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T.A.R. Napoli (Campania), Sez. I, 29/09/2025, n. 6434

Massima

È illegittimo il provvedimento interdittivo qualora l’omissione della comunicazione di avvio sia giustificata con una motivazione meramente stereotipata e generica — quale il mero richiamo alla “indifferibile necessità di impedire la prosecuzione di attività” a rischio infiltrazione — che non espliciti le effettive ragioni di urgenza che hanno impedito la garanzia partecipativa.

Supporto alla lettura

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Il procedimento amministrativo, disciplinato dalla L. 241/1990, consiste in una sequenza ordinata di atti (es. pareri e valutazioni tecniche) e di operazioni materiali (es. notifiche e comunicazioni), compiuti dall’amministrazione e da altri soggetti pubblici e privati che partecipano alla procedura e strumentali all’emanazione di un provvedimento amministrativo.

Si articola in 3 fasi:

– fase dell’iniziativa: caratterizzata dal principio di doverosità amministrativa, l’obbligo di procedere può sorgere su istanza di parte o d’ufficio. Per dare inizio all’iter procedimentale è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, che sarà comunicata ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti e a quelli che per legge debbono intervenirvi. Esistono, però, tre specifiche deroghe all’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento: ragioni di impedimento dovute a esigenze di celerità del procedimento; adozione di provvedimenti cautelari da parte dell’amministrazione; sussistenza di molteplici destinatari e, dunque, carattere gravoso dell’adempimento. Fatti salvi i casi in cui ciò sia consentito dalla legge, qualora la pubblica amministrazione non comunichi l’avvio del procedimento il destinatario pretermesso può impugnare il provvedimento finale chiedendone l’annullamento. In merito al contenuto della comunicazione, è necessario che essa indichi l’amministrazione competente, l’oggetto del procedimento, la persona responsabile del procedimento e l’ufficio presso cui esercitare il diritto di accesso agli atti. Inoltre, è indispensabile inserire all’interno della comunicazione la data di conclusione del procedimento, i rimedi esperibili in caso di inerzia da parte dell’amministrazione e, nell’ipotesi in cui il procedimento sia stato avviato su istanza di parte, la data in cui questa è arrivata all’amministrazione procedente;

– fase istruttoria: si caratterizza per lo svolgimento, da parte dell’amministrazione procedente, di attività di tipo ricognitivo volta ad accertare e acquisire tutti i fatti significativi e gli interessi rilevanti ai fini dell’emanazione del provvedimento. Centrale è la figura del responsabile del procedimento il quale valuta preliminarmente il rispetto di condizioni, requisiti e presupposti per l’emanazione del provvedimento finale. Inoltre, se competente, adotta il provvedimento finale, e, se non competente, trasmette gli atti all’organo competente per l’adozione, il quale non può discostarsi dai risultati dell’istruttoria, se non motivando le ragioni nel provvedimento finale. Durante questa fase, qualsiasi soggetto titolare di un interesse pubblico, privato o collettivo, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento finale, ha facoltà di intervenire presentando memorie scritte e documenti. Ai fini di consentire un intervento informato e consapevole nel procedimento, i partecipanti, così come anche qualsiasi soggetto interessato, sono titolari di un diritto di accesso ai documenti amministrativi. Nel caso di procedimenti a istanza di parte, la fase dell’istruttoria si può concludere con il c.d. preavviso di rigetto che consiste in un obbligo a carico dell’amministrazione di instaurare un contraddittorio “rafforzato” con i destinatari del provvedimento finale quando, in base ai risultati dell’istruttoria, si prospetti il respingimento dell’istanza;

