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T.A.R. Lombardia sez. I, 30/07/2019, n. 1781

Massima

In tema di ammonimento per atti persecutori (stalking), l’emissione del provvedimento da parte del Questore presuppone un’istruttoria adeguata e una motivazione che dia conto in concreto della sussistenza dei presupposti previsti dalla legge.

Supporto alla lettura

AMMONIMENTO DEL QUESTORE

È una misura di prevenzione di competenza esclusiva del Questore che ha lo scopo di garantire alla vittima di atti persecutori, diffusione illecita di immagini/video a contenuto sessualmente esplicito (c.d. revenge porn) o condotte sintomatiche di violenza domestica una tutela rapida e anticipata rispetto alla definizione del procedimento penale, e consiste nell’intimazione, rivolta dal Questore all’autore delle condotte, ad astenersi dal commettere ulteriori atti di molestia, minaccia, violenza o intrusione nella vita altrui.

Con le modifiche introdotte dalla L. 168/2023, qualora il soggetto ammonito dovesse persistere nelle condotte indicate, anche nei confronti di altre persone, il procedimento penale nei suoi confronti inizierà d’ufficio e le pene previste per i reati commessi saranno aumentate.

Può essere richiesto, in qualsiasi Ufficio di Polizia, dalla vittima di stalking o di revenge porn nel caso in cui non sia stata già sporta querela per gli stessi reati. Quindi, la vittima può esporre i fatti alle Autorità e avanzare istanza di Ammonimento nei confronti dell’autore delle condotte.

L’ammonimento del Questore può essere applicato anche per le condotte rientranti nell’ambito della violenza domestica, in particolare quando viene segnalato, in forma non anonima, un episodio di percosse, lesioni, violenza privata, minaccia grave, atti persecutori, revenge porn, violazione di domicilio o danneggiamento, che sia commesso nell’ambito di violenza domesticatutti casi in cui è possibile procedere, anche se non vi è stata istanza proveniente dalla vittima, ma sulla base di una segnalazione, purché riscontrabile, proveniente da una persona a conoscenza dei fatti. Il Questore, ricevuta la segnalazione e assunte le necessarie informazioni, valuta l’opportunità di emettere l’Ammonimento, con il quale intima all’autore di cessare le condotte violente.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2360 del 2018, proposto da
(omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis), (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1 e con domicilio pec come in atti;

nei confronti

(omissis) non costituito in giudizio;

per l’annullamento

del decreto di ammonimento n. MIPQ00/2018/91338 emesso in data 21.06.2018 dal Questore di Milano e notificato in data 26.06.2018.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2019 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) Con il provvedimento impugnato, l’amministrazione ha ammonito (omissis), ai sensi del d.l. 2009 n. 11 (convertito con legge 2009 n. 38), a tenere una condotta conforme alla legge, avvertendolo che, in caso di reiterazione dei suddetti comportamenti, la pena prevista per il delitto di cui all’art. 612 bis del c.p. è aumentata e si procede d’Ufficio se il fatto è commesso da soggetto già ammonito; nel contempo lo ha invitato formalmente a recarsi presso il CIPM “Centro Italiano per la Promozione della Mediazione”, per intraprendere il percorso trattamentale integrato, finalizzato all’acquisizione della consapevolezza del disvalore penale delle azioni commesse.

Il provvedimento si basa sulle seguenti circostanze:

– la richiesta di ammonimento presentata, ai sensi dell’art 8, comma 1, del d.l. 2009 n. 11, presentata presso il Commissariato di P.S. Città Studi di Milano, in data 31.05.2018, da (omissis) nei confronti di (omissis);

– gli atti acquisiti dall’amministrazione evidenzierebbero che (omissis) si sarebbe reso responsabile di atti riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 612 cp, introdotto dall’art. 7 della legge 2009 n. 38 di convcversione del d.l. 2009 n. 11, “avendo con più condotte reiterate compiuto atti persecutori nei confronti di (omissis)”;

– si sostiene che “le manifestazioni vessatorie iniziate nel mese di maggio u.s. e tuttora in atto, si sono concretizzate con l’invio di numerosi messaggi, mail e telefonate, dal contenuto minaccioso, contattando altresì la madre ed il marito di (omissis), nonché in appostamenti presso l’abitazione della richiedente, il tutto per non essersi rassegnato alla fine della loro relazione extraconiugale terminata nel maggio c.a.”;

