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T.A.R. Palermo, (Sicilia) sez. III, 29/04/2024, n.1438

Massima

In ordine alla sindacabilità in sede giurisdizionale delle valutazioni in ordine alla concessione o alla revoca di rivendite, ordinarie o speciali, di tabacchi, è riservata all’amministrazione una valutazione ampiamente discrezionale e, pertanto, il sindacato giurisdizionale sul relativo provvedimento è limitato, non potendo il giudice sostituire le proprie valutazioni a quelle dell’amministrazione a cui è affidata la cura dello specifico interesse pubblico in gioco, ma dovendosi, il giudice, limitare soltanto a verificare che le contestate valutazioni di merito non risultino “ictu oculi” abnormi, irragionevoli o arbitrarie e non siano viziate da travisamento dei fatti, da palese illogicità o manifesta contraddittorietà.

Supporto alla lettura

RICORSO AL TAR

Il Tribunale Amministrativo Regionale è l’organo di giustizia amministrativa di primo grado chiamato a decidere su quasi tutte le controversie che coinvolgono la Pubblica Amministrazione e le Autorità Indipendenti. Quello amministrativo è un giudizio a carattere per lo più impugnatorio in cui il privato (cittadino o impresa che sia) si oppone ad un provvedimento, o ad un silenzio, di una Pubblica Amministrazione che ritenga lesivo di un proprio interesse legittimo o di un proprio diritto soggettivo.

Alcune tra le materie che rientrano nella giurisdizione amministrativa sono:

  • Appalti in materia di lavori, di forniture e di servizi pubblici
  • Commercio
  • Forze Armate
  • Gestione degli alloggi dell’edilizia residenziale pubblica
  • Edilizia e Urbanistica
  • Cinematografia, teatro, spettacoli e sport
  • Provvedimenti prefettizi in materia di cittadini extracomunitari
  • Opere pubbliche, espropriazione e occupazione d’urgenza
  • Istruzione pubblica
  • Servizio sanitario nazionale
  • Viabilità e trasporti
  • Farmacie
  • Sicurezza pubblica
  • Ambiente, ivi compresi il paesaggio, i beni culturali e i relativi vincoli
  • Impiego pubblico, compreso quello dell’Università
  • Monopoli di stato, lotto, lotterie e giochi
  • Provvedimenti in materia di cittadini extracomunitari
  • Accesso ai documenti amministrativi e violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa

Il ricorso al TAR deve essere proposto entro il termine perentorio di 60 giorni dall’avvenuta conoscenza del provvedimento che si intende impugnare o, nelle fattispecie per cui è previsto la configurazione del silenzio rifiuto, entro 60 giorni dallo scadere del termine per la formazione di tale rigetto implicito.

Per ricorrere al TAR è necessario farsi patrocinare da un avvocato cui va conferita una procura speciale ad hoc.

Entro il termine di 60 giorni il ricorso deve essere notificato alla Pubblica Amministrazione resistente nonché ad almeno un controinteressato (es. ad un soggetto vincitore di un concorso in cui il ricorrente pur partecipando sia stato collocato in posizione non utile in graduatoria). Nei 30 giorni successivi alla notifica il ricorso va depositato presso la Segreteria del TAR unitamente al provvedimento impugnato e ai documenti che si ritiene utile sottoporre all’esame dei giudici. I termini per il ricorso al TAR sono perentori per cui il mancato rispetto comporta la improcedibilità del ricorso.

Per i ricorsi attinenti ad alcune materie specificamente individuate dal Codice del Processo Amministrativo (es. appalti e giudizio di ottemperanza) i termini di cui sopra sono dimezzati, con conseguente riduzione dei tempi del giudizio.

A causa della natura impugnatoria del giudizio, il ricorso deve recare l’esatta indicazione di tutti i motivi in ragione dei quali si deduce la illegittimità del provvedimento opposto. Il TAR, infatti, potrà pronunciarsi esclusivamente sui motivi che sono stati sottoposti al suo vaglio non potendo eventualmente annullare l’atto amministrativo per vizi che non siano stati dedotti con il ricorso.

Il ricorso non sospende in automatico gli effetti del provvedimento impugnato che continua ad essere pienamente efficace, salva la possibilità per il ricorrente di richiedere in via cautelare la sospensione al TAR per evitare un pregiudizio grave e irreparabile che potrebbe derivare dall’attesa dell’esito del giudizio. In particolare, tale tutela, in caso di estrema urgenza, può essere chiesta nella forma del decreto Presidenziale sottoponendo direttamente al Presidente del TAR la richiesta di sospensione ancor prima della fissazione di un’udienza per l’audizione delle parti. Sia l’ordinanza emessa sulla istanza di sospensione in via cautelare, sia la sentenza emessa a definizione del ricorso, sono ricorribili in appello davanti al Consiglio di Stato.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTO e DIRITTO
Con atto notificato il 28 giugno 2022 e depositato il successivo 26 luglio, la società ricorrente ha riferito le seguenti circostanze.

