SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10352 del 2018, proposto da
(omissis) s.a.s. di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis) e (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato (omissis) in Roma, Via (omissis);
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura capitolina in Roma, Via del Tempio di Giove, 21;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Associazione Nazionale Sezioni Apparecchi per le Pubbliche Attrazioni Ricreative – SAPAR, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis) e (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato (omissis) in Roma, Via (omissis);
per l’annullamento
dell’ordinanza emessa dal Sindaco di Roma Capitale in data 26 giugno 2018, avente ad oggetto: “Disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro di cui all’art.110 comma 6 del TULPS installati nelle sale gioco e nelle altre tipologie di esercizi autorizzati ex artt.86 e 88 del TULPS”, pubblicata nell’albo pretorio n. 111 del 26 giugno 2018.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2018 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente (omissis) s.a.s. di (omissis) opera nell’ambito della filiera del gioco quale soggetto gestore di apparecchi da divertimento e intrattenimento con vincita in denaro riconducibili alla tipologia di cui all’articolo 110, comma 6, lett. a), del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, ossia gli apparecchi convenzionalmente denominati AWP (Amusement With Prizes). Nell’esercizio di tale attività, la ricorrente ha installato i propri apparecchi presso un esercizio localizzato nel territorio di Roma.
2. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la società ha impugnato l’ordinanza del Sindaco di Roma Capitale del 26 giugno 2018, recante la “Disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro di cui all’art.110 comma 6 del TULPS installati nelle sale gioco e nelle altre tipologie di esercizi autorizzati ex artt.86 e 88 del TULPS”, mediante la quale l’orario di funzionamento dei suddetti apparecchi è stato fissato dalle ore 9,00 alle ore 12,00 e dalle ore 18,00 alle ore 23,00 di tutti i giorni, festivi compresi.
3. Il ricorso è affidato a un unico articolato motivo, con il quale la ricorrente ha dedotto il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria, assenza ed erroneità dei presupposti, illogicità, disparità di trattamento e violazione del principio di proporzionalità; ha dedotto, inoltre, la violazione: dell’articolo 50, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; dell’articolo 31 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; dell’articolo 7 del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito dalla legge 8 novembre 2012, n. 189; degli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione.
Più in dettaglio, la parte ha allegato quanto segue:
(1) la disamina del quadro normativo in materia di contrasto del fenomeno della ludopatia evidenzierebbe una regolamentazione capillare del gioco tramite gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS, sia a livello nazionale che regionale, anche per i profili attinenti ai rischi della dipendenza patologica, per cui gli interventi a livello comunale volti a incidere sul settore del gioco potrebbero legittimarsi solamente se attentamente ponderati e supportati, ciò che non sarebbe avvenuto nel caso del provvedimento impugnato nel presente giudizio; emergerebbe, peraltro, il contrasto dell’ordinanza sindacale impugnata con l’intesa sancita in Conferenza unificata il 7 settembre 2017, ove è riconosciuta agli enti locali la facoltà di stabilire delle fasce orarie fino a sei ore complessive di interruzione quotidiana del gioco;
