SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12117 del 2021, proposto da
(omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis), (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
(omissis), non costituiti in giudizio;
per l’annullamento, previa sospensiva,
a) del verbale notificato in data 14 ottobre 2021, con il quale il Ministero dell’Interno – Commissione Medica per l’accertamento dei requisiti psico-fisici, nominata con Decreto del Capo della Polizia dell’11 giugno 2021 per l’accertamento dei requisiti psico-fisici dei candidati al concorso pubblico, per esame, per 1650 posti di allievi agenti, indetto con decreto del Capo della Polizia Direttore generale della pubblica sicurezza, del 29 gennaio 2020 – ha giudicato il ricorrente non idoneo per carenza dei requisiti fisici previsti dal D.M. 30 giugno 2003 nr.198 “tatuaggi in zone non coperte dall’uniforme”;
b) della scheda medica di cui all’allegato B delle “Procedure per lo svolgimento degli accertamenti psico-fisici del concorso pubblico, per esame, per l’assunzione di 1650 allievi agenti della Polizia di Stato”, redatta in data 14 ottobre 2021;
c) del provvedimento di esclusione emanato in conseguenza del verbale sub a), non conosciuto né comunicato al ricorrente;
d) della graduatoria di merito dei candidati al concorso pubblico, approvata con Decreto del Direttore Centrale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno del 16 novembre 2021, contenente l’elenco dei candidati vincitori del concorso a 1650 posti da allievo agenti della Polizia di Stato, pubblicato sul Bollettino Ufficiale del personale del Ministero dell’Interno – supplemento straordinario n. 1/34 del 19 novembre 2021, con avviso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – 4a Serie speciale “Concorsi ed esami” del 19 novembre 2021;
e) ove e per quanto occorra, e nella misura di lesività, del Decreto del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, n. 333-B/12D.4.20 del 29 gennaio 2020, e dei relativi allegati, pubblicato in data 31 gennaio 2020 sulla G.U.R.I. della Repubblica Italiana – 4^ Serie Speciale – Concorsi ed Esami, n. 9, con cui è stato indetto il concorso pubblico, per esame, a 1650 posti per allievo agente della Polizia di Stato;
f) ove e per quanto occorra, e nella misura di lesività, delle “Disposizioni per lo svolgimento degli accertamenti psicofisici del concorso pubblico, per esame, per l’assunzione di 1650 allievi agenti della Poli-zia di Stato” approvate con decreto del Ministero dell’Interno DAGEP 333B Ufficio Attività Concorsuali prot. 0016843 del 26 maggio 2021;
g) ove e per quanto occorra, nella misura di lesività, dei decreti/provvedimenti di nomine delle Commissioni, ed in particolare di nomina della Commissione medica per l’accertamento dei requisiti fisici e psichici;
h) di qualsivoglia altro atto presupposto, connesso, collegato e conseguenziale, con riserva di motivi aggiunti;
nonché:
per l’accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente ad essere riammesso al concorso pubblico per esame, per 1650 posti di allievi agenti, indetto con decreto del Capo della Polizia Direttore generale della pubblica sicurezza, del 29 gennaio 2020, e quindi nella graduatoria e/o nell’elenco utile al fine dell’ammissione al prosieguo del predetto procedimento e/o al corso di formazione e/o all’avvio di quest’ultimo;
per la condanna anche in forma specifica ex art. 30, c.p.a., dell’Amministrazione resistente all’attribuzione al ricorrente di un legittimo giudizio positivo di idoneità ed all’adozione del conseguente provvedimento di ammissione dello stesso alle ulteriori fasi del predetto procedimento, ai fini dell’utile collocazione nella graduatoria e/o elenco per l’avvio al corso per l’assunzione dei suddetti 1650 allievi agenti della Polizia di Stato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2024 il Cons. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor (omissis) ha partecipato al concorso per il reclutamento di n. 1650 allievi agenti della Polizia di Stato, bandito con Decreto del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, n. 333- B/12D.4.20 del 29 gennaio 2020, e sottopostosi in data 14 ottobre 2021 agli accertamenti psico-fisici è stato giudicato non idoneo “ai sensi dell’art. 3 comma 2 riferimento tab. 1 punto 2 lett. B D.M. 30/06/2003 n. 198” dalla Commissione medica preposta con verbale notificato nella medesima data, per la presenza di un solo tatuaggio “in zona non coperta dall’uniforme (braccio dx), in via di rimozione, ma ancora visibile”.
