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T.A.R. Pescara, (Abruzzo) sez. I, 30/12/2021, n.529

Massima

Il giudizio di ottemperanza riveste per lo più natura polisemica poiché al suo interno si coniugano azioni di tipo diverso e precisamente talune meramente esecutive, talaltre di chiara natura cognitoria, ed il cui comune denominatore è rappresentato dall’esistenza, quale presupposto, di una sentenza passata in giudicato oppure esecutiva, al fine di dare attuazione alla tutela giurisdizionale invocata; in questa prospettiva si colloca la fattispecie del c.d. giudicato a formazione progressiva, nella misura in cui il giudizio di ottemperanza si pone quale continuazione del giudizio di cognizione, che nella sua evoluzione viene arricchito, integrato e specificato, con statuizioni attuative e non meramente esecutive; in particolare, a fronte di una pronuncia di annullamento di un provvedimento amministrativo di carattere discrezionale, rispetto al quale il ricorrente vanti una posizione di interesse legittimo pretensivo, l’obbligo dell’amministrazione di rinnovare il procedimento deve innanzitutto trarre spunto dalla portata conformativa della sentenza, e contenersi nell’ambito del margine di discrezionalità residuato dalla cognizione del giudizio a quo, rivalutando, esplicitamente od implicitamente, circostanze che siano state oggetto di esame da parte del giudice della cognizione, senza poter rimettere in discussione quanto accertato in sede giurisdizionale, fermo restando che il diritto all’esecuzione della pronuncia del giudice è considerato quale inevitabile e qualificante complemento della tutela offerta dall’ordinamento in sede giurisdizionale.

 

Supporto alla lettura

IL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA

In base all’art. 112 del Codice del processo amministrativo, l’ottemperanza può essere domandata per:

  • sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato;
  • sentenze esecutive e altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo;
  • sentenze passate in giudicato del giudice ordinario e altri provvedimenti ad esse equiparati;
  • sentenze passate in giudicato e altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza;
  • lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili.

Il Giudice amministrativo competente è quello che ha adottato la decisione di cui si domanda l’ottemperanza (ovvero il Tar la cui decisione sia stata confermata in appello) oppure il Tar della circoscrizione in cui si trova l’Autorità (diversa dal Giudice amministrativo) che ha adottato la decisione oggetto di azione.

Quanto al rito, il giudizio di ottemperanza rientra tra quelli che si svolgono in camera di consiglio ed è, dunque, caratterizzato dal dimezzamento dei termini processuali (esclusi quelli introduttivi).

Il Giudizio si conclude con sentenza in forma semplificata (oppure con ordinanza è ad un’ordinanza che si deve ottemperare) e con la quale il Giudice adito, se accoglie il ricorso:

  • ordina l’ottemperanza prescrivendo le modalità esecutive
  • dichiara la nullità degli atti adottati in violazione o elusione del giudicato;
  • dichiara l’inefficacia degli atti adottati in violazione o elusione di decisioni (solo esecutive) esecutive;
  • nomina, ove occorra, un commissario ad acta;
  • se del caso, fissa una somma di denaro dovuta per ogni violazione o ritardo.

La disciplina di rito sopra esposta si applica anche in sede di eventuale impugnazione.

Il principio costituzionale dell’effettività della tutela giurisdizionale richiede che la sentenza emanata nei confronti della parte soccombente, venga portata ad esecuzione anche senza la cooperazione di quest’ultima e il giudizio di ottemperanza serve proprio a dare esecuzione alle sentenze pronunciate nei confronti della P.A., ove questa non provveda direttamente.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso iscritto al n. 254/2021 e depositato il 16.06.2021, la società ricorrente, quale proprietaria di un’area di circa m.q. 127.500 in agro del Comune di San Vito Chietino località Foreste destinata a zona Turistico Ricettiva come da variante puntuale approvata con deliberazione C.C. 16 del 29.05.2015, instava per l’ottemperanza della sentenza n. 346/2020 con cui questo T.a.r. annullava la deliberazione di Consiglio Comunale n. 71/2018 e la conseguente delibera Giunta n. 110/2018 con cui veniva respinta la proposta di piano di lottizzazione privata convenzionata ex lege regionale n. 18/1983 adottata con delibera di Giunta n. 59/2015, ed imponeva all’amministrazione di concludere il procedimento entro e non oltre il termine di 120 giorni.

