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T.A.R. Roma, (Lazio) sez. I, 20/12/2022, n.17159

Massima

La nozione di atto politico non riceve una delimitazione diretta ad opera della legge. In effetti, è stato l’ andamento della giurisprudenza, anche se non sempre lineare e coerente, a precisarne i termini. Deve, peraltro, escludersi che gli atti politici costituiscano un numero chiuso e predeterminato dal diritto positivo, poiché deve invece farsi riferimento, per la loro perimetrazione, ai due generali criteri di individuazione rinvenibili nella necessità che gli atti siano emanati dagli organi costituzionali (apicali) dello Stato nell’ esercizio delle loro superiori funzioni di governo (criterio soggettivo); nell’ esigenza che essi si connotino per essere atti «   liberi nel fine  », fatto salvo il solo rispetto delle norme e dei principi costituzionali (criterio oggettivo-funzionale). In altri termini, gli atti politici costituiscono espressione di libertà (di azione politica) che spetta, sulla base della Costituzione, ai supremi organi decisionali dello Stato per la soddisfazione di esigenze unitarie e indivisibili a questo inerenti e sono liberi nella scelta dei fini, diversamente dagli atti amministrativi che, anche ove connotati da assai ampia discrezionalità (si pensi ai c.d. atti di alta amministrazione), devono comunque rispettare i limiti e le finalità poste dalla legge e, pertanto, sono soggetti al sindacato giurisdizionale di legittimità imposto dall’ art. 113 Cost. .

 

Supporto alla lettura

ATTO AMMINISTRATIVO

Si tratta di un atto giuridico posto in essere da un’autorità amministrativa nell’esercizio di una sua funzione amministrativa. Espressione di un potere amministrativo, produttivo di effetti indipendentemente dalla volontà del soggetto o dei soggetti cui è rivolto, è:

  • unilaterale;
  • esterno;
  • nominativo.

Si distinguono i suoi requisiti in:

  • requisiti di legittimitàla cui mancanza comporta l’annullabilità dell’atto amministrativo;
  • requisiti di efficacia: necessari invece perché l’atto produca concretamente i suoi effetti.

Un atto amministrativo, generalmente, presenta una struttura formale composta da:

  • intestazione (autorità da cui emana l’atto); errore o mancanza: irregolarità
  • preambolo (contiene le norme di legge e gli articoli in base ai quali l’atto è stato adottato); errore o mancanza: illegittimità
  • motivazione (valuta comparativamente gli interessi, indicando le ragioni per le quali si preferisce soddisfare un interesse in luogo di un altro); errore o mancanza: illegittimità
  • dispositivo (è la parte precettiva, che costituisce l’atto di volontà della pubblica amministrazione)
  • luogo; errore o mancanza: irregolarità
  • data; errore o mancanza: irregolarità
  • sottoscrizione (firma dell’autorità che emana l’atto o di quella delegata).

Rispetto al contenuto dell’atto amministrativo si distinguono invece elementi:

  • essenziali: la cui mancanza determina la nullità dell’atto amministrativo, mentre la mancanza di un requisito determina l’annullabilità dell’atto amministrativo, cioè la possibilità che sia annullato, su istanza di parte o d’ufficio da parte della Pubblica Amministrazione;
  • accidentali: applicabili soltanto agli atti amministrativi negoziali; infatti rispetto agli atti amministrativi gli elementi accidentali non hanno ragion d’essere. Devono essere possibili e leciti, quelli accidentali illeciti o impossibili non comportano la nullità o l’annullabilità dell’atto amministrativo, ma si considerano come non apposti;
  • naturali: si considerano sempre inseriti nell’atto, anche se non apposti espressamente, in quanto previsti dalla legge per il tipo astratto di atto.

