrittive esclusivamente al gioco mediante apparecchi (slot machine e videolottery), erroneamente ritenuto assimilabile alle lotterie istantanee; (b) sarebbero violati i principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità dell’azione amministrativa, sanciti dall’articolo 97 della Costituzione, stante l’evidente sproporzione delle limitazioni imposte;
III) nel contesto nazionale la regolamentazione degli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco sarebbe caratterizzata dall’adozione di interventi differenziati da comune a comune; da ciò deriverebbe un quadro caotico, nel quale l’asimmetria delle discipline creerebbe evidenti e ingiuste sperequazioni concorrenziali tra i diversi operatori economici a seconda delle loro posizioni geografiche; inoltre, gli interventi sarebbero dettati di volta in volta a tutela di interessi diversi (traffico, viabilità, salute pubblica, inquinamento acustico) e di differenti categorie di soggetti (giocatori, giovani, famiglie, consumatori psicologicamente più fragili, tossicodipendenti, disoccupati, alcolizzati); il settore richiederebbe, invece, una regolamentazione unitaria a livello nazionale, anche in applicazione dell’articolo 118, primo comma, della Costituzione; in questa prospettiva, la potestà di pianificare l’utilizzo degli apparecchi da gioco di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS sarebbe in capo alla competente autorità statale, dovendo invece le amministrazioni locali partecipare attraverso il meccanismo della Conferenza unificata.
4. Roma Capitale, costituitasi in giudizio, ha ribadito la legittimità del proprio operato, insistendo per il rigetto del ricorso.
5. Si è, inoltre, costituita in giudizio l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
6. Alla camera di consiglio del 13 settembre 2018, a seguito della rinuncia alla domanda cautelare della difesa di parte ricorrente e in accoglimento dell’istanza formulata dalla stessa parte, il Presidente ha disposto la fissazione dell’udienza pubblica del 21 novembre 2018.
7. In prossimità dell’udienza, tutte le parti hanno depositato memorie.
In particolare, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha espresso la propria posizione sulla controversia affermando che, a suo avviso, la compiuta valutazione della rispondenza dell’ordinanza impugnata ai canoni di adeguatezza e proporzionalità dovrebbe essere rinviata all’esito di un’analitica ricerca sugli effettivi volumi di gioco, prima e dopo l’applicazione dell’ordinanza, e di un’attenta e accurata verifica delle variazioni che i diversi provvedimenti comunali hanno avuto nei confronti dei giocatori patologici, così come rilevate dal sistema sanitario nazionale, rimettendosi al Tribunale per la decisione del merito del gravame.
8. Le ricorrenti e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli hanno, inoltre, replicato alle produzioni avversarie.
9. All’udienza pubblica fissata la causa è stata quindi trattenuta in decisione.
10. Il ricorso è infondato, per le ragioni che si espongono di seguito.
11. Va premesso che l’ordinanza impugnata è stata emanata ai sensi dell’articolo 50, comma 7, del Testo unico degli enti locali (TUEL) di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e in attuazione dell’articolo 12 del “Regolamento sale da gioco e giochi leciti” approvato con deliberazione dell’Assemblea capitolina n. 31 del 2017.
In particolare, l’articolo 50, comma 7, del TUEL dispone che: “Il sindaco (…) coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici (…)”. E a questa competenza sindacale si aggancia la previsione dell’articolo 12 del Regolamento adottato da Roma Capitale, che demanda appunto al Sindaco la disciplina degli orari di apertura delle sale da gioco e delle fasce orarie di funzionamento degli apparecchi da gioco con vincita in denaro, mediante l’adozione di una “specifica ordinanza, ai sensi dell’art. 50, comma 7, del D.Lgs. 267/2000”.
12. Le ricorrenti allegano diffuse e articolate censure tese a dimostrare che, in considerazione di quanto si legge nelle premesse dell’ordinanza impugnata, il provvedimento non risulterebbe sorretto da un’adeguata istruttoria, atta a dimostrare l’adeguatezza, la ragionevolezza e la proporzionalità della misura adottata, che risulterebbe ingiustificatamente penalizzante per gli operatori economici.
12.1. Al riguardo, va rilevato anzitutto che l’ordinanza censurata, in quanto atto generale, non soggiace all’obbligo di motivazione di cui all’articolo 3 della legge n. 241 del 1990.
Peraltro, il provvedimento contiene un puntuale riferimento alle esigenze di tutela della salute pubblica e del benessere individuale e collettivo dei cittadini, al cui soddisfacimento è preordinato, attraverso la lotta alla dipendenza da gioco, cui è strumentale la riduzione degli orari di funzionamento degli apparecchi per il gioco lecito in tutto il territorio capitolino.
12.2. Nelle premesse dell’ordinanza si dà, infatti, contezza dei dati acquisiti, all’esito di un’attenta istruttoria, a sostegno della misura adottata.
Il provvedimento evidenzia, anzitutto, che il Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio “ha fornito i dati tratti dal Sistema Informativo Regionale Dipendenze del Lazio presso i Ser.D (Servizi pubblici per le Dipendenze) delle ASL del Lazio relativi a persone in trattamento per problematiche relative al gioco d’azzardo patologico; nella Relazione 2016 e nell’allegato focus descrittivo sui pazienti in trattamento per disturbo da gioco d’azzardo nei servizi Ser.D del Lazio e di Roma aggiornato al 2017, emerge un aumento progressivo del numero di soggetti in carico ai servizi di cura per le dipendenze del Lazio e di Roma; in particolar modo dal grafico allegato al focus di cui sopra l’andamento temporale dei pazienti in trattamento presso i Ser.D di Roma e del Lazio negli ultimi 6 anni (2012-2017) mostra un aumento progressivo delle presenze nei servizi di cura passato, a Roma, dagli 82 casi del 2012 ai 323 casi del 2017, mentre nel Lazio si passa dai 165 casi del 2012 ai 613 del 2017”.
Viene rimarcato, inoltre, che con la “successiva nota acquisita al prot. QH/31769 del 1 giugno 2018, il Dipartimento di cui sopra ha fornito un aggiornamento dei dati riferiti ai primi mesi del 2018, confermando la tendenza ad un aumento dei soggetti che richiedono interventi socio-sanitari per problemi legati al disturbo da gioco d’azzardo (218 casi nel periodo compreso tra gennaio e maggio 2018).”.
Ancora, nelle premesse dell’ordinanza si sottolinea che “il Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale ha attivato sportelli informativi per la prevenzione e il contrasto al gioco d’azzardo, cd. Sportelli GAP, che, quale punto di accesso specializzato cui rivolgersi per avere informazioni e orientamento sulla dipendenza da gioco patologico, hanno accolto numerose richieste di aiuto da parte di cittadini interessati. I destinatari delle attività di detti Sportelli appartengono a tutte le categorie di cittadini, persone tra cui disoccupati, precari, casalinghe, pensionati e studenti, in gran parte accomunate da difficile condizione economica” e che “in occasione dell’incontro “#RomaAscoltaRoma” (percorso di ascolto promosso da Roma Capitale finalizzato alla predisposizione del Piano Sociale Cittadino) sul tema delle “Dipendenze patologiche” è emerso che sono attivi sul territorio progetti per la “messa in sicurezza” volti a sostenere ed evitare il default economico e finanziario delle famiglie che hanno familiari dipendenti da gioco”.
L’ordinanza rileva, quindi, che “dall’esame dei dati in possesso dell’Amministrazione è evidente una significativa diffusione del gioco d’azzardo, con un elevato numero di aperture di sale da gioco autorizzate ex art. 86, comma 1, del TULPS (pari ad oggi a circa 587) e SCIA/Comunicazioni di installazione, produzione, importazione e gestione anche indiretta, autorizzate ex art. 86, comma 3, del TULPS di apparecchi di cui all’articolo 110, commi 6 e 7, del T.U.L.P.S (pari ad oggi a circa 1062) e di sale ex art. 88 TULPS di competenza della Questura di Roma (pari a circa 1.116)”.
