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T.A.R. Napoli (Campania) sez. V, 14/11/2024, n. 6244

Massima

L’ASL resistente è condannata a rimborsare le spese documentate già sostenute dai genitori per le terapie ABA private, ma solo nei limiti delle ore settimanali ritenute congrue (quelle del progetto in corso o stabilite dal verificatore, ovvero 13 ore).

Supporto alla lettura

RICORSO AL TAR

Il Tribunale Amministrativo Regionale è l’organo di giustizia amministrativa di primo grado chiamato a decidere su quasi tutte le controversie che coinvolgono la Pubblica Amministrazione e le Autorità Indipendenti. Quello amministrativo è un giudizio a carattere per lo più impugnatorio in cui il privato (cittadino o impresa che sia) si oppone ad un provvedimento, o ad un silenzio, di una Pubblica Amministrazione che ritenga lesivo di un proprio interesse legittimo o di un proprio diritto soggettivo.

Alcune tra le materie che rientrano nella giurisdizione amministrativa sono:

  • Appalti in materia di lavori, di forniture e di servizi pubblici
  • Commercio
  • Forze Armate
  • Gestione degli alloggi dell’edilizia residenziale pubblica
  • Edilizia e Urbanistica
  • Cinematografia, teatro, spettacoli e sport
  • Provvedimenti prefettizi in materia di cittadini extracomunitari
  • Opere pubbliche, espropriazione e occupazione d’urgenza
  • Istruzione pubblica
  • Servizio sanitario nazionale
  • Viabilità e trasporti
  • Farmacie
  • Sicurezza pubblica
  • Ambiente, ivi compresi il paesaggio, i beni culturali e i relativi vincoli
  • Impiego pubblico, compreso quello dell’Università
  • Monopoli di stato, lotto, lotterie e giochi
  • Provvedimenti in materia di cittadini extracomunitari
  • Accesso ai documenti amministrativi e violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa

Il ricorso al TAR deve essere proposto entro il termine perentorio di 60 giorni dall’avvenuta conoscenza del provvedimento che si intende impugnare o, nelle fattispecie per cui è previsto la configurazione del silenzio rifiuto, entro 60 giorni dallo scadere del termine per la formazione di tale rigetto implicito.

Per ricorrere al TAR è necessario farsi patrocinare da un avvocato cui va conferita una procura speciale ad hoc.

Entro il termine di 60 giorni il ricorso deve essere notificato alla Pubblica Amministrazione resistente nonché ad almeno un controinteressato (es. ad un soggetto vincitore di un concorso in cui il ricorrente pur partecipando sia stato collocato in posizione non utile in graduatoria). Nei 30 giorni successivi alla notifica il ricorso va depositato presso la Segreteria del TAR unitamente al provvedimento impugnato e ai documenti che si ritiene utile sottoporre all’esame dei giudici. I termini per il ricorso al TAR sono perentori per cui il mancato rispetto comporta la improcedibilità del ricorso.

Per i ricorsi attinenti ad alcune materie specificamente individuate dal Codice del Processo Amministrativo (es. appalti e giudizio di ottemperanza) i termini di cui sopra sono dimezzati, con conseguente riduzione dei tempi del giudizio.

A causa della natura impugnatoria del giudizio, il ricorso deve recare l’esatta indicazione di tutti i motivi in ragione dei quali si deduce la illegittimità del provvedimento opposto. Il TAR, infatti, potrà pronunciarsi esclusivamente sui motivi che sono stati sottoposti al suo vaglio non potendo eventualmente annullare l’atto amministrativo per vizi che non siano stati dedotti con il ricorso.

Il ricorso non sospende in automatico gli effetti del provvedimento impugnato che continua ad essere pienamente efficace, salva la possibilità per il ricorrente di richiedere in via cautelare la sospensione al TAR per evitare un pregiudizio grave e irreparabile che potrebbe derivare dall’attesa dell’esito del giudizio. In particolare, tale tutela, in caso di estrema urgenza, può essere chiesta nella forma del decreto Presidenziale sottoponendo direttamente al Presidente del TAR la richiesta di sospensione ancor prima della fissazione di un’udienza per l’audizione delle parti. Sia l’ordinanza emessa sulla istanza di sospensione in via cautelare, sia la sentenza emessa a definizione del ricorso, sono ricorribili in appello davanti al Consiglio di Stato.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 775 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto da
(omissis) in qualità di genitori del minore, (omissis) rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis), (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Campania, non costituita in giudizio;
Asl 108 – Napoli 3, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

del Progetto Riabilitativo Individualizzato del 27.11.2023 con il quale l’Asl Na 3 Sud ha predisposto un piano terapeutico in favore del minore di 4 ore di psicomotricità, 4 ore di logopedia e 1 ora di parent training alla settimana della durata di mesi sei, dove si consigliava metodologia integrata cognitivo-comportamentale e relazionale;

nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali;

AVVERSO E PER L’ANNULLAMENTO del PDTA approvato con DGRC n. 131/21: Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) per la presa in carico globale integrata dei soggetti con disturbi dello spettro autistico in età evolutiva, se ed in quanto lesivo degli interessi del minore;

PER L’ACCERTAMENTO del diritto del minore a ricevere a carico del SSN per il tramite dell’ASL NA 3 sud, il trattamento ABA per un numero di ore non inferiore a 25 a settimana, nonché il diritto a n. 3 ore mensili di supervisione fino al compimento del diciottesimo anno d’età;

nonché PER LA CONDANNA della stessa Amministrazione intimata all’erogazione in modalità diretta o indiretta mediante il rimborso delle fatture di spesa del trattamento riabilitativo Aba in favore del minore per 25 ore settimanali, oltre tre ore mensili di supervisione da parte del BCBA, e tanto fino al raggiungimento del diciottesimo anno di età del minore.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da (omissis) in qualità di Genitore del Minore il 29/3/2024:

AVVERSO E PER L’ANNULLAMENTO, del Progetto Riabilitativo Individualizzato del 07.03.2024, con il quale l’Asl Na 3 Sud ha predisposto un piano terapeutico in favore del minore di 6 ore di psicomotricità, 6 ore di logopedia alla settimana della durata di mesi sei, con metodo Aba;

nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali, in particolare la relazione clinica datata 06 marzo 2024;