La (omissis) s.r.l. ha acquistato nel 1978 un complesso immobiliare in Palermo, viale della Regione Siciliana, già rappresentato in catasto terreni al (omissis) (oggi individuata all’urbano con la particella (omissis), con vari subalterni), dove era presente un impianto di distribuzione di carburanti, a servizio del quale era stata istituita la rivendita speciale n. 365; la relativa licenza è stata volturata alla (omissis) nel 1978.

Nel corso dei lavori di realizzazione del progetto di raddoppio della circonvallazione di Palermo, è stata occupata la porzione del complesso immobiliare di proprietà della (omissis) s.r.l. dove era ubicato l’impianto di carburanti, il quale, pertanto, è stato dismesso e, con atto pubblico del 10 luglio 1987, la società ricorrente ha ceduto all’Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno la porzione di terreno (fg. (omissis), p.lla frazionata (omissis)), dove in passato era collocato il detto impianto.

La (omissis) s.r.l. ha, comunque, proseguito l’attività di bar pasticceria già esercitata presso il detto complesso immobiliare ed ha, nel tempo, chiesto ed ottenuto il rinnovo della licenza speciale (da ultimo, per periodi novennali sino al 2011, al 2020 ed al 2029).

In occasione dell’esame di una richiesta di volturazione della detta licenza, avanzata dalla (omissis) s.r.l., l’amministrazione odierna resistente, con pec del 21 dicembre 2021, ha formalmente contestato alla società ricorrente che, dalle verifiche effettuate, era emerso che l’esercizio presso il quale era ubicata la rivendita speciale (bar/tabacchi) non insisteva all’interno di un impianto di distribuzione di carburanti.

Successivamente, con il provvedimento in epigrafe indicato, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, disattese le deduzioni della società ricorrente di cui alla pec del 18 gennaio 2021, ha disposto la revoca della concessione speciale intestata alla società Ge.Co. – Gestioni Commerciali s.r.l.

Premesse tali circostanze, la ricorrente ha denunciato l’illegittimità della revoca impugnata, per “Eccesso di potere – contraddittorietà con i precedenti provvedimenti di rinnovo della licenza speciale ed in particolare con l’ultimo rinnovo novennale sino al 26.6.2029”.

Sarebbe impossibile, a dire della ricorrente, che l’Agenzia resistente sia venuta a conoscenza della intervenuta dismissione dell’impianto di distribuzione di carburanti solo nel 2021, in occasione dell’istruttoria sull’istanza di volturazione della licenza speciale; si tratta, invero, di un fatto verificatosi decine di anni addietro, che certamente i dipendenti dell’Agenzia avevano potuto riscontrare in occasione dei numerosi controlli effettuati nel corso di tale lungo arco temporale.

Il provvedimento oggi impugnato risulterebbe, pertanto, contraddittorio rispetto ai precedenti atti emessi dalla medesima amministrazione, con i quali era stato più volte consentito il rinnovo della licenza speciale, anche dopo la chiusura della stazione carburanti, peraltro mai contestata.

Sotto altro profilo, la ricorrente ha contestato: Eccesso di potere per contraddittorietà con il procedimento amministrativo di rinnovo novennale della licenza speciale. Carenza di interesse pubblico alla revoca della licenza speciale.

La scelta dell’amministrazione sarebbe, inoltre, contraria all’interesse pubblico sotto diversi profili: infatti, verrebbe leso l’interesse dell’Agenzia a trattenere quanto già incassato per il rinnovo novennale che sarebbe scaduto nel 2029, nonché ad incassare i proventi della vendita dei generi di monopolio che in tale periodo avrebbe luogo, i quali sarebbe consistenti, tento conto della collocazione della rivendita in un punto nevralgico della circonvallazione.

Ciò premesso, la ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato e, in subordine, il riconoscimento del diritto alla restituzione dei 7/9 della somma di € 46.822,58, corrisposta all’Agenzia dalla Ge.Co. s.r.l. in occasione dell’ultimo rinnovo della licenza.

Si è costituita per resistere al ricorso l’Agenzia del Demanio e dei Monopoli.