Il sig. (omissis) ha rilevato la erroneità della valutazione della predetta Commissione medica in quanto lo stesso avrebbe dimostrato, con idonea certificazione, di essersi sottoposto a sedute mediche per la rimozione del tatuaggio, come da documentazione fotografica allegata dalla quale risulterebbe non visibile il tatuaggio, pur indossando una maglietta a mezze maniche della stessa misura e tipologia di quelle estive fornite in dotazione agli agenti della Polizia di Stato.
Il provvedimento di inidoneità sarebbe illegittimo perché impedirebbe al candidato la possibilità del prosieguo delle prove e la partecipazione successiva al corso di formazione; peraltro per effetto del provvedimento di non idoneità sarebbe stato escluso dalla graduatoria di merito pubblicata in data 19 novembre 2021, con derivante illegittimità anche di tale provvedimento.
1.1. Avverso il suddetto verbale di inidoneità e la graduatoria di merito indicati in epigrafe il sig. (omissis) ha proposto ricorso deducendo i seguenti articolati motivi di impugnazione: I – Violazione di legge (tabella 1, n. 2 lett. b) D.M. Interno n. 198 del 30 giugno 2003, in relazione all’art. 55-bis del d.lgs. n. 334 del 2000 e 6 e 27 bis del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335) – Eccesso di potere (carente istruttoria – ingiustizia manifesta – difetto di motivazione) – Violazione degli artt. 3, 24 e 97 Cost.: principio di imparzialità equità – trasparenza – buon andamento: la Commissione medica, come rilevato in punto di fatto, avrebbe riscontrato sul corpo del ricorrente un unico tatuaggio, asseritamente collocato in zona non coperta dall’uniforme e ritenuto visibile, sebbene in evidente fase di rimozione, come riscontrabile dalle foto allegate, laddove il margine inferiore del tatuaggio in questione – posto sull’arto superiore destro – sarebbe distante 26 cm dalla testa dell’omero, invece la manica della divisa estiva – di cm 28,5 nella misura corretta – sarebbe stata sufficiente a coprire tale tatuaggio, sia in fase statica che dinamica. Per tali circostanze sarebbe carente di istruttoria l’operato della Commissione.
II– Violazione di legge (tabella 1, n. 2 lett. b) d.m. Interno n. 198 del 30 giugno 2003, in relazione all’art. 55-bis del d.lgs. n. 334 del 2000 e 6 e 27 bis del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335) – Eccesso di potere (carente istruttoria – ingiustizia manifesta – difetto di motivazione): come risultante dall’allegato certificato e come pure rilevato dalla Commissione, il tatuaggio sarebbe in corso di rimozione e pertanto assimilabile ad una cicatrice, senza alcun rilievo da parte dell’Amministrazione sulla qualità o caratteristiche del tatuaggio, rilevanti ai sensi della lett. a) del comma 2 della Tabella 1, allegata al D.M. 198/2013 che prevede espressamente quale causa di non idoneità per l’ammissione ai concorsi pubblici della specie : “ … a) le alterazioni congenite ed acquisite croniche della cute e degli annessi, estese o gravi o che, per sede o natura, determinino alterazioni funzionali o fisiognomiche …”. La Commissione avrebbe dovuto riscontrare la presenza di una cicatrice sulla pelle e quindi indicare nel verbale i postumi a seguito di rimozione chirurgica del tatuaggio, con derivante carenza e inidoneità della motivazione.