– fase decisoria: destinata a concludersi con l’emanazione di un provvedimento espresso. La necessarietà di tale esplicitazione della volontà del soggetto pubblico trova conferma anche nei casi di irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità e infondatezza dell’istanza del privato, dovendo pure in queste ipotesi l’amministrazione adottare un provvedimento, per quanto “in forma semplificata”. L’iter procedimentale, deve essere contenuto entro limiti di tempo prestabiliti, sia a garanzia degli interessi del privato, sia ai fini del soddisfacimento tempestivo dell’interesse pubblico garantito dall’amministrazione: massimo 90 giorni, termine che può essere ulteriormente dilatato sino a 180 giorni in caso di procedimenti particolarmente complessi. In mancanza di scelta da parte delle amministrazioni o di una specifica previsione legislativa, la durata del procedimento è fissata, in via residuale, in 30 giorni. I termini decorrono dall’inizio del procedimento per i procedimenti d’iniziativa d’ufficio o dal ricevimento della domanda per i procedimenti d’iniziativa di parte; possono essere sospesi una sola volta per un periodo non superiore a 30 giorni qualora sia necessario acquisire informazioni relative a fatti non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione. Accade spesso, nella pratica, che le amministrazioni rimangano inerti, non dando corso al procedimento o, in ogni caso, non adottando il provvedimento entro i termini normativamente definiti. Per superare tale momento derivante dalla stasi dell’amministrazione il legislatore ha introdotto l’istituto del c.d. “silenzio significativo”, in cui la mancata pronuncia del soggetto pubblico allo scadere del termine procedimentale può assumere o il valore di accoglimento dell’istanza di parte (c.d. “silenzio assenso”), o di suo rigetto (c.d. “silenzio diniego”). Quando il silenzio amministrativo non corrisponde né a un assenso né a un diniego, si integra quello che viene qualificato come “silenzio inadempimento”: una situazione in cui l’inerzia amministrativa corrisponde esclusivamente a un non facere, tale da lasciare inevasa l’istanza privata e, in ogni caso, non concretizzato l’interesse pubblico.

Ambito oggettivo di applicazione

SVOLGIMENTO E MOTIVI

1. Con ricorso introduttivo regolarmente notificato e depositato (Omissis) ha impugnato, unitamente agli atti connessi e presupposti, il provvedimento prot. n. (Omissis) con cui la Prefettura di Napoli ha informato la società (Omissis) dei rischi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi previsti dagli art. 84 e 91 del Codice Antimafia, nonché i seguenti atti derivati rispetto alla citata informativa: la determinazione Dirigenziale con cui la Città Metropolitana di Napoli, area ambiente e demanio naturale, ha disposto la revoca dell’autorizzazione unica ambientale n. (Omissis) il provvedimento prot. n. (Omissis) con cui il Presidente della sezione regionale della Campania dell’Albo Nazionale Gestori ambientali ha disposto la cancellazione dall’Albo relativamente all’iscrizione in Categoria 1 ordinaria classe F – categoria (…) classe (…) – categoria (…) classe F; g) del provvedimento prot. n. (Omissis) con il quale il direttore dell’U.M.C. di Napoli, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dispone: la revoca dell’A.E.P. (autorizzazione all’esercizio della professione) la cancellazione dall’Albo degli autotrasportatori di cose per conto terzi (REN – (Omissis)); il ritiro e/o l’annullamento dei documenti di circolazione dei veicoli intestati alla società; l’eliminazione dal Registro Elettronico Nazionale per perdita del requisito di onorabilità.

La ricorrente ha lamentato l’omessa comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 92 c. 2 bis Codice Antimafia, e ha contestato l’impianto istruttorio e motivazionale, sostenendo l’infondatezza del quadro indiziario valorizzato dal Prefetto.

Si sono costituiti il Ministero dell’Interno, la Prefettura di Napoli, il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti, e il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, sostenendo l’infondatezza delle censure.

Si è costituta la Città Metropolitana di Napoli per resistere al ricorso.

Con ordinanza n. 608 del 27.3.2025 il Collegio ha accolto la domanda cautelare della ricorrente ai fini del riesame, ritenendo sussistere il fumus boni juris con riferimento alla censura relativa al difetto della comunicazione ex art. 92 c. 2 bis C.A.M.

Con i motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato un ulteriore atto derivato rispetto alla citata informativa, cioè la determinazione Dirigenziale prot. n. (Omissis) con cui la Città di Casoria – Citta Metropolitana di Napoli – VII Settore – Servizio Sportello Unico Attività Produttive, revoca l’autorizzazione unica ambientale n. (Omissis) notificata in data 12/03/2025.