L’atto illustra, poi, le ragioni per le quali il gioco mediante apparecchi è ritenuto particolarmente pericoloso, richiamando, oltre alla giurisprudenza sul punto, anche lo studio curato dal Ministero della Salute sulle “Dipendenze Comportamentali/gioco d’azzardo patologico: progetto sperimentale nazionale di sorveglianza e coordinamento/monitoraggio degli interventi”.
12.3. Peraltro, la difesa capitolina ha pure evidenziato in giudizio che nel corso degli anni sono stati acquisiti dagli Uffici numerosi ulteriori dati i quali, benché non riportati nelle premesse del provvedimento, sono comunque significativi al fine di comprovare la diffusione del gioco e del conseguente rischio di dipendenza patologica. In particolare, un incremento significativo della raccolta del gioco nel 2016 rispetto al 2015, avuto riguardo sia all’intero territorio della Regione Lazio che allo specifico ambito capitolino, è registrabile sulla base degli elementi trasmessi dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli a richiesta del Sindaco di Roma Capitale (cfr., in particolare, doc. 12 di Roma Capitale).
13. Ritiene il Collegio che le articolate considerazioni sopra riportate siano idonee a sorreggere la misura adottata e che non risultino invece convincenti le contrarie allegazioni delle ricorrenti.
14. Non colgono nel segno, anzitutto, le censure di difetto di istruttoria, che le ricorrenti allegano diffusamente, anche al fine di dedurre la violazione delle norme costituzionali sopra richiamate.
14.1. Quanto agli elementi forniti dal Dipartimento di epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio, va rilevato che questi non risultano riferiti esclusivamente all’ambito regionale, poiché il provvedimento riporta specificamente un aumento dei casi di dipendenza da gioco presi in carico dai Ser.D di Roma, secondo quanto sopra detto.
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, l’ordinanza risulta, perciò, sorretta da precisi dati epidemiologici, riferiti all’ambito territoriale di riferimento, i quali evidenziano un consistente incremento a livello locale dei casi di ludopatia.
14.2. L’attendibilità dei dati non è poi scalfita dalla circostanza che nella Relazione richiamata nel provvedimento non si faccia distinzione tra “soggetti ludopatici” e “soggetti problematici”, trattandosi di persone rientranti nell’unica platea dei soggetti almeno attinti dal rischio della dipendenza patologica, i cui casi sono stati quindi tutti correttamente computati al fine di valutare l’entità del fenomeno, in vista della prevenzione della sua ulteriore espansione.
14.3. Non convince neppure il rilievo secondo il quale i dati riportati nell’ordinanza non sarebbero comunque di per sé allarmanti, in quanto non numericamente consistenti in rapporto alla popolazione complessiva.
Nelle premesse del provvedimento l’Amministrazione ha, infatti, puntualmente evidenziato che è “(…) verosimile ritenere che il numero reale delle persone affette da ludopatia sia assai maggiore rispetto al numero dei soggetti che, in concreto, si sono rivolti ai Ser.D., in quanto una parte significativa del fenomeno della ludopatia resta sommerso (cosiddetta “cifra oscura”), tenuto conto del fatto che molti soggetti ludopatici non si rivolgono alle strutture sanitarie e ai servizi sociali perché provano vergogna o sottovalutano la propria patologia o per altre ragioni (…)”.
Peraltro, l’ordinanza gravata ha una valenza fortemente preventiva, in quanto non mira solo a ridimensionare il fenomeno esistente, sia palese che sommerso e non registrato nei dati ufficiali, ma anche a evitare ulteriori casi di ludopatia, in particolare tra le fasce più giovani della popolazione, come dimostra la circostanza che il fermo degli apparecchi sia stato disposto negli orari di uscita dalle scuole, secondo quanto risulta dalle premesse del provvedimento impugnato.
14.4. L’adozione della misura non richiedeva, poi, la dimostrazione che i casi di dipendenza patologica riscontrati a livello territoriale fossero legati specificamente al gioco lecito.