III e IV– Violazione di legge (tabella 1, n. 2 lett. b) d.m. Interno n. 198 del 30 giugno 2003, in relazione all’art. 55-bis del d.lgs. n. 334 del 2000 e 6 e 27 bis del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335) – eccesso di potere (carente istruttoria – ingiustizia manifesta – difetto di motivazione) – violazione degli artt. 3, 24 e 97 Cost.: principio di imparzialità equità – trasparenza – buon andamento: il verbale di esclusione indicherebbe unicamente la localizzazione del tatuaggio, senza specificare le misurazioni dello stesso nella parte del corpo “non coperta dall’uniforme”, dovendo invece motivare in che misura – tenuto conto dell’accertata fase di rimozione del tatuaggio – la visibilità sarebbe stata tale da determinare l’inidoneità al servizio di Polizia, valutando la situazione anche in evoluzione in relazione alla sottoposizione del tatuaggio al trattamento di completa rimozione, già in periodo anteriore alla data della visita medica concorsuale. Il giudizio di inidoneità sarebbe viziato per difetto dei presupposti, essendo stato equiparato il residuo di un tatuaggio a seguito della rimozione dello stesso, ad un “tatuaggio” nella sua originaria composizione con le caratteristiche indicate dalla norma.
Pertanto il ricorrente ha concluso chiedendo l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensione dell’efficacia degli stessi e verificazione sulla natura, collocazione e dimensioni del tatuaggio.
2. Il Ministero dell’interno intimato si è costituito in giudizio in resistenza e con successiva documentata memoria si è opposto alle censure dedotte dal ricorrente atteso il riscontro nel verbale impugnato della presenza del tatuaggio seppure in via di rimozione, come evidente anche dalla documentazione fotografica allegata, intravedendosi dalla manica corta della divisa ufficiale estiva, in modo ben visibile, la parte finale del tatuaggio. Pertanto nella specie dal riscontro della visibilità del tatuaggio deriverebbe la carenza del requisito richiesto dalla normativa vigente in materia per l’ingresso nella Polizia di Stato e l’operato della Commissione medica sarebbe corretto non occorrendo alcuna indagine sulla rilevanza o evidenza del tatuaggio.
3. Con ordinanza n. (omissis) del 2022 la domanda cautelare è stata respinta.
4. In prossimità dell’odierna udienza parte il Ministero resistente ha depositato ulteriore memoria difensiva con la quale ha insistito con articolate considerazioni per il rigetto del ricorso.
5. Parte ricorrente ha depositato il giudizio di idoneità fisica conseguito nella partecipazione al concorso per l’assunzione di 1000 vice ispettori della Polizia di Stato, indetto con bando del 16 marzo 2022, successivo a quello in esame e con memoria ha insistito per l’accoglimento del ricorso rilevando che dalla documentazione fotografica prodotta sarebbe evidente che la maglietta a mezze maniche sarebbe sufficiente a coprire il tatuaggio in questione rendendolo non visibile; comunque la Commissione medica sulla base degli stessi accertamenti effettuati avrebbe dovuto rilevare non la presenza del tatuaggio, ma i postumi del trattamento di rimozione e, quindi, una cicatrice sulla pelle.
Alla pubblica udienza del 4 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. La controversia in esame verte sulla legittimità del provvedimento con il quale la Commissione medica per l’accertamento dei requisiti psicofisici del concorso in epigrafe ha escluso dalla procedura concorsuale il ricorrente dichiarandolo non idonea per la seguente motivazione: “tatuaggio in zona non coperta dall’uniforme (braccio dx), in via di rimozione, ma ancora visibile, ai sensi dell’art. 3 comma 2 rif. tab. 1, punto 2, lett. ‘b’ del D.M. 30/06/2003 n. 198”; in particolare parte ricorrente censura il difetto di motivazione, l’erroneità dei presupposti e la contraddittorietà dell’azione amministrativa, in quanto nella sostanza si tratterebbe di un tatuaggio in corso di rimozione, come da certificazione medica allegata, in assenza della valutazione da parte della Commissione se il tatuaggio, seppur visibile, costituisca causa di non idoneità in quanto coincidente con una cicatrice, rilevando le qualità e le caratteristiche della cicatrice e comunque carente di istruttoria in quanto la manica della divisa estiva di cm.28,5 sarebbe stata sufficiente a coprire detto tatuaggio, sia in fase statica che dinamica.