Un atto amministrativo può essere invalido perché contrario a norme giuridiche, e allora si tratta di un atto amministrativo illegittimo, oppure perché è contrario al principio costituzionale della buona amministrazione (art. 97 Cost.), e allora si tratta di un atto amministrativo inopportuno. L’atto illegittimo può essere viziato in modo più o meno grave, dando luogo a due categorie di invalidità degli atti amministrativi:

  • atto nullo: se c’è incompetenza assoluta (es. colui che ha emanato l’atto non aveva potere di farlo); manca uno degli elementi essenziali (es. inesistenza o indeterminabilità del soggetto o dell’oggetto, illegittimità del contenuto, mancanza di finalità intesa come interesse pubblico, ecc.); violazione o elusione del giudicato (es. quando il nuovo atto emanato dalla pubblica amministrazione, a seguito di sentenza, riporta i medesimi vizi già censurati, ovvero tenti di aggirare il giudicato);
  • atto annullabile: quando c’è incompetenza relativa (es. l’organo che ha emanato l’atto è competente, ma non colui che se ne è occupato perché inferiore gerarchicamente a chi ne aveva il potere); violazione di legge (es. l’atto va contro una legge dello Stato); eccesso di potere (es. disparità di trattamento, illogicità della motivazione, ingiustizia manifesta, ecc.).

La differenza tra le due categorie sta nel fatto che l’atto amministrativo annullabile perde efficacia se la parte che ne ha diritto chiede e ottiene l’annullamento, quello nullo è privo di efficacia sin da quando nasce.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto

FATTO e DIRITTO

1. – L’art. 2-bis (articolo inserito dalla legge di conversione 5 aprile 2022, n. 28) del D.L. 25 febbraio 2022, n. 14, recante “Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina”, ha statuito quanto segue: “1. Fino al 31 dicembre 2022, previo atto di indirizzo delle Camere, è autorizzata la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, in deroga alle disposizioni di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, agli articoli 310 e 311 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e alle connesse disposizioni attuative.

2. Con uno o più decreti del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definiti l’elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari oggetto della cessione di cui al comma 1 nonché le modalità di realizzazione della stessa, anche ai fini dello scarico contabile.

2-bis. Le somme in entrata per effetto dei decreti di cui al comma 2 sono riassegnate integralmente sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della difesa.

3. Il Ministro della difesa e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con cadenza almeno trimestrale, riferiscono alle Camere sull’evoluzione della situazione in atto anche alla luce di quanto disposto dai commi 1 e 2 del presente articolo.”

2. – In attuazione del suddetto articolo, in data 22 aprile 2022, il Ministro della Difesa di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell’economia e delle finanze ha emesso il Decreto Ministeriale (pubblicato in G.U. n. 97 del 27.4.2022), oggetto della presente impugnazione – espressamente dedicato alla “Autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle Autorità governative dell’Ucraina ai sensi dell’articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14” – il quale ha autorizzato la cessione alle autorità governative dell’Ucraina dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari indicati dal documento classificato (e quindi sottratto alla pubblicazione), elaborato dallo Stato Maggiore della Difesa ed allegato al Decreto stesso.

3. – Con ricorso depositato il 3.5.2022 il CODACONS (Coordinamento delle Associazioni a Tutela dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori) premette di avere la legittimazione attiva al ricorso in quanto associazione ambientalista, alla quale va riconosciuto un vero e proprio diritto ad impugnare gli atti e i provvedimenti della PA nel caso in cui siano suscettibili di pregiudicare il bene dell’ambiente, compromettendone l’adeguata tutela (cita a tal fine C.d.S., sez. I, parere 1217/2001 del 23 gennaio 2002) e afferma di agire in giudizio, non solo per la tutela degli interessi ambientali in senso stretto, bensì anche per quelli ambientali in senso lato, “comprendenti proprio la conservazione e valorizzazione dei beni culturali, dell’ambiente in senso ampio, del paesaggio urbano, rurale e naturale, dei monumenti e dei centri storici e della qualità della vita, intesi tutti come beni e valori ideali idonei a caratterizzare in modo originale, peculiare e irripetibile un certo ambito geografico e territoriale”.