La determinazione è, infatti, adeguatamente giustificata, sotto questo profilo, dalla particolare pericolosità del gioco mediante apparecchi con vincite in denaro, che è stata da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza, come correttamente evidenziato nelle premesse dell’ordinanza impugnata. Si è rilevato, infatti, che tali apparecchi “per la loro ubicazione, modalità, tempistica, danno luogo – più di altre – a manifestazioni di accesso al gioco irrefrenabili e compulsive, non comparabili, per contenuti ed effetti, ad altre forme di scommessa che possono anch’esse dare dipendenza, ma in grado ritenuto (ragionevolmente) dal legislatore di gravità ed allarme sociale assai minore e, perciò, non necessitante di apposita e più stringente tutela preventiva mirata” (così TAR Trento, 20 giugno 2013, n. 206). Nello stesso senso, si è osservato che gli apparecchi quali slot machine e videolottery “paiono i più insidiosi nell’ambito del fenomeno della ludopatia, in quanto, a differenza dei terminali per la raccolta delle scommesse, implicano un contatto diretto ed esclusivo tra l’utente e la macchina, senza alcuna intermediazione umana volta a disincentivare, per un normale meccanismo psicologico legato al senso del pudore, l’ossessione del gioco, specie nella fase iniziale del processo di dipendenza patologica” (così TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 13 marzo 2015, n. 706, confermata da Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2017, n. 2957; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 8 luglio 2015, n. 1570; Id., Sez. II, 22 luglio 2015, n. 1761).
14.5. Non sussisteva, poi, nessun obbligo per l’Amministrazione di consultare preventivamente gli operatori del gioco legale, per cui la circostanza che tali soggetti non siano stati sentiti non comprova, di per sé, un difetto di istruttoria, tenuto conto della circostanza che gli interessi degli operatori risultano essere stati comunque considerati e che la misura si presenta adeguata allo scopo, secondo quanto si dirà più oltre.
15. Sotto altro profilo, non sono condivisibili le censure con le quali le ricorrenti deducono la violazione del principio di proporzionalità, facendone discendere tra l’altro, anche in questo caso, la violazione delle norme costituzionali da esse richiamate.
15.1. Esse allegano, anzitutto, che l’esercizio del potere sindacale sarebbe avvenuto in evidente contrasto con quanto stabilito nell’intesa raggiunta il 7 settembre 2017 in sede di Conferenza unificata tra Governo, Regioni ed Enti locali in merito alle caratteristiche dei punti di raccolta del gioco pubblico.
15.1.1. L’intesa cui si riferiscono le ricorrenti è stata sancita ai sensi dell’articolo 1, comma 936, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il quale dispone che “Entro il 30 aprile 2016, in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età. Le intese raggiunte in sede di Conferenza unificata sono recepite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti.”.
15.1.2. Con riguardo alla disciplina degli orari delle attività di gioco, l’intesa reca il riconoscimento agli Enti locali della “facoltà di stabilire per le tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di interruzione quotidiana di gioco” e prevede, inoltre, che “La distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco nell’arco della giornata va definita, d’intesa con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in una prospettiva il più omogenea possibile nel territorio nazionale e regionale, anche ai fini del futuro monitoraggio telematico del rispetto dei limiti così definiti”.
15.1.3. Secondo le ricorrenti, confliggerebbe con tali indicazioni la limitazione degli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco soltanto a otto ore disposta dall’ordinanza sindacale impugnata.
15.1.4. Al riguardo, occorre evidenziare che non è stato ancora adottato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti, per recepire l’intesa. Ne discende che, come affermato anche nelle premesse dell’ordinanza sindacale impugnata, allo stato l’intesa non ha valore cogente, in quanto non recepita da alcun atto normativo, con la conseguenza che “non può spiegare efficacia invalidante sull’ordinanza impugnata” (TAR Veneto, Sez. III, 18 aprile 2018, n. 417).
15.1.5. D’altro canto, l’intesa in questione non si focalizza sugli orari di funzionamento degli apparecchi per gioco lecito, ma – in ossequio a quanto stabilito dalla norma primaria di cui al citato articolo 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015 che la prevede – delinea in modo più generale il complessivo riordino della materia, con l’obiettivo, unitamente alla fissazione degli orari, di una significativa riduzione dell’offerta del gioco lecito, sia quanto ai volumi sia quanto ai punti vendita. Non è conseguentemente ipotizzabile un’applicazione atomistica o parcellizzata dell’accordo raggiunto, ossia limitata al solo profilo degli orari di funzionamento degli apparecchi, laddove non siano contestualmente attuate anche le altre previsioni oggetto di accordo. Per la stessa ragione, non può neppure ritenersi che una singola previsione dell’intesa possa essere presa in considerazione al fine di valutare la proporzionalità di una specifica misura adottata a livello locale.
15.1.6. Deve comunque aggiungersi che, con nota del 4 giugno 2018, il competente Dipartimento sviluppo economico attività produttive e agricoltura di Roma Capitale ha informato l’Agenzia delle dogane e dei monopoli – con la quale si sarebbe dovuta raggiungere l’intesa in ordine alla distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco nell’arco della giornata – sia dell’avvenuta adozione del Regolamento, sia dell’avvio di un’istruttoria finalizzata all’individuazione degli orari di apertura delle sale da gioco al fine di contrastare la ludopatia. L’Agenzia è stata informata anche della probabile limitazione oraria del funzionamento degli apparecchi di gioco, nei medesimi termini poi stabiliti dall’ordinanza gravata.
La nota è rimasta priva di riscontro da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
15.1.7. La doglianza va quindi rigettata.
15.2. Le ricorrenti sostengono, poi, diffusamente che la misura sarebbe irragionevolmente diretta nei confronti di una sola tipologia di gioco – quella attuata mediante gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS – mentre non colpirebbe il gioco online e neppure le lotterie istantanee, benché queste ultime siano state ritenute dallo stesso provvedimento come particolarmente pericolose. Conseguentemente, il provvedimento sarebbe in concreto inadeguato al perseguimento del fine assunto dall’Amministrazione e inutilmente afflittivo per gli operatori.
15.2.1. Al riguardo, deve tenersi presente che, come sopra detto, il provvedimento impugnato reca una specifica motivazione in ordine alla pericolosità del gioco mediante gli apparecchi con vincite in denaro. E, con ogni evidenza, l’esigenza di contenere la possibilità di accostarsi a di tale tipologia di gioco non è sminuita dall’eventuale circostanza che possano esservi anche altre forme di gioco non meno insidiose o più diffuse. Ciò soprattutto ove si consideri che l’intervento del Sindaco è necessariamente circoscritto nei limiti delle competenze dell’Organo, le quali non includono la possibilità di incidere sull’accesso al gioco online o alle lotterie istantanee. Vale quindi la considerazione per cui “la parità di trattamento invocata dalla parte ricorrente si risolverebbe, assurdamente, nell’impossibilità per le amministrazioni comunali di arginare il fenomeno del gioco patologico a tutela delle fasce più esposte della comunità locale, anche con riferimento alle tipologie di gioco per le quali la legge riconosce loro facoltà di intervento” (così TAR Piemonte, Sez. II, 11 luglio 2017, n. 839).
15.2.2 Da ciò il rigetto della censura.
15.3. Secondo quanto allegato nel ricorso, la limitazione dell’orario di funzionamento degli apparecchi a otto ore sarebbe inoltre eccessivamente onerosa per le imprese e defatigante per gli utenti, costretti a entrare e uscire dall’esercizio a causa della previsione di due fasce orarie, e indotti a “migrare” verso altre forme di gioco. Tale interruzione sarebbe, poi, persino controproducente al fine di contrastare la compulsione al gioco.
15.3.1. In proposito, deve tuttavia osservarsi che gli stessi studi riportati nel ricorso affermano – come ivi riconosciuto – che le interruzioni forzate del gioco sarebbero potenzialmente controproducenti solo nel caso in cui non fossero associate a messaggi dissuasivi. Anche volendo attenersi ai suddetti studi, non è perciò comprovato che la misura della limitazione oraria sia inutile o controproducente, potendosene desumere – al più – la raccomandazione a fare in modo che l’utente comprenda le finalità dell’interruzione del gioco mediante adeguate azioni di informazione.