AVVERSO E PER L’ANNULLAMENTO del PDTA approvato con DGRC n.131/21: Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) per la presa in carico globale integrata dei soggetti con disturbi dello spettro autistico in età evolutiva, se ed in quanto lesivo degli interessi del minore;

PER L’ACCERTAMENTO del diritto del minore a ricevere a carico del SSN, per il tramite dell”ASL NA 3 sud, il trattamento ABA per un numero di ore non inferiore a 25 a settimana, nonché il diritto a n. 3 ore mensili di supervisione fino al compimento del diciottesimo anno d’età;

nonché PER LA CONDANNA della stessa Amministrazione intimata all”erogazione in modalità diretta o indiretta mediante il rimborso delle fatture di spesa il trattamento riabilitativo Aba in favore del minore per 25 ore settimanali, oltre tre ore mensili di supervisione da parte del BCBA, e tanto fino al raggiungimento del diciottesimo anno di età del minore.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Asl 108 – Napoli 3;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2024 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti espongono in fatto:

di essere genitori del minore (omissis) iscritto al Servizio Sanitario Nazionale, come da tessera in atti;

la storia clinica del minore è iniziata con una diagnosi precoce di disturbo della comunicazione e del linguaggio, essendo il quadro compatibile con Disturbo dello spettro Autistico, livello di gravità 3, redatta il 16.4.2024 l dall’Azienda Universitaria Federico II con prescrizione di terapia riabilitativa;

il minore aveva iniziato un trattamento riabilitativo con metodo ABA a totale carico della famiglia per mancata disponibilità presso le strutture convenzionate e non avendo l’ASL di competenza preso in carico il minore mediante la prescrizione di un trattamento riabilitavo da eseguirsi con metodo Aba ovvero riconosciuto ai genitori il diritto al rimborso dei costi sostenuti per la somministrazione del trattamento de quo presso centri privati;

in data 27.11.2023, il piano terapeutico, oggetto dell’odierna impugnazione, redatto dalla resistente ASL, pur confermando la diagnosi di disturbo dello spettro autistico, aveva prescritto al minore trattamenti di tipo ordinario, non appropriati per tale patologia di base come certificato dalle altre strutture sanitarie che l’avevano in cura e, in ogni caso, i trattamenti non erano stati avviati per mancanza di disponibilità dei Centri convenzionati.;

in particolare, il piano in questione appariva inadeguato non solo sotto il profilo dell’intensità del trattamento prescritto (4 ore di psicomotricità, 4 ore di logopedia e 1 ora di parent training alla settimana per la durata di mesi sei), ma anche con riguardo all’indicata metodologia integrata cognitivo, comportamentale e relazionale, laddove le condizioni del minore, come accertate dalla depositata documentazione medica, avrebbero richiesto la somministrazione di un trattamento terapeutico, con metodologia ABA, per un numero di ore non inferiore a 25 a settimana, nonché il diritto a n. 3 ore mensili di supervisione fino al compimento del diciottesimo anno d’età.

Tanto premesso in fatto, i ricorrenti hanno eccepito l’illegittimità degli atti gravati deducendo plurimi profili di illegittimità, nel dettaglio lamentando la violazione della Convenzione ONU del 13 dicembre 2006, recepita con L. n. 18/2009, degli artt. 3 e 32 Cost., nonché la violazione della normativa nazionale rilevante in tema di servizi socio sanitari integrati e, in particolare, di disturbi dello spettro autistico (artt. 1, 2 e 26 L. 833/78, D.lgs. n. 502/1992, L. n. 104/1992, L. n. 328/2000, art. 3 L. 134/2015 e Dpcm 12 gennaio 2017), degli artt. 46 e seg. della L.R.C. 1/16; violazione delle Linee Guida 21 IIS, delle Linee Guida Regione Campania per interventi socio sanitari integrati, dell’accordo approvato in Conferenza Stato Regioni 22 novembre 2012, linee di indirizzo relative alle patologie afferenti lo spettro autistico, violazione DSM 5; eccesso di potere per contraddittorietà- illogicità – violazione del giusto procedimento – sviamento.

In sintesi, con una prima serie di censure, i ricorrenti, dolendosi dell’insufficienza del monte ore di prestazioni socio-sanitarie senza metodica ABA assegnato al figlio:

– contestano l’illegittimità dell’atto presupposto – delibera di Giunta Regionale n. 131/2021 (recante “Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, PDTA per la presa in carico globale ed integrata dei soggetti con disturbi dello spettro autistico in età evolutiva”) alla quale si sarebbe conformata l’A.S.L., nella parte in cui (pag. 22) – con disposizione, in tesi, inderogabile e, pertanto, vincolante – ha determinato il numero massimo di ore di intervento in base alle fasce d’età (12 ore settimanali nella fascia 0 – 6 anni e 11 mesi; 8 ore per la fascia 7-13 anni e 11 mesi; 4 ore per quella da 14 a 17 anni e 11 mesi) a prescindere dalle specifiche caratteristiche della sindrome della minore e della necessità di un trattamento individualizzato;

– sostengono sussistere un evidente difetto di motivazione, per mancata indicazione delle ragioni della determinazione del numero di ore settimanali di trattamento riconosciute al minore, senza una analitica spiegazione che doveva tenere conto e palesare le ragioni concrete e specifiche di detta assegnazione minimale, tenuto conto della condizione propria della minore.

Hanno concluso domandando l’accoglimento delle richieste declinate in ricorso, con conseguente annullamento degli atti impugnati nonché per l’accertamento del diritto del minore ad un trattamento di almeno 25 ore settimanali di terapia ABA.

In esecuzione del decreto cautelare n. 317/2024, il minore era nuovamente convocato a visita dall’azienda sanitaria, a seguito della quale, previa redazione di relazione clinica, l’Asl Na 3 Sud rielaborava il PRI assegnando al minore n. 12 ore di terapia con metodo Aba, di cui 6 di psicomotricità e 6 di logopedia.

Con successiva ordinanza n. 548/2024 emessa a seguito della udienza camerale collegiale del 19 marzo 2024, il Tribunale accoglieva la domanda cautelare confermando il decreto monocratico n. 317/2024 nei sensi e con gli effetti di cui in motivazione.

