Massima

Il Condominio confinante con un’area (destinata a standard) in stato di cattiva manutenzione e pulizia, caratterizzata da vegetazione incontrollata, rifiuti, ristagni d’acqua, infestazione di insetti e roditori, e diffusi olezzi, vanta una posizione di interesse legittimo differenziato rispetto alla collettività. Tale interesse, radicato nella relazione di contiguità/vicinitas, deriva dal fatto che il Condominio può subire gli effetti nocivi immediati e diretti del mancato esercizio dei poteri di vigilanza e repressione da parte dell’Ente preposto.

Supporto alla lettura

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Il procedimento amministrativo, disciplinato dalla L. 241/1990, consiste in una sequenza ordinata di atti (es. pareri e valutazioni tecniche) e di operazioni materiali (es. notifiche e comunicazioni), compiuti dall’amministrazione e da altri soggetti pubblici e privati che partecipano alla procedura e strumentali all’emanazione di un provvedimento amministrativo.

Si articola in 3 fasi:

– fase dell’iniziativa: caratterizzata dal principio di doverosità amministrativa, l’obbligo di procedere può sorgere su istanza di parte o d’ufficio. Per dare inizio all’iter procedimentale è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, che sarà comunicata ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti e a quelli che per legge debbono intervenirvi. Esistono, però, tre specifiche deroghe all’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento: ragioni di impedimento dovute a esigenze di celerità del procedimento; adozione di provvedimenti cautelari da parte dell’amministrazione; sussistenza di molteplici destinatari e, dunque, carattere gravoso dell’adempimento. Fatti salvi i casi in cui ciò sia consentito dalla legge, qualora la pubblica amministrazione non comunichi l’avvio del procedimento il destinatario pretermesso può impugnare il provvedimento finale chiedendone l’annullamento. In merito al contenuto della comunicazione, è necessario che essa indichi l’amministrazione competente, l’oggetto del procedimento, la persona responsabile del procedimento e l’ufficio presso cui esercitare il diritto di accesso agli atti. Inoltre, è indispensabile inserire all’interno della comunicazione la data di conclusione del procedimento, i rimedi esperibili in caso di inerzia da parte dell’amministrazione e, nell’ipotesi in cui il procedimento sia stato avviato su istanza di parte, la data in cui questa è arrivata all’amministrazione procedente;

– fase istruttoria: si caratterizza per lo svolgimento, da parte dell’amministrazione procedente, di attività di tipo ricognitivo volta ad accertare e acquisire tutti i fatti significativi e gli interessi rilevanti ai fini dell’emanazione del provvedimento. Centrale è la figura del responsabile del procedimento il quale valuta preliminarmente il rispetto di condizioni, requisiti e presupposti per l’emanazione del provvedimento finale. Inoltre, se competente, adotta il provvedimento finale, e, se non competente, trasmette gli atti all’organo competente per l’adozione, il quale non può discostarsi dai risultati dell’istruttoria, se non motivando le ragioni nel provvedimento finale. Durante questa fase, qualsiasi soggetto titolare di un interesse pubblico, privato o collettivo, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento finale, ha facoltà di intervenire presentando memorie scritte e documenti. Ai fini di consentire un intervento informato e consapevole nel procedimento, i partecipanti, così come anche qualsiasi soggetto interessato, sono titolari di un diritto di accesso ai documenti amministrativi. Nel caso di procedimenti a istanza di parte, la fase dell’istruttoria si può concludere con il c.d. preavviso di rigetto che consiste in un obbligo a carico dell’amministrazione di instaurare un contraddittorio “rafforzato” con i destinatari del provvedimento finale quando, in base ai risultati dell’istruttoria, si prospetti il respingimento dell’istanza;

– fase decisoria: destinata a concludersi con l’emanazione di un provvedimento espresso. La necessarietà di tale esplicitazione della volontà del soggetto pubblico trova conferma anche nei casi di irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità e infondatezza dell’istanza del privato, dovendo pure in queste ipotesi l’amministrazione adottare un provvedimento, per quanto “in forma semplificata”. L’iter procedimentale, deve essere contenuto entro limiti di tempo prestabiliti, sia a garanzia degli interessi del privato, sia ai fini del soddisfacimento tempestivo dell’interesse pubblico garantito dall’amministrazione: massimo 90 giorni, termine che può essere ulteriormente dilatato sino a 180 giorni in caso di procedimenti particolarmente complessi. In mancanza di scelta da parte delle amministrazioni o di una specifica previsione legislativa, la durata del procedimento è fissata, in via residuale, in 30 giorni. I termini decorrono dall’inizio del procedimento per i procedimenti d’iniziativa d’ufficio o dal ricevimento della domanda per i procedimenti d’iniziativa di parte; possono essere sospesi una sola volta per un periodo non superiore a 30 giorni qualora sia necessario acquisire informazioni relative a fatti non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione. Accade spesso, nella pratica, che le amministrazioni rimangano inerti, non dando corso al procedimento o, in ogni caso, non adottando il provvedimento entro i termini normativamente definiti. Per superare tale momento derivante dalla stasi dell’amministrazione il legislatore ha introdotto l’istituto del c.d. “silenzio significativo”, in cui la mancata pronuncia del soggetto pubblico allo scadere del termine procedimentale può assumere o il valore di accoglimento dell’istanza di parte (c.d. “silenzio assenso”), o di suo rigetto (c.d. “silenzio diniego”). Quando il silenzio amministrativo non corrisponde né a un assenso né a un diniego, si integra quello che viene qualificato come “silenzio inadempimento”: una situazione in cui l’inerzia amministrativa corrisponde esclusivamente a un non facere, tale da lasciare inevasa l’istanza privata e, in ogni caso, non concretizzato l’interesse pubblico.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO E MOTIVI

 

1. È impugnato il silenzio – inadempimento serbato dal Comune di Aversa sull’istanza in epigrafe indicata con la quale il Condominio ricorrente ha chiesto all’Ente di rimuovere una situazione di asserito rischio per la salute e l’igiene pubblica derivante da mancati interventi di pulizia e rimozione di erbacce su area, destinata a standard, adiacente al Condominio ricorrente.

Il Comune si è costituito in giudizio eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione e mancata dimostrazione della legittimazione e dell’interesse a ricorrere e comunque assumendo l’insussistenza di alcun obbligo a provvedere; la A., da parte sua, ha documentato di aver disposto un sopralluogo in data 18 giugno 2025.

All’esito della camera di consiglio del 23 settembre 2025 il Collegio ha riservato la decisione in camera di consiglio.

Il Condominio ricorrente, prospettando l’esistenza di una situazione antigienica e potenzialmente pregiudizievole alla salute derivante dalla cattiva manutenzione e pulizia di un’area a standard prossima alle aree di pertinenza del Condominio, ha chiesto al Comune di intervenire ponendo in essere tutto quanto necessario a rimuovere tale situazione.

In particolare, ha denunciato una grave situazione di rilievo igienico-sanitario, caratterizzata da rifiuti abbandonati, vegetazione incontrollata, ristagni d’acqua, infestazione di insetti e roditori, diffusi olezzi, richiedente interventi di bonifica mediante l’esercizio di attività di competenza del Comune (cui spettano “tutte le funzioni amministrative che riguardano … il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dell’assetto ed utilizzazione del territorio …”) e della A., quanto, in particolare, ai compiti di prevenzione e di salvaguardia della salute pubblica.

Va anzitutto disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione spiegata dal Comune resistente.

Il Condominio ricorrente denuncia, invero, il mancato esercizio di attività amministrativa doverosa che rientra a pieno titolo nel disposto di cui all’art. 7 c.p.a. (“Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quale si faccia questione di interessi legittimi … concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo …”).

Quanto alla legittimazione e all’interesse a ricorrere, valgano le seguenti considerazioni.

Deve anzitutto riconoscersi che l’area in questione, rispetto alla quale si invocano i poteri in tesi non esercitati, è limitrofa al Condominio (e, in particolare, alle aree comuni di sua pertinenza) o, comunque, prossima ad esso.

Depone, a tal fine, la documentazione fotografica esibita in giudizio dal ricorrente (cfr. all. 003 di parte ricorrente), di cui parte resistente non ha confutato la rilevanza e che testimonia di una relazione di contiguità/vicinitas tale da radicare la legittimazione al ricorso.

Tanto premesso, reputa il Collegio che il Condominio abbia piena legittimazione a proporre l’azione, vantando un interesse proprio alla salubrità del contesto ambientale in tesi pregiudicato dal degrado derivante dalla mancata pulizia dell’area in questione (come inequivocamente individuata e descritta nella già citata documentazione fotografica depositata in atti; cfr. all. 003 della produzione di parte ricorrente).

Tanto radica una posizione di interesse legittimo, evidentemente differenziato rispetto alla collettività, potendo subire, proprio in ragione della vicinitas, gli effetti nocivi immediati e diretti della commissione dell’eventuale illecito non represso (cfr. Cons. di Stato, IV, n. 5087/2015 e VI, n. 3460/2018, nel senso che “sussiste l’obbligo dell’Amministrazione comunale di provvedere sull’istanza di repressione di abusi ambientali realizzati su area confinante, formulata dal relativo proprietario, in quanto quest’ultimo gode di una legittimazione differenziata rispetto alla collettività potendo subire gli effetti nocivi immediati e diretti della commissione dell’eventuale illecito non represso, onde egli è titolare di una posizione di interesse legittimo all’esercizio di tali poteri di vigilanza e, quindi, può proporre l’azione a seguito del silenzio ai sensi dell’art. 31 cod. proc. amm.”); tale posizione differenziata sussiste, in particolare, considerando che il Condominio è ente di gestione delle parti comuni dell’immobile, ex se pregiudicate per effetto del denunciato degrado delle aree confinanti.

Ne discende che il proprietario di un’area o di un fabbricato, nella cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri di controllo, ripristinatori e repressivi relativi ad abusi ambientali da parte dell’organo preposto, può pretendere, se non vengono adottate le misure richieste, un provvedimento che ne spieghi esplicitamente le ragioni, con il risultato che il silenzio serbato sull’istanza integra gli estremi del silenzio-rifiuto, sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento dell’obbligo di provvedere in modo espresso (cfr. Cons. di Stato, VI, n. 2063/2019).

In tal senso, del resto, depone espressamente il disposto di cui all’art. 2 della L. n. 241 del 1990, secondo cui, in generale, l’Amministrazione ha il dovere di concludere il procedimento conseguente in modo obbligatorio ad un’istanza di parte mediante l’adozione di un provvedimento espresso.

Va aggiunto che l’obbligo di provvedere può discendere non solo da puntuali previsioni legislative o regolamentari, ma anche dalla peculiarità della fattispecie, nella quale ragioni di equità o di giustizia impongano l’adozione di provvedimenti espliciti, alla stregua del generale dovere di correttezza e buona amministrazione della parte pubblica, ai sensi dell’art. 97 Cost., con conseguente sorgere in capo al privato di una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni amministrative, quali che esse siano.

In ipotesi di segnalazioni circostanziate e documentate, come quella indirizzata al Comune di Aversa (e alla A.), l’Amministrazione ha dunque l’obbligo di attivare un procedimento di controllo e verifica dell’abuso, ovvero, comunque, della situazione pregiudizievole, della cui conclusione deve restare traccia, sia essa nel senso dell’esercizio di poteri sanzionatori e/o ripristinatori, che della motivata inazione, dovendosi in particolare escludere che la ritenuta mancanza dei presupposti per l’esercizio dei poteri, quali che siano, possa giustificare un comportamento meramente silente (cfr. Cons. di Stato, IV, n. 2592/2012).

Premessa, dunque, la legittimazione del Condominio e il suo interesse a ricorrere, sussiste anche l’obbligo a provvedere sull’istanza proposta, che segnala una situazione di degrado relativa ad area (a standard, per quanto argomentato e non contestato) che è compito dell’Ente accertare e rimuovere ove rientri nella sua competenza.

