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T.A.R. Lazio sez. I ter, 14/05/2025, n. 9233

Massima

In materia di diniego del permesso di soggiorno, i reati di grave allarme sociale (come violenza sessuale e rapina) operano come un automatismo ostativo legittimo per la tutela dell’ordine pubblico, con pericolosità sociale presunta dal legislatore, non richiedendo valutazioni attualizzate o discrezionali. Questo differisce dai reati di modesta gravità, per i quali la giurisprudenza costituzionale ha escluso l’automaticità.

Supporto alla lettura

IMMIGRAZIONE

Le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione in Italia, fissate dalla legge 40/1998 (cosiddetta “legge Turco – Napolitano”), sono state successivamente consolidate nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, “Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero”.

Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione:

  • il diritto dell’immigrazione in senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole;
  • il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre:

  • la programmazione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione);
  • la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione).

Non interviene in materia di diritto di asilo la cui disciplina, in passato contenuta nel decreto-legge 416/1989 (la cosiddetta “legge Martelli”), ha avuto una regolamentazione dettagliata ad opera di provvedimenti di recepimento della normativa comunitaria.

In Italia l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro. In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale e il decreto annuale sui flussi.

Il secondo principio su cui si fonda la disciplina dell’immigrazione è quello del contrasto all’immigrazione clandestina. L’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale è considerato un reato punibile con una ammenda o con l’espulsione. Gli strumenti che l’ordinamento predispone per il contrasto all’immigrazione clandestina sono numerosi e vanno dalla repressione del reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, al respingimento alla frontiera, dall’espulsione come misura di sicurezza per stranieri condannati per gravi reati, all’espulsione come sanzione sostitutiva. Il principale di essi può tuttavia considerarsi l’espulsione amministrativa, che può essere eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell’ordine, disposto dal prefetto in determinati casi (rischio di fuga, presentazione di domanda di permesso di soggiorno fraudolente ecc.).

Per quanto riguarda il terzo dei tre princìpi ispiratori della legislazione vigente, l’integrazione degli stranieri regolari, il nostro ordinamento garantisce una ampia tutela dei diritti degli stranieri e promuove l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13631 del 2021, proposto da
(omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come in atti;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

per l’annullamento

– del provvedimento emesso dalla Questura di Roma – Ufficio Immigrazione in data (omissis) e notificato all’interessato in data (omissis), con la quale veniva rifiutata l’istanza di rilascio del permesso di soggiorno UE, soggiornanti di lungo periodo per lavoro subordinato;

– di ogni altro atto comunque connesso e/o presupposto e/o consequenziale;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 21 febbraio 2025 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, cittadino del (omissis), ha presentato in data (omissis) istanza per il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ai sensi dell’art. 9 del D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

2. La Questura di Roma, con provvedimento del (omissis), notificato il (omissis), ha rigettato l’istanza sulla base della segnalazione presente nel sistema SIS II, disposta dalla (omissis) ai sensi dell’art. 24 del Regolamento (CE) n. 1987/2006, a seguito della condanna del ricorrente alla pena di (omissis) per i reati di violenza sessuale e rapina, pronunciata dal Tribunale di (omissis) in data (omissis).

3. Il ricorrente ha presentato memoria difensiva a seguito di comunicazione ex art. 10-bis della legge n. 241/1990, notificata il (omissis), che tuttavia non è stata ritenuta idonea a superare le ragioni ostative individuate.

4. Con il ricorso introduttivo del giudizio, il ricorrente contesta il provvedimento per eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, nonché per violazione degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del D.lgs. 286/1998, sostenendo che l’Amministrazione avrebbe dovuto effettuare una valutazione attualizzata ed individualizzata della pericolosità sociale, non potendo basarsi su automatismi.

5. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto del ricorso.

6. All’udienza del 21 febbraio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Il ricorso è infondato.

8. Ai sensi dell’art. 4, comma 3, del D.lgs. 286/1998, non è ammesso in Italia lo straniero che sia stato condannato, anche con sentenza non definitiva, per i reati previsti dall’art. 380 c.p.p. – tra cui rientrano la rapina e la violenza sessuale – ovvero per reati in materia di stupefacenti, libertà sessuale, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione o impiego di minori in attività illecite.

9. L’art. 5, comma 5, dello stesso decreto stabilisce che il permesso di soggiorno è rifiutato, revocato o non rinnovato quando vengono meno i requisiti per l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale, tenendo conto – per i soggetti già presenti – anche della durata del soggiorno, della natura dei vincoli familiari, dell’integrazione sociale e dei legami con il paese di origine.

10. La giurisprudenza consolidata in materia ha chiarito che, in presenza di condanne per reati di grave allarme sociale, opera un automatismo ostativo legittimo, previsto dal legislatore come strumento di tutela rafforzata dell’ordine pubblico, senza necessità di valutazioni ulteriori circa la pericolosità attuale.

11. La sentenza della Corte Costituzionale n. 88/2023, richiamata dal ricorrente, ha escluso l’applicazione automatica del diniego nei soli casi di reati di modesta gravità (es. piccolo spaccio ex art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 e vendita di merce contraffatta ex art. 474 c.p., co. 2), in quanto ritenuti sproporzionati rispetto al sacrificio dei diritti fondamentali dello straniero.

12. I principi enunciati nella suddetta decisione non sono applicabili alla fattispecie in esame, nella quale i reati di condanna – violenza sessuale e rapina – appartengono al nucleo duro delle fattispecie ostative, rispetto alle quali la giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito che non è richiesta una valutazione discrezionale in concreto (Cons. Stato, Sez. III, sent. 13.04.2021 n. 3024; TAR Lombardia, Sez. II, sent. 26.08.2019, n. 777).

13. La giurisprudenza in materia ha, altresì, chiarito che la pericolosità sociale in tali casi è presunta dal legislatore, in considerazione del grave disvalore attribuito a tali reati e dell’allarme sociale che essi determinano nella collettività (TAR Lazio, Roma, Sez. Stralcio, sent. 08.01.2024, n. 271).

14. Inoltre, è dirimente nel caso in esame la presenza di una segnalazione attiva nel sistema SIS II, disposta dalla (omissis), che integra un ulteriore motivo ostativo autonomo, fondato sull’art. 24 del Regolamento (CE) 1987/2006.

15. L’Amministrazione, pur in un quadro vincolato, ha comunque tenuto conto, come si evince dalla relazione istruttoria, della durata del soggiorno, dell’assenza di vincoli familiari e dell’assenza di un radicamento sociale stabile, per concludere nel senso della prevalenza della tutela dell’ordine pubblico.

16. Non sono, pertanto, ravvisabili i lamentati vizi di motivazione o carenza istruttoria, essendo il provvedimento basato su elementi di fatto incontestati e coerenti con il dettato normativo. La posizione giuridica soggettiva del ricorrente non può prevalere sull’interesse generale alla tutela dell’ordine pubblico, specie in presenza di una segnalazione Schengen attiva.

17. Il ricorso deve pertanto essere respinto.

18. Le spese di lite possono essere compensate in considerazione della natura della questione controversa e degli interessi alla stessa sottesi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare della parte ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2025 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

Allegati

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