(2) l’esercizio del potere del Sindaco sarebbe consentito unicamente in caso di accertate esigenze di cui dovrebbe darsi compiutamente conto, mentre l’ordinanza impugnata troverebbe fondamento solo in un astratto riferimento al generale fenomeno del gioco d’azzardo e ai suoi effetti, senza il supporto di una coerente istruttoria; più in dettaglio: (a) l’ordinanza richiama i dati tratti dal Sistema Informativo Regionale Dipendenze del Lazio presso i Ser.D (Servizi pubblici per le dipendenze) delle ASL del Lazio, e in particolare la Relazione 2016 e l’allegato focus descrittivo sui pazienti in trattamento per disturbo da gioco d’azzardo nei servizi Ser.D del Lazio e di Roma aggiornato al 2017; esisterebbe, tuttavia, una relazione più recente, di cui l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto: quella del Dipartimento di epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale recante i dati relativi al 2017; (b) sarebbe fuorviante il lasso di tempo preso in considerazione dall’ordinanza sindacale al fine di riscontrare un incremento dei casi di ludopatia, ossia il periodo 2012-2016, atteso che dal 2012 il gioco sarebbe stato fortemente incentivato e che soltanto nel 2017 è stato adottato da Roma Capitale un apposito Regolamento volto a contrastare la ludopatia; conseguentemente, un quadro realistico della situazione potrebbe essere tracciato unicamente alla luce dei risultati conseguiti con l’attuazione delle misure preventive, informative e di controllo assunte di recente; (c) gli elementi riportati nell’ordinanza non sarebbero comunque di per sé allarmanti, poiché 323 casi di dipendenza patologica da gioco a fronte di una popolazione di 2.872.800 abitanti non costituirebbero un dato abnorme e tale da giustificare il provvedimento sindacale; peraltro, dal Rapporto di ricerca sulla diffusione del gioco d’azzardo fra gli Italiani attraverso gli studi IPSAD ed ESPAD Italia emergerebbe come il gioco maggiormente praticato nel 2017 sia stato il “Gratta & Vinci” e sarebbe, inoltre, molto rilevante il ricorso al gioco online, mentre le videolottery e le slot machine non sarebbero tra i giochi di maggiore attrattiva; lo studio del Ministero della salute del 2015 evidenzierebbe, poi, che non vi sono dati statistici completi ed esaurienti sulle persone che soffrono di dipendenza patologica dal gioco e confermerebbe che i dati relativi alle abitudini di gioco dei giovani e dell’intera popolazione vedrebbero favorite modalità di gioco diverse rispetto agli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS; (d) il difetto di adeguata istruttoria sarebbe comprovato dai riferimenti, contenuti nell’ordinanza impugnata, al fatto notorio e alle nozioni di comune esperienza; l’esercizio del potere sindacale di regolazione delle attività degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici di cui all’articolo 50, comma 7, del decreto legislativo n. 267 del 2000 avrebbe invece dovuto essere supportato da precisi studi scientifici relativi all’ambito territoriale di riferimento; (e) sarebbe errata l’affermazione secondo la quale gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS manifesterebbero una maggiore pericolosità a causa dell’assenza della intermediazione umana volta a disincentivare il gioco; (f) sarebbe irrilevante il dato, riportato nel provvedimento impugnato, relativo all’incremento dell’apertura di sale giochi;
(3) l’assenza di dati recenti e riferiti al territorio di Roma Capitale precluderebbe di verificare l’adeguatezza e la proporzionalità della misura adottata;
(4) l’ordinanza si sarebbe limitata a disporre semplicisticamente misure repressive ai danni delle aziende del settore, colpendo illogicamente solo una delle tante forme di gioco, e probabilmente quella maggiormente regolamentata e dunque meno insidiosa; non sarebbe stato osservato il principio di proporzionalità;
(5) il provvedimento sarebbe inefficace rispetto al fine perseguito, in quanto diretto esclusivamente nei confronti del gioco mediante gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS, trascurando l’esistenza di altre e più diffuse modalità di gioco;
(6) il fatto che l’ordinanza sindacale si sia conformata semplicisticamente a una “tendenza” in atto si ricaverebbe anche dalla circostanza che l’Amministrazione comunale è intervenuta sul fenomeno della ludopatia solamente un anno addietro, mediante l’adozione del “Regolamento sale da gioco e giochi leciti” del 2017;
(7) lo spegnimento degli apparecchi dovrebbe costituire l’estremo rimedio al fenomeno della ludopatia, e sarebbe stato invece adottato quale prima misura, senza attendere gli effetti delle limitazioni già imposte con il Regolamento.
4. Roma Capitale, costituitasi in giudizio, ha ribadito la legittimità del proprio operato, insistendo per il rigetto del ricorso.