Premesso che la sentenza era stata appellata dal Comune, e che, nelle more, con deliberazione n. 25 del 25.03.2021, la Giunta Municipale deliberava nuovamente la non approvazione del Piano di lottizzazione in argomento sulla base delle seguenti motivazioni:

– mancata acquisizione del parere della competente Soprintendenza ex art. 28 della legge urbanistican. 1150/1942 in relazione alla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Governo avverso la novella (ricorso n. 102/2020) della legge regionale n. 18/1983;

– omessa verifica di assoggettabilità a VAS in contrasto con gli artt. 6 commi 1-3 e 12 del d.lgs. n. 152/2006 allegato IV richiamato dall’art. 6 comma 2 lettera a) che contempla i villaggi turistici di superficie superiore a 5 ettari;

– per il mancato riscontro alle richieste di chiarimenti e di integrazioni, e non essendo possibile disporre l’integrazione dell’istruttoria a causa della impugnazione pendente in Consiglio di Statone;

– visti i pareri negativi di cui alle note prot. n. 13962 del 22.12.2015 e prot. n. 1778 del 12.02.2018 con cui la Provincia esprimeva la necessità di una rivisitazione della proposta di variante onde ricondurla ad una condizione di compatibilità pianificatoria con il vigente P.T.C.P. e di coerenza alle prescrizioni giuridico procedimentali della normativa vigente in materia, nonché acquisito il parere del Responsabile del Settore ex art. 40 del d.lgs. 267/2000.

Tanto premesso deduceva la nullità ed inefficacia della Deliberazione di Giunta Comunale n. 25 del 22.03.2021 e, in via subordinata la sua illegittimità, per violazione dell’art. 33 c.p.a., dell’art. 12 della legge n1150/1942, e dell’art. 6 comma 2 lettera a) del Codice dell’Ambiente.

Esponeva che, con la delibera di Giunta n. 25 cit., l’amministrazione comunale aveva all’evidenza eluso le statuizioni giudiziali, dimostrando un atteggiamento gravemente ostruzionistico e contrario alle enunciazioni del T.a.r. , laddove la questione di legittimità costituzionale della legge regionale non poteva essere considerata ostativa in quanto già sollevata in sede di appello, la decisione del T.a.r. aveva ordinato di rinnovare la fase partecipativa della Provincia provvedendo al riesame delle osservazioni, l’art. 5 della legge regionale n. 29/2020 nel modificare l’art. 20 della legge regionale n. 18/1983 ha abrogato il comma 4 sulla obbligatorietà del parere della Provincia nella fase di approvazione del piano, la normativa in materia di VAS era stata puntualmente seguita nella fase di adozione della variante puntuale adottata con delibera C.C. n. 29/2011 rimettendo alla fase della pianificazione e progettazione esecutiva le prescrizioni imposte in sede di VAS come chiarito dal capo 3 della sentenza.

Opponeva comunque l’illegittimità della delibera medesima per violazione dell’art. 16 comma 12 della legge n. 1150/1942, secondo cui lo strumento attuativo di piani urbanistici già sottoposti a valutazione ambientale strategica non è sottoposto a valutazione ambientale strategica né a verifica di assoggettabilità qualora non comporti variante e lo strumento sovraordinato in sede di VAS definisca l’assetto localizzativo delle nuove previsioni e dotazioni territoriali. Aggiungeva che la necessità di duplicazione della VAS era da escludere anche ai sensi del punto 8 dell’allegato IV dell’articolo 6 comma 2 lett.a) del Codice dell’Ambiente che riguarda l’esame di compatibilità dei progetti ed attiene a profili strettamente edilizi e non anche all’approvazione del piano attuativo.

Sulla base di tali motivi, concludeva per la declaratoria di nullità ovvero di inefficacia della delibera di Giunta Comunale n. 25 del 22.03.2021 per elusione del giudicato, e, conseguentemente, determinare le modalità per la corretta esecuzione della ottemperanda decisione, provvedendo, se del caso, alla nomina di un Commissario ad Acta secondo l’art. 114 comma 4 c.p.a.. In via subordinata instava per la declaratoria di illegittimità del provvedimento impugnato previa conversione del giudizio in rito ordinario, con ogni conseguenziale pronuncia anche in ordine alle spese di giudizio.