Sempre in punto di legittimazione al ricorso l’Associazione ricorrente evidenzia altresì di essere statutariamente finalizzata alla tutela degli “interessi collettivi dei consumatori”, il cui compito è quello di agire a tutela “dell’interesse generale e comune ad un’intera categoria di utenti o consumatori”.

4. – In tale veste il CODACONS impugna il suddetto decreto ministeriale sulla base dei seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2-bis del D.L. n. 14 del 25 febbraio 2022 convertito con modificazioni con Legge 5 aprile 2022 n. 28: la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina sarebbe avvenuta senza il “previo atto di indirizzo delle Camere” che, invece, è espressamente previsto dal comma 1 del suddetto art. 2-bis. Risulterebbe dunque che il Ministero della Difesa e gli altri due Ministeri, con il concerto dei quali il decreto è stato emesso, non avrebbero rispettato quanto prescritto dall’art. 2-bis D.L. n. 14/2022, il quale prevedeva necessariamente l’atto di indirizzo delle Camere e, per questa ragione, l’intero decreto appare illegittimo ai sensi degli artt. 97,70 e 77 Cost., che riservano la funzione legislativa alle Camere e, nei soli casi di necessità ed urgenza, al Governo (peraltro contemplando comunque l’intervento successivo delle Camere, con l’approvazione della legge di conversione entro il termine di gg. 60 di cui all’art. 77 Cost.);

2) Violazione dell’art. 78 della Costituzione. Violazione art. 1 Legge 241/1990. Violazione dei principi di trasparenza e buon andamento. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e manifesta ingiustizia: parte ricorrente contesta la mancata pubblicazione dell’Allegato al Decreto Ministeriale impugnato “in quanto documento classificato”. Osserva parte ricorrente che non vi è stata nel territorio nazionale alcuna deliberazione dello “stato di guerra” così come previsto dall’art. 78 Cost. e, pertanto, non era consentita la classificazione ovvero la secretazione di un documento che “dovrebbe contenere una mera elencazione dei mezzi e dei materiali di mera difesa ceduti all’Ucraina”; altrimenti, deduce il CODACONS, deve concludersi che “l’Italia stia partecipando al conflitto bellico mediante la fornitura di equipaggiamento militare al Paese interessato dal conflitto, senza, tuttavia, aver proceduto formalmente all’attivazione di uno stato di guerra con la conseguenza che il decreto gravato è da considerare illegittimo ed emanato in violazione dell’articolo 78 della Costituzione oltre che dei principi trasparenza e buon andamento”.

5. – Parte ricorrente solleva, infine, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2-bis del D.L. n. 14 del 25 febbraio 2022 sotto due distinti parametri costituzionali:

i. art. 11 Cost.: secondo l’assunto dell’ente ricorrente sembra innegabile che sia stato deciso, con l’art. 2-bis citato, l’invio di veri e propri armamenti atteso che l’art. 1 del D.L. si riferisce ai mezzi e agli equipaggiamenti “non letali” di protezione (e dunque l’art. 2-bis non può che riferirsi alle armi in senso stretto) e che la stessa classificazione (= secretazione) dell’elenco allegato al D.M. conferma, implicitamente, tale assunto; ciò premesso, può ritenersi che costituisca partecipazione ad un conflitto bellico non solo la partecipazione alla guerra offensiva, ma anche la partecipazione alla altrui “guerra difensiva”, mediante l’invio di supporto militare, di qualunque genere; sarebbe pertanto “ictu oculi” violato il precetto costituzionale sancito dall’art. 11 Cost., secondo il quale l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;

ii. art. 78 Cost.: come noto, la citata norma costituzionale stabilisce che “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”; deduce l’ente ricorrente che non vi è stata alcuna deliberazione in tale senso da parte delle Camere mentre il Decreto Legge n. 14 del 25 febbraio 2022 (art. 2-bis) ha conferito poteri al Governo, per la cessione di strumenti militari letali alle autorità ucraine, aggirando l’obbligo di legge formale parlamentare che lo stesso art. 78 Cost. sembra richiedere ai fini del conferimento al Governo dei “poteri necessari” conseguenti alla dichiarazione dello “stato di guerra”.