5. E’, inoltre, intervenuta ad adiuvandum l’Associazione Nazionale Sezioni Apparecchi per le Pubbliche Attrazioni Ricreative (SAPAR) – nella propria veste di rappresentante dei gestori, produttori e distributori di apparecchi per il gioco lecito e da intrattenimento – la quale ha svolto una dettagliata disamina delle diverse forme di gioco lecito e della relativa diffusione e, sulla base degli elementi allegati, ha supportato le censure contenute nel ricorso, chiedendone l’accoglimento.
6. In esito alla camera di consiglio del 10 ottobre 2018, in considerazione della richiesta formulata dalle parti e della rinuncia di entrambe ai termini a difesa, il Presidente ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo delle sospensive e ha fissato l’udienza pubblica del 21 novembre 2018.
7. All’udienza pubblica fissata la causa è stata quindi trattenuta in decisione.
8. Il ricorso è infondato, per le ragioni che si espongono di seguito.
9. Va premesso che l’ordinanza impugnata è stata emanata ai sensi dell’articolo 50, comma 7, del Testo unico degli enti locali (TUEL) di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e in attuazione dell’articolo 12 del “Regolamento sale da gioco e giochi leciti” approvato con deliberazione dell’Assemblea capitolina n. 31 del 2017.
In particolare, l’articolo 50, comma 7, del TUEL dispone che: “Il sindaco (…) coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici (…)”. E a questa competenza sindacale si aggancia la previsione dell’articolo 12 del Regolamento adottato da Roma Capitale, che demanda appunto al Sindaco la disciplina degli orari di apertura delle sale da gioco e delle fasce orarie di funzionamento degli apparecchi da gioco con vincita in denaro, mediante l’adozione di una “specifica ordinanza, ai sensi dell’art. 50, comma 7, del D.Lgs. 267/2000”.
10. Ciò posto, non è condivisibile, anzitutto, la prospettazione della ricorrente, laddove la parte sostiene che l’esercizio del potere sindacale sarebbe avvenuto in evidente contrasto con quanto stabilito nell’intesa raggiunta il 7 settembre 2017 in sede di Conferenza unificata tra Governo, Regioni ed Enti locali in merito alle caratteristiche dei punti di raccolta del gioco pubblico.
10.1. L’intesa cui si riferisce la ricorrente è stata sancita ai sensi dell’articolo 1, comma 936, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il quale dispone che “Entro il 30 aprile 2016, in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età. Le intese raggiunte in sede di Conferenza unificata sono recepite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti.”.
10.2. Con riguardo alla disciplina degli orari delle attività di gioco, l’intesa reca il riconoscimento agli Enti locali della “facoltà di stabilire per le tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di interruzione quotidiana di gioco” e prevede, inoltre, che “La distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco nell’arco della giornata va definita, d’intesa con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in una prospettiva il più omogenea possibile nel territorio nazionale e regionale, anche ai fini del futuro monitoraggio telematico del rispetto dei limiti così definiti”.
10.3. Secondo la ricorrente, confliggerebbe con tali indicazioni la limitazione degli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco soltanto a otto ore disposta dall’ordinanza sindacale impugnata.
10.4. Al riguardo, occorre evidenziare che non è stato ancora adottato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti, per recepire l’intesa. Ne discende che, come affermato anche nelle premesse dell’ordinanza sindacale impugnata, allo stato l’intesa non ha valore cogente, in quanto non recepita da alcun atto normativo, con la conseguenza che “non può spiegare efficacia invalidante sull’ordinanza impugnata” (TAR Veneto, Sez. III, 18 aprile 2018, n. 417).
10.5. D’altro canto, l’intesa in questione non si focalizza sugli orari di funzionamento degli apparecchi per gioco lecito, ma – in ossequio a quanto stabilito dalla norma primaria di cui al citato articolo 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015 che la prevede – delinea in modo più generale il complessivo riordino della materia, con l’obiettivo, unitamente alla fissazione degli orari, di una significativa riduzione dell’offerta del gioco lecito, sia quanto ai volumi sia quanto ai punti vendita. Non è conseguentemente ipotizzabile un’applicazione atomistica o parcellizzata dell’accordo raggiunto, ossia limitata al solo profilo degli orari di funzionamento degli apparecchi, laddove non siano contestualmente attuate anche le altre previsioni oggetto di accordo.
