• Home
  • >
  • T.A.R. Napoli, (Campania) sez. II, 29/11/2022, n.7453

T.A.R. Napoli, (Campania) sez. II, 29/11/2022, n.7453

Massima

La legittimazione ad impugnare un atto amministrativo deve essere direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dallo stesso e, inoltre, postula l’esistenza di un interesse attuale e concreto all’annullamento dell’atto.

 

Supporto alla lettura

ATTO AMMINISTRATIVO

Si tratta di un atto giuridico posto in essere da un’autorità amministrativa nell’esercizio di una sua funzione amministrativa. Espressione di un potere amministrativo, produttivo di effetti indipendentemente dalla volontà del soggetto o dei soggetti cui è rivolto, è:

  • unilaterale;
  • esterno;
  • nominativo.

Si distinguono i suoi requisiti in:

  • requisiti di legittimitàla cui mancanza comporta l’annullabilità dell’atto amministrativo;
  • requisiti di efficacia: necessari invece perché l’atto produca concretamente i suoi effetti.

Un atto amministrativo, generalmente, presenta una struttura formale composta da:

  • intestazione (autorità da cui emana l’atto); errore o mancanza: irregolarità
  • preambolo (contiene le norme di legge e gli articoli in base ai quali l’atto è stato adottato); errore o mancanza: illegittimità
  • motivazione (valuta comparativamente gli interessi, indicando le ragioni per le quali si preferisce soddisfare un interesse in luogo di un altro); errore o mancanza: illegittimità
  • dispositivo (è la parte precettiva, che costituisce l’atto di volontà della pubblica amministrazione)
  • luogo; errore o mancanza: irregolarità
  • data; errore o mancanza: irregolarità
  • sottoscrizione (firma dell’autorità che emana l’atto o di quella delegata).

Rispetto al contenuto dell’atto amministrativo si distinguono invece elementi:

  • essenziali: la cui mancanza determina la nullità dell’atto amministrativo, mentre la mancanza di un requisito determina l’annullabilità dell’atto amministrativo, cioè la possibilità che sia annullato, su istanza di parte o d’ufficio da parte della Pubblica Amministrazione;
  • accidentali: applicabili soltanto agli atti amministrativi negoziali; infatti rispetto agli atti amministrativi gli elementi accidentali non hanno ragion d’essere. Devono essere possibili e leciti, quelli accidentali illeciti o impossibili non comportano la nullità o l’annullabilità dell’atto amministrativo, ma si considerano come non apposti;
  • naturali: si considerano sempre inseriti nell’atto, anche se non apposti espressamente, in quanto previsti dalla legge per il tipo astratto di atto.

Un atto amministrativo può essere invalido perché contrario a norme giuridiche, e allora si tratta di un atto amministrativo illegittimo, oppure perché è contrario al principio costituzionale della buona amministrazione (art. 97 Cost.), e allora si tratta di un atto amministrativo inopportuno. L’atto illegittimo può essere viziato in modo più o meno grave, dando luogo a due categorie di invalidità degli atti amministrativi:

  • atto nullo: se c’è incompetenza assoluta (es. colui che ha emanato l’atto non aveva potere di farlo); manca uno degli elementi essenziali (es. inesistenza o indeterminabilità del soggetto o dell’oggetto, illegittimità del contenuto, mancanza di finalità intesa come interesse pubblico, ecc.); violazione o elusione del giudicato (es. quando il nuovo atto emanato dalla pubblica amministrazione, a seguito di sentenza, riporta i medesimi vizi già censurati, ovvero tenti di aggirare il giudicato);
  • atto annullabile: quando c’è incompetenza relativa (es. l’organo che ha emanato l’atto è competente, ma non colui che se ne è occupato perché inferiore gerarchicamente a chi ne aveva il potere); violazione di legge (es. l’atto va contro una legge dello Stato); eccesso di potere (es. disparità di trattamento, illogicità della motivazione, ingiustizia manifesta, ecc.).

La differenza tra le due categorie sta nel fatto che l’atto amministrativo annullabile perde efficacia se la parte che ne ha diritto chiede e ottiene l’annullamento, quello nullo è privo di efficacia sin da quando nasce.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 22.03.2018 la società ricorrente invoca l’annullamento, previa sospensione, degli atti in epigrafe lamentando:

– Sull’eccesso di potere sub specie di omessa istruttoria in merito alla sussistenza del presupposto legittimante l’acquisizione al patrimonio del Comune;

– Sull’eccesso di potere sub specie di errata interpretazione dell’art. 31 comma 3 D.P.R. 380/2001;

– Sulla violazione dell’art. 31 comma 3 D.P.R. 380/2001 e sul difetto di motivazione del gravato provvedimento.

Espone la ricorrente di essere creditrice della proprietaria del fondo oggetto del provvedimento impugnato, su cui ha trascritto in data 14-11-2016 pignoramento, su cui insiste un fabbricato di due piani costruito in difformità rispetto al titolo abilitativo (permesso di costruire n. 17/2005), difformità accertate dall’Amministrazione in data 28-09-2007; al suddetto accertamento ha fatto seguito l’ordine di demolizione del 24-11-2008, la cui inosservanza è stata accertata dal C.do di Polizia Municipale del 14-04-2009, cui ha fatto seguito la presentazione, da parte della proprietaria dell’immobile abusivo, dapprima di una D.I.A. per il ripristino della sagoma, della superficie e della volumetria originariamente assentita, in data 17-10-2013, e in seguito di un’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. 380/2001, in data 16-06-2014); tali istanze sono rimaste senza esito ed il Comune ha disposto l’acquisizione delle opere abusive in data 22-11-2017, con provvedimento trascritto il 02-03-2018, previo frazionamento della particella catastale su cui insiste l’immobile abusivo in due particelle: la (omissis), avvenuto in data 15.02.2018.