Per resistere ai motivi aggiunti si è costituita la Città di Casoria.

Dopo lo scambio di memorie, all’udienza pubblica del giorno 24 settembre 2025, il Collegio ha deliberato la decisione.

 

2. In via preliminare il Collegio ritiene di esaminare la censura con cui è lamentato che la comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 92 co. 2 bis CAM, è stata pretermessa. In particolare, parte ricorrente ha lamentato che il Prefetto avrebbe omesso di dare impulso al contraddittorio procedimentale, omettendo la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 92 co. 2 bis CAM.

Sul punto l’amministrazione ha replicato sostenendo la sussistenza di ragioni di urgenza che hanno giustificato l’omissione della comunicazione.

 

2.1. Orbene, in chiave di ricostruzione generale, il Collegio osserva che l’art. 92 c. 2 bis D.Lgs. n. 159 del 2011, nella versione originaria, così come inserito dall’articolo 3, comma 1, lettera b), numero 2), del D.Lgs. 13 ottobre 2014, n. 153, prevedeva che “L’informazione antimafia interdittiva è comunicata dal prefetto, entro cinque giorni dalla sua adozione, all’impresa, società o associazione interessata, secondo le modalità previste dall’articolo 79, comma 5-bis, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Il prefetto, adottata l’informazione antimafia interdittiva, verifica altresì la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure di cui all’articolo 32, comma 10, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, e, in caso positivo, ne informa tempestivamente il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione”.

Sul punto il Consiglio di Stato, pur negando l’obbligatorietà del contraddittorio e della comunicazione di avvio del procedimento nell’ambito delle informative antimafia sulla base di tale lettera dell’art. 92 c. 2 bis, aveva sollecitato il legislatore a potenziare le garanzie partecipative, in quanto ciò “consentirebbe all’impresa di esercitare in sede procedimentale i propri diritti di difesa e di spiegare le ragioni alternative di determinati atti o condotte, ritenuti dalla Prefettura sintomatici di infiltrazione mafiosa, nonché di adottare, eventualmente su proposta e sotto la supervisione della stessa Prefettura, misure di self cleaning, che lo stesso legislatore potrebbe introdurre già in sede procedimentale con un’apposita rivisitazione delle misure straordinarie, ad esempio, dall’art. 32, comma 10, del D.L. n. 90 del 2014, conv. con mod. in L. n. 114 del 2014, da ammettersi, ove la situazione lo consenta, prima e al fine di evitare che si adotti la misura più incisiva dell’informazione antimafia” (Cons. Stato, sez. III, 10 agosto 2020, n. 4979); in tale pronuncia si è prospettato de iure condendo l’opportunità di una riforma in grado di relegare l’interdittiva ad extrema ratio, solo a fronte di situazioni chiare ed inequivocabili.

Coerente con tali indicazioni della citata giurisprudenza è la successiva sostituzione dell’art. 92 c. 2 bis D.Lgs. n. 159 del 2011 operata dall’articolo 48, comma 1, lettera a), numero 2) del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito con modificazioni dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233: “Il prefetto, nel caso in cui, sulla base degli esiti delle verifiche disposte ai sensi del comma 2, ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva ovvero per procedere all’applicazione delle misure di cui all’articolo 94-bis, e non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento, ne dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa. Con tale comunicazione è assegnato un termine non superiore a venti giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, nonché per richiedere l’audizione, da effettuare secondo le modalità previste dall’articolo 93, commi 7, 8 e 9. In ogni caso, non possono formare oggetto della comunicazione di cui al presente comma elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose. La predetta comunicazione sospende, con decorrenza dalla relativa data di invio, il termine di cui all’articolo 92, comma 2. La procedura del contraddittorio si conclude entro sessanta giorni dalla data di ricezione della predetta comunicazione”.

Alla luce di tale incisiva modifica del citato comma 2 bis, occorre che l’amministrazione dia tempestiva comunicazione al soggetto interessato, con l’indicazione degli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa; ciò non esclude comunque che la scelta circa l’an ed il quomodo della comunicazione informativa contenga margini di discrezionalità, potendo l’amministrazione derogare alla regola della garanzia della partecipazione procedimentale in presenza di “particolari esigenze di celerità del procedimento”, dovendosi inoltre precisare che “non possono formare oggetto della comunicazione … elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose”.