10.6. Deve comunque aggiungersi che, con nota del 4 giugno 2018, il competente Dipartimento sviluppo economico attività produttive e agricoltura di Roma Capitale ha informato l’Agenzia delle dogane e dei monopoli – con la quale si sarebbe dovuta raggiungere l’intesa in ordine alla distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco nell’arco della giornata – sia dell’avvenuta adozione del Regolamento, sia dell’avvio di un’istruttoria finalizzata all’individuazione degli orari di apertura delle sale da gioco al fine di contrastare la ludopatia. L’Agenzia è stata informata anche della probabile limitazione oraria del funzionamento degli apparecchi di gioco, nei medesimi termini poi stabiliti dall’ordinanza gravata.
La nota è rimasta priva di riscontro da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
10.7. Alla luce di quanto sin qui esposto, la doglianza va quindi rigettata.
11. La ricorrente allega, poi, diffuse e articolate censure tese a dimostrare che, in considerazione di quanto si legge nelle premesse dell’ordinanza impugnata, il provvedimento non risulterebbe sorretto da un’adeguata istruttoria, atta a dimostrare l’adeguatezza, la ragionevolezza e la proporzionalità della misura adottata, che risulterebbe ingiustificatamente penalizzante per gli operatori economici.
11.1. Al riguardo, va rilevato anzitutto che l’ordinanza censurata, in quanto atto generale, non soggiace all’obbligo di motivazione di cui all’articolo 3 della legge n. 241 del 1990.
Peraltro, il provvedimento contiene un puntuale riferimento alle esigenze di tutela della salute pubblica e del benessere individuale e collettivo dei cittadini, al cui soddisfacimento è preordinato, attraverso la lotta alla dipendenza da gioco, cui è strumentale la riduzione degli orari di funzionamento degli apparecchi per il gioco lecito in tutto il territorio capitolino.
11.2. Nelle premesse dell’ordinanza si dà, infatti, contezza dei dati acquisiti, all’esito di un’attenta istruttoria, a sostegno della misura adottata.
Il provvedimento evidenzia, anzitutto, che il Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio “ha fornito i dati tratti dal Sistema Informativo Regionale Dipendenze del Lazio presso i Ser.D (Servizi pubblici per le Dipendenze) delle ASL del Lazio relativi a persone in trattamento per problematiche relative al gioco d’azzardo patologico; nella Relazione 2016 e nell’allegato focus descrittivo sui pazienti in trattamento per disturbo da gioco d’azzardo nei servizi Ser.D del Lazio e di Roma aggiornato al 2017, emerge un aumento progressivo del numero di soggetti in carico ai servizi di cura per le dipendenze del Lazio e di Roma; in particolar modo dal grafico allegato al focus di cui sopra l’andamento temporale dei pazienti in trattamento presso i Ser.D di Roma e del Lazio negli ultimi 6 anni (2012-2017) mostra un aumento progressivo delle presenze nei servizi di cura passato, a Roma, dagli 82 casi del 2012 ai 323 casi del 2017, mentre nel Lazio si passa dai 165 casi del 2012 ai 613 del 2017”.
Viene rimarcato, inoltre, che con la “successiva nota acquisita al prot. QH/31769 del 1 giugno 2018, il Dipartimento di cui sopra ha fornito un aggiornamento dei dati riferiti ai primi mesi del 2018, confermando la tendenza ad un aumento dei soggetti che richiedono interventi socio-sanitari per problemi legati al disturbo da gioco d’azzardo (218 casi nel periodo compreso tra gennaio e maggio 2018).”.
