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T.A.R. Lazio sez. I ter, 30/01/2023, n. 1684

Massima

Nei rapporti condominiali, anche se connotati da insistenza e petulanza, la critica all’operato dell’amministratore e l’esercizio di diritti e facoltà spettanti al condomino dissenziente non configurano atti persecutori, ex art. 612-bis c.p., se non finalizzati a ledere la libertà morale della persona offesa

Supporto alla lettura

Condominio

1.La natura giuridica del Condominio.
Quella della natura giuridica del condominio è una questione che ha fatto sorgere numerosi contrasti in dottrina e in giurisprudenza. La giurisprudenza di legittimità si è più volte espressa sostenendo che il condominio non può considerarsi un soggetto giuridico distinto dai singoli condomini che lo compongono. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti.
In questo contesto dottrina e giurisprudenza hanno elaborato diverse teorie alle volte in contraddittorio tra loro. S’è detto che il condominio è:
a) un ente di gestione sprovvisto di personalità giuridica e autonomia patrimoniale distinta da quella dei suoi partecipanti (Cass n. 7891/2000);
b) un centro d’imputazione d’interessi distinto dai singoli partecipanti (Cass. 19 marzo 2009, n. 6665);
c) una organizzazione pluralistica (Cass. SS.UU. n. 9148/08).
La legge di riforma n. 220/2012 non ha preso posizione sul problema ma, come evidenziato dalle Sezioni unite della Suprema corte nella sentenza n. 19663/2014, ha introdotto una serie di disposizioni che sembrerebbero confermare la tendenza alla progressiva configurabilità “di una sia pur attenuata personalità giuridica”. In merito si rimanda all’ammissione della pignorabilità da parte dei fornitori del conto corrente condominiale, nonostante il nuovo disposto dell’art. 63 disp. att. c.c. sulla responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni comuni. Ma con la sentenza n. 10934/2019, le medesime Sezioni unite hanno escluso che il condominio possa configurarsi come un autonomo soggetto di diritto.

2. Condominio consumatore
È utile ricordare che ai sensi dell’art. 3 del codice del consumo (d.lgs n. 206/2005), consumatore o utente è “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta” (art. 3 lett. a) Codice del consumo), mentre il professionista è “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario” (art. 3 lett. c) Codice del consumo).
L’orientamento che si è finora delineato, sia di merito che di legittimità, ha valorizzato in via pressoché esclusiva l’assunto secondo il quale, essendo il condominio ente di gestione privo di personalità giuridica, «l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale» (Cassazione, sentenze 10679/2015 e 452/2005). Di recente il tribunale di Milano, con ordinanza sospensiva del giudizio, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: “Se la nozione di consumatore quale accolta dalla direttiva 93/13/CEE osti alla qualificazione come consumatore di un soggetto (quale il condominio nell’ordinamento italiano) che non sia riconducibile alla nozione di “persona fisica” e di “persona giuridica”, allorquando tale soggetto concluda un contratto per scopi estranei all’attività professionale e versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista sia quanto al potere di trattativa, sia quanto al potere di informazione …” (Trib. Milano, ord. 1 aprile 2019).
La corte di Giustizia si è pronunciata affermato che il Condominio è consumatore “L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell’ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva” (Corte giustizia UE , 02 aprile 2020, n.329, sez. I).

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10771 del 2021, proposto da
(omissis), rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

(omissis), non costituita in giudizio;

per l’annullamento

del verbale di ammonimento ai sensi dell’art. 8 della legge n. 38/2009, notificato in data (omissis) dal responsabile del IX Distretto di P.S. di Roma “Esposizione”, su delega del Questore;

 

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

La ricorrente ha impugnato il verbale di ammonimento in epigrafe, deducendo le seguenti censure:

1. Illegittimità della procedura per violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.L. n. 11/2009 – Violazione di legge – Nullità insanabile per OMESSA NOTIFICA del provvedimento dell’ammonimento n. (omissis);

2. Eccesso di potere per violazione della procedura e violazione di legge nello specifico dell’art. 24 della Legge n. 241/1990 – Inserimento del divieto di accesso agli atti nella comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della Legge n. 241/1990 – Violazione dell’art. 97 Costituzione;

3. Violazione e/o errata valutazione per falsa applicazione di legge in merito ai requisiti riguardanti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. (omissis). e dell’art. 8 della legge n. 38/2009;

4. Contraddittorietà, illogicità ed omessa motivazione in merito agli elementi addotti nella memoria difensiva.

Con il primo ordine di motivi, la ricorrente ha censurato la mancata notifica del provvedimento di ammonimento emesso dal Questore n. (omissis), non allegato al verbale redatto dall’Ufficiale di P.S. e notificato.

Con il secondo ordine di motivi, la ricorrente ha lamentato la compromissione e la limitazione delle garanzie partecipative previste dagli articoli 7 e 24 della Legge nr. 241/1990.

Con il terzo motivo di doglianza, la ricorrente ha dedotto che le condotte a lei ascritte, e poste a fondamento del provvedimento di ammonimento, costituiscono legittimo esercizio di diritti e facoltà connessi alla qualità di condomino.