Quindi, alla luce di tale nuovo quadro normativo, l’amministrazione deve valutare, dandone congrua e specifica motivazione, se ricorra un’ipotesi di motivata urgenza o di istruttoria interamente basata su elementi non rivelabili.

È evidente che la citata novella del 2021 che ha inciso sul citato comma 2 bis dell’art. 92 D.Lgs. n. 159 del 2011 ha capovolto il previgente principio generale, in forza del quale, nei procedimenti interdittivi, l’obbligo del contraddittorio partecipativo era o escluso, o confinato ad ipotesi eventuali e non obbligatorie come quella dell’art. 93, comma 7, in tema di accesso nei cantieri.

Quindi in materia di informative antimafia il contraddittorio, anche con la previa comunicazione di avvio del procedimento, diventa non più residuale e meramente facoltativo, ma regola generale, derogabile solo con congrua e specifica motivazione nelle tassative ipotesi previste dalla norma in esame. In particolare, il contraddittorio procedimentale, come risultante dalla citata riforma del 2021, ha non solo una funzione difensiva, ma anche una funzione proattiva, in ragione dello stretto collegamento funzionale con altri strumenti ora predisposti dal legislatore, quali le misure di self – cleaning e l’istituto di prevenzione collaborativa, funzionali a prevedere strumenti alternativi all’informazione interdittiva e meno impattanti, i quali devono essere impiegati dall’amministrazione se sufficienti ad assicurare le finalità di prevenzione (cfr. art. 92 co. 2 bis, 2 ter e 2 quater in relazione art. 94 bis co. 1 e 2 D.Lgs. n. 159 del 2011), sulla base dei principi, anche eurounitari, di gradualità e proporzionalità. In tale ottica, il contraddittorio ha un pregnante valore sostanziale, in ragione non solo del carattere penetrante della misura e dell’ampiezza delle valutazioni demandate al Prefetto, ma anche in ragione del collegamento funzionale tra contraddittorio e le previste misure di self cleaning.

 

2.2. Svolte tali premesse, va evidenziato che nell’interdittiva impugnata l’omissione della comunicazione prevista dall’art. 92 c. 2 bis C.A.M. è motivata nei seguenti termini: “sussistano i presupposti per l’adozione di un provvedimento interdittivo, senza l’attivazione del procedimento di cui al comma 2 bis dell’art. 92 del codice antimafia (principio del contraddittorio nell’ambito dell’iter procedimentale propedeutico al rilascio delle informazioni antimafia), ricorrendo nella circostanza esigenze di celerità del procedimento, connesse alla indifferibile necessita di impedire la prosecuzione di attività, qual è quella della edilizia ad elevato rischio di infiltrazione mafiosa (ed infatti tale attività rientra nelle categorie di iscrizione indicate nella white list}, in un contesto territoriale ad alto indice di infiltrazione della criminalità organizzata e di soggiacenza a sodalizi criminali e, segnatamente al clan camorristico (Omissis) operante nell’Area nord di Napoli -, e tuttora operativo in tale area come emerge anche dall’ultima relazione semestrale della DIA (giugno- dicembre 2023). Nel caso di specie, in considerazione della contiguità e della evidente riconducibilità delle suddette imprese alla organizzazione camorristica dei (Omissis) come emerge dall’OCC n. (Omissis) denominata convenzionalmente “(Omissis)”, risulta essere superflua la fase partecipativa ed evidenti i presupposti per concludere che è ”più probabile che non” il collegamento alla criminalità organizzata delle società in esame”.

Parte ricorrente ha lamentato che sul punto l’amministrazione abbia reso una stereotipata motivazione; la ricorrente ha inoltre sostenuto che l’amministrazione abbia richiamato meramente generiche esigenze di celerità, laddove per confortare l’asserita urgenza doveva invece compiere una verifica concreta rapportata al contesto fattuale specifico.

La ricorrente inoltre ha prospettato che se avesse avuto la possibilità di partecipare al procedimento, avrebbe potuto convincere l’amministrazione della inconsistenza del quadro indiziario, e avrebbe potuto informare il Prefetto dell’istanza di archiviazione, intervenuta 10 mesi prima della adozione del provvedimento interdittivo, in favore del sig. (Omissis), e avrebbe consentito altresì alla società di dimostrare l’inesistenza di rapporti contrattuali con il centro commerciale (Omissis) ed avrebbe quantomeno favorito l’adozione delle misure di prevenzione collaborativa di cui all’art. 94 bis del D.Lgs. n. 159 del 2011.

Il Collegio rileva che nell’impugnato provvedimento interdittivo impugnato è contenuta una motivazione meramente stereotipata in ordine alla giustificazione della omessa comunicazione di avvio procedimentale, non indicandosi alcuna specifica, concreta e circostanziata esigenza di celerità del procedimento o di segretezza che giustifichi la mancata previa comunicazione dell’avvio del procedimento e la mancata garanzia procedimentale per l’interessato, non essendo a ciò sufficiente una non meglio precisata “indifferibile necessità di impedire la prosecuzione di attività, qual è quella della edilizia”.

Se l’Amministrazione avessero garantito il contraddittorio procedimentale, oggi obbligatoriamente previsto dall’art. 92, comma 2 bis, D.Lgs. n. 159 del 2011 così come novellato nel 2021, parte ricorrente avrebbe potuto contraddire in ordine agli elementi indiziari posti dall’amministrazione a fondamento del provvedimento interdittivo, nel senso lamentato dalla parte ricorrente.

Il provvedimento interdittivo impugnato viola quindi l’art. 92 c. 2 bis del D.Lgs. n. 159 del 2011 così come sostituito dall’articolo 48, comma 1, lettera a), numero 2) del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito con modificazioni dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233, non avendo l’amministrazione motivato adeguatamente in ordine alle ragioni giustificative dell’omessa comunicazione di cui alla citata norma. L’accoglimento della censura per il descritto profilo procedimentale comporta da un lato, che sono assorbite le altre censure concernenti i profili sostanziali delle valutazioni effettuate dall’Amministrazione nel citato provvedimento, e dall’altro, che resta impregiudicato il potere dell’amministrazione di provvedere nuovamente, nel rispetto dell’effetto conformativo della presente sentenza.

Ne consegue l’annullamento del provvedimento interdittivo impugnato.

 

2.3. Dall’annullamento del provvedimento interdittivo impugnato consegue l’illegittimità, e quindi l’annullamento, anche degli impugnati atti conseguenziali all’annullata informativa, cioè:

– la determinazione Dirigenziale con cui la Città Metropolitana di Napoli, area ambiente e demanio naturale, ha disposto la revoca dell’autorizzazione unica ambientale n. (Omissis)

– il provvedimento prot. n. (Omissis) con cui il Presidente della sezione regionale della Campania dell’Albo Nazionale Gestori ambientali ha disposto la cancellazione dall’Albo relativamente all’iscrizione in Categoria 1 ordinaria classe F – categoria (…) classe (…) – categoria (…) classe (…);

– il provvedimento prot. n. (Omissis) con il quale il direttore dell’U.M.C. di Napoli, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dispone: la revoca dell’A.E.P. (autorizzazione all’esercizio della professione) la cancellazione dall’Albo degli autotrasportatori di cose per conto terzi (REN – (Omissis)); il ritiro e/o l’annullamento dei documenti di circolazione dei veicoli intestati alla società; l’eliminazione dal Registro Elettronico Nazionale per perdita del requisito di onorabilità;

– la determinazione Dirigenziale prot. n. (Omissis) con cui la Città di Casoria – Citta Metropolitana di Napoli – VII Settore – Servizio Sportello Unico Attività Produttive, ha revocato l’autorizzazione unica ambientale n. (Omissis) notificata in data 12/03/2025.

 

3. In ragione della complessità delle questioni esaminate sussistono giusti motivi che giustificano l’integrale compensazione tra tutte le parti.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie, con conseguente annullamento degli atti impugnati, e compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare enti e persone.

 

Conclusione

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2025 con l’intervento dei magistrati (Omissis).

Allegati

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