6. – Si sono congiuntamente costituiti in resistenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Difesa, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, i quali, con la difesa dell’Avvocatura Generale dello Stato, con memoria del 20.5.2022 hanno eccepito, in via pregiudiziale, in rito, l’inammissibilità del ricorso per difetto assoluto di giurisdizione ai sensi dell’articolo 7, comma 1, cod. proc. amm. atteso che sarebbe evidente che il decreto oggetto di impugnazione costituisca un tipico esempio di “atto politico”, sottratto – in quanto tale – al sindacato giurisdizionale; la connotazione politica del decreto ministeriale troverebbe conferma, ad avviso della difesa erariale, nelle risoluzioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica del primo marzo 2022, con cui il Parlamento ha impegnato espressamente il Governo ad “assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché – tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati – la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all’Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione”.

In secondo luogo si evidenzia che il beneficiario della misura di sostegno è uno Stato straniero, che ha espressamente richiesto il sostegno della Comunità internazionale per proteggere la propria popolazione dall’aggressione in corso, sicché il decreto che autorizza e individua gli armamenti da inviare a detto Stato attiene alle relazioni internazionali al massimo livello e dimostra così la sua manifesta politicità.

Di qui l’eccepito difetto assoluto di giurisdizione ai sensi dell’art. 7, comma 1, c.p.a.

7. – In secondo luogo l’Avvocatura dello Stato eccepisce l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva del ricorrente, menzionando al riguardo le coordinate delineate, in tema di enti collettivi, dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6 del 2020. Eccepisce, in particolare, la difesa erariale che, dalla puntuale disamina dei fini statutari propri del CODACONS (quale associazione ambientalista e, nel contempo, volta alla tutela dei consumatori e degli utenti), sarebbe evidente come l’odierna azione giudiziale non sia riconducibile ad alcuno di essi, dato che – contrariamente a quanto affermato nel ricorso – il decreto impugnato non incide (né potrebbe incidere) sugli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti, tutelati dal CODACONS sulla base delle menzionate disposizioni statutarie.

8. – Nel merito le Amministrazioni resistenti evidenziano come entrambe le Camere – alla luce della comunicazione resa dal Governo – hanno formalmente impegnato quest’ultimo a coordinarsi con i Paesi del G7, dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione europea circa le misure da adottare a supporto del popolo ucraino, menzionando espressamente “la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all’Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione”.

Quanto al secondo motivo, parte resistente eccepisce che la scelta di non pubblicare l’allegato (contenente l’elenco delle armi e degli equipaggiamenti da fornire all’Ucraina) trova specifico fondamento normativo negli articoli 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 giugno 2009, n. 7, che consentono l’apposizione delle classifiche di segretezza su documenti la cui diffusione non autorizzata potrebbe arrecare un pregiudizio agli interessi della Repubblica.

9. – Quanto infine alle eccezioni di incostituzionalità sollevate da parte ricorrente, le Amministrazioni resistenti evidenziano come l’interpretazione dell’articolo 11 della Costituzione non possa prescindere da quanto previsto dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che riconosce espressamente “il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale”, nonché da quanto disposto dall’articolo 2.4 della stessa Carta secondo cui “I Membri [dell’O.N.U., n.d.r.] devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”.

10. – Con ordinanza cautelare del 30.5.2022, n. 3431 la Sezione ha ritenuto di fissare l’udienza di merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a. avendo ritenuto che il ricorso in esame “coinvolge delicati profili correlati ai rapporti internazionali fra gli Stati e che la stessa astratta possibilità di una decisione cautelare che possa incidere sull’azione di politica estera italiana, rende del tutto inopportuna, nel bilanciamento degli opposti interessi, l’adozione di una ipotetica misura cautelare sospensiva o di altra natura”.