Ancora, nelle premesse dell’ordinanza si sottolinea che “il Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale ha attivato sportelli informativi per la prevenzione e il contrasto al gioco d’azzardo, cd. Sportelli GAP, che, quale punto di accesso specializzato cui rivolgersi per avere informazioni e orientamento sulla dipendenza da gioco patologico, hanno accolto numerose richieste di aiuto da parte di cittadini interessati. I destinatari delle attività di detti Sportelli appartengono a tutte le categorie di cittadini, persone tra cui disoccupati, precari, casalinghe, pensionati e studenti, in gran parte accomunate da difficile condizione economica” e che “in occasione dell’incontro “#RomaAscoltaRoma” (percorso di ascolto promosso da Roma Capitale finalizzato alla predisposizione del Piano Sociale Cittadino) sul tema delle “Dipendenze patologiche” è emerso che sono attivi sul territorio progetti per la “messa in sicurezza” volti a sostenere ed evitare il default economico e finanziario delle famiglie che hanno familiari dipendenti da gioco”.
L’ordinanza rileva, quindi, che “dall’esame dei dati in possesso dell’Amministrazione èevidente una significativa diffusione del gioco d’azzardo, con un elevato numero di aperture di sale da gioco autorizzate ex art. 86, comma 1, del TULPS (pari ad oggi a circa 587) e SCIA/Comunicazioni di installazione, produzione, importazione e gestione anche indiretta, autorizzate ex art. 86, comma 3, del TULPS di apparecchi di cui all’articolo 110, commi 6 e 7, del T.U.L.P.S (pari ad oggi a circa 1062) e di sale ex art. 88 TULPS di competenza della Questura di Roma (pari a circa 1.116)”.
L’atto illustra, poi, le ragioni per le quali il gioco mediante apparecchi è ritenuto particolarmente pericoloso, richiamando, oltre alla giurisprudenza sul punto, anche lo studio curato dal Ministero della Salute sulle “Dipendenze Comportamentali/gioco d’azzardo patologico: progetto sperimentale nazionale di sorveglianza e coordinamento/monitoraggio degli interventi”.
11.3. Peraltro, la difesa capitolina ha pure evidenziato in giudizio che nel corso degli anni sono stati acquisiti dagli Uffici numerosi ulteriori dati i quali, benché non riportati nelle premesse del provvedimento, sono comunque significativi al fine di comprovare la diffusione del gioco e del conseguente rischio di dipendenza patologica. In particolare, un incremento significativo della raccolta del gioco nel 2016 rispetto al 2015, avuto riguardo sia all’intero territorio della Regione Lazio che allo specifico ambito capitolino, è registrabile sulla base degli elementi trasmessi dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli a richiesta del Sindaco di Roma Capitale (cfr., in particolare, doc. 12 di Roma Capitale).
12. Ritiene il Collegio che le articolate considerazioni sopra riportate siano idonee a sorreggere la misura adottata e che non risultino invece convincenti le contrarie allegazioni della ricorrente.
12.1. La parte sostiene, anzitutto, che l’esistenza di una minuziosa regolamentazione nazionale e regionale del gioco lecito in vista del contrasto alla ludopatia e, inoltre, di una capillare disciplina della raccolta del gioco mediante gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS avrebbe comportato l’onere, per l’Amministrazione capitolina, di giustificare mediante un’approfondita istruttoria l’esigenza di dettare ulteriori misure di contrasto della ludopatia, e che tale approfondimento sarebbe mancato.
Rileva, tuttavia, il Collegio che la regolamentazione degli orari mediante l’adozione di un’apposita ordinanza sindacale è stabilita – come detto – dal “Regolamento sale da gioco e giochi leciti”. Già sul piano astratto e dei principi, non può perciò condividersi l’impostazione secondo la quale la presenza di previsioni di contrasto della ludopatia a livello sovracomunale varrebbe a rendere residuale l’intervento dell’Ente locale, atteso che l’ordinanza impugnata opera in un ambito specifico – ossia la disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi – che non è regolato dalla legge statale o regionale e che rientra a pieno titolo nelle attribuzioni comunali.