Alla pubblica udienza del 18 marzo 2024, previo avviso alle parti, ai sensi dell’art. 73, co. 3 c.p.a., della questione relativa alla eventuale inammissibilità della sopra descritta domanda subordinata, la causa è stata trattenuta per la decisione.

La domanda di annullamento non può essere accolta.

Il collegio non ravvisa la denunciata contraddittorietà tra i reiterati provvedimenti di rinnovo della licenza e la revoca impugnata.

All’atto dell’adozione dei pregressi rinnovi, invero, l’amministrazione non ha compiuto alcuna valutazione in merito all’opportunità di mantenere la licenza speciale pur in assenza del presupposto in considerazione del quale questa era stata originariamente rilasciata (ossia la presenza di un distributore di carburanti); tale evenienza sarebbe stata, del vero, possibile, in virtù dell’art. 53, co. 1 del d.P.R. 14 ottobre 1958 n. 1074, che consente l’istituzione di una rivendita speciale “ovunque siano riconosciute necessità di servizio alle quali non possa sopperirsi mediante rivendita ordinaria o patentino”; essa, però, non si è verificata.

Piuttosto, ciò che è accaduto è che la concessione è stata, di volta in volta, rinnovata sulla base di istruttorie assai semplificate (se non superficiali), di cui si è dato atto a mezzo della compilazione, da parte dei dipendenti dell’Agenzia, di moduli prestampati, che non contemplavano alcuna verifica della permanenza dei presupposti considerati all’atto del rilascio della licenza.

Dunque, il rinnovo è stato adottato nell’implicito presupposto che permanessero le circostanze in presenza delle quali la licenza era stata adottata.

Orbene, il collegio ritiene senz’altro astrattamente censurabile la condotta dell’amministrazione che, in un così lungo arco temporale, non si è premurata di condurre un’istruttoria sullo stato dei luoghi; ciò non implica, tuttavia, che debba ritenersi illegittimo il provvedimento con il quale, finalmente e con grave ritardo, l’Agenzia abbia preso atto della mutata situazione di fatto, per trarne le dovute conseguenze.

Né può assumere rilievo, in senso contrario, un supposto affidamento della società ricorrente su una propria posizione consolidata, essendo ben noto a quest’ultima che il presupposto sulla base del quale la concessione era stata rilasciata era venuto meno e che nessuna determinazione in merito alla opportunità del mantenimento della licenza (pur in assenza del distributore di carburanti) era stata assunta dall’amministrazione; ciò su cui la società ricorrente, piuttosto, ha fatto affidamento è stata la negligenza della pubblica amministrazione.

Relativamente al secondo motivo di ricorso, relativo ad una presunta inopportunità della scelta di revocare la licenza, sotto il profilo del decremento del gettito in favore dell’erario, è sufficiente osservare che, sulla sindacabilità in sede giurisdizionale delle valutazioni in ordine alla concessione o alla revoca di rivendite, ordinarie o speciali, la giurisprudenza ha rilevato che, in tale materia, è riservata all’amministrazione una valutazione ampiamente discrezionale e, pertanto, il sindacato giurisdizionale sul relativo provvedimento è limitato, non potendo il giudice sostituire le proprie valutazioni a quelle dell’amministrazione a cui è affidata la cura dello specifico interesse pubblico in gioco, ma dovendosi, il giudice, limitare soltanto a verificare che le contestate valutazioni di merito non risultino “ictu oculi” abnormi, irragionevoli o arbitrarie e non siano viziate da travisamento dei fatti, da palese illogicità o manifesta contraddittorietà (in questo senso cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2011, n. 3782; Cons. Stato, sez. IV, 12 ottobre 2010, n. 7437; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4247).

Peraltro, con specifico riferimento alle rivendite speciali, l’art. 53, c. 3 del d.P.R. n. 1074/1958 stabilisce che queste sono affidate in gestione “mediante licenza revocabile in ogni tempo”.

La domanda di annullamento del provvedimento di revoca impugnato, dunque, deve essere rigettata.

È, invece, inammissibile la domanda volta ad ottenere la declaratoria del diritto della ricorrente ad ottenere la restituzione parziale del canone novennale versato in favore dell’Agenzia resistente.

La questione, invero, attiene al rapporto paritetico tra le parti, che involge situazioni di diritto soggettivo, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario, innanzi al quale la causa potrà essere riassunta nel termine di legge.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile ed in parte lo respinge, come indicato in motivazione.Condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente, liquidandole in € 2.000,00, oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2024, con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 29 APR. 2024.

Allegati

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