In sede di appello cautelare il Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 3599/22, ha rigettato il gravame, non ravvisando “il requisito del fumus boni iuris […] in quanto, in disparte gli eccepiti profili di inammissibilità del ricorso di prime cure che il T.a.r. affronterà nella appropriata sede di merito, appare la natura politica della decisione impugnata”.

11.- In vista dell’udienza di merito parte ricorrente ha prodotto copiosa documentazione (dep. 26.9.2022) volta a dimostrare l’ambito di estensione degli interessi collettivi di cui il CODACONS è ente esponenziale, al fine di provare la sua legittimazione attiva in ordine al ricorso.

12. – Il medesimo ente ha prodotto, quindi, memoria di replica in data 26.9.2022 (allegando estratti giornalistici in merito all’evolversi della situazione nel conflitto russo-ucraino).

13. – La difesa erariale ha prodotto note di replica in data 28.9.2022.

14.– All’udienza del 19 ottobre 2022, dopo ampia discussione, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

15. – Per il suo carattere pregiudiziale che ne impone la disamina prima di qualsiasi altra questione, sia di rito che di merito, il Collegio deve affrontare la questione del difetto assoluto di giurisdizione che parte resistente ha sollevato nella sua prima memoria difensiva (v. supra).

16. – Ad avviso dell’Avvocatura dello Stato, come visto, l’accertamento della fondatezza del “petitum” attoreo sarebbe precluso in partenza a questo Giudice in ragione della connotazione del decreto ministeriale impugnato in termini di “atto politico” e della previsione di cui al comma 1 dell’art. 7 c.p.a. laddove prevede che “Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico.”.

La disposizione rievoca precedenti norme (v. in particolare l’art. 31 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054) che hanno sempre escluso la sindacabilità dinnanzi al giudice amministrativo degli atti c.d. “politici”.

17. – Si tratta dunque di vagliare se, come viene dedotto da parte resistente, sia qualificabile come atto politico il decreto del 22 aprile 2022 del Ministero della Difesa (di concerto con il MAE e ed il MEF) nella parte in cui (art. 1) autorizza, al comma 1, “la cessione alle autorità governative dell’Ucraina dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari di cui al documento classificato elaborato dallo Stato maggiore della difesa (allegato).”, prevedendo poi che “2. I mezzi, i materiali e gli equipaggiamenti sono ceduti a titolo non oneroso per la parte ricevente.”.

18. – La nozione di atto politico non riceve, invero, una delimitazione diretta ad opera della legge. In effetti “è stato l’andamento della giurisprudenza, anche se non sempre lineare e coerente, a precisarne i termini.” (vedi Cons. Stato, Sez. V, sentenza 9 gennaio 2017, n. 16)

Deve peraltro escludersi che gli atti politici costituiscano un numero chiuso e predeterminato dal diritto positivo, poiché deve invece farsi riferimento, per la loro perimetrazione, ai due generali criteri di individuazione rinvenibili: (1) nella necessità che gli atti siano emanati dagli organi costituzionali (apicali) dello Stato nell’esercizio delle loro superiori funzioni di governo (criterio soggettivo); (2) nella esigenza che essi si connotino per essere atti “liberi nel fine”, fatto salvo il solo rispetto delle norme e dei principi costituzionali (criterio oggettivo-funzionale).

In altri termini gli atti politici costituiscono espressione della libertà (di azione politica) che spetta, sulla base della Costituzione, ai supremi organi decisionali dello Stato per la soddisfazione di esigenze unitarie ed indivisibili a questo inerenti e sono liberi nella scelta dei fini, diversamente dagli atti amministrativi che, anche ove connotati da assai ampia discrezionalità (si pensi ai c.d. atti di “alta amministrazione”), devono comunque rispettare i limiti e le finalità poste dalla legge e, pertanto, sono soggetti al sindacato giurisdizionale di legittimità imposto dall’art. 113 Cost.

