SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1030 del 2020, proposto da
(omissis) (omissis), rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicili digitali come da P.E.C. iscritte al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
contro
Ministero della salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;
per l’esecuzione del giudicato
formatosi sulla sentenza n. (omissis) del Tribunale di Trani, sezione lavoro, depositata in data 18.6.2019, con cui il menzionato Tribunale ha disposto quanto segue:
“- dichiara che la ricorrente ha diritto a vedersi corrispondere i benefici di cui alla legge n.210/1992, avendo contratto la patologia in esame, ascrivibile (omissis),
– condanna il Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t., a corrispondere all’istante l’indennizzo corrispondente a decorrere dalla domanda amministrativa del 24.07.2017 oltre interessi legali sui ratei arretrati nei limiti di legge.
Condanna il Ministero della Salute al pagamento delle spese di lite, liquidate complessivamente in 1.800,00, oltre IVA e CPA, con distrazione.Pone definitivamente a carico del Ministero della Salute le spese di consulenza tecnica già liquidate.”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della salute;
Visto l’art. 114 del codice del processo amministrativo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2021 il dott. (omissis);
L’udienza si tiene mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020 n. 137 e dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020 n. 70, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa, di cui all’allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 maggio 2020 n. 134;
Si dà atto a verbale della presenza dell’avv. (omissis), a seguito del deposito di note d’udienza, ai sensi delle norme citate;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1-. Con l’atto introduttivo del presente giudizio di ottemperanza, la parte ricorrente ha richiesto l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza in epigrafe, con la conseguente condanna del Ministero della Salute al pagamento delle somme ivi liquidate.
Tale sentenza è stata notificata con formula esecutiva al Ministero della Salute ed è decorso infruttuosamente altresì l’ulteriore termine, pari a 120 giorni, previsto dall’art. 14 del d. l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.
Nella specie, pur tuttavia, non risulta l’adempimento al giudicato da parte dell’Amministrazione intimata.
2.- Riscontrati gli atti ed i documenti allegati al ricorso, ricorrono tutti i requisiti, anche di rito, per l’accoglimento del ricorso; va dunque ordinato al Ministero della Salute di dare esecuzione alla sentenza indicata in epigrafe e, quindi, di pagare le somme ivi liquidate in favore della parte ricorrente, nella sua qualità in atti, oltre ai relativi interessi legali, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione;
3.- La domanda volta alla fissazione della penalità di mora (cd. astreinte), quale ulteriore somma, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), del codice del processo amministrativo, da porsi a carico dell’Amministrazione, nel caso di eventuale ulteriore ritardo rispetto alla statuizione di cui sopra nell’esecuzione del giudicato in questione, va pure accolta, stante peraltro il persistente notevole ritardo già maturato nell’assolvimento dell’obbligazione.
La giurisprudenza (Cons. Stato, Ad. plen., sentenza 25 giugno 2014 n. 15) ha chiarito che la penalità di mora di che trattasi assume una valenza sanzionatoria, quale tecnica compulsoria (indiretta), che si affianca, in termini di completamento e cumulo, alla tecnica surrogatoria (diretta), che permea il giudizio di ottemperanza, sì da svolgere finanche una funzione deterrente e general-preventiva, volta a condurre l’Amministrazione ad eseguire la sentenza del giudice, senza ulteriori indugi.
In concreto, il Ministero della sanità rappresenta un’Amministrazione significativamente inadempiente in quanto risulta quella più frequentemente evocata in giudizio dinanzi a questo Tribunale con i ricorsi in ottemperanza della suddetta specie. In effetti, tale inadempimento persiste in modo sistematico, pur essendo il diritto degli istanti già definitivamente riconosciuto dal giudice civile (con relativa condanna esecutiva) e non essendo quindi facilmente rintracciabili ragioni di opposizione nel merito.
In questa situazione, in cui l’esito delle azioni proposte appare sostanzialmente facilmente prevedibile, lo stesso instaurarsi del contenzioso produce ulteriori aggravi di costo certi, costituiti dalle spese spettanti ai difensori, e, in generale, un non ottimale impiego delle risorse della Giustizia amministrativa.
In ogni caso, neppure possono addursi difficoltà di tipo contabile, poiché l’Amministrazione, obbligata in base ad una normativa ormai interpretata e applicata da tempo secondo consolidati indirizzi giurisprudenziali, sarebbe comunque in condizione di disporre il pagamento, da regolare in conto sospeso, ai sensi dell’articolo 14 del d. l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, anche in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo.
Di conseguenza, deve ritenersi che, nella fattispecie, la Sezione possa fissare la somma di denaro dovuta dal resistente Ministero per il ritardo nell’esecuzione del giudicato, dovendosi escludere, per i motivi sovraesposti, l’iniquità della penalità o la presenza di altre ragioni ostative.
A norma dell’articolo 114, quarto comma, lettera e), del codice del processo amministrativo, come integrato dall’articolo 1, comma 781, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo, dunque, il Collegio determina, quale penalità di mora (c.d. astreinte), la somma di € 20,00 (venti,00) per ogni giorno di ritardo, decorrente dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento disposto nella presente sentenza di ottemperanza. Tale statuizione costituisce titolo esecutivo.
Al proposito, non è superfluo aggiungere che tale quantificazione non può che discostarsi dall’indicazione contenuta nell’ultima parte del novellato articolo 114, quarto comma, lettera e) (“detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”), poiché un tasso annuale basso come quello attuale non può evidentemente svolgere alcuna “funzione coercitivo-sanzionatoria”, finendo tale criterio di liquidazione per frustrare la stessa finalità della norma.
4.- Stante la sopraddetta inottemperanza, peraltro reiterata in fattispecie simili, va disposta la trasmissione della presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti in Roma, per le valutazioni di competenza.
5.- Per il caso di ulteriore inadempimento del Ministero della Salute, il Collegio nomina sin d’ora, quale commissario ad acta, il Direttore generale della Direzione generale della vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure (Uff. 4 – Indennizzi ex L. 210/1992) del Ministero della Salute, con facoltà di delega, il quale, senza maturare alcun diritto al compenso, dovrà provvedere all’integrale esecuzione della menzionata sentenza in luogo e vece dell’Amministrazione inadempiente entro l’ulteriore termine di n. 60 giorni, decorrente dalla comunicazione a cura di parte dell’inutile decorso di quello assegnato dalla presente decisione al Ministero debitore.
6.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, da distrarsi in favore dei procuratori costituiti, dichiaratisi antistatari. Il contributo unificato va rifuso, in applicazione dell’art. 13, comma 6-bis.1, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso in ottemperanza, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e con le modalità di cui in motivazione.
Condanna il Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t., al pagamento delle spese del presente giudizio di ottemperanza, liquidate in complessivi € 400,00, oltre accessori di legge, da distrarsi in favore dei procuratori costituiti, dichiaratisi antistatari. C.U. rifuso.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Manda alla Segreteria di trasmettere la presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti del Lazio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2021 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