Tuttavia, il piano terapeutico datato 07 marzo 20204 è stato impugnato dai ricorrenti con gravame aggiuntivo depositato in data 29.3.2024 in quanto il trattamento terapeutico ivi previsto, a loro avviso, continuava a disattendere le conclusioni della perizia in atti con cui il CTP aveva indicato come trattamento necessario per il piccolo -OMISSIS- con frequenza di 25 ore a settimana e tre ore di supervisioni mensile, secondo quanto stabilito dalle Linee Guida 21 dell’ISS e da ultimo secondo quanto stabilito dal Consiglio di Stato con sentenza del 06.10.2023 Rg. 2924/2023.

Si è costituita l’ASL resistente che ha insistito per il rigetto del ricorso, essendo il P.R.I. conforme sia alle linee guida che alla delibera regionale e, comunque, tale da garantire al minore le ore di trattamento necessarie.

In via istruttoria, l’A.S.L. ha poi chiesto la nomina di C.T.U. per verificare la sufficienza di tali ore di trattamento.

All’esito della camera di consiglio del 8.5.2024, con ordinanza collegiale n. 893/2024, questa Sezione ha disposto verificazione.

All’udienza pubblica del 22.10.2024, la causa è stata assegnata a sentenza.

2.- Preliminarmente occorre perimetrare l’oggetto del giudizio.

Il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti hanno ad oggetto rispettivamente i progetti riabilitativi individualizzati (PRI) del 27.11.2023 e del 7.3.2024 nella parte in cui non è stato riconosciuto al minore indicato in atti, affetto da disturbo del neurosviluppo, il trattamento ABA per un numero non inferiore a 25 ore settimanali.

Così delimitato il petitum, la controversia va ricondotta all’art. 133, comma 1, lettera c) del c.p.a. che attribuisce all’adito Plesso la cognizione piena delle controversie relative ad una materia che, per sua stessa natura, implica un indecifrabile intreccio di diritti ed interessi legittimi, tra le posizioni incise dall’espletamento delle relative potestà pubbliche, restando confermato, per radicare la giurisdizione amministrativa, il necessario limite dell’esplicazione del potere pubblicistico per mezzo dell’adozione di un provvedimento amministrativo, secondo l’originaria e fondamentale statuizione della Corte Costituzionale, con la sentenza 6 luglio 2014 n. 204 (cfr. anche Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 7/2016 con riguardo alla questione delle ore di sostegno scolastico per alunni disabili).

Giova, sul punto, richiamare l’indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 1781/2022, secondo cui la domanda di condanna dell’A.S.L. al riconoscimento del diritto a uno specifico e individualizzato trattamento terapeutico, sia in modalità diretta che per equivalente monetario, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 104/2010, non essendo in dubbio che, in presenza di un “pubblico servizio”, debba considerarsi impugnabile, quale “provvedimento negativo”, l’omissione provvedimentale della P.A. sanitaria in relazione alle specifiche richieste azionate giudizialmente.

Svolte tali preliminari considerazioni, occorre osservare che, a seguito dell’adozione del secondo piano terapeutico (7 marzo 2024), il ricorso è divenuto improcedibile ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), del c.p.a..

Come evidenziato in narrativa, successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo, l’A.S.L. ha adottato un nuovo progetto riabilitativo individuale, all’esito dell’aggiornamento istruttorio in esecuzione del decreto cautelare del 15.2.2024, che riconosceva al minore n. 12 ore settimanali di terapia ABA.

Ebbene, il nuovo PRI del 7 marzo 2024, nel rimodulare il precedente trattamento terapeutico, ha riconosciuto le prestazioni ABA inizialmente denegate, sebbene in misura inferiore a quella reclamata dai ricorrenti e, pertanto, esso si qualifica come un atto sopravvenuto, autonomamente lesivo, sostitutivo di quello oggetto del gravame introduttivo.

Al riguardo, non si ravvisano ragioni per discostarsi dall’indirizzo espresso dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 9875/2023) secondo cui il c.d. remand, essendo una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza per rimettere in gioco l’assetto degli interessi già definiti con l’atto gravato, restituisce all’autorità l’intero potere decisionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale; di conseguenza, il nuovo provvedimento, anche se frutto di un riesame non spontaneo, ma indotto da un’ordinanza cautelare del giudice amministrativo, costituisce espressione di una funzione amministrativa e non di mera attività esecutiva della pronuncia giurisdizionale, implicando il definitivo superamento delle valutazioni poste alla base del provvedimento impugnato, sicché la parte ricorrente non conserva più interesse alla coltivazione dell’impugnativa proposta avverso tale ultimo provvedimento, impugnativa che è, pertanto, destinata ad essere dichiarata improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 16/06/2023, n. 5955; Consiglio di Stato, sez. IV, 29/04/2022, n. 3397).

Il ricorso introduttivo va, quindi, dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

3.- Passando ad esaminare i motivi aggiunti, reputa il Collegio di dover preliminarmente ribadire che la giurisdizione amministrativa sulle controversie in subiecta materia risulta alla stato acclarata dalla sentenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione n. 1781/2022 e dal consolidato recepimento di tale indirizzo da parte del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, che, fino a quel momento, si era invece pacificamente occupato della materia, prevalentemente in via di urgenza, ritenendo la propria giurisdizione.

La controversia, difatti, rientra nell’alveo dell’art. 133, comma 1, lettera c) del c.p.a. che ascrive alla giurisdizione amministrava “la cognizione piena delle controversie relative ad una materia che, per sua stessa natura, implica un indecifrabile intreccio di diritti ed interessi legittimi, tra le posizioni incise dall’espletamento delle relative potestà pubbliche, … (restando confermato, per radicare la giurisdizione amministrativa, il necessario limite dell’esplicazione del potere pubblicistico per mezzo dell’adozione di un provvedimento amministrativo, secondo l’originaria e fondamentale statuizione della Corte Costituzionale, con la sentenza 6 luglio 20014, n. 204)” (cfr., nell’analoga materia dei contenziosi per le ore di sostegno scolastico per alunni disabili, Consiglio di Stato – Adunanza Plenaria, sentenza 12 aprile 2016 n. 7).

