• Home
  • >
  • T.A.R. Napoli, (Campania) sez. III, 14/10/2024, n.5394

T.A.R. Napoli, (Campania) sez. III, 14/10/2024, n.5394

Massima

In caso di accoglimento del ricorso per l’ottemperanza al decreto ex lege Pinto, può riconoscersi l’obbligo di corrispondere alla parte ricorrente, oltre che gli interessi sulle somme liquidate in giudicato, anche delle spese accessorie. Infatti, nel giudizio di ottemperanza, le ulteriori somme richieste in relazione a spese, diritti e onorari successivi alla sentenza sono dovute solo in relazione alla pubblicazione, all’esame ed alla notifica della medesima, nonché alle spese relative ad atti accessori aventi titolo nello stesso provvedimento giudiziale; non sono dovute, invece, le eventuali spese non funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, quali quelle di precetto (che riguardano il procedimento di esecuzione forzata disciplinato dagli artt. 474 ss., c.p.c.), o quelle relative a procedure esecutive risultate non satisfattive, poiché l’uso di strumenti di esecuzione diversi dall’ottemperanza al giudicato è imputabile alla libera scelta del creditore. Ciò in considerazione del fatto che il creditore della P.A. può scegliere liberamente di agire, o in sede di esecuzione civile, ovvero in sede di giudizio di ottemperanza, ma una volta scelta questa seconda via non può chiedere la corresponsione delle spese derivanti dalla eventuale notifica al debitore di uno o più atti di precetto.

Supporto alla lettura

IL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA

In base all’art. 112 del Codice del processo amministrativo, l’ottemperanza può essere domandata per:

  • sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato;
  • sentenze esecutive e altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo;
  • sentenze passate in giudicato del giudice ordinario e altri provvedimenti ad esse equiparati;
  • sentenze passate in giudicato e altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza;
  • lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili.

Il Giudice amministrativo competente è quello che ha adottato la decisione di cui si domanda l’ottemperanza (ovvero il Tar la cui decisione sia stata confermata in appello) oppure il Tar della circoscrizione in cui si trova l’Autorità (diversa dal Giudice amministrativo) che ha adottato la decisione oggetto di azione.

Quanto al rito, il giudizio di ottemperanza rientra tra quelli che si svolgono in camera di consiglio ed è, dunque, caratterizzato dal dimezzamento dei termini processuali (esclusi quelli introduttivi).

Il Giudizio si conclude con sentenza in forma semplificata (oppure con ordinanza è ad un’ordinanza che si deve ottemperare) e con la quale il Giudice adito, se accoglie il ricorso:

  • ordina l’ottemperanza prescrivendo le modalità esecutive
  • dichiara la nullità degli atti adottati in violazione o elusione del giudicato;
  • dichiara l’inefficacia degli atti adottati in violazione o elusione di decisioni (solo esecutive) esecutive;
  • nomina, ove occorra, un commissario ad acta;
  • se del caso, fissa una somma di denaro dovuta per ogni violazione o ritardo.

La disciplina di rito sopra esposta si applica anche in sede di eventuale impugnazione.

Il principio costituzionale dell’effettività della tutela giurisdizionale richiede che la sentenza emanata nei confronti della parte soccombente, venga portata ad esecuzione anche senza la cooperazione di quest’ultima e il giudizio di ottemperanza serve proprio a dare esecuzione alle sentenze pronunciate nei confronti della P.A., ove questa non provveda direttamente.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
1. – Con il ricorso in esame, parte ricorrente ha chiesto l’esecuzione del decreto decisorio di accoglimento cron. n. 901/2017, emesso dalla Corte di Appello di Napoli – Sezione civile II Bis in data 24.3.2017, in esito al procedimento RG n. 462/2017, a definizione di un giudizio per violazione del principio di cui all’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo – ragionevole durata del processo – a titolo di equa riparazione ex artt. 2 e 3 della Legge n. 89/2001 (Legge Pinto), con in cui il Ministero della Giustizia è stato condannato al pagamento in favore di Martino Adelina “della somma di €3.500,00,oltre interessi legali dalla domanda“, nonché al pagamento delle spese processuali, liquidate “in € 59,69 per spese documentate, ed in € 500,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese come per legge con distrazione in favore dell’avv. Lucio Benigni anticipante“.

1.1. – In particolare, i ricorrenti, premesso di essere gli eredi legittimi della originaria beneficiaria (omissis) (deceduta in data (omissis)), hanno lamentato il mancato pagamento da parte del Ministero intimato della somma di euro 3.500,00 riconosciuta alla loro comune dante causa per il citato titolo.

In aggiunta alla domanda principale hanno avanzato richiesta di nomina di un Commissario ad acta, con il compito di provvedere in sostituzione dell’Amministrazione in caso di persistenza nell’inadempimento, nonché la fissazione della somma che la PA intimata, qualora ancora inadempiente, sia tenuta a versare per l’ulteriore violazione del giudicato, oltre al pagamento delle spese di giudizio, da liquidare in favore del costituito difensore anticipatario.

2. – Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio con memoria di mero stile in data 4 ottobre 2024.

3. – Alla camera di consiglio dell’8 ottobre 2024 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

Diritto
4. – Il ricorso è fondato e va accolto nei termini e limiti che seguono, premettendo che i ricorrenti hanno idoneamente documentato (mediante produzione di copia della denuncia di successione) di essere i successori legittimi di (omissis), originaria beneficiaria del decreto in questa sede azionato, e deceduta in data 11.10.2022.

4.1 – Il Collegio rileva come nel caso di specie ricorrano tutti i presupposti necessari per l’accoglimento – con esclusione delle spese di lite, non risultando aver proposto il presente ricorso anche il difensore antistatario, titolare per ciò solo di autonomo titolo di credito, distinto rispetto alla posizione del proprio assistito (cfr. Cass. Civ. Sez. III, n. 27041 del 12.11.2008; n. 21070 dell’1.10.2009) – essendo il titolo azionato divenuto definitivo in seguito alla mancata proposizione di opposizione, come da certificato in atti della competente cancelleria della Corte di Appello di Napoli del giorno 16/5/2024, ed essendo trascorso il termine di centoventi giorni dalla data della notifica (avvenuta a mezzo posta in data 28/4/2017) del decreto decisorio esecutivo (munito anche di formula esecutiva, apposta in data 18/4/2017) ai sensi dell’art. 14, comma 1, del Decreto-legge n. 669 del 1996, convertito nella Legge n. 30 del 1997, senza che il Ministero della Giustizia abbia dato esecuzione al dictum del giudice civile.

In tal senso l’art. 112, comma 2, c.p.a. ha codificato un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il decreto di condanna emesso ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 89 del 2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi ed è, sotto tale profilo, equiparato al giudicato, con conseguente idoneità a fungere da titolo per l’azione di ottemperanza (Cons. Stato, IV, 16.3.2012, n. 1484). Ne discende pertanto l’idoneità del titolo all’esecuzione, attesa la persistente ed ingiustificata inerzia dell’Amministrazione, che non ha comprovato l’avvenuto pagamento (Cass. SS.UU., n. 12533/2001).

Infine, è decorso infruttuosamente l’ulteriore termine di sei mesi dall’avvenuta presentazione delle autodichiarazioni di cui all’art. 5-sexies della Legge n. 89/2001 (come introdotto dalla Legge n. 208/2015 – cd. Legge di stabilità 2016), la quale costituisce condizione per l’emissione dell’ordine di pagamento da parte dell’amministrazione giudiziaria.

5.- . La domanda di parte ricorrente va pertanto accolta e, per l’effetto, va ordinato all’Amministrazione convenuta di eseguire la statuizione giudiziale innanzi riportata e, quindi, di far luogo al pagamento di quanto dovuto agli odierni ricorrenti (per la sola sorta capitale in favore della loro comune dante causa liquidata, si ribadisce), nel termine di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione della presente decisione.

5.1. – Per quanto riguarda le spese successive alla sentenza azionata, e come tali non liquidate nella stessa, il Collegio condivide la giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Campania, sez. VII, sent. 5097 del 28.10.2019; sez. VIII, sent. 3677 del 5.6.2018; 3977 del 19.7.2019), ai sensi della quale, “in sede di giudizio di ottemperanza può riconoscersi l’obbligo di corrispondere alla parte ricorrente, oltre che gli interessi sulle somme liquidate in giudicato, anche delle spese accessorie (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 28/10/2009, n. 1798; T.A.R. Sardegna, 29/09/2003, n. 1094).