19. – Si individuano in genere, come sicuri esempi di attività politica da parte del Governo, la ratifica dei trattati internazionali, la nomina e la revoca degli agenti diplomatici, nonché dei Ministri e degli altri organi apicali dello Stato. Si distinguono pertanto dai provvedimenti amministrativi per la loro “causa giuridica” che li pone in una posizione superiore e li sottrae (nel nostro come in molti altri ordinamenti positivi) al controllo di legittimità del Giudice (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 6083 del 2011).

20. – In questo quadro di principio la materia delle relazioni e della politica internazionali esprime ontologicamente una funzione politica, attribuita ad un organo costituzionale che, per sua natura, è tale da non potersi configurare, in rapporto ad essa, una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui si manifesta assumano o non assumano un determinato contenuto (cfr. Cassazione, SS.UU., n. 8157 del 2002).

Come recentemente osservato dal Consiglio di Stato, “quand’anche l’intervento richiesto dall’appellante all’Ambasciata italiana in Eritrea fosse in ipotesi da ricondurre all’istituto della protezione diplomatica – che consiste nella contestazione da parte di uno Stato (attraverso un’attività diplomatica o altri mezzi di risoluzione delle controversie) della responsabilità di altro Stato per un danno causato da un fatto illecito (sul piano internazionale) ad una persona fisica o giuridica che abbia la nazionalità del primo Stato al fine di attivare consequenzialmente tale responsabilità – il Governo non sarebbe obbligato, nei confronti del cittadino che la invoca, ad esercitare la protezione diplomatica contro lo Stato straniero, atteso che gli atti compiuti da uno Stato nelle relazioni internazionali sono atti politici e, come tali, sottratti al sindacato giurisdizionale, sia ordinario che amministrativo (cfr. Cass. Sez. Un. 8 ottobre 1965, n. 2088; Cass. Sez. Un. 12 luglio 1968, n. 2452; v. anche Cassazione civile, sez. un., 19 ottobre 2011, n. 21581 (Cons. Stato n. 3399 del 2022).

Costituisce, invero, “attività chiaramente di natura politica, [quella] che involge delicati profili correlati ai rapporti internazionali fra gli Stati, di per sé espressione di una funzione sovrana apicale, libera nel fine e perciò sottratta al sindacato giurisdizionale” (Cons. Stato, IV, 26 luglio 2021, n. 5543).

21. – Orbene, poiché il decreto ministeriale impugnato attiene certamente a delicate questioni di politica estera che coinvolgono lo Stato italiano, il problema della sua natura politica e, quindi, della sua immunità dalla giurisdizione ai sensi dell’art. 7, comma 1, ultimo periodo, c.p.a. si pone in termini seri e meritevoli del necessario approfondimento, alla luce delle predette coordinate giurisprudenziali che, in più occasioni, hanno ribadito la natura politica degli atti degli organi apicali del potere esecutivo, diretti alla gestione di (delicati) profili correlati ai rapporti internazionali fra gli Stati.

22. – Al fine di chiarire la riconducibilità, in concreto, del decreto ministeriale del 22.4.2022 alla categoria degli atti governativi di “esercizio del potere politico” è bene fornirne l’esatta collocazione logica e cronologica nella sequenza di atti (alcuni dei quali senza dubbio “politici”) che lo hanno preceduto, sullo sfondo fattuale del drammatico conflitto russo-ucraino, deflagrato nel febbraio del corrente anno.