15.3.2. Quanto alla possibilità che gli utenti siano indotti a rivolgersi ad altre tipologie di gioco, la giurisprudenza ha già avuto modo di rimarcare – esprimendo considerazioni che il Collegio integralmente condivide e fa proprie – che “l’argomento (…) secondo cui i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero verso altre forme di gioco – definite più subdole, rischiose o incontrollabili – prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco (le slot machines, appunto) se altre ve ne sono a disposizione. Resta in ogni caso una affermazione non dimostrata” (Cons. Stato, Sez. V, 5 giugno 2018, n. 3382).
E, al riguardo, deve ribadirsi che la forma di gioco concretamente limitata – ossia quella mediante apparecchi con vincite in denaro – presenta comunque una specifica pericolosità, secondo quanto sopra detto.
15.3.3. La misura risulta, perciò, adeguata allo scopo, in quanto consente, mediante la limitazione degli orari di funzionamento degli apparecchi, la riduzione delle occasioni di gioco. E ciò in funzione della tutela dell’interesse costituzionalmente primario alla salute, prevalente rispetto alla tutela della libertà di iniziativa economica privata, la quale, ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione, trova il proprio limite nell’utilità sociale. È, infatti, evidente che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, sia a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie.
L’efficacia della determinazione assunta si rivela, poi, anche in considerazione della specifica finalità di tutela delle fasce giovanili. Secondo quanto evidenziato nelle motivazioni del provvedimento, gli orari di funzionamento degli apparecchi sono stati infatti congegnati “anche nell’ottica di contrastare l’insorgere di abitudini collegate alla possibilità di utilizzo degli apparecchi stessi da parte degli studenti, con particolare riferimento agli orari di uscita dalle scuole”.
15.3.4. Risulta parimenti rispettato il principio di proporzionalità, così come appare garantito un equo contemperamento degli interessi: da una parte la tutela della salute e del benessere individuale e collettivo, dall’altra la libertà di iniziativa economica e la tutela del lavoro.
Sotto quest’ultimo profilo, occorre rilevare che l’ordinanza impugnata determina gli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro, ovunque installati e collocati, mentre non disciplina i giochi che non avvengono tramite apparecchi o che non erogano vincite in denaro. Conseguentemente, le limitazioni orarie non riguardano l’apertura e la chiusura delle sale, ma solo il funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro in esse eventualmente installati. Gli operatori economici possono quindi continuare a tenere gli esercizi aperti negli orari di spegnimento degli apparecchi, svolgendovi altre attività.
D’altro canto, l’uniformità degli orari per il funzionamento degli apparecchi per tutte le tipologie di esercizi che possano prevederli (ossia a prescindere dalla circostanza che si tratti di esercizi destinati anche ad altre attività economiche o di gioco), così come l’orario indifferenziato per tutto il territorio comunale, appaiono ragionevolmente giustificati e del tutto proporzionati rispetto all’intento di prevenire la trasmigrazione degli utenti dall’una all’altra tipologia di esercizi, ovvero dall’una all’altra zona del territorio comunale, fenomeni che verosimilmente si verificherebbero invece in caso di diversificazione di orari e di zone.
Tanto a ulteriore riprova della logicità e della proporzionalità delle limitazioni orarie imposte dall’ordinanza impugnata, le quali risultano peraltro del tutto in linea con le misure adottate da altri comuni e che sono state ritenute legittime, anche di recente, dalla giurisprudenza (cfr., per tutte, Cons. Stato n. 3382 del 2018, cit.).
15.3.5. Anche questo gruppo di censure va, perciò, rigettato.
16. Per le ragioni sin qui esposte, sono pure da respingere le doglianze con le quali viene lamentata la violazione degli articoli 3, 41, 97, 117, secondo comma, lett. e), h) e m), e 118 della Costituzione, atteso che – come detto – la violazione delle previsioni costituzionali richiamate deriverebbe proprio dai profili di carenza di istruttoria, difetto di proporzionalità e disparità di trattamento già ritenuti insussistenti.