Costituitosi il Comune di San Vito Chietino, con memoria del 21.07.2021, opponeva che la domanda di ottemperanza è secondaria rispetto a quella principale di annullamento che è irricevibile poiché tardiva, in quanto la delibera è stata notificata il 25 marzo 2021 e non il 6 aprile 2021 ed il ricorso è stato notificato il 7.06.2021, e dal momento che il nuovo provvedimento è sorretto da motivazioni inedite, e che l’ottemperanza è comunque inammissibile dato che la sentenza non è passata in giudicato.

Nel merito escludeva la configurabilità di alcuna elusione della decisione del T.a.r. n. 346/2020 poiché i motivi a sostegno della D.G. 25/2021 sono del tutto estranei a quelli su cui si è pronunciato il giudice di primo grado, e ripropongono le questioni sollevate in appello innanzi al Consiglio di Stato (poi decise con la reiezione dell’appello), e concludeva quindi per l’inammissibilità, e, in subordine, per la reiezione del ricorso.

Alla camera di consiglio del 10.12.2021 il ricorso veniva discusso ed introitato per la decisione.

2. Preliminarmente va rilevato che con il ricorso in esame la società istante ha agito ai sensi dell’art. 112 comma 2 lettera b) c.p.a, impugnando la delibera di Giunta Comunale n. 25 del 22.03.2021 in quanto elusiva delle statuizioni di cui alla sentenza di questo T.a.r Pescara n. 176 del 2018 esecutiva, appellata e non sospesa dal giudice d’appello all’epoca della presentazione del presente ricorso, e confermata nelle more del presente giudizio.

Con il gravame la società istante ha chiesto in via principale la declaratoria della nullità o inefficacia del provvedimento contestato, e, solo in via subordinata, il suo annullamento previa conversione del rito.

2.1 Ciò premesso ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune intimato, il presente giudizio debba essere qualificato come azione di ottemperanza e non come giudizio impugnatorio di annullamento avverso la delibera di Giunta Comunale impugnata.

A ben vedere, in presenza di un ricorso ex art. 112. c.p.a e segg., spetta al giudice dell’ottemperanza il potere di qualificare la domanda nella prospettiva della conversione del rito, e ciò presuppone la valutazione in concreto delle modalità di riesercizio del potere da parte dell’amministrazione al fine di acclarare se il provvedimento contestato come elusivo costituisca espressione di un nuovo esercizio del potere che esuli dalle statuizioni del giudizio a quo oppure si collochi nei binari tracciati dalla pronuncia di annullamento.

Il giudizio di ottemperanza, come più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, riveste per lo più natura polisemica poiché al suo interno si coniugano azioni di tipo diverso e precisamente talune meramente esecutive, talaltre di chiara natura cognitoria, ed il cui comune denominatore è rappresentato dall’esistenza, quale presupposto, di una sentenza passata in giudicato oppure esecutiva, al fine di dare attuazione alla tutela giurisdizionale invocata. (Cd.s. A.P. n. 2/2013). In questa prospettiva si colloca la fattispecie del c.d. giudicato a formazione progressiva, nella misura in cui il giudizio di ottemperanza si pone quale continuazione del giudizio di cognizione, che nella sua evoluzione viene arricchito, integrato e specificato, con statuizioni attuative e non meramente esecutive.

In particolare, a fronte di una pronuncia di annullamento di un provvedimento amministrativo di carattere discrezionale, rispetto al quale il ricorrente vanti una posizione di interesse legittimo pretensivo, l’obbligo dell’amministrazione di rinnovare il procedimento deve innanzitutto trarre spunto dalla portata conformativa della sentenza, e contenersi nell’ambito del margine di discrezionalità residuato dalla cognizione del giudizio a quo, rivalutando, esplicitamente od implicitamente, circostanze che siano state oggetto di esame da parte del giudice della cognizione, senza poter rimettere in discussione quanto accertato in sede giurisdizionale (in questo senso, cfr. CEDU, 18 novembre 2004, Zazanis c. Grecia), fermo restando che il diritto all’esecuzione della pronuncia del giudice è considerato quale inevitabile e qualificante complemento della tutela offerta dall’ordinamento in sede giurisdizionale.

Inoltre, in presenza di un ricorso instaurato per l’ottemperanza di una sentenza, la sua conversione in rito ordinario impugnatorio presuppone che il giudice accerti che il nuovo provvedimento adottato dall’amministrazione non integri violazione o elusione della pronuncia oggetto di esecuzione e che sussistano le condizioni di rito e di competenza per poter trasferire il giudizio dal ruolo dei riti camerali a quello della udienza pubblica.