Infine, con l’ultimo ordine di motivi, la ricorrente ha censurato la mancata considerazione, nella motivazione del provvedimento impugnato, delle osservazioni e difese partecipate in corso di procedimento.

Il Ministero dell’Interno si è costituito depositando una documentata e dettagliata relazione sui fatti di causa, chiedendo la reiezione del gravame.

Con ordinanza nr. (omissis) il Collegio ha accolto l’istanza di concessione delle misure cautelari, disponendo la sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato.

All’udienza del 6 dicembre 2022 il ricorso è stato introitato per la decisione.

ll ricorso è fondato e va accolto, in relazione al terzo motivo, che concernendo il merito del rapporto assorbe ogni altra censura.

Giova premettere che alla stregua della disciplina dettata dall’art. 8, comma 2, del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, conv. in legge, con modificazioni, dalla l. 23 aprile 2009, n. 38, l’ammonimento orale è una misura deputata a svolgere una funzione avanzata di prevenzione e di dissuasione dei comportamenti sanzionati dall’art. (omissis).

Ai fini della sua emissione, pertanto, non è richiesta la piena prova della responsabilità dell’ammonito per le ipotesi di reato perseguite dal menzionato art. (omissis), ma il provvedimento monitorio può trovare sostegno in un quadro istruttorio da cui emergano, anche sul piano indiziario, eventi che recano un vulnus alla riservatezza della vita di relazione o, su un piano anche solo potenziale, all’integrità della persona (v., (omissis)).

Anche all’ammonimento, infatti, deve applicarsi quella logica dimostrativa a base indiziaria e di tipo probabilistico che, come la Sezione ha ribadito di recente ((omissis)), informa l’intero diritto amministrativo della prevenzione.

Tutto ciò premesso, proprio per questo l’ammonimento della Questura è un provvedimento discrezionale (v. (omissis)), chiamato ad effettuare una delicata valutazione delle condotte poste in essere dallo stalker in funzione preventiva e dissuasiva, e deve essere adeguatamente motivato ai sensi dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990.

Mai come per i provvedimenti aventi natura preventiva e anticipatoria l’obbligo di motivazione è essenziale nel nostro ordinamento ad evitare che detti provvedimenti, fondati su fattispecie di pericolo, sanzionino in realtà, arbitrariamente, una colpa d’autore e integrino, così, altrettante “pene del sospetto” ((omissis)).

Ora, nel caso di specie, la Questura ha posto a fondamento dell’ammonimento condotte che non possono essere considerate – nemmeno adottando una logica di tipo probabilistico su base indiziaria tipica del diritto amministrativo della prevenzione – molestie, ovvero atti persecutori.

Emerge infatti dagli atti di causa e dalla stessa motivazione del provvedimento impugnato che le condotte contestate, pur se connotate da insistenza o petulanza, sono limitate all’ambito dei rapporti condominiali – in particolare tra Amministratore e condomino dissenziente – non risultando dagli atti specifici comportamenti volti a determinare, direttamente nei confronti della persona che ha effettuato l’esposto, uno degli eventi tipici del delitto di cui all’art. (omissis).

In particolare, l’ammonimento impugnato è scaturito dalla segnalazione di (omissis), amministratrice del condominio ove risiede la ricorrente, in relazione ai comportamenti posti in essere da quest’ultima, ritenuti integrare le condotte previste dall’art. (omissis).

Le riferite condotte persecutorie si sarebbero concretate:

– nella produzione di una copiosa corrispondenza (mail, pec, raccomandate) indirizzata dalla ricorrente all’amministratrice di condominio, avente ad oggetto l’utilizzo strumentale di diritti e facoltà connessi con la qualità di condomino;

– nell’effettuazione di continui interventi durante le assemblee di condominio, forieri di defatiganti discussioni;

– nell’esternazione di plurime manifestazioni di sfiducia nei confronti dell’operato dell’amministratrice di condominio.

Ebbene, rileva il Collegio che in realtà l’oggetto della corrispondenza ha sempre riguardato questioni condominiali, in specie riferite al riparto delle spese, così come gli interventi posti in essere durante le assemblee condominiali.

Quanto alle ulteriori iniziative giudiziarie ed extragiuiziarie, poste in essere dalla ricorrente nei confronti degli altri condomini o dell’amministratrice di condominio, le stesse rientrano – come la stessa Questura ha ammesso nella motivazione del provvedimento – nell’ambito dei diritti e delle facoltà del condomino dissenziente e non risultano poste in essere con modalità offensive o aggressive, apparendo pertanto inidonee ad ingenerare nel destinatario uno degli eventi tipici propri del reato p. e p. dall’art. (omissis).

Per tali ragioni, risulta evidente che il provvedimento impugnato è stato emanato in assenza dei presupposti previsti dall’art. 8 della legge n. 38/2009.

Tanto determina l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del provvedimento impugnato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ed annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Ministero dell’interno al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente e le liquida nella misura di € 1.500,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la ricorrente e la controinteressata.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2022 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

Allegati

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