17. Le ricorrenti sostengono, ancora, che la regolamentazione differenziata da comune a comune degli orari di funzionamento degli apparecchi determinerebbe ingiuste sperequazioni tra gli operatori e che il settore richiederebbe, invece, una disciplina unitaria a livello nazionale.
17.1. Rileva al riguardo il Collegio che, nei termini in cui è formulata, la censura non sembra in realtà diretta contro l’ordinanza comunale censurata, ma si risolve in una critica generale nei confronti dell’effetto complessivo delle diverse regolamentazioni adottate a livello locale.
Può perciò dubitarsi della stessa ammissibilità della doglianza.
17.2. In ogni caso, deve osservarsi che il potere esercitato con l’ordinanza impugnata rientra nelle competenze comunali.
Oltre alle considerazioni sopra svolte in ordine alla fonte del predetto potere, basta qui ricordare che la Corte costituzionale ha rilevato che l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa ha elaborato un’interpretazione dell’articolo 50, comma 7, del decreto legislativo n. 267 del 2000 compatibile con gli articoli 32 e 118 della Costituzione e che “In particolare, è stato riconosciuto che − in forza della generale previsione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 − il sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale” (così Corte cost. n. 220 del 2014). E successivamente alla pronuncia della Corte costituzionale la giurisprudenza amministrativa ha ribadito la sussistenza in capo al Sindaco del potere di disciplinare gli orari delle sale da gioco o di accensione e spegnimento degli apparecchi durante l’orario di apertura degli esercizi in cui i medesimi sono installati, puntualizzando che tale potere non interferisce con quello degli organi statali preposti alla tutela dell’ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ultimi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi generali della comunità locale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 1° agosto 2015, n. 3778; Id., 22 ottobre 2015, n. 4861).
17.3. D’altro canto, le esigenze di omogeneità di disciplina a livello locale sono state prese in considerazione, in certa misura, dall’intesa sancita nella sede della Conferenza unificata il 7 settembre 2017, che tuttavia – come detto – non è cogente.
17.4. In questo contesto, la circostanza che gli orari stabiliti nell’ordinanza del Sindaco di Roma Capitale siano diversi da quelli previsti in altri comuni non può perciò ridondare, di per sé, in un vizio del provvedimento qui censurato.
17.5. Deve, semmai, rilevarsi che gli stessi dati prodotti dalla ricorrente evidenziano come, nella maggior parte dei comuni che hanno adottato una regolamentazione sul punto, sia stata stabilita una analoga limitazione oraria a otto ore, benché variamente articolata; e ciò anche nei capoluoghi di grandi dimensioni, come Milano, Torino, Napoli e Venezia, mentre Genova ha ridotto l’orario a sole quattro ore.
Si tratta di elementi che militano ulteriormente in favore della proporzionalità e dell’adeguatezza della misura, la quale risulta del tutto in linea rispetto a quelle adottate – tra l’altro – nelle realtà territoriali che risultano più direttamente confrontabili con la Capitale.
18. Il Collegio deve infine rilevare che, nella la memoria depositata il 19 ottobre 2018, le ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità dell’ordinanza sindacale impugnata per violazione dell’articolo 8-bis della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 9 e 10 del TULPS, laddove il provvedimento prevede, in caso di recidiva, la sospensione del funzionamento di tutti gli apparecchi di gioco.
Si tratta, tuttavia, di doglianze inammissibili, e ciò in ossequio al principio, che costituisce jus receptum, secondo il quale può essere affidato alla memoria difensiva il solo compito di una mera illustrazione esplicativa dei precedenti motivi di gravame, senza possibilità di ampliare il thema decidendum (Cons. Stato, Sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2499).
19. In definitiva, per tutte le considerazioni fin qui esposte, il ricorso deve essere respinto.
20. Sussistono tuttavia giusti motivi, in considerazione della peculiarità della questione esaminata e degli interessi sottesi alla stessa, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