2.2 Applicando le su descritte coordinate ermeneutiche alla fattispecie in esame, deve rilevarsi come il provvedimento impugnato – adottato in pendenza di appello per dare esecuzione alla pronuncia esecutiva di primo grado che imponeva di definire il procedimento entro un termine non superiore a 120 giorni assegnato dal giudice a quo – sia da qualificarsi quale riedizione del potere in esecuzione della sentenza di cui si chiede l’ottemperanza. Ciò in quanto, come si espliciterà di seguito, non si ravvisano nella motivazione del provvedimento impugnato profili decisori innovativi o integrativi rispetto all’assetto degli interessi coinvolti nel procedimento e confluito nel precedente giudizio di annullamento.

Di qui l’irrilevanza dell’eccezione di irricevibilità del ricorso formulata sul presupposto che l’azione prioritaria sarebbe quella di annullamento, dal momento che tale non è stata la volontà della parte ricorrente che ha chiesto solo in via subordinata la conversione del rito, incardinando il ricorso con il rito dell’ottemperanza, nel cui ambito va qualificata l’azione.

2.3 A ben vedere, con la sentenza n. 346 del 2.12.2020, questo T.a.r. ha accolto il ricorso per l’annullamento della delibera n. 71 del 28.09.2018 con cui il Consiglio Comunale dava mandato al Sindaco ed alla Giunta Comunale di avviare una variante per definire un assetto organico complessivo e coerente del territorio comunale e di non approvare il piano di lottizzazione convenzionata adottato su iniziativa della società ricorrente, nonché della delibera C.C. n. 110 del 19.11.2018 di annullamento in autotutela della delibera di Giunta n. 11 del 3.03.2016.

Le motivazioni poste a base della pronuncia di accoglimento risiedono essenzialmente nella valutazione di fondatezza del vizio di violazione di legge per la mancata valutazione delle osservazioni presentate nel corso del procedimento, per l’omessa valutazione del parere della Provincia dovuto sulla base del comma 4 dell’art. 20 della legge regionale Abruzzo n. 18/1983 nella versione vigente ratione temporis, per l’insufficienza della motivazione sull’interesse pubblico prevalente posto a base dell’atto di autotutela con cui si erano rimessi in discussione aspetti già oggetto di valutazione in sede di Conferenza di Servizi nell’adozione della variante, nonché per la natura pretestuosa ed incoerente delle ragioni poste a base del diniego di approvazione del piano di lottizzazione ferma restando la natura non vincolata dell’atto di approvazione a fronte di un piano che sia stato meramente adottato.

2.4 Con la deliberazione n. 25 del 22.03.2021 gravata in questa sede, la Giunta Comunale di San Vito Chietino, dando atto del gravame interposto avverso la predetta sentenza innanzi al Consiglio di Stato, e della circostanza che la pronuncia aveva ordinato la conclusione del procedimento entro 120 giorni dal deposito della decisione, evidenziava le criticità emerse in sede di impugnazione, e denegava l’approvazione della proposta di piano di lottizzazione convenzionata sulla base dei seguenti rilievi:

– mancata acquisizione del parere della competente Soprintendenza ex art. 28 della legge n. 1150/1942 nonché vista la questione di costituzionalità in corso sull’art. 28 della legge regionale Abruzzo n. 18/1983 come modificata dalla legge n. 102/2020;

– mancata verifica di assoggettabilità a V.a.s. in contrasto con il combinato disposto degli artt. 6 commi 1-3, e 12 del d.lgs n. 152/2006;

– viste le note della Provincia di Chieti prot. n. 13962 del 22.12.2015 e n. 6382 del 4 giugno 2018;

– vista l’impossibilità di ottemperare alle carenze istruttorie per effetto del giudizio pendente e l’incertezza giuridica determinata dal giudizio pendente innanzi alla Corte Costituzionale.

2.5 Tali essendo le motivazioni poste a base del diniego, emerge all’evidenza come l’amministrazione intimata, nel ribadire il diniego, si sia del tutto sottratta all’onere di ottemperare all’ordine di riesame contenuto nella pronuncia negli esatti termini ivi sanciti, avendo invece posto in discussione la condivisibilità e legittimità della decisione di primo grado con motivazioni identiche a quelle proposte in appello.

Le ragioni ostative dedotte risultano adottate in palese elusione delle statuizioni contenute nella sentenza 346/2020 che delineavano con precisione le omissioni procedimentali da sanare attraverso l’esame delle osservazioni e la illegittimità per eccesso di potere e vizio di motivazione dei provvedimenti di autotutela e diniego impugnati.