– si aggiunge che “tali comportamenti hanno ingenerato in (omissis), uno stato di paura e preoccupazione tale da costringerla a modificare le proprie abitudini di vita essendo persino costretta ad utilizzare un taxi per gli spostamenti, nonché evitando di uscire per timore di incontrare (omissis)”;

Quanto al provvedimento seguito, il provvedimento è stato adottato senza la previa comunicazione di avvio del procedimento, in quanto sarebbero sus(omissis)te “particolari esigenze di celerità del procedimento in quanto, ritenuta fondata l’istanza, la misura deve esser senz’altro emessa al fine di scongiurare il possibile scatenarsi di dinamiche reattive ulteriori, anche più pregiudizievoli, rispetto alle condotte sopra descritte”.

2) Con più censure, da trattare congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, il ricorrente lamenta, in termini di carenza istruttoria e motivazionale, l’insussistenza dei presupposti di fatto per l’adozione dell’ammonimento; nel contempo, si lamenta la violazione delle garanzie partecipative.

Le censure sono fondate.

2.1) Sul piano normativo, va evidenziato che il provvedimento di ammonimento è disciplinato dal d.l. 2009 n. 11 (convertito con legge 2009 n. 38), che, in primo luogo, ha introdotto il reato di cui all’art. 612 bis c.p., rubricato “Atti persecutori”, mediante il quale si punisce con pena detentiva e salvo che il fatto costituisca più grave reato, “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa…”.

Si tratta di un delitto punibile a querela della persona offesa, salvi i casi previsti dalla legge.

In correlazione con la fattispecie delineata dall’art. 612 bis c.p., l’art. 8 del d.l. 2009 n. 11 ha introdotto il potere di ammonimento del Questore, stabilendo che “fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall’articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore. 2. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni”.

L’adozione del decreto di ammonimento incide sulla disciplina penale, in quanto il medesimo art. 8 specifica, da un lato, che la pena per il delitto di cui all’articolo 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da un soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo, dall’altro, che si procede d’ufficio per il delitto previsto dall’articolo 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo.

Sempre in relazione ai rapporti tra l’ammonimento amministrativo e il procedimento penale, il Tribunale ha già evidenziato che il diverso peso delle conseguenze dell’ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale giustifica il diverso spessore dell’attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi.

Non è necessario, ai fini dell’ammonimento, che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali è possibile desumere, in modo documentato e ragionevole, un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura.

La disciplina esplicita i poteri del Questore in materia, prescrivendo che egli assuma “se necessario informazioni dagli organi investigativi” e senta “le persone informate dei fatti”, al fine di formarsi un prudente convincimento circa la fondatezza dell’istanza.

Il Questore deve apprezzare discrezionalmente la fondatezza dell’istanza, raggiungendo una ragionevole certezza sulla plausibilità e sulla verosimiglianza delle vicende ivi esposte, verificando la sussistenza dei presupposti costitutivi dell’esercizio del potere di ammonimento, tanto in relazione alla esecuzione di condotte reiterate, di minaccia o di molestia, quanto in relazione alla derivazione da esse di un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero di un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero all’alterazione effettiva delle abitudini di vita della vittima, in coerenza con il bene giuridico tutelato dalla norma penale di riferimento, individuabile nella libertà morale, compromessa dallo stato di ansia e timore che impedisce alla vittima di autodeterminarsi senza condizionamenti (cfr. sul punto già T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 28.06.2010 n. 2639 e giurisprudenza ivi citata).