La giurisprudenza amministrativa (TAR Campania, Sez. VI, sentenze n. 2191/2021 e n. 2221/2023) tuttavia ha avuto modo di precisare che:

– va esclusa la proponibilità della “domanda avente a oggetto l’accertamento del diritto a beneficiare del “metodo ABA a regime” indipendentemente da una domanda avente a oggetto l’impugnazione di un provvedimento che neghi tale diritto o che comunque lo conformi (in modo evidentemente ritenuto non legittimo dall’interessato)”;

– va affermato, rispetto all’articolo 133, comma 1, lettera c) c.p.a., che “Il riferimento utile al fine di radicare la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di diritto a trattamenti di cura e riabilitazione è quindi costituito dai “provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo” (in coerenza con quanto affermò la Corte Costituzionale nella sentenza (n. 204 del 4-5 luglio 2004) … secondo la quale “la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà (la quale, tuttavia, presuppone l’esistenza del potere autoritativo: art. 11 della legge n. 241 del 1990)” ;

– va puntualizzato “che il riferimento a un provvedimento amministrativo dell’articolo 133 citato deve essere inteso in senso restrittivo e cioè nel senso che la controversia deve avere a diretto oggetto un provvedimento amministrativo e non genericamente riferirsi a ambito nel quale l’amministrazione può agire con poteri autoritativi (altrimenti si avrebbe una giurisdizione su “tutte le controversie” nel senso ritenuto non conforme all’art. 103 C. dalla Corte Costituzionale) e deve riferirsi a un procedimento amministrativo previsto e disciplinato dalla legge in corrispondenza dell’attribuzione all’amministrazione di un potere autoritativo (…); …”.

La tesi prospettata, dunque, è che la possibilità di un accertamento del contenuto del diritto dei pazienti presupponga una preventiva conformazione di tale diritto a opera di un provvedimento amministrativo e l’annullamento a seguito di impugnazione di quel provvedimento; del resto, se si ammettesse l’accertamento del diritto, indipendentemente dall’impugnazione di un provvedimento conformativo di tale diritto, non solo non si integrerebbe la fattispecie dell’articolo 133 (cioè la controversia non avrebbe a oggetto “provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo”) ma “si chiederebbe al giudice amministrativo di statuire su un potere non ancora esercitato, il che non è consentito dall’articolo 34, comma 2, c.p.a.; l’accertamento quindi deve essere consequenziale al preventivo sindacato sul potere conformativo esercitato dall’amministrazione”.

4.- Ribadito quanto sopra, va premesso che le contestazioni dei ricorrenti non si appuntano solo sui contenuti del piano riabilitativo come rimodulato in data 7 marzo 2024, ritenuto evidentemente inadeguato, ma anche sulla delibera della Giunta Regionale n. 131/2021 relativa all’organizzazione della erogazione dei trattamenti a favore dei pazienti autistici presupposta dal “provvedimento conformativo del diritto di cura”.

Ciò posto, ritiene il Collegio di dover preliminarmente esaminare proprio la domanda di annullamento della delibera giuntale n. 131/2021.

Sul punto si ritiene di poter richiamare e fare proprie le considerazioni al riguardo svolte con la sentenza n. 6305 del16 novembre 2023, n. 6305, già spesso richiamata da precedenti decisioni di questa Sezione, le quali, anche in ragione della loro completezza ed esaustività, valgono a superare tutte le difese svolte sul punto dall’ASL e vanno di seguito riportate:

“9.1 Tanto premesso, in termini di ricostruzione generale della complessa e delicata questione sottoposta all’esame del Collegio, è fondato il primo gruppo di censure, con il quale la parte ricorrente lamenta l’illegittimità della delibera di Giunta Regionale n. 131/2021, nella parte in cui fissa limiti ex ante di entità del trattamento, non derogabili nella fase di predisposizione del PAI.

Al riguardo, va preliminarmente ribadito il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa in base al quale in una materia tecnica come quella sanitaria le scelte dell’amministrazione appaiono caratterizzate da un elevato grado di discrezionalità tecnica, siccome volte a bilanciare interessi diversi e per certi versi contrapposti, ovvero l’interesse pubblico alla salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza, la razionale distribuzione delle risorse finanziarie e il contenimento della spesa, il diritto degli assistiti alla fruizione di adeguate prestazioni sanitarie, le aspettative degli operatori privati che si muovono secondo una legittima logica imprenditoriale e l’assicurazione della massima efficienza delle strutture pubbliche che garantiscono l’assistenza sanitaria a tutta la popolazione secondo i caratteri tipici di un sistema universalistico.

In altri termini, le scelte programmatorie in questione sono attuative di misure di macro-organizzazione e di razionalizzazione del sistema sanitario rispetto alle quali deve conseguentemente riconoscersi alla Regione un’ampia sfera di discrezionalità nella valutazione delle varie esigenze che vengono in rilievo.

Tale discrezionalità è sindacabile dall’Autorità Giudiziaria amministrativa solo nei limiti in cui risulti affetta da profili di evidente illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà o di irragionevolezza della determinazione e dei modi di adozione della stessa.

Va anche precisato che l’esercizio dell’ampia discrezionalità degli organi di governo, che si esplica, nella fase a monte, attraverso atti generali e di indirizzo, non può tuttavia finire per consumare interamente l’ulteriore spazio di valutazione che è riservato agli organi dell’amministrazione, i quali sono poi tenuti a tradurre in misure concrete, nella fase a valle, le direttrici generali tracciate dai primi.

Detto in altri termini, un atto generale di pianificazione e indirizzo della successiva attività amministrativa è intrinsecamente incompatibile con un contenuto vincolante e inderogabile, non potendosi, in sede di definizione politica degli indirizzi generali, ingabbiare l’esercizio della discrezionalità che deve essere esplicata ex post, in una fase a valle, dall’apparato amministrativo.

In mancanza, l’atto in questione avrebbe l’intrinseca natura di ordine dell’autorità e, in sostanza, non sarebbe un atto generale, di cui al più conserverebbe la sola denominazione formale.

Ebbene, si è visto che il fuoco delle censure attoree si focalizza sulla previsione contenuta alle pagine 22 – 23 della precitata delibera n. 131/2021 laddove, come riportato in precedenza, sono indicati rigidi parametri di intervento, con indicazione predeterminata e inderogabile del numero specifico di ore di terapia ABA erogabili, previa valutazione del Nucleo Operativo Territoriale per i Disturbi del Neurosviluppo e Neuropsichiatrici dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in base a determinate fasce d’età del minore:

a) fino ad un massimo di 12 ore settimanali fino a 6 anni e 11 mesi di età dei bambini con durata dai 12 ai 36 mesi e con verifica ogni 6 mesi;

b) fino ad un massimo di 8 ore per la fascia di età 7-13 anni e 11 mesi, con durata da 36 a 60 mesi e verifica ogni 6 mesi;

c) fino ad un massimo di 4 ore settimanali per la fascia di età 14-17 anni e 11 mesi, con durata massima di 18 mesi.