Si evidenziano, dunque, i seguenti passaggi:

a) in data 25 febbraio 2022 il Consiglio dei Ministri ha adottato la delibera intitolata “Dichiarazione dello stato di emergenza per intervento all’estero in conseguenza del grave contesto emergenziale in atto nel territorio dell’Ucraina”;

b) lo stesso il Governo ha emanato il decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, recante “Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina”;

c) successivamente, considerato che l’aggravarsi della crisi internazionale in atto ha determinato il repentino incremento delle esigenze volte ad assicurare il soccorso e l’assistenza alla popolazione ucraina, con delibera del 28 febbraio 2022 il Consiglio dei Ministri ha prorogato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2022;

d) in data 13 aprile 2022, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 5 aprile 2022, n. 28, che – nel convertire in legge il menzionato decreto-legge n. 14 del 2022 – ha inserito nel medesimo l’articolo 2-bis (sopra trascritto);

e) tale disposizione, come già esposto, stabilisce che: “1. Fino al 31 dicembre 2022, previo atto di indirizzo delle Camere, è autorizzata la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina […] 2. Con uno o più decreti del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definiti l’elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari oggetto della cessione di cui al comma 1 nonché le modalità di realizzazione della stessa”;

f) infine, in data 27 aprile 2022, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministro della Difesa del 22 aprile 2022 (impugnato), con il quale il predetto Ministro, di concerto con il Ministro degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha dato attuazione alla suddetta disposizione legislativa, autorizzando la cessione, in favore delle Autorità governative dell’Ucraina, dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari indicati dallo Stato Maggiore della Difesa (articolo 1).

23. – Si deve inoltre ricordare che con le risoluzioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica del 1 marzo 2022, il Parlamento ha impegnato espressamente il Governo ad “assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché – tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati – la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all’Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione”.

24.- Alla luce degli elementi obbiettivi sopra passati in rassegna non è revocabile in dubbio che l’atto ministeriale che il CODACONS ha impugnato attiene certamente alla gestione delle relazioni internazionali e della politica estera in un contesto di crisi estrema dei rapporti internazionali che ha visto il “blocco occidentale” (UE, Stati Uniti, NATO), al quale lo Stato italiano politicamente appartiene, intervenire in aiuto dell’Ucraina contro l’attacco militare perpetrato dalla Federazione Russa, con varie iniziative concordate anche nell’ambito del Consiglio Europeo, tra le quali sono stati previsti, oltre che aiuti umanitari, anche forniture di armi e di equipaggiamenti militari.

Il decreto ministeriale impugnato è stato adottato sulla base dell’art. 2-bis del D.L. n. 14 del 1922 e della risoluzione parlamentare del primo marzo 2022 sopra riportata: sia il primo che la seconda si limitano a definire un orizzonte di obbiettivi di massima la cui realizzazione è affidata al Governo, al quale si lasciano assai ampi margini di manovra, certamente, quanto ai mezzi ma, ad avviso di questo Collegio, anche per quanto concerne la concreta definizione di scopi e obbiettivi.

Basti pensare alle espressioni utilizzate dalla doppia risoluzione di indirizzo di Camera e Senato del primo marzo 2022 che si riferisce, senza ulteriori precisazioni, a “tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché – tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati – la cessione di apparati e strumenti militari”.

Lo stesso art. 2-bis del D.L. 25/02/2022, n. 14, autorizza “la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, in deroga alle disposizioni di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, agli articoli 310 e 311 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e alle connesse disposizioni attuative” e, a tale scopo, attribuisce al Ministro della Difesa, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell’economia e delle finanze, il potere di adottare uno o più decreti mediante i quali “sono definiti l’elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari oggetto della cessione di cui al comma 1 nonché le modalità di realizzazione della stessa, anche ai fini dello scarico contabile.” (comma 2, art. 2-bis, cit.).

Può dunque dirsi che la norma primaria introdotta dalla legge di conversione si limita ad attribuire uno specifico potere ai Ministri sopra indicati ed a rimuovere “ad hoc”, mediante deroga espressa, i limiti legislativi che altrimenti avrebbero impedito alle autorità di governo la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari ad uno Stato estero.

Resta dunque affidata al Ministero della Difesa (con il concerto degli altri due Ministeri sopra menzionati) l’individuazione di tali mezzi e materiali, la loro quantità, la periodicità delle cessioni, gli aspetti strategici etc.