2.2) Con riferimento alle censure proposte, il Tribunale evidenzia che:

A) quanto alla violazione delle garanzie partecipative:

– nel caso di specie è del tutto apodittica l’affermazione secondo la quale sussisterebbero particolari esigenze di celerità tali da consentire di non effettuare la comunicazione di avvio del procedimento;

– sul punto la giurisprudenza esclude che in tema di ammonimento, ex art. 8 del d.l. 2009 n. 11, il Questore debba necessariamente procedere alla comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento, solo laddove sussistano circostanze che impongano un intervento immediato dell’autorità, senza la dilazione derivante dall’instaurazione del contraddittorio procedimentale, onde impedire il protrarsi di un comportamento fonte di pericolo per la sicurezza e la tranquillità del soggetto vessato (cfr., ex multis, Cons. St., sez. I, 25 gennaio 2017, n. 321; Cons. St. sez. III, 6 giugno 2016, n. 2419);

– il provvedimento in contestazione, oltre a non motivare in ordine ai fatti che fonderebbero l’addotta esigenza di celerità, neppure si basa su comportamenti di (omissis) di contenuto inequivocabilmente aggressivo o violento nei confronti della (omissis), tali da palesare l’esigenza di provvedere senza differimenti;

– del resto, nel caso in esame l’istruttoria si è protratta per quasi un mese (dal 30.5.2018 al 21.06.2018) e, pertanto, non è dato capire perché in tale arco temporale l’amministrazione, che non ha provveduto immediatamente dopo la ricezione della denuncia, non abbia sentito (omissis), anche considerando che sono state sentite due persone, la madre e il marito della denunciante, in qualità di persone informate sui fatti;

– né la violazione assume valore meramente formale, atteso che il provvedimento interviene in un contesto caratterizzato da una lunga relazione extraconiugale tra (omissis) e (omissis), sicché, considerata l’ampia discrezionalità che connota il potere esercitato dal Questore, la necessità di garantire un’istruttoria adeguata rendeva doveroso sentire (omissis), il quale in giudizio ha prodotto numerosi messaggi e comunicazioni intercorsi tra lui e la supposta vittima, che evidenziano una situazione diversa da quella considerata dall’amministrazione, in ordine sia alla durata della relazione, sia all’effettivo contenuto delle comunicazioni tra i due, sia ai contatti avuti con il marito della (omissis) e con il titolare dello studio presso il quale quest’ultima presta la propria attività professionale;

– ne deriva la fondatezza della censura in esame.

B) quanto alla carenza di istruttoria e di motivazione:

– all’esito dell’istruttoria disposta dal Tribunale, l’amministrazione ha depositato una relazione da cui emergono i dati istruttori valorizzati in sede procedimentale;

– l’amministrazione evidenzia che l’istante ha riferito di aver avuto una relazione extraconiugale con (omissis), iniziata nel corso del 2016 e asseritamente terminata nel mese di ottobre del 2017, “per volontà della stessa, dopo essersi resa conto di voler restare accanto al proprio marito e ai due figli”;

– nondimeno, il provvedimento impugnato colloca la cessazione della relazione – a ben vedere, in coerenza con le deduzioni processuali di (omissis) – a maggio 2018 e, in effetti, la documentazione depositata in giudizio palesa che, almeno sino a maggio 2018, i due si parlavano, si scambiavano messaggi e si incontravano, in quanto parti di una relazione sentimentale ancora esistente;

– il dato non è irrilevante, poiché oltre a gettare un’ombra sul contenuto delle dichiarazioni rese dalla (omissis), permette di collocare in un contesto peculiare i messaggi contestati a (omissis), il quale, comunque, non risulta e non è provato che si sia reso responsabile di comportamenti a matrice violenta;

– così, a titolo di esempio, i contatti che (omissis) ha preso con il marito della (omissis) non hanno oggettivamente un contenuto minaccioso e sono collegati anche alla volontà espressa da quest’ultima fino al 2018 (cfr. messaggi in atti) di comunicare al marito l’esistenza della relazione extraconiugale;

– certo, la scelta di (omissis) di prendere l’iniziativa e di contattare direttamente il marito della (omissis) può essere censurabile su un piano metagiuridico, ma non integra un comportamento riconducibile all’art. 612 bis c.p.;

– allo stesso modo, i contatti presi con la madre della (omissis) – conosciuta da (omissis) tempo prima proprio per volontà di quest’ultima, che aveva messo in contatto la madre con (omissis) in dipendenza di una problematica fisica della prima – non sono di natura violenta o minacciosa, ma manifestano la volontà di rendere pubblica una relazione protrattasi per oltre due anni;

– anche in tal caso, si tratta di comportamenti riprovevoli sul piano metagiuridico, ma che non esprimono una condotta di “stalking”;

– quanto alla mail trasmessa al titolare dello studio professionale della (omissis), (omissis) ha chiarito – senza alcuna contestazione da parte dell’amministrazione resistente – che, in data 25.05.2018, ha inviato la email in contestazione alla sola (omissis), all’indirizzo di lavoro, ma, nella stessa data, quest’ultima, nel rispondere alla email ricevuta, ha inserito in copia per conoscenza l’avv. (omissis), titolare dello studio presso il quale la stessa lavorava; a questo punto, (omissis) ha risposto alla (omissis) lasciando in copia l’avv. (omissis);

– ne deriva che la diffusione della email tra i componenti dello studio legale della (omissis) è dipesa, in definitiva, da una scelta di quest’ultima e, si ripete, il punto non è contestato;

– occorre, inoltre, precisare, al fine di rendere chiaro il contesto in cui si situano le condotte contestate a (omissis), che quest’ultimo è legato da un rapporto di amicizia con il citato titolare dello studio dove lavora la (omissis), rapporto di amicizia nato prima della relazione sentimentale con la (omissis), la quale ha avuto modo di conoscere e di essere messa in contatto con l’avv. (omissis) proprio in conseguenza dell’intervento del (omissis);

– sul punto (omissis) ha precisato – anche in tale caso senza alcuna contestazione – che la (omissis), durante la relazione sentimentale, gli ha chiesto di intervenire per entrare in contatto con uno studio legale, ove poter esercitare la propria professione di avvocato;

– sicuramente è censurabile che, al termine di una relazione affettiva, (omissis), non accettandone la conclusione, abbia mandato alla ex compagna dei messaggi con i quali ricordava, anche con toni forti, il vissuto comune, ma, nella situazione complessiva e considerato che la relazione è durata – come riconosce la stessa amministrazione – sino a maggio 2018, tale condotta non assume connotati tali da integrare un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso;

– la carenza motivazionale emerge in modo palese anche in relazione agli altri presupposti dell’ammonimento;

– invero, non è supportata sul piano istruttorio l’asserzione secondo cui il comportamento di (omissis) avrebbe generato nella (omissis) un grave stato d’ansia e di paura, stato che è solo asserito dalla donna, ma non è in alcun modo documentato, neppure sul piano indiziario;

– parimenti, non vi sono elementi per ritenere che i comportamenti imputati a (omissis) abbiamo costretto la (omissis) ad alterare le proprie abitudini di vita;

– dagli atti istruttori emerge che quest’ultima avrebbe iniziato ad usare il taxi per gli spostamenti, ma anche in tale caso si tratta di affermazioni apodittiche, che non denotano, né un effettivo cambiamento nelle abitudini di vita, né che esso sia correlabile a comportamenti imputabili a (omissis);

– in definitiva, l’amministrazione si è basata su dati istruttori parziali, che non presentano un contenuto univoco, tale da dimostrare l’esistenza dei presupposti per l’ammonimento;

– non solo, l’amministrazione non ha tenuto conto delle incongruenze nella rappresentazione fornita dalla supposta vittima e non ha garantito la dialettica procedimentale, nonostante la situazione di perdurante relazione tra (omissis) e (omissis) riconosciuta dall’amministrazione stessa;

– parimenti, la motivazione del provvedimento si sostanzia in affermazioni che rispecchiano pedissequamente l’istanza presentata dalla (omissis), senza palesare in concreto i presupposti necessari per l’ammonimento;

– in tal senso, è significativo che dal provvedimento impugnato e dagli atti istruttori ad esso sottesi non risultino elementi concreti per desumere la sussistenza in capo alla controinteressata dello stato soggettivo di sofferenza necessario, in modo indefettibile, per l’adozione del provvedimento di ammonimento;

– ne deriva la fondatezza delle censure proposte.

3) In definitiva, il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Le peculiarità della fattispecie concreta sottesa al provvedimento gravato consente di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando:

1) accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento di ammonimento impugnato;

2) compensa tra le parti le spese della lite;

3) ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente, la controinteressata e le altre persone menzionate in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

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