Infatti, nel giudizio di ottemperanza, le ulteriori somme richieste in relazione a spese diritti e onorari successivi alla sentenza sono dovute solo in relazione alla pubblicazione, all’esame ed alla notifica del medesimo, nonché alle spese relative ad atti accessori aventi titolo nello stesso provvedimento giudiziale; non sono dovute, invece, le eventuali spese non funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, quali quelle di precetto (che riguardano il procedimento di esecuzione forzata disciplinato dagli artt. 474 ss., c.p.c.), o quelle relative a procedure esecutive risultate non satisfattive, poiché, come indicato, l’uso di strumenti di esecuzione diversi dall’ottemperanza al giudicato è imputabile alla libera scelta del creditore (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 11 maggio 2010 , n. 699; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 22 dicembre 2009 , n. 1348; Tar Campania – Napoli n. 9145/05 ; T.A.R. Campania – Napoli n. 12998/03; C.d.S. sez. IV n. 2490/01; C.d.S. sez. IV n. 175/87).

Ciò in considerazione del fatto che il creditore della P.A. può scegliere liberamente di agire, o in sede di esecuzione civile, ovvero in sede di giudizio di ottemperanza, ma una volta scelta questa seconda via non può chiedere la corresponsione delle spese derivanti dalla eventuale notifica al debitore di uno o più atti di precetto (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 14.07.2009, n. 1268)“.

Le spese, i diritti e gli onorari di atti successivi alla sentenza azionata sono quindi dovuti solo per le voci suindicate e, in quanto funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, vengono liquidate, in modo omnicomprensivo, nell’ambito delle spese di lite del presente giudizio come quantificate in dispositivo, fatte salve le eventuali spese di registrazione del titolo azionato, il cui importo, qualora dovuto e versato, non può considerarsi ricompreso nella liquidazione omnicomprensiva delle suindicate spese di lite.

6. – Per il caso di ulteriore inottemperanza, va fin d’ora designato il Commissario ad acta, da individuarsi ai sensi dell’art. 5-sexies, co. 8, legge n. 89/2001, a cura del Capo Dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria presso il Ministero della Giustizia, all’interno della medesima struttura, il quale, decorso infruttuosamente il termine assegnato ed entro sessanta giorni decorrenti dalla comunicazione a cura di parte ricorrente della perdurante inottemperanza, compirà gli atti necessari al pagamento. Al riguardo, va precisato che:

– il munus di ausiliario del giudice deve ritenersi intrinsecamente obbligatorio, sicché non può essere né rifiutato né inciso da disposizioni interne all’Amministrazione di appartenenza (cfr. C.G.A.R.S., sent. n. 138/2015; ord. della Sezione n. 2039/2019)

– il compenso relativo all’eventuale funzione commissariale rientra nell’omnicomprensività della retribuzione dei dirigenti, ai sensi del richiamato art. 5-sexies, co. 8, legge n. 89/2001 (cfr. T.A.R. Molise, sent. n. 589/2018).

7. – Si ritiene, altresì, di dover altresì disporre, a carico dell’Amministrazione resistente e a favore dei ricorrenti, come richiesto, il pagamento della penalità di mora di cui all’articolo 114, co. 4, lett. e), cod. proc. amm., in misura pari agli interessi legali sulle somme dovute, con decorrenza dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento disposto nella presente sentenza di ottemperanza e fino all’effettivo soddisfo o, in mancanza, sino alla data di scadenza del termine concesso all’Amministrazione per adempiere (dovendosi ritenere, a tal punto, onere della parte interessata attivarsi per l’insediamento del Commissario ad acta).

8. – Le spese di lite sono liquidate secondo l’ordinario canone della soccombenza, in misura che tiene conto del valore della lite e della natura delle questioni trattate, di non particolare complessità.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:- dichiara l’obbligo del Ministero della Giustizia di dare esecuzione al decreto decisorio in epigrafe meglio specificato, nei modi e nei termini di cui in motivazione;

– per il caso di ulteriore inottemperanza nomina sin d’ora quale Commissario ad acta un Dirigente amministrativo da individuarsi a cura del Capo Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria presso il Ministero della Giustizia, il quale provvederà ai sensi e nei termini di cui in motivazione al compimento degli atti necessari all’esecuzione del predetto decreto;

– condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di parte ricorrente, con distrazione in favore del legale antistatario, delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 500,00 (cinquecento/00), di cui euro 100,00 per esborsi presumibili, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 14 OTT. 2024.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi