PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
Il procedimento amministrativo, disciplinato dalla L. 241/1990, consiste in una sequenza ordinata di atti (es. pareri e valutazioni tecniche) e di operazioni materiali (es. notifiche e comunicazioni), compiuti dall’amministrazione e da altri soggetti pubblici e privati che partecipano alla procedura e strumentali all’emanazione di un provvedimento amministrativo.
Si articola in 3 fasi:
– fase dell’iniziativa: caratterizzata dal principio di doverosità amministrativa, l’obbligo di procedere può sorgere su istanza di parte o d’ufficio. Per dare inizio all’iter procedimentale è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, che sarà comunicata ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti e a quelli che per legge debbono intervenirvi. Esistono, però, tre specifiche deroghe all’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento: ragioni di impedimento dovute a esigenze di celerità del procedimento; adozione di provvedimenti cautelari da parte dell’amministrazione; sussistenza di molteplici destinatari e, dunque, carattere gravoso dell’adempimento. Fatti salvi i casi in cui ciò sia consentito dalla legge, qualora la pubblica amministrazione non comunichi l’avvio del procedimento il destinatario pretermesso può impugnare il provvedimento finale chiedendone l’annullamento. In merito al contenuto della comunicazione, è necessario che essa indichi l’amministrazione competente, l’oggetto del procedimento, la persona responsabile del procedimento e l’ufficio presso cui esercitare il diritto di accesso agli atti. Inoltre, è indispensabile inserire all’interno della comunicazione la data di conclusione del procedimento, i rimedi esperibili in caso di inerzia da parte dell’amministrazione e, nell’ipotesi in cui il procedimento sia stato avviato su istanza di parte, la data in cui questa è arrivata all’amministrazione procedente;
– fase istruttoria: si caratterizza per lo svolgimento, da parte dell’amministrazione procedente, di attività di tipo ricognitivo volta ad accertare e acquisire tutti i fatti significativi e gli interessi rilevanti ai fini dell’emanazione del provvedimento. Centrale è la figura del responsabile del procedimento il quale valuta preliminarmente il rispetto di condizioni, requisiti e presupposti per l’emanazione del provvedimento finale. Inoltre, se competente, adotta il provvedimento finale, e, se non competente, trasmette gli atti all’organo competente per l’adozione, il quale non può discostarsi dai risultati dell’istruttoria, se non motivando le ragioni nel provvedimento finale. Durante questa fase, qualsiasi soggetto titolare di un interesse pubblico, privato o collettivo, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento finale, ha facoltà di intervenire presentando memorie scritte e documenti. Ai fini di consentire un intervento informato e consapevole nel procedimento, i partecipanti, così come anche qualsiasi soggetto interessato, sono titolari di un diritto di accesso ai documenti amministrativi. Nel caso di procedimenti a istanza di parte, la fase dell’istruttoria si può concludere con il c.d. preavviso di rigetto che consiste in un obbligo a carico dell’amministrazione di instaurare un contraddittorio “rafforzato” con i destinatari del provvedimento finale quando, in base ai risultati dell’istruttoria, si prospetti il respingimento dell’istanza;
– fase decisoria: destinata a concludersi con l’emanazione di un provvedimento espresso. La necessarietà di tale esplicitazione della volontà del soggetto pubblico trova conferma anche nei casi di irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità e infondatezza dell’istanza del privato, dovendo pure in queste ipotesi l’amministrazione adottare un provvedimento, per quanto “in forma semplificata”. L’iter procedimentale, deve essere contenuto entro limiti di tempo prestabiliti, sia a garanzia degli interessi del privato, sia ai fini del soddisfacimento tempestivo dell’interesse pubblico garantito dall’amministrazione: massimo 90 giorni, termine che può essere ulteriormente dilatato sino a 180 giorni in caso di procedimenti particolarmente complessi. In mancanza di scelta da parte delle amministrazioni o di una specifica previsione legislativa, la durata del procedimento è fissata, in via residuale, in 30 giorni. I termini decorrono dall’inizio del procedimento per i procedimenti d’iniziativa d’ufficio o dal ricevimento della domanda per i procedimenti d’iniziativa di parte; possono essere sospesi una sola volta per un periodo non superiore a 30 giorni qualora sia necessario acquisire informazioni relative a fatti non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione. Accade spesso, nella pratica, che le amministrazioni rimangano inerti, non dando corso al procedimento o, in ogni caso, non adottando il provvedimento entro i termini normativamente definiti. Per superare tale momento derivante dalla stasi dell’amministrazione il legislatore ha introdotto l’istituto del c.d. “silenzio significativo”, in cui la mancata pronuncia del soggetto pubblico allo scadere del termine procedimentale può assumere o il valore di accoglimento dell’istanza di parte (c.d. “silenzio assenso”), o di suo rigetto (c.d. “silenzio diniego”). Quando il silenzio amministrativo non corrisponde né a un assenso né a un diniego, si integra quello che viene qualificato come “silenzio inadempimento”: una situazione in cui l’inerzia amministrativa corrisponde esclusivamente a un non facere, tale da lasciare inevasa l’istanza privata e, in ogni caso, non concretizzato l’interesse pubblico.