9.2 Il motivo è fondato.

Occorre premettere, anche al fine di superare l’eccezione delle resistenti amministrazioni in ordine alla inammissibilità dell’impugnativa, che, con specifico riferimento al caso di specie, non può dubitarsi della effettiva cogenza delle previsioni che vincolano le scelte dell’A.S.L. nell’assegnazione delle ore di terapia ABA con oneri a carico del Servizio Sanitario Regionale; tanto risulta confermato dalla formulazione letterale delle previsioni (nella parte in cui si afferma che risultano erogabili “fino ad un massimo” di ore settimanali dettagliate nel provvedimento), nonché dalla specifica assegnazione al minore, nel caso specifico, di un numero di ore (n. 12) corrispondente al massimo della fascia d’età (0-6 anni e 11 mesi) prevista dall’atto regionale.

Si aggiunga che neppure la difesa dell’A.S.L. dubita della vincolatività delle previsioni programmatorie regionali, tanto da aver eccepito nella memoria difensiva l’irricevibilità, per tardività, del gravame avverso la delibera n. 131/2021, riconoscendo che la lesione – pur attualizzata dall’adozione degli atti consequenziali tempestivamente gravati – discende dalla limitazione oraria predeterminata nell’atto di programmazione regionale.

9.3 Ciò posto, ritiene il Collegio che sia fondata la prima serie di censure, nella parte in cui parte ricorrente si duole della illegittima predeterminazione di rigide gabbie decisionali, con suddivisione delle ore massime di trattamento in maniera lineare per fasce di età, a prescindere dalle specifiche caratteristiche della sindrome e del percorso clinico del paziente.

In tal modo l’amministrazione regionale non ha fatto buon uso della discrezionalità di cui è titolare, sconfinando infatti in valutazioni che trovano la loro naturale collocazione nella fase di determinazione del piano individualizzato, alla stregua delle linee guida nazionali, richiamate sia dalla normativa nazionale che regionale cui si è fatto cenno in premessa e, in tal modo, giungendo ad introdurre limiti massimi di trattamento, che, da un lato, pretendono di porsi come vincolanti per le aziende sanitarie deputate ad erogare il servizio, e che, dall’altro, sono incompatibili con i Lea definiti in materia di disturbi dello spettro autistico.

9.3.a) Sotto un primo profilo, infatti, per quanto evidenziato, non può un atto di natura generale, qual è la delibera regionale in questa sede controversa, consumare integralmente la discrezionalità tecnica propria dei competenti organi operativi (Nuclei territoriali di Neuropsichiatria infantile) delle ASL, in una fase affatto impropria, in quanto posta a monte dell’articolato e complesso processo decisionale che, tuttavia, deve necessariamente concludersi solo nella fase posta a valle, scandita dal contratto terapeutico che definisce il piano assistenziale individualizzato.

A ben vedere, infatti, la delibera impugnata, per quanto dichiari di voler indicare “criteri generali di riferimento per l’erogazione dei trattamenti abilitativi/riabilitativi di tipo sanitario/sociosanitario a carico del SSN”, ha poi finito per esautorare il potere discrezionale dei Nuclei operativi territoriali di NPI, avocando a sé la definizione dei confini massimi entro cui il progetto assistenziale individualizzato può spaziare, ingabbiandone la durata e l’intensità massima entro tre precise fasce d’età, senza possibilità di discostamento in parte qua, nemmeno attraverso una specifica motivazione caso-specifica, utilizzandosi, come rimarcato innanzi, l’univoca espressione “fino a massimo (12/8/4) ore”.

Tali limiti, sia pure ancorati, come ribadito dalle difese della Regione, a studi approfonditi e valutazioni di esperti e professionisti del settore medico di riferimento, nell’ambito di uno specifico gruppo di lavoro istituito all’uopo dalla Regione, impediscono, di fatto, alla equipe medica del Nucleo di NPI dell’ASL, che poi è deputata alla presa in carico del paziente e alla predisposizione del PAI, di valutare e prescegliere il progetto di trattamento più appropriato, essendo sottratta alla stessa la possibilità di definire liberamente, sulla base del bisogno specifico di cura del minore, l’intensità e la durata globale del trattamento, nonostante la pregnanza che tali aspetti possono rivestire sulla sua efficacia, in termini di variazioni positive del profilo funzionale del minore.

Il PDTA, in parte qua, non si è limitato a fissare – come anche fa, coerentemente alla sua natura generale – obiettivi programmatici e linee direttrici della pianificazione dell’intervento assistenziale multidisciplinare pro futuro, anche al fine di assicurare una maggiore efficienza organizzativa e il più razionale utilizzo delle risorse, strumentali, umane ed economiche, deputate ad assicurare il delicatissimo servizio socio-sanitario in questione.

Tale piano, difatti, ha finito per travalicare, sotto il profilo evidenziato, lo spazio di discrezionalità che necessariamente deve essere esercitato dai Nuclei Operativi Territoriali per i Disturbi del Neurosviluppo e Neuropsichiatrici dell’Infanzia e dell’Adolescenza, posto che, al momento della predisposizione dei singoli progetti terapeutici di assistenza integrata, vengono imposti limiti orari che, come eccepito dalla difesa ricorrente, del tutto plausibilmente potrebbero rilevarsi non adeguati ad una valutazione caso-specifica, risultando tale imposizione di per sé in contraddizione con gli stessi criteri generali tracciati dalle linee guida nazionali oltre che con gli stessi indirizzi regionali contenuti nello stesso PDTA.

Senonché, la evidenziata vocazione di pianificazione e organizzazione del servizio nelle varie aziende sanitarie regionali, non può spingersi fino a imporre, ex ante e in maniera standardizzata e vincolante per fasce d’età, livelli massimi di prestazioni, dovendosi ritenere, al contrario, che, al fine di assicurare l’adeguatezza del servizio socio-assistenziale in questione, non sia possibile la previsione di rigidi limiti (minimi come anche massimi) di trattamento settimanale e di durata dell’ABA, costituendo gli studi contenuti nelle Linee guida nazionali, così come nel PDTA, dei parametri di riferimento sulla cui base formulare un progetto di prestazioni individualizzato, competendo, come rimarcato anche dai ricorrenti, la scelta del trattamento più appropriato ai Nuclei operativi di NPI delle ASL, tenuti a motivare congruamente la scelta, nel caso concreto, della tipologia di trattamento, della sua intensità e articolazione nel tempo.