L’amministrazione intimata invece di procedere alla riapertura del procedimento e ad emendare i vizi di istruttoria e di motivazione accertati, procedendo ad una rivalutazione della pretesa secondo il decisum della sentenza, ha rimesso in discussione questioni già definite in senso sfavorevole alle sue posizioni riproponendo nella motivazione del provvedimento i motivi di gravame in appello avverso la decisione di primo grado.

2.6 Innanzitutto, del tutto inconferente si appalesa la motivazione inerente la mancata acquisizione del Parere della Soprintendenza ex art. 28 della legge urbanistican. 1150/1942 e della V.a.s., dal momento che, con la sentenza oggetto di ottemperanza, i provvedimenti annullati erano stati censurati proprio poiché non erano state chiarite quali fossero le ragioni di “stridente contrasto” con i valori i ambientali e con la valenza paesaggistica del territorio rispetto ad un progetto che, nella fase di sua adozione, era stato sottoposto con esito positivo al procedimento di V.a.s rilasciata in sede di variante puntuale, ed aveva riportato il parere favorevole degli organi preposti alla tutela dell’ambiente del paesaggio, stante la previa acquisizione del parere favorevole del Ministero dei Beni Ambientali e del Comitato regionale V.i.a.. Ivi si chiariva inoltre che: “ricondurre l’interesse pubblico superiore allo stridente contrasto dell’intervento con i valori paesaggistici ed ambientali del territorio integra un evidente vizio di legittimità del provvedimento di autotutela per eccesso di potere e di sviamento dell’azione pubblica dal fine proprio nella misura in cui, senza esplicitarne le ragioni ed al di fuori delle attribuzioni proprie, si rimettono in discussione giudizi, pareri di conformità e valutazioni che appartengono alla presupposta fase di pianificazione puntuale e che sono state il risultato della determinazione conclusiva di una conferenza di servizi svoltasi con la partecipazione e l’apporto di tutte le amministrazioni a vario titolo competenti. Gli aspetti di stridente contrasto con i valori ambientali, ove esistenti, avrebbero dovuto essere oggetto di valutazione da parte delle autorità preposte e competenti in sede di approvazione definitiva del progetto, come previsto in sede di adozione. Peraltro con il provvedimento di autotutela impugnato l’amministrazione ha annullato la sola delibera di esame delle osservazioni e non anche quella di adozione del piano. Diversamente, nella motivazione sull’interesse pubblico prevalente, la Giunta Comunale rimette in discussione la compatibilità ambientale e paesaggistica dell’intervento che era stata oggetto di una precisa scelta pianificatoria compiuta dal Consiglio Comunale in sede di approvazione della variante puntuale. Una siffatta conclusione, come per l’atto di indirizzo presupposto, non poteva prescindere dall’avvio e dall’esperimento di un procedimento di autotutela sulla stessa variante puntuale, e sull’adozione del piano, che era avvenuta con il coinvolgimento delle autorità preposte alla difesa e tutela dei valori paesaggistico ambientali del sito. Altresì pretestuosa e speciosa si appalesa la questione relativa alla pendenza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Governo avverso la novella di cui alla legge regionale n. 29/2020 (ricorso n. 102/2020) della legge regionale n. 18/1983 tenuto conto che, nelle more, la sollevata q.l.c., fissata all’udienza pubblica innanzi alla Corte dell’8.03.2022, è stata ritenuta non decisiva dal giudice dell’appello in quanto “irrilevante per la decisione”.

Analogamente, in riferimento all’omessa verifica di assoggettabilità a V.a.s., risulta già sottoposta al vaglio di questo giudice la circostanza dell’avvenuto rispetto della normativa in materia di V.a.s. nella fase di adozione della variante puntuale. Ed infatti dalla motivazione della sentenza emerge che: “Con la delibera di Giunta comunale n. 59 del 30.10.2015 si dava atto che la variante puntuale era stata sottoposta a valutazione ambientale strategica ai sensi del d.lgs. n. 152/2006, che nella Scheda Urbanistica Attuativa AA allegata erano riportate una serie di prescrizioni di conformità alla strumentazione urbanistica e di tutela dell’habitat, che il progetto doveva essere adeguato alle prescrizioni generate dall’adeguamento al giudizio n. 1979 del 5.06.2012 del Comitato V.i.a. ai pareri A.c.a. sulla V.a.s., e che comunque la progettazione dell’intervento sarebbe stata sottoposta a V.a. e V.inc.a., che non doveva essere compromessa la rete di approvvigionamento idrico, la capacità edificatoria del comparto poteva essere ridotta dal CCR V.i.a. e i sistemi di depurazione non potevano prevedere immissioni nei corsi d’acqua a monte del S.i.c. e della Riserva”.