D’altro canto, le ragioni per le quali l’Amministrazione capitolina ha ritenuto necessario, in concreto, adottare una misura restrittiva in tale ambito risultano ampiamente supportate dagli elementi riportati nelle premesse del provvedimento impugnato, secondo quanto sopra detto, e anche alla luce delle considerazioni che seguono.
12.2. L’irragionevolezza della misura adottata non può poi desumersi dalla circostanza che, secondo quanto sostenuto dalla ricorrente, esisterebbero dati più recenti – ossia aggiornati al 2017 – sulla diffusione della dipendenza patologica dal gioco rispetto a quelli richiamati nel provvedimento impugnato.
Al riguardo, è sufficiente rilevare che i dati su cui si è basata l’Amministrazione non consistono solo nella Relazione 2016 tratta dal Sistema Informativo Regionale Dipendenze del Lazio presso i Ser.D delle Asl del Lazio, ma anche nell’allegato focus descrittivo sui pazienti in trattamento per disturbo da gioco d’azzardo nei servizi Ser.D del Lazio e di Roma aggiornato al 2017. L’ordinanza richiama, inoltre, la nota acquisita il 1° giugno 2018, con la quale il Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio ha fornito un aggiornamento recante i dati riferiti ai primi mesi del 2018, confermando la tendenza ad un aumento dei soggetti che richiedono interventi socio-sanitari per problemi legati al disturbo da gioco d’azzardo.
Si tratta, quindi, di dati aggiornati al maggio 2018, ossia molto ravvicinati rispetto alla data di adozione dell’ordinanza censurata, e – inoltre – di dati provenienti dallo stesso soggetto cui la ricorrente imputa l’elaborazione di una relazione più recente, ossia il Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio.
Peraltro, anche i dati relativi al 2016 devono reputarsi utilmente valutabili e tutt’altro che obsoleti rispetto a un provvedimento adottato nel 2018.
12.3. La ricorrente sostiene, poi, a più riprese che non sarebbe ragionevole aver preso in considerazione l’incremento dei casi di ludopatia registrato nel periodo 2012-2016, perché il dato sarebbe “inquinato” dall’incentivazione del gioco avvenuta dal 2012. L’Amministrazione avrebbe invece dovuto attendere di valutare gli effetti delle misure adottate con il Regolamento del 2017, poiché la necessità di un ulteriore intervento in materia avrebbe dovuto essere motivata alla luce dell’eventuale insufficienza delle determinazioni già assunte.
Rileva, tuttavia, il Collegio che la regolamentazione degli orari mediante l’adozione di un’apposita ordinanza sindacale è prevista e richiesta – come più volte rimarcato – proprio dal “Regolamento sale da gioco e giochi leciti”, rispetto al quale costituisce quindi soltanto una determinazione attuativa, volta a completare il quadro regolatorio già delineato.
La scelta concretamente operata presenta, poi, una specifica valenza a tutela delle fasce giovanili, poiché – secondo quanto evidenziato nelle motivazioni del provvedimento – gli orari di funzionamento degli apparecchi sono stati congegnati “anche nell’ottica di contrastare l’insorgere di abitudini collegate alla possibilità di utilizzo degli apparecchi stessi da parte degli studenti, con particolare riferimento agli orari di uscita dalle scuole”. Già soltanto per questo profilo, e in disparte ogni altra considerazione, la misura adottata non può, perciò, essere ritenuta fungibile rispetto alle altre previste dal Regolamento richiamato dalla ricorrente.
Da ciò il rigetto della censura.
12.4. Non convince neppure il rilievo secondo il quale i dati riportati nell’ordinanza non sarebbero comunque di per sé allarmanti, in quanto i 323 casi di dipendenza patologica da gioco registrati a Roma non sarebbero un numero considerevole in rapporto alla popolazione complessiva della Capitale.