In sostanza, con maggior impegno esplicativo, i livelli essenziali di assistenza in subiecta materia devono essere assicurati attraverso la predisposizione di adeguati piani individualizzati, calibrati sullo specifico bisogno socio-sanitario del minore e non attraverso la predisposizione di rigide e standardizzate fasce orarie di trattamento ABA.

A tal fine, pertanto, nella predisposizione del contratto terapeutico, non potrà non tenersi conto, in particolare:

– del diverso livello di gravità del disturbo dello spettro autistico, cui è associata la necessità di una diversa tipologia e intensità di supporto sanitario-assistenziale secondo il DMS-5;

– della diversa efficacia della metodica ABA, in relazione all’età del minore, così come emerge dagli studi delle Linee guida nazionali;

– del contesto globale degli interventi e delle prestazioni integrate che sono assicurate al minore, posto che gli interventi coordinati che garantiscono la globalità della presa in carico del bambino a carico del SSR (abilitativi/riabilitativi, ausili, farmaci), per come più sopra chiarito, devono essere inseriti nel PAI e integrati con quelli sociali ed educativi, come precisato nel PDTA;

– della necessità che il numero elevato di ore afferenti agli studi riportati nelle linee guida (per lo più relativi a trattamenti ad approccio comportamentale centrati tra le 20 e le 40 ore settimanali) vada calato nella peculiarità del contesto internazionale in cui è stata sviluppata tale metodica, posto che, come ribadito nella delibera impugnata, tali studi sono basati sull’esclusivo lavoro a casa e nelle scuole speciali (per lo più americane), mentre la rete assistenziale italiana offre, oltre all’intervento sanitario presso i centri clinici e presso il domicilio, altre opportunità di supporto presso le istituzioni educative in cui è inserito il minore, grazie al sistema normativo inclusivo (pag. 12 PDTA). A tale ultimo riguardo vanno considerate le conclusioni delle stesse Linee guida 21, nella parte in cui si rimarca che:

I) “non sono disponibili dati sui quali dovrebbe essere il numero di ore ottimale erogato settimanalmente per evitare il rischio di un training eccessivamente intensivo e stancante” (pag. 54), segnalandosi anche studi inclusi in una delle metanalisi con intensità media degli interventi erogati anche di sole 10 ore a settimana, fino a giungere a 37,5 ore a settimana (in media circa 26 ore a settimana) e che all’aumentare dell’intensità oltre le 25 ore a settimana non corrisponde un proporzionale miglioramento negli outcome;

II) “È presente un’ampia variabilità a livello individuale negli esiti ottenuti dai programmi intensivi comportamentali ABA; è quindi necessario che venga effettuata una valutazione clinica caso-specifica per monitorare nel singolo bambino l’efficacia dell’intervento, ossia se e quanto questo produca i risultati attesi” (pag. 55).

Dunque, nella fase di esercizio “a valle” della discrezionalità, i Nuclei operativi devono poter tener conto delle linee di indirizzo terapeutico contenute nel PDTA, nella loro naturale valenza programmatoria, e, dunque, nei limiti in cui le sue disposizioni rilevino alla stregua di mere raccomandazioni non vincolanti e, pertanto, naturalmente derogabili in melius, sia pure dando conto delle ragioni del discostamento, attraverso congrua motivazione, e valutando, al fine della determinazione dell’intensità del trattamento, una serie di elementi che – variando da paziente a paziente – vanno contestualizzati e calati nella fattispecie concreta.

9.3.b) Sotto un secondo concorrente aspetto, va anche rimarcato che l’imperatività e non derogabilità delle prescrizioni in questione, pervicacemente avversata da parte ricorrente, non solo, come detto, è ontologicamente incompatibile con la natura di atto generale del PAI, ma è anche inidonea a garantire i livelli minimi di assistenza, come definiti dalle Linee Guida dell’ISS – cui il DPCM 12 gennaio 2017 e la legge 134/2015 rimandano – che prescrivono un obbligo di trattamento individualizzato, che non può non tener conto della gravità del disturbo del minore e delle variazioni positive del profilo funzionale alla sollecitazione attraverso il metodo ABA, così come fondatamente dedotto con il motivo di ricorso sub VI).

La scelta dell’articolazione temporale del trattamento terapeutico, infatti, deve essere adeguata, rispondente alle specifiche esigenze del singolo minore e tener conto del livello di gravità e bisogno di supporto del suo peculiare caso, del suo contesto socio-ambientale e del suo personale percorso di recupero, di cui occorre dare trasparente contezza nella motivazione, con indicazione delle ragioni concrete e specifiche per cui, tenuto conto di tali fattori, si giunge alla assegnazione di un determinato numero di ore; ciò soprattutto ove si ritenga di dover assegnare al minore un numero di ore superiore rispetto alle fasce orarie distinte sulla base dell’età, indicate dai protocolli regionali che, per quanto esposto, non potendo avere valenza vincolante, potrebbero al più valere come mera raccomandazione, come tale motivatamente derogabile dalle ASL.

E’ il Nucleo operativo di riferimento che, infatti, deve procedere alla valutazione complessiva del bambino ai fini della redazione di un piano/programma/progetto individuale che definisca in modo puntuale le prestazioni che gli devono essere erogate a carico del SSR, rientrando la redazione del predetto piano/programma/progetto nella competenza esclusiva dell’ASL che, anche eventualmente avvalendosi di indagini e diagnosi svolte da parte di un centro di terzo livello, deve stabilire la durata e la frequenza degli interventi terapeutici sulla base di oggettivi riscontri normativi e/o scientifici – adattati alla peculiarità del caso clinico – che attengono al corretto svolgimento del protocollo previsto nella normativa nazionale e regionale al riguardo (cfr., Tar Lazio, sent. n. 8790/2023).

In senso contrario a quanto innanzi evidenziato, la delibera regionale, contingentando le prestazioni erogabili al di fuori di una valutazione caso-specifica, determina un notevole abbassamento del meccanismo di garanzia insito nella previsione di “standard minimi”, da assicurare su tutto il territorio nazionale, in violazione delle norme contenute nella legislazione esclusiva statale in materia di “livelli essenziali delle prestazioni” (cfr., in termini, sent. Corte Cost. 18 aprile 2012 n. 91 e nn. 72 e 91 del 2020).