Ad ulteriore conferma di quanto sopra, soccorre il disposto di cui all’art. 6 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, nel testo modificato ed integrato dall’art. 5, comma 8, della legge 12 luglio 2011, n. 106, di conversione del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, il quale prevede che: “Lo strumento attuativo di piani urbanistici già sottoposti a valutazione ambientale strategica non è sottoposto a valutazione ambientale strategica né a verifica di assoggettabilità qualora non comporti variante e lo strumento sovraordinato in sede di valutazione ambientale strategica definisca l’assetto localizzativo delle nuove previsioni e delle dotazioni territoriali, gli indici di edificabilità, gli usi ammessi e i contenuti piani volumetrici, tipologici e costruttivi degli interventi, dettando i limiti e le condizioni di sostenibilità ambientale delle trasformazioni previste. Nei casi in cui lo strumento attuativo di piani urbanistici comporti variante allo strumento sovraordinato, la valutazione ambientale strategica e la verifica di assoggettabilità sono comunque limitate agli aspetti che non sono stati oggetto di valutazione sui piani sovraordinati”.

Allo stesso modo, il contenuto delle note della Provincia di Chieti prot. n. 13962 del 22 dicembre 2015 e. n. 1778 del 12 febbraio 2018, espressamente richiamate nella delibera impugnata, e già riportate nel giudizio a quo, non giustifica il nuovo diniego alla proposta di approvazione del piano di lottizzazione, essendo tenuto il Comune di San Vito Chietino a rinnovare la fase partecipativa della Provincia ed a riesaminare le osservazioni proposte, come innanzi chiarito.

Del pari, la circostanza della pendenza del giudizio in appello dinanzi al Consiglio di Stato, in mancanza di sospensione cautelare della esecutività della sentenza di primo grado, non vale a giustificare la mancata integrazione dell’istruttoria, essendo la sentenza di primo grado immediatamente esecutiva.

Il ricorso pertanto merita accoglimento conseguendone la declaratoria di inefficacia del provvedimento impugnato.

L’art. 114, co. 4, lett. c), c.p.a., infatti, contempla che il giudice, qualora accolga il ricorso per l’ottemperanza di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti esecutivi, determina le modalità di attuazione, considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne derivano. Quando, inoltre, sia stata ordinata in sede di ottemperanza l’esecuzione di una sentenza esecutiva del T.a.r. non ancora passata in giudicato, e in corso di causa la sentenza venga confermata, nel caso di suo passaggio in giudicato formale, l’ordine di ottemperanza acquista stabilità, non essendo più soggetto a caducazione il titolo sottostante, e non essendo necessario promuovere un nuovo giudizio di ottemperanza dopo la formazione del giudicato. Gli atti adottati dall’Amministrazione in violazione o elusione del provvedimento giudiziale non definitivo sono colpiti dalla sanzione dell’inefficacia e non della nullità, come invece avviene nel caso di attuazione di un provvedimento definitivo.

La declaratoria di inefficacia in presenza di sentenza che nelle more del presente giudizio è stata integralmente confermata in appello con sentenza Cons. St. n. 4908 del 28.06.2021 risulta, quanto ad effetti, assimilata quasi integralmente a quella di nullità, e quindi priva di valore l’atto adottato in violazione del decisum.

Dall’accertata inefficacia della delibera n. 25 del 25.03.2021 adottata in elusione della pronuncia di primo grado esecutiva e nelle more confermata in appello, consegue l’obbligo per l’Amministrazione di rinnovare il procedimento nei termini di cui in motivazione.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto dichiara l’inefficacia della delibera n. 25 del 25.03.2021 e ordina all’Amministrazione intimata di concludere il procedimento entro e non oltre il termine di 120 giorni dalla comunicazione della presente.Condanna il Comune di San Vito Chietino al rimborso delle spese di giudizio in favore della società ricorrente nella misura di € 3000,00 (tremila/00) oltre rimborso del contributo unificato e oneri accessori se ed in quanto dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2021 con l’intervento dei magistrati:

(Omissis), Presidente

(Omissis), Consigliere, Estensore

(Omissis), Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 30 DIC. 2021.

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