Peraltro, gli atti adottati anche da un singolo Dicastero in esecuzione degli impegni internazionali assunti dall’Italia costituiscono “atti politici” e non sono, quindi, sindacabili in sede giurisdizionale (v. ordinanza n. 3992 del 2008 della IV Sezione del Consiglio di Stato). Ciò risulta particolarmente evidente nella specie dove, come si è visto, tanto la norma primaria quanto l’atto di indirizzo parlamentare lasciano al Ministro amplissimi margini di manovra da gestire in concreto, nel contesto dei rapporti con l’Ucraina, con la NATO e con il Consiglio Europeo, sicché non è condivisibile quanto affermato dal CODACONS circa il fatto che l’atto impugnato non sarebbe “libero nei fini”, essendo essi già stati definiti dalla norma del D.L. n. 14/2022.

In realtà quest’ultimo, all’art. 2-bis, si limita a definire degli obbiettivi generali e a rimuovere un limite al potere di intervento governativo mentre, nel rispetto di tali obbiettivi programmatici, la determinazione ministeriale sulla cessione degli armamenti concorre in modo decisivo alla concretizzazione di obbiettivi e fini avuti di mira (essenzialmente legati al generico “sostegno all’Ucraina” durante la crisi in atto).

25. – È pertanto del tutto formalistico parlare di un atto meramente esecutivo o attuativo.

Al contrario esso costituisce un momento essenziale, al pari del D.L. e della risoluzione parlamentare (oltre che degli atti assunti nei contesti internazionali), dell’azione di politica internazionale che lo Stato italiano ha intrapreso per affrontare la crisi ucraina, come dimostra il fatto che un ipotetico annullamento giurisdizionale del decreto ministeriale in oggetto (ovvero degli analoghi che in futuro potranno essere adottati ai sensi del comma 2 dell’art. 2-bis che parla di “uno o più decreti”) renderebbe inefficace e bloccherebbe l’intera “azione” eminentemente politica nel suo complesso intrapresa dal governo italiano.

Per quanto precede il decreto impugnato costituisce atto politico da un punto di vista oggettivo in quanto atto “libero nei fini”, adottato per la soddisfazione di esigenze unitarie ed indivisibili dello Stato in materia di politica estera.

26. – Quanto al criterio soggettivo (relativo alla necessità che l’atto promani da un organo costituzionale ed apicale nell’esercizio di funzioni di supremo governo della cosa pubblica) è sufficiente rilevare che, ai sensi dell’art. 92 della Costituzione, il Governo è composto non soltanto dal Presidente del Consiglio, ma anche dai singoli Ministri e che, nel caso di specie, vengono in considerazioni attribuzioni proprie assegnate “ex lege” ai Ministri sopra indicati (Difesa, MAE e MEF). Questi ultimi, con riguardo a dette attribuzioni, sono certamente organi apicali del Governo, i quali agiscono, sotto l’indirizzo parlamentare, per la gestione politica di un aspetto centrale (quello della fornitura di armamenti all’Ucraina) di una crisi internazionale in atto.

Deve dunque concludersi che l’atto impugnato è stato adottato “dal Governo” nell’esercizio delle proprie prerogative attinenti alla gestione della “politica estera” e costituisce, quindi, sotto tutti i profili, un “atto politico”, in quanto tale sottratto al sindacato giurisdizionale ai sensi dell’art. 7, comma 1, c.p.a..

27. – Per quanto precede deve dichiararsi l’inammissibilità del gravame per difetto assoluto di giurisdizione.

Stante l’evidente peculiarità e la novità della controversia esaminata può a giusto titolo disporsi l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione, ai sensi dell’art. 7, comma 1, c.p.a.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2022 con l’intervento dei magistrati:

(omissis), Presidente FF

(omissis), Consigliere, Estensore

(omissis), Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 20 DIC. 2022.

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