2. Si è costituita in resistenza l’Agenzia, producendo una relazione.
3. Su tali premesse, la causa è stata chiamata alla camera di consiglio del 15 maggio 2024 e trattenuta in decisione.
4. Dopo il passaggio in decisione della causa, il Collegio ha esposto i proprî dubbî in ordine all’ammissibilità della domanda di accesso, inerendo gli atti richiesti alla procedura giurisdizionale di prevenzione, evidenziando tale questione in apposita ordinanza interlocutoria ex art. 73, comma 3 c.p.a.
5. Assegnato il rituale termine di 30 giorni, parte ricorrente produceva nuova memoria con cui ha evidenziato l’omessa decisione espressa sull’istanza di accesso, in violazione dell’art. 2 l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché la natura amministrativa della gestione dei beni sequestrati, pur essendo la stessa curata da un ausiliario del giudice (ossia l’amministratore giudiziario).
6. Le argomentazioni del ricorrente non possono essere accolte e il ricorso va dichiarato inammissibile.
6.1. Invero, l’accesso, ai sensi della l. 241/1990, è garantito ai documenti amministrativi, ossia a quelli formati o detenuti da una pubblica amministrazione per il perseguimento dei proprî fini istituzionali. Ciò premesso, va osservato come la gestione dei beni sequestrati (e poi confiscati) costituisca attività lato sensu amministrativa – in quanto finalizzata alla cura di un interesse pubblico – ma pur sempre espressione della funzione giurisdizionale sia dal punto di vista soggettivo (essendo demandata all’autorità giudiziaria ordinaria la vigilanza e il controllo sugli atti dell’amministratore giudiziario) sia sotto il profilo procedimentalmente (risultando disciplinata dal codice antimafia sulla falsariga di un procedimento giurisdizionale a metà strada tra il fallimentare e il penale).
6.2. Pertanto, anche se non direttamente espressione di iuris dicere, i relativi atti sono sottratti dal diritto di acceso (in tal senso, Tar Lazio, Roma, sez. I, 24 novembre 2010, n. 33883).
6.3. Osservando la medesima vicenda da altra prospettiva, può rilevarsi come quelli richiesti dall’interessato non possano considerarsi documenti amministrativi, essendo atti giurisdizionali la cui accessibilità segue le disposizioni che regolano i procedimenti di prevenzione (v. artt. 36 ss. cod. antimafia): rilevante, in tal senso, è anche la circostanza che soggetto principale detentore dei documenti è l’ufficio giudiziario (in tal senso, Tar Lazio, sez. I, 28 luglio 2022, n. 10729). In altri termini, pur non essendo atti processuali in senso stretto (in quanto non adottati da un giudice, bensí da un suo ausiliario), essi comunque ineriscono al procedimento giurisdizionale e, conseguentemente, vanno qualificati come documenti processuali, come tali sottratti all’accesso (v. Tar Lazio, sez. I, 5 agosto 2023, n. 13142).
7. Pertanto, la richiesta di accesso deve essere dichiarata inammissibile, non sussistendo i presupposti per l’ostensione degli atti de quibus.
8. Le spese, stante la pronuncia in rito, possono essere compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.
Cosí deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 15 maggio 2024 e 26 giugno 2024, con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 26 LUG. 2024.