In particolare, il ricorrente ha richiesto l’emanazione di atti funzionali a rimuovere la situazione di degrado riconducibili latu sensu alle ordinanze previste dal T.U. Ambiente (del genus di quelle previste all’art. 192 D.Lgs. n. 152 del 2006) e comunque ad ogni atto ripristinatorio dello status di corretta gestione ambientale delle aree comunali.

Quel che si invoca, dunque, è l’esercizio di un potere tipizzato, che, nel ricorrere dei presupposti di legge, l’Ente competente ha l’obbligo di porre in essere al fine di evitare la verificazione di eventi dannosi.

Peraltro, il ricorrente ha sollecitato l’Amministrazione ad una più attenta gestione del territorio con finalità di tutela ambientale, compito che rientra sicuramente tra quelli attribuiti al Comune in via obbligatoria.

In subiecta materia, invero, sul Comune grava, in realtà un duplice obbligo: quello di adottare l’ordinanza di cui all’art. 192 del D.Lgs. n. 152 del 2006, esperendo la preventiva istruttoria e, in caso di esito infruttuoso, di provvedere, d’ufficio, al ripristino dello stato originario dei luoghi, sopportandone le relative spese (cfr. Cons. di Stato, IV, n. 8300/2021); si tratta, in entrambi i casi, di “esercizio di un doveroso potere amministrativo”, la cui omissione è sindacabile con lo strumento rimediale azionato.

Gli inconvenienti denunciati sono stati, peraltro, confermati all’esito del sopralluogo intanto disposto dalla A. (come da verbale in data 18 giugno 2025, depositato in atti), che ha verificato le circostanze fattuali denunciate dal Condominio, e, puntualmente, la “crescita di vegetazione spontanea”, nonché la sussistenza di “rifiuti di vario genere e tipo”, ideale alla “proliferazione di animali e insetti dannosi”, costituente pericolo per la salute e l’igiene pubblico oltre che potenziale innesco per incendi, dunque richiedente interventi di bonifica, disinfestazione e derattizzazione che, per parte sua, l’A. ha richiesto espressamente al Comune.

Poiché è incontestata la situazione di inerzia dell’amministrazione comunale, ferma restando l’ampia discrezionalità riservata in materia dell’Autorità amministrativa, cui è rimesso il prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti segnalate dall’interessato nonché di quelle acquisite e/o acquisibili d’ufficio, nella fattispecie considerata trova dunque applicazione il generale obbligo di pronunciarsi sull’istanza del privato, ai sensi dell’art. 2 della L. n. 241 del 1990.

Alla luce delle superiori considerazioni il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente declaratoria di illegittimità del silenzio serbato sulla domanda di parte ricorrente, sussistendo l’obbligo dell’amministrazione comunale di provvedere in merito, concludendo il relativo procedimento mediante un provvedimento espresso e motivato, in applicazione degli artt. 2 e 3 della L. n. 241 del 1990, entro e non oltre giorni 30 dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notifica del presente provvedimento, con riserva di nomina di un commissario ad acta che provveda in via sostitutiva in caso di perdurante contegno inerte.

Quanto alla domanda rivolta alla A., ritiene il Collegio che il disposto sopralluogo abbia ad essa dato riscontro, accertando, per quanto di competenza, la situazione di degrado cui il Comune deve porre rimedio e gli interventi doverosi che ne seguono a carico del Comune medesimo.

Le spese di giudizio seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo, a carico del Comune e con compensazione per il resto, tenuto conto di quanto precede con riferimento alla A., con distrazione al procuratore antistatario di parte ricorrente che ha avanzato specifica istanza in calce al libello introduttivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto dichiara l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune resistente sull’istanza in motivazione indicate e l’obbligo dello stesso di concludere il procedimento di cui in motivazione con provvedimento espresso e motivato entro e non oltre il termine indicato in parte motiva.

Condanna il Comune di Aversa al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente, che si liquidano in complessivi € 1.500 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge e rifusione del contributo unificato, con distrazione al procuratore antistatario; compensa per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Conclusione

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2025 con l’intervento dei magistrati (Omissis).

Allegati

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