Nelle premesse del provvedimento l’Amministrazione ha, infatti, puntualmente evidenziato che è “(…) verosimile ritenere che il numero reale delle persone affette da ludopatia sia assai maggiore rispetto al numero dei soggetti che, in concreto, si sono rivolti ai Ser.D., in quanto una parte significativa del fenomeno della ludopatia resta sommerso (cosiddetta “cifra oscura”), tenuto conto del fatto che molti soggetti ludopatici non si rivolgono alle strutture sanitarie e ai servizi sociali perché provano vergogna o sottovalutano la propria patologia o per altre ragioni (…)”.
Peraltro, l’ordinanza gravata ha una valenza fortemente preventiva, in quanto non mira solo a ridimensionare il fenomeno esistente, sia palese che sommerso e non registrato nei dati ufficiali, ma anche a evitare ulteriori casi di ludopatia, in particolare tra le fasce più giovani della popolazione, come dimostra la circostanza, già rilevata, che il fermo degli apparecchi sia stato disposto negli orari di uscita dalle scuole.
12.5. Le considerazioni ora svolte consentono di respingere anche l’ulteriore censura, con la quale la ricorrente sostiene che il difetto di adeguata istruttoria sarebbe comprovato dai riferimenti, contenuti nell’ordinanza impugnata, al fatto notorio e alle nozioni di comune esperienza.
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il provvedimento impugnato riporta – come detto – precisi dati epidemiologici, i quali evidenziano un consistente incremento a livello locale dei casi di ludopatia, mentre il riferimento a circostanze notorie è utilizzato esclusivamente per l’interpretazione di tali dati, al fine di evidenziarne la presumibile inidoneità a fotografare la reale diffusione della patologia, che rimane in gran parte sommersa.
12.6. La ricorrente sostiene, poi, a più riprese che la misura sarebbe irragionevolmente diretta nei confronti di una sola tipologia di gioco – quella attuata mediante gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS – che non sarebbe né la più diffusa né la più insidiosa. Conseguentemente, il provvedimento sarebbe in concreto inadeguato al perseguimento del fine assunto dall’Amministrazione e inutilmente afflittivo per gli operatori.
Al riguardo, deve anzitutto osservarsi che, come evidenziato nelle premesse dell’ordinanza, la particolare pericolosità del gioco mediante apparecchi è stata da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza. Si è rilevato, infatti, che tali apparecchi “per la loro ubicazione, modalità, tempistica, danno luogo – più di altre – a manifestazioni di accesso al gioco irrefrenabili e compulsive, non comparabili, per contenuti ed effetti, ad altre forme di scommessa che possono anch’esse dare dipendenza, ma in grado ritenuto (ragionevolmente) dal legislatore di gravità ed allarme sociale assai minore e, perciò, non necessitante di apposita e più stringente tutela preventiva mirata” (così TAR Trento, 20 giugno 2013, n. 206). Nello stesso senso, si è osservato che gli apparecchi quali slot machine e videolottery “paiono i più insidiosi nell’ambito del fenomeno della ludopatia, in quanto, a differenza dei terminali per la raccolta delle scommesse, implicano un contatto diretto ed esclusivo tra l’utente e la macchina, senza alcuna intermediazione umana volta a disincentivare, per un normale meccanismo psicologico legato al senso del pudore, l’ossessione del gioco, specie nella fase iniziale del processo di dipendenza patologica” (così TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 13 marzo 2015, n. 706, confermata da Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2017, n. 2957; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 8 luglio 2015, n. 1570; Id., Sez. II, 22 luglio 2015, n. 1761).
E, con ogni evidenza, l’esigenza di contenere la possibilità di accostarsi a di tale tipologia di gioco, per la sua particolare pericolosità, non è sminuita dall’eventuale circostanza – sostenuta dalla ricorrente – che possano esservi anche altre forme di gioco non meno insidiose o più diffuse. Ciò soprattutto ove si consideri che l’intervento del Sindaco è necessariamente circoscritto nei limiti delle competenze dell’Organo, le quali non includono la possibilità di incidere sull’accesso al gioco online o al “Gratta & Vinci”. Al riguardo, vale quindi la considerazione per cui “la parità di trattamento invocata dalla parte ricorrente si risolverebbe, assurdamente, nell’impossibilità per le amministrazioni comunali di arginare il fenomeno del gioco patologico a tutela delle fasce più esposte della comunità locale, anche con riferimento alle tipologie di gioco per le quali la legge riconosce loro facoltà di intervento” (così TAR Piemonte, Sez. II, 11 luglio 2017, n. 839). Nello stesso senso, del resto, il Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare che “l’argomento (…) secondo cui i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero verso altre forme di gioco – definite più subdole, rischiose o incontrollabili – prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco (le slot machines, appunto) se altre ve ne sono a disposizione. Resta in ogni caso una affermazione non dimostrata” (Cons. Stato, Sez. V, 5 giugno 2018, n. 3382).
12.7. Per analoghe ragioni, non può neppure ritenersi irrilevante il dato – riportato nel provvedimento impugnato – relativo all’incremento delle aperture di sale giochi, atteso che la suddetta circostanza comprova proprio una maggiore facilità di accesso al gioco, che la misura adottata si prefigge di contrastare.
13. Sulla scorta di tutte le considerazioni sin qui esposte, la misura risulta adeguata allo scopo, in quanto consente, mediante la limitazione degli orari di funzionamento degli apparecchi, la riduzione delle occasioni di gioco. E ciò in funzione della tutela dell’interesse costituzionalmente primario alla salute, prevalente rispetto alla tutela della libertà di iniziativa economica privata, la quale, ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione, trova il proprio limite nell’utilità sociale. È, infatti, evidente che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, sia a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie.
Risulta parimenti rispettato il principio di proporzionalità, così come appare garantito un equo contemperamento degli interessi: da una parte la tutela della salute e del benessere individuale e collettivo, dall’altra la libertà di iniziativa economica e la tutela del lavoro.
Sotto quest’ultimo profilo, occorre rilevare che l’ordinanza impugnata determina gli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro, ovunque installati e collocati, mentre non disciplina i giochi che non avvengono tramite apparecchi o che non erogano vincite in denaro. Conseguentemente, le limitazioni orarie non riguardano l’apertura e la chiusura delle sale, ma solo il funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro in esse eventualmente installati. Gli operatori economici possono quindi continuare a tenere gli esercizi aperti negli orari di spegnimento degli apparecchi, svolgendovi altre attività.
E, al riguardo, non può darsi rilievo alla circostanza, rimarcata dalla ricorrente, che la riduzione dei ricavi a essa imposta non potrebbe essere sostenuta mediante una diversa organizzazione dell’attività di impresa, trattandosi di una sala che svolge solo attività di gioco (cfr. memoria del 5 ottobre 2018, p. 6). La proporzionalità della misura deve essere infatti apprezzata nel contesto complessivo del settore di riferimento, e non avuto riguardo alla situazione specifica di alcuni operatori.
D’altro canto, l’uniformità degli orari per il funzionamento degli apparecchi per tutte le tipologie di esercizi che possano prevederli (ossia a prescindere dalla circostanza che si tratti di esercizi destinati anche ad altre attività economiche o di gioco), così come l’orario indifferenziato per tutto il territorio comunale, appaiono ragionevolmente giustificati e del tutto proporzionati rispetto all’intento di prevenire la trasmigrazione degli utenti dall’una all’altra tipologia di esercizi, ovvero dall’una all’altra zona del territorio comunale, fenomeni che verosimilmente si verificherebbero invece in caso di diversificazione di orari e di zone.
Tanto a ulteriore riprova della logicità e della proporzionalità delle limitazioni orarie imposte dall’ordinanza impugnata, le quali risultano peraltro del tutto in linea con le misure adottate da altri comuni e che sono state ritenute legittime, anche di recente, dalla giurisprudenza (cfr., per tutte, Cons. Stato n. 3382 del 2018, cit.).
14. Per tutte le suesposte considerazioni il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
15. Sussistono nondimeno giusti motivi, in considerazione della peculiarità della questione esaminata e degli interessi sottesi alla stessa, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