La ricorrente precisa di essere venuta a conoscenza delle difformità realizzate sull’immobile e dei successivi atti solo attraverso l’accesso agli atti riguardanti il titolo edilizio, effettuato in data 31-01-2018, e di avere presentato, in data 27-02-2018, un’istanza volta ad ottenere l’annullamento in autotutela del provvedimento di acquisizione e della presupposta ordinanza di demolizione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Palma Campania eccependo l’inammissibilità e infondatezza del ricorso ed il TAR, dopo avere denegato l’invocata sospensiva con ordinanza n. 641/2018 confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 4379/2018, all’udienza di smaltimento del 22.11.2022 ha trattenuto la causa per la decisione.

Il ricorso è inammissibile attesa la carenza di legittimazione della società ricorrente ad agire in giudizio per ottenere l’annullamento degli atti impugnati.

Ed invero, ritiene il Collegio che, in via generale, il creditore ipotecario (al pari di qualsiasi creditore – anche chirografario – che trascriva pignoramento immobiliare) deve ritenersi privo di legittimazione ad agire con riguardo all’intera serie dei provvedimenti contemplati dall’art. 31 T.U. edilizia.

È noto che la legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo deve essere direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dal provvedimento e postula l’esistenza di un interesse attuale e concreto all’annullamento dell’atto; altrimenti l’impugnativa verrebbe degradata al rango di azione popolare a tutela dell’oggettiva legittimità dell’azione amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa (Cons. Stato, sez. IV, 13/12/2012, n. 6411).

Non solo, ma un interesse, perché possa essere tutelabile con un’azione giurisdizionale amministrativa, deve essere, oltre che attuale, personale, ossia differenziato dall’interesse generico di ogni cittadino alla legalità dell’azione amministrativa, ed anche la lesione, da cui discende l’interesse all’impugnativa, oltre che attuale, deve essere diretta, nel senso che incide in maniera immediata sull’interesse legittimo della parte ricorrente; di conseguenza un soggetto giuridico, pur dotato di interesse di fatto, può essere privo di giuridica legittimazione a proporre un’azione giudiziaria, qualora la stessa, sia pure strumentalmente, sia volta a provocare effetti giuridici (ancorché indiretti e mediati) nella sfera di un altro soggetto, in quanto l’esercizio nell’ambito del giudizio amministrativo dell’azione non può essere delegato fuori da una espressa previsione di legge, né surrogato dall’azione sostitutoria di un altro soggetto, ancorché portatore di interessi convergenti o connessi (Cons. Stato, sez. V, 13/05/2014, n. 2439).

Al riguardo, è stato condivisibilmente osservato che “è certamente ammissibile per il creditore ipotecario intervenire ad adiuvandum nel caso di impugnazione proposta dal destinatario dell’ordine di demolizione (o del successivo provvedimento dichiarativo dell’acquisizione al patrimonio comunale), ma, al contrario, laddove quest’ultimo rimanga inerte e, quindi, lasci spirare il termine decadenziale per l’impugnazione dei provvedimenti di diffida e di ordine di demolizione, un ricorso autonomo da parte del creditore pignorante non può ritenersi ammissibile perché chiaramente avente natura “surrogatoria” e comunque inconciliabile con la già intervenuta definitività degli accertamenti relativamente al carattere abusivo delle opere e, quindi, alla necessità di procedere con la demolizione” (cfr. T.A.R. Valle D’Aosta, 12 ottobre 2018, n. 48), nonché con l’adozione dei successivi consequenziali provvedimenti contemplati dall’art. 31 T.U. edilizia.

Anche in relazione a tali provvedimenti, a parere del Collegio, emerge il difetto di legittimazione in capo al creditore pignorante che giammai potrebbe – a differenza ad esempio dell’aggiudicatario la cui legittimazione a chiedere la sanatoria di eventuali abusi realizzati sui beni acquistati (ove consentita) è espressamente prevista dalla legge – attivarsi per eseguire la demolizione o evitarla richiedendo la sanatoria di eventuali abusi (proprio perché tale facoltà non è contemplata da nessuna norma), e pertanto è destinato a subire in fatto anche gli effetti dell’acquisizione al patrimonio comunale del bene che consegua all’ingiunta ineseguita demolizione; tale conclusione trova ulteriore conferma proprio nella circostanza che – come è stato pure condivisibilmente osservato – l’acquisizione gratuita al patrimonio Comunale dà luogo ad un acquisto a titolo originario, destinato a caducare i vincoli preesistenti insieme al precedente diritto dominicale, senza che rilevi l’anteriorità della eventuale trascrizione e/o iscrizione gravante sui beni acquisiti (Cass., sez. VI, ord. 06 ottobre 2017, n. 23453).

Per quanto sin qui osservato lo spiegato ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione ad agire della società ricorrente mentre sussistono i presupposti di legge per dichiarare integralmente compensate tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Napoli (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2022 con l’intervento dei magistrati:

(omissis), Presidente

(omissis), Consigliere, Estensore

(omissis), Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 29 NOV. 2022.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi