Massima

Al fine di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale e porre un freno alla sistematica inadempienza del Ministero della Salute, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia ordina l’immediata esecuzione di un giudicato relativo al mancato pagamento dell’indennità integrativa speciale ex L. 210/1992, comminando una penalità di mora e nominando un Commissario ad acta, sottolineando l’aggravio di costi e lo spreco di risorse causati dal persistente ritardo dell’Amministrazione.

Supporto alla lettura

ASTREINTE

L’astreinte (o penalità di mora), è un istituto che prevede l’applicazione di una penale a danno del debitore che violi una condanna all’adempimento.
Si tratta di un’istituto dell’ordinamento francese che trova posto anche nel diritto italiano con l’art. 614 bis c.p.c.. Tecnicamente viene vista come una misura di coercizione indiretta, concretamente consiste in una sorta di penale, imposta dal giudice, che il debitore dovrà pagare in caso di inosservanza o ritardo nell’adempimento per il quale è stato condannato.
L’art. 614 c.p.c. prevede che l’istituto dell’astreinte si applichi con riferimento alle obbligazioni di fare infungibili, di non facere e anche alle ipotesi di inadempimento degli obblighi di consegna e rilascio. Inoltre dispone che tale istituto possa essere concesso dal giudice solo su richiesta di parte e se il provvedimento non risulti manifestamento iniquo nel caso concreto.
Caratteristica di questo istituto è che rappresenta titolo esecutivo, e quindi al verificarsi dell’inadempimento o del ritardo, il creditore potrà subito iniziare un’azione esecutiva ai danni del debitore, notificandogli un atto di precetto, senza necessità di un provvedimento che accerti l’effettiva sussistenza del ritardo o dell’inadempimento. Sarà eventualmente il debitore, tramite opposizione all’esecuzione, a dover dimostrate l’avvenuto adempimento.
Il giudice nel fissare la somma da pagare deve tenere conto di diversi parametri:
 valore della causa;
 natura della prestazione e del danno;
 condizioni patrimoniali delle parti;
 altre circostanze utili.
Anche nell’ambito del diritto amministrativo è presente un istituto riconducibile all’astreinte, infatti l’art. 114 c.p.a. prevede che, nell’ambito del giudizio di ottemperanza, la pubblica amministrazione possa essere condannata al pagamento di una penalità di mora nel caso in cui non provveda all’esecuzione del giudicato.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 416 del 2020, proposto da
(omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis), (omissis), e (omissis), con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

contro

Ministero della salute, in persona del Ministro pro tempore, non costituito;

per l’esecuzione

del giudicato formatosi sulla sentenza della (omissis), sezione lavoro, n. (omissis), pubblicata il (omissis);

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l ‘art. 114 del codice del processo amministrativo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2020 l’avv. (omissis) e uditi per le parti i difensori L’udienza si tiene mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge n. 28 del 2020, comma 6, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa di cui all’Allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 134 del 22 maggio 2020.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Il signor (omissis) – beneficiario dell’indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992 – ha adito il Tribunale (omissis) deducendo di non aver percepito l’indennità integrativa speciale, chiedendo la condanna del Ministero della salute e della Regione Puglia al pagamento della somma di euro 28.961,71 quale rivalutazione complessiva dell’indennità integrativa speciale maturata dal primo giugno 1999 al deposito del ricorso di primo grado nonché il riconoscimento del diritto alla rivalutazione annua della predetta indennità per il futuro.

La (omissis) sezione lavoro, in riforma della sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda, ha condannato il Ministero della salute al pagamento, detratti gli importi medio tempore corrisposti, della somma di euro 1.695,75 a titolo di rivalutazione dell’indennità integrativa speciale per il periodo dal primo luglio 1999 al 31 dicembre 2001, oltre accessori come per legge sino al soddisfo, e al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio che liquidava: quanto al primo grado in euro 1.700,00 e quanto al secondo grado in euro 2.000,00, oltre accessori come per legge.

La sentenza di condanna è stata notificata in forma esecutiva al Ministero in data 17 aprile 2018 ed è passata in giudicato come da attestazione della competente Cancelleria.

A fronte del mancato adempimento al giudicato, come sopra formatosi, da parte dell’Amministrazione intimata, la parte ricorrente chiede la condanna del Ministero della salute a dare esecuzione alla sentenza indicata in epigrafe, con conseguente corresponsione di quanto ivi indicato.

2. Quanto sopra preliminarmente posto, il Collegio,

– preso atto che, sulla base della documentazione in atti del presente giudizio, non risulta intervenuto alcun adempimento al giudicato da parte dell’Amministrazione intimata;

– constatato che ricorrono tutti i requisiti, anche in rito, per l’accoglimento del ricorso;

– rilevato come sia infruttuosamente decorso il termine, pari a 120 giorni, previsto dall’art. 14 del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30);

dispone che il Ministero della salute dia esecuzione alla sentenza indicata in epigrafe, con conseguente pagamento delle somme ivi riconosciute in favore dei ricorrenti, oltre che dei relativi interessi legali, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

Per il caso di ulteriore inadempimento del Ministero della salute, infine, il Collegio nomina sin d’ora, nella qualità di Commissario ad acta, il Responsabile della Direzione generale della vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure (Uff. 4 – Indennizzi ex L. 210/1992), con facoltà di delega, il quale (senza maturare alcun diritto al compenso) dovrà provvedere all’integrale esecuzione della menzionata sentenza, in luogo dell’Amministrazione inadempiente, entro l’ulteriore termine di 60 (sessanta) giorni, decorrente dalla comunicazione a cura di parte dell’inutile decorso di quello assegnato dalla presente decisione al Ministero debitore.

3. Quanto alla domanda – pure dalla parte ricorrente presentata – di condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento di una penalità di mora (c.d. astreinte), rammenta il Collegio come l’art. 114, comma 4, lett. e), del codice del processo amministrativo, consenta l’adozione di una siffatta pronunzia per il caso di eventuale ulteriore ritardo rispetto alla statuizione di cui sopra nell’esecuzione del giudicato in questione.

Nel caso di specie, avuto riguardo al carattere non manifestamente iniquo assunto dalla condanna di che trattasi, nonché alla riscontrata assenza di specifiche ragioni ostative, la richiesta merita accoglimento, a fronte del persistente (e pluriennale) ritardo maturato nell’assolvimento dell’obbligazione.

La giurisprudenza (Consiglio di Stato, Ad. plen., sentenza 25 giugno 2014 n. 15) ha chiarito che la penalità di mora di che trattasi assume una valenza sanzionatoria, quale tecnica compulsoria (indiretta), che si affianca, in termini di completamento e cumulo, alla tecnica surrogatoria (diretta), che permea il giudizio di ottemperanza, sì da svolgere finanche una funzione deterrente e general-preventiva, volta a condurre l’Amministrazione ad eseguire la sentenza del giudice, senza ulteriori indugi.

In concreto, il Ministero della Salute rappresenta un’Amministrazione significativamente inadempiente in quanto risulta quella più frequentemente evocata in giudizio dinanzi a questo Tribunale con i ricorsi in ottemperanza della suddetta specie. In effetti, tale inadempimento persiste in modo sistematico, pur essendo il diritto dell’istante già definitivamente riconosciuto dal giudice civile (con relativa condanna esecutiva) e non essendo quindi facilmente rintracciabili ragioni di opposizione nel merito.

In questa situazione, in cui l’esito delle azioni proposte appare sostanzialmente prevedibile, lo stesso instaurarsi del contenzioso produce ulteriori aggravi di costo certi, costituiti dalle spese spettanti ai difensori, e, in generale, un non ottimale impiego delle risorse della Giustizia amministrativa.

In ogni caso, neppure possono addursi difficoltà di tipo contabile, poiché l’Amministrazione, obbligata in base ad una normativa ormai interpretata e applicata da tempo secondo consolidati indirizzi giurisprudenziali, sarebbe comunque in condizione di disporre il pagamento, da regolare in conto sospeso, ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, anche in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo.

Di conseguenza, deve ritenersi che, nella fattispecie, la Sezione possa fissare la somma di denaro dovuta dal resistente Ministero per il ritardo nell’esecuzione del giudicato, dovendosi escludere, per i motivi sovraesposti, l’iniquità della penalità o la presenza di altre ragioni ostative.

A norma dell’articolo 114, quarto comma, lettera e), del codice del processo amministrativo, come integrato dall’articolo 1, comma 781, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo, dunque, il Collegio determina, quale penalità di mora (c.d. astreinte), la somma di € 20,00 (venti) per ogni giorno di ritardo, decorrente dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento disposto nella presente sentenza di ottemperanza. Tale statuizione costituisce titolo esecutivo.

Al proposito, non è superfluo aggiungere che tale quantificazione non può che discostarsi dall’indicazione contenuta nell’ultima parte del novellato articolo 114, quarto comma, lettera e) (“detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”), poiché un tasso annuale basso come quello attuale non può evidentemente svolgere alcuna “funzione coercitivo-sanzionatoria”, finendo tale criterio di liquidazione per frustrare la stessa finalità della norma.

4. Come sopra ribadita l’accoglibilità del proposto mezzo di tutela, dispone conclusivamente il Collegio di porre le spese di lite a carico dell’intimata Amministrazione, in applicazione del principio di soccombenza.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e con le modalità di cui in motivazione.

Condanna il Ministero della Salute al pagamento delle spese del presente giudizio di ottemperanza, liquidate in complessivi € 800,00 (ottocento/00), oltre accessori di legge, da distrarsi in favore dei procuratori costituiti, dichiaratisi antistatari.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2020 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

Allegati

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