Nella specie, dunque, è evidente che la definizione di livelli massimi di prestazioni determina una non consentita deroga in peius ai livelli essenziali delle prestazioni, incompatibile con i principi costituzionali innanzi richiamati.

Ritiene il Collegio che costituisce un presidio basilare di garanzia minima della adeguatezza del servizio socio-sanitario erogato la possibilità di adattamento del contratto terapeutico alle specifiche necessità di cura del singolo paziente, sulla base di una valutazione globale della peculiarità del caso clinico su cui va progettato e costruito il piano individualizzato, dunque, necessariamente “a misura”, sulla base di una motivata valutazione della sua storia clinica, applicando standard di qualità del servizio e delle prestazioni scevri da aprioristiche generalizzazioni e adeguatamente differenziati sulla base dei bisogni del minore.

Il ricorso a progetti già “preconfezionati”, immotivatamente e vincolativamente adattati al paziente, finisce, invece, come evidenziato, per limitare se non impedire un’adeguata analisi caso specifica, diversamente richiesta come necessaria dalla legislazione statale, come anche dalle Linee guida cui questa fa rinvio, impedendo allo stesso Nucleo multidisciplinare di potervi derogare, e in tal modo attuando uno sconfinamento in peius rispetto ai Lep fissati in materia di Lea, secondo la disciplina fissata nel D.P.C.M. 21 gennaio 2017.

A tale riguardo, giova richiamare la pronuncia della Corte Cost. 115/2012, con cui si è invero evidenziato come occorra, specialmente in materia di livelli essenziali delle prestazioni, osservare il principio di leale collaborazione tra Stato ed enti territoriali, sempre sul presupposto che la legislazione esclusiva dello Stato ricopre un ruolo essenziale nella determinazione dei livelli essenziali di assistenza in quanto garantisce l’osservanza di uno standard di tali prestazioni non inferiore al minimo previsto dalla normativa nazionale e comunitaria.

La definizione, l’attuazione e la verifica di un programma terapeutico individualizzato, attraverso cui è in concreto garantita “ai minori con disturbi neuropsichiatrici e del neurosviluppo” la presa in carico globale multidisciplinare, richiede, a mente dell’art. 25 DPCM 12 gennaio 2017, che lo stesso sia calibrato per intensità, complessità e durata in base alle valutazioni caso specifiche che non possono che essere riferite alla patologia e alla storia clinica del paziente, individuando le prestazioni, anche domiciliari, mediche specialistiche, diagnostiche e terapeutiche, psicologiche e psicoterapeutiche, e riabilitative, necessarie, anche modulandole nella loro articolazione diacronica, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche, necessarie e appropriate”.

Alla luce delle motivazioni sopra riportate, deriva la fondatezza del ricorso per motivi aggiunti in parte qua, discendendo da ciò la necessità di annullare tale delibera nella parte in cui ha previsto limiti ex ante di entità del trattamento ABA per fasce d’età e non derogabili nella fase di predisposizione del PRI.

5.- Tanto acclarato, il gravame aggiuntivo, per contro, non può trovare accoglimento nella misura in cui è stato chiesto l’annullamento del PRI del 7 marzo 2024

Depongono in tal senso gli esiti raggiunti dall’espletata verificazione, per come riportati nella relazione depositata in data 27.8.2024.

Il verificatore, oltre a confermare la correttezza della diagnosi posta dalla resistente ASL ritenendo congruo il livello di gravità pari a 3 del disturbo dello spettro dell’autismo riconosciuto al minore, ha evidenziato la sua positiva risposta al trattamento condotto mediante la metodologia ABA, concludendo che “nel caso specifico la terapia abilitativa neuropsicomotoria e logopedica con metodo ABA stia sortendo effetti positivi sull’evoluzione del profilo funzionale complessivo d-OMISSIS-.

Tuttavia, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, il verificatore, supportando le sue conclusioni con la più autorevole letteratura medica in materia nonché alla luce anche delle più recenti linee guida ministeriali (ottobre 2023 – Raccomandazioni della linea guida sulla diagnosi e sul trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini ed adolescenti), ha escluso una relazione diretta, scientificamente comprovata, tra l’intensità del trattamento ed il miglioramento funzionale del paziente.

Con specifico riferimento a tale profilo ha, difatti, chiarito come “la letteratura disponibile non riporta dati che permettano di indicare un’intensità (numero di ore) ottimale, sottolineando come l’intero progetto di supporto debba essere condiviso tra operatori sanitari, scuola e famiglia, con l’obiettivo di dare continuità all’intervento. Viene, ancora sottolineata, l’importanza di effettuare una periodica valutazione della risposta al trattamento ponendo attenzione anche alla comparsa di eventuali effetti indesiderabili”.

In tal modo argomentando, la verificazione, muovendo dall’assoluta opinabilità del parametro che correla l’intensità oraria del trattamento al miglioramento della risposta da parte del paziente, ha sottolineato come l’adeguatezza del trattamento Aba, e, di conseguenza, la ragionevolezza e logicità della motivazione adottata dall’amministrazione onde giustificare l’esercizio della discrezionalità tecnica di cui è espressione la prescritta terapia, non possa essere valutata adottando come unico parametro riferimento il profilo prettamente sanitario, dovendosi per contro considerare anche “L’insieme degli interventi sanitari abilitativi, educativi, pedagogici e sociali che concorrono unitamente al Progetto terapeutico”.

In altri termini, l’intensità del progetto riabilitativo risponde a criteri di valutazione tecnica non in grado di offrire sempre risposte univoche, la cui determinazione è ancorata ad un apprezzamento non privo di elementi di opinabilità cosicché, in tali situazioni, il sindacato del giudice, essendo pur sempre un sindacato di legittimità e non di merito, è destinato ad arrestarsi sul limite oltre il quale la stessa opinabilità dell’apprezzamento operato dall’Amministrazione impedisce d’individuare un parametro giuridico che consenta di definire quell’apprezzamento illegittimo.

Come precisato dall’incaricato verificatore, le conoscenze scientifiche disponibili non sono in grado di individuare un monte orario ottimale di trattamento, dovendo quest’ultimo essere modulato in considerazione dell’interazione delle azioni strettamente sanitarie (e quindi abilitative/riabilitative) con le attività di supporto educative e sociali a cura di altre istituzioni (istituzioni scolastiche ed enti locali).

