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T.A.R. Milano (Lombardia) sez. I, 07/01/2020, n. 32

Massima

La giurisdizione in materia di diniego del rilascio della patente di guida, ai sensi dell’art. 120, commi 1 e 3, del Codice della Strada, spetta al giudice ordinario.

Supporto alla lettura

DIFETTO DI GIURISDIZIONE

Disciplinato dall’art. 37 c.p.c., consiste nell’impossibilità per il giudice ordinario di esplicare la propria funzione giurisdizionale, in quanto devoluta dalla legge ad altri giudici appartenenti non semplicemente ad altri uffici (altrimenti si configurerebbe difetto di competenza ex art. 38 c.p.c.) bensì ad altri sistemi giudiziali, come quello dei ricorsi amministrativi o ad altri poteri pubblici (es.: Pubblica Amministrazione).

In passato, tale difetto era era rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo, trattando alla stregua il difetto assoluto di giurisdizione (quando la questione proposta di fronte al giudice è in realtà riservata al legislatore o all’amministrazione) e il difetto relativo di giurisdizione (che si occasiona tra diverse giurisdizioni), la nuova formulazione dell’art. 37 c.p.c. ha distinto le diverse ipotesi di difetto di giurisdizione, chiarendo, definitivamente, le facoltà impugnatorie riconosciute all’attore nei giudizi di impugnazione.
La riforma Cartabia non sembra invece incidere in maniera nettamente innovativa sul processo amministrativo dal momento che il tenore letterale dell’art. 9 c.p.a., prevedeva già che «il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione».

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 377 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
(omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis), (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, U.T.G. – Prefettura di Milano, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1 e con domicilio pec come in atti;

per l’annullamento

1) quanto al ricorso principale

– del provvedimento numero identificativo 2015/6971 emesso in data 19.12.2018, e notificato in data 27.12.2018, con cui il Prefetto di Milano ha respinto la richiesta di nulla osta al conseguimento della patente di guida presentato in data 20.11.2018;

2) quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato in data 24 giugno 2019:

– del provvedimento numero identificativo 2015/6971 emesso in data 2.04.2019.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2019 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con il provvedimento impugnato mediante il ricorso principale, l’amministrazione ha negato al ricorrente il nulla osta per il conseguimento della patente di guida.

Il provvedimento è stato adottato ai sensi dei commi 1 e 3 dell’art. 120 c.d.s., in quanto il ricorrente è stata condannato, con sentenza n. 2943/2011 emessa dal Tribunale di Milano, ad anni 3 e 10 mesi di reclusione ed euro 20.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73 DPR 309/1990; la sentenza è divenuta irrevocabile in data 21.11.2012.

All’esito del riesame disposto dal Tribunale, l’amministrazione ha confermato il diniego, con l’atto impugnato mediante il ricorso per motivi aggiunti.

Preliminarmente deve essere rilevato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito, con conseguente inammissibilità del ricorso.

Invero, la sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2018 non ha interessato il comma 1 dell’art. 120 del codice della strada, applicabile alla fattispecie in esame in correlazione con il comma 3, ma solamente il comma 2 della medesima norma.

Ne deriva che permane la natura vincolata del potere amministrativo, nel presupposto e nel contenuto, con riferimento agli atti di diniego del rilascio di cui si tratta, disciplinati dal comma 1 e dal comma 3, dell’art. 120 citato, anche successivamente alla predetta pronuncia della Corte Costituzionale (cfr. T.A.R. Marche, sez. I, 13 febbraio 2019; T.A.R. Campania, sez. V, 04 aprile 2019, n. 1878 e giurisprudenza ivi citata).

Nel caso in esame la pretesa della ricorrente ha natura di diritto soggettivo e, di conseguenza, in difetto di deroghe ai comuni canoni sul riparto di giurisdizione, spetta alla cognizione del giudice ordinario, al quale compete, nell’eventualità del fondamento della denuncia, di tutelare il diritto stesso, disapplicando l’atto lesivo (cfr., per tutte, T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 16 gennaio 2017, n. 379; Corte di Cassazione, sezioni unite, 14 maggio 2014 n. 10406; n. 28239 del 2011; n. 22491 del 2010; n. 2446 del 2006; n. 8693 del 2005 e n. 7898 del 2003).

A tale conclusione, dalla quale non vi sono ragioni per discostarsi nel caso di specie, ha aderito anche la più recente giurisprudenza amministrativa, rilevando che la questione relativa alla sussistenza dei “requisiti morali”, di cui all’art. 120 del codice della strada, deve intendersi riservata alla giurisdizione del giudice ordinario, e non a quella del giudice amministrativo, trattandosi di accertamento avente natura vincolata, con vincolo posto nell’esclusivo interesse del privato, la cui posizione giuridica va qualificata in termini di diritto soggettivo perfetto (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 18 giugno 2019, n. 691).

In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la controversia deve essere devoluta al giudice ordinario in applicazione dell’art. 11, comma 2, c.p.a..

Le peculiarità della fattispecie consentono di disporre la compensazione delle spese di lite, fatto salvo il contributo unificato, che resta definitivamente a carico della parte ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando:

1) dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e per l’effetto l’inammissibilità del ricorso e individua, ai sensi dell’art. 11 c.p.a., nel giudice ordinario l’autorità giurisdizionale cui spetta la cognizione della relativa domanda;

2) compensa tra le parti le spese di lite, fatto salvo il contributo unificato, che resta definitivamente a carico della parte ricorrente;

3) ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

Allegati

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