Alla luce di tali considerazioni, il verificatore, rispondendo alle specifiche obiezioni sul punto sollevate dai ricorrenti, ha ribattuto, per un verso, che il minore, oltre al trattamento abilitativo sanitario per 13 ore settimanali complessive come da ultimo prescritte dalla resistente ASL, risultava supportato in ambito scolastico da n. 22 ore di sostegno scolastico cui si aggiungevano ulteriori ore di assistenza specialistica per un progetto di supporto complessivo nei diversi contesti di vita che superava 35 ore settimanali; per altro verso, che il monte orario reclamato dai ricorrenti (25 ore di trattamento) avrebbe elevato a 47 le ore di sollecitazioni individualizzate, per una media dunque di oltre 9 ore al giorno, lasciando uno spazio pressoché nullo per altre attività ricreative che avrebbero potuto apportare un benessere emotivo al minore. In definitiva, il richiesto trattamento avrebbe coinvolto il minore “in attività che, per quantità di ore settimanali di impegno, non vengono proposte nemmeno ai bambini neurotipici”.

Ha quindi concluso ritenendo che “la prescrizione di trattamento abilitativo basato sui principi dell’ABA, effettuata dal Nucleo NPI dell’ASL Na3 Sud, di 13 ore settimanali comprensive di supporto alla coppia genitoriale appare al momento rispondente ai bisogni sanitari individuali del piccolo (omissis) e si inserisce all’interno del Piano Assistenziale Individualizzato che tiene conto di un sistema integrato di interventi, tra cui l’ambito scolastico, concorrendo al più ampio progetto di vita del bambino (come da PDTA DGRC n° 131/2021), a condizione che i bisogni del minore vengano monitorati ed eventualmente rimodulati con frequenza semestrale”.

Le conclusioni rassegnate dal verificatore, essendo ispirate ad una logica e congruente declinazione dei parametri scientifici estremamente opinabili che informano la materia in oggetto, sono pienamente condivise dal Collegio, dovendosi peraltro rammentare che, per consolidata giurisprudenza, “… il giudice amministrativo deve e può censurare, ove sollecitato dalla doglianza di parte, la valutazione dell’amministrazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità della scienza applicata o adoperata per compiere la sua decisione, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura ovvero di dottrina dominante in materia. Risulta, per converso, inammissibile qualsivoglia sindacato che sostituisca l’opinabile valutazione di parte, del consulente tecnico chiamato a rivalutare la questione tecnica controversa o del medesimo Collegio decidente alla valutazione espressa dall’Amministrazione, salvo che quest’ultima non sia inficiata dai vizi suindicati o non si palesi manifestamente illogica, irrazionale, arbitraria ovvero fondata su un palese e manifesto travisamento dei fatti o sia inficiata da macroscopiche contraddittorietà o incongruenze (cfr. in termini, fra le tante: Cons. Stato, sez. VI, 9 luglio 2013, n. 3611; Cons. Stato, sez. VI, 4 dicembre 2009, n. 7613 e 27 ottobre 2009, n. 6559; Cons. Stato, sez IV, 13 ottobre 2003, n. 6201;Cons. Stato, sez. IV, 25 ottobre 2022, n. 9078).

In continuità con l’orientamento richiamato, si evidenzia che le doglianze articolate dai ricorrenti con il gravame aggiuntivo in esame sono state finalizzate a sindacare l’esercizio della discrezionalità tecnica dell’amministrazione non in forza dei sopra richiamati profili di eccesso di potere che ne consentono il sindacato da parte di questo Tribunale, bensì al dichiarato fine di sostituire la valutazione di opportunità ed adeguatezza del trattamento sanitario da essi reclamata con quella formulata dalla competente Azienda Sanitaria, quanto all’individuazione dell’intervento terapeutico preferibile.

Conclusivamente, il ricorso per motivi aggiunti, nella parte in cui è stato finalizzato ad ottenere il riconoscimento in favore del minore di un trattamento riabilitativo sanitario con le modalità A.B.A. nella misura di 25 ore settimanali di terapia ABA, 3 ore mensili di supervisione, non può trovare accoglimento e, per l’effetto, dev’essere respinto.

6.- Il ricorso deve, infine, essere accolto quanto all’azione risarcitoria nei sensi di seguito indicati, essendo stato comunque appurato il diritto del minore a ricevere il trattamento sanitario richiesto con la metodologia ABA, sia pure in misura più contenuta rispetto a quella reclamata.

Ritiene il Collegio che i genitori del minore abbiano, dunque, diritto al rimborso delle spese documentate già sostenute – e non rimborsate – per le terapie relative al trattamento riabilitativo metodo ABA per i disturbi dello spettro autistico a far data dalla domanda di accesso alle terapie presso la struttura convenzionata, nei limiti delle ore ABA di cui al progetto che ad oggi sta seguendo e, allo stato, ritenuto congruo all’esito dell’espletata verificazione.

7.- Quanto alle spese di lite, comprese quelle dell’espletata verificazione, considerato l’andamento del giudizio che ha visto, da un lato, l’ASL riconoscere al minore il trattamento sanitario adeguato soltanto all’esito dell’instaurazione del giudizio e, dall’altro, i ricorrenti insistere nella loro pretesa nonostante la congrua riformulazione del piano terapeutico, le stesse possono essere interamente compensate tra le parti in causa.

Il Collegio, esaminate la relazione, la documentazione allegata ritiene congruo liquidare in favore del verificatore dott.ssa (omissis) per l’attività concretamente svolta (per come desumibile dalla relazione depositata), la somma di € 600,00 oltre I.V.A, se non esente, e contributi come per legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposto,

dichiara improcedibile il ricorso introduttivo;

accoglie parzialmente i motivi aggiunti nei sensi e nei limiti di cui in motivazione;

condanna l’Asl resistente a rimborsare le spese documentate già sostenute dai genitori per le terapie relative al trattamento riabilitativo metodo ABA per i disturbi dello spettro autistico nei limiti delle ore settimanali di cui in motivazione;

dichiara le spese di giudizio interamente compensate tra le costituite parti;

pone gli oneri relativi alla verificazione, così come liquidati in parte motiva, a carico, in parti eguali, dell’Asl resistente e dei ricorrenti, mandando alla Segreteria per la comunicazione dell’avvenuta liquidazione al verificatore.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

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