6.1. Le censure, tenuto conto anche delle concrete circostanze fattuali che caratterizzano il ricorso, sono infondate alla luce delle argomentazioni espresse dalla ormai costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. in particolare, sez. IV, 9 marzo 2020, n.1690; id.25 marzo 2020, n.2080) cui si è allineata anche la giurisprudenza di questo Tar, con la sentenza 25 giugno 2020, n. 7175, rivedendo il precedente orientamento sulla irrilevanza dei tatuaggi in corso di rimozione e di ridotte dimensioni.
In ordine alle suddette doglianze, si rileva che, in sede di accertamento dei requisiti psicofisici, la Commissione medica, come da verbale del 14 ottobre 2021, ha accertato la sussistenza di un tatuaggio su parte del corpo non coperta da uniforme nella regione del braccio dx, in via di rimozione, ma ancora visibile, come da documentazione fotografica versata in atti.
La circostanza in questione contrasta con l’art. 3, comma 2, d.m. 30.6.2003, n. 198, “Regolamento concernente i requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale di cui devono essere in possesso i candidati ai concorsi per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato e gli appartenenti ai predetti ruoli”, secondo cui “costituiscono, inoltre, cause di non idoneità per l’ammissione ai concorsi di cui al comma 1 le imperfezioni e infermità indicate nell’allegata tabella 1”, laddove la tabella 1 prevede, appunto, tra le cause di non idoneità, al punto 2, lett. b, i “tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme o quando, per la loro sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme”; inoltre va richiamata la norma generale applicabile recata dall’art. 3, comma 7 quinquies del d.lgs. n. 95 del 2017 secondo cui “costituiscono cause di esclusione dai concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli e alle carriere della Polizia di Stato le alterazioni volontarie dell’aspetto esteriore dei candidati, quali tatuaggi e altre alterazioni permanenti dell’aspetto fisico non conseguenti a interventi di natura comunque sanitaria, se visibili, in tutto o in parte, con l’uniforme indossata o se, avuto riguardo alla loro sede, estensione, natura o contenuto, risultano deturpanti o indice di alterazioni psicologiche, ovvero comunque non conformi al decoro della funzione degli appartenenti alla Polizia di Stato”.
Nel suo tenore letterale, la disciplina pone una distinzione a seconda che il tatuaggio sia situato su parti del corpo non coperte dall’uniforme o meno.
In quest’ultimo caso, la presenza del tatuaggio determina inidoneità solo laddove, per sede e natura, sia “deturpante” ovvero, per il suo contenuto, “indice di alterazioni psicologiche”.
Nella prima ipotesi considerata, che è quella che ricorre nel caso di specie, invece, il tatuaggio è causa di esclusione qualora esso, quale che ne sia l’entità o il soggetto rappresentato, sia collocato nelle parti del corpo non coperte dall’uniforme, dovendosi, a tal fine, fare riferimento a tutti i tipi di uniforme utilizzati o utilizzabili nell’ambito del servizio.
In tale evenienza, l’amministrazione non è titolare di alcuna discrezionalità, non dovendo procedere ad alcuna valutazione, ma prendere solo atto degli esiti di un mero accertamento tecnico (copertura o meno del tatuaggio da parte delle uniformi) (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 luglio 2018, n. 4305; idem,3 ottobre 2019 n. 6640; idem, 9 marzo 2020, n. 1690).
In questo caso, trattandosi di un mero accertamento tecnico e, quindi, di esercizio del potere amministrativo totalmente vincolato, è esclusa ogni valutazione del nocumento all’immagine dell’Amministrazione o al decoro della divisa; viceversa, qualora si trattasse di tatuaggi collocati in parte del corpo coperta dall’uniforme, l’Amministrazione è tenuta, ai fini dell’esclusione per la presenza di un tatuaggio, a valutare e, conseguentemente, a motivare, in tal senso, la “rilevanza” dell’alterazione acquisita dalla cute e l’idoneità di essa a compromettere il decoro della persona e dell’uniforme. In particolare, il tatuaggio può diventare causa di esclusione – ancorché non collocato in parti visibili come innanzi precisate – allorché esso venga considerato “deturpante” per sede e natura, ovvero in virtù del suo “contenuto” (id est, di quanto da esso rappresentato).
In tale diversa ipotesi, l’esclusione, dunque, non è vincolata quale conseguenza dell’esito di un mero accertamento tecnico, ma rappresenta l’eventuale misura adottata all’esito di una valutazione che costituisce esercizio di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità nei limiti del difetto di motivazione ovvero dell’eccesso di potere per manifesta illogicità.
Né possono valere le obiezioni mosse dal ricorrente sul difetto di motivazione per la mancata considerazione da parte della Commissione della misura del tatuaggio atteso che, seppur non riportato nel verbale di inidoneità, la scheda medica redatta dalla Commissione e sottoscritta da tutti i componenti, allegata in atti dall’amministrazione, reca oltre il suddetto giudizio di inidoneità anche nelle note la misurazione del tatuaggio “della dimensione di cm 30×16,5”, rendendo quindi completo l’accertamento operato.
6.2. Nella specie riguardo all’affermata circostanza della fase di rimozione del tatuaggio, si evidenzia il rilievo dirimente della visibilità dello stesso al momento della visita concorsuale, tant’è che la Commissione lo ha accertato e segnalato con evidenza per sede (in parte del corpo non coperta dall’uniforme) e dimensioni (come riportato nelle note della scheda) – e non sbiadito per effetto della procedura di rimozione intrapresa, con accertamento della sussistenza della causa di esclusione (come anche attestato dai rilievi fotografici allegati dall’amministrazione).
D’altra parte, la giurisprudenza largamente maggioritaria del Consiglio di Stato ha solitamente negato rilevanza al processo di rimozione in atto del tatuaggio, facendo applicazione dei principi del “tempus regit actum” e della “par condicio” tra i candidati, per cui l’accertamento dei requisiti di idoneità deve avere riguardo al momento dell’espletamento delle relative prove, essendo irrilevante la successiva scomparsa dei tatuaggi, nella specie tra l’altro non accertata attesa la evidenza del tatuaggio non rimosso (cfr. Cons. Stato, 3 ottobre 2019, n.6640, che richiama, a sua volta, ampia giurisprudenza).
Gli accertamenti psico-fisici effettuati in sede concorsuale, infatti, devono essere considerati irripetibili: diversamente opinando, si configurerebbe una violazione del principio della par condicio competitorum, nonché dell’imparzialità e certezza dei rapporti giuridici nel momento in cui i candidati vengono sottoposti a visita medico – collegiale.
La suddetta tesi è suffragata dalla giurisprudenza, secondo cui “in questi casi la commissione medica è solo tenuta a verificare la riconducibilità della situazione di fatto accertata nella fattispecie astratta che disciplina le cause di esclusione. Constatato che il tatuaggio era chiaramente visibile al momento della visita, essa ha correttamente ricondotto il segno, visibile sulla cute in zona non coperta dall’uniforme, nel novero delle cause di esclusione, senza dover indugiare in ulteriori accertamenti istruttori sulla relativa entità, in quanto non previsti dalla disciplina di accesso al concorso. In applicazione del principio di imparzialità e di parità di trattamento tra i candidati di un concorso pubblico, ai fini del possesso dei requisiti di partecipazione rileva la data di scadenza del termine di presentazione della domanda” (così, da ultimo, Cons. St., sez.II, 16 febbraio 2022, n. 1167).
La circostanza per cui, nel caso dei requisiti psicofisici, tale termine sia di fatto posticipato al momento della visita medica, non consente in ogni caso di attribuire rilevanza a fatti sopravvenuti, e successivi al momento della visita (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27 gennaio 2020, n. 658; idem, 30 giugno 2020, n. 4109; idem sez. II, 1° settembre 2021, n. 6155).
Sulla base di ciò va disatteso anche l’assunto del ricorrente secondo cui il giudizio di idoneità, formulato nei confronti dello stesso a seguito della partecipazione al successivo concorso per 1000 vice ispettori P.S testimonierebbe il possesso del previsto profilo, poiché invece il giudizio in discussione è connesso ad uno status del soggetto partecipante nella specie mutabile nel tempo e che pertanto deve essere accertato nel contesto del procedimento concorsuale cui esso si riferisce. Né parte ricorrente ha documentato l’attuale situazione della rimozione del tatuaggio al fine di confrontare con le immagini riportate nella documentazione fotografica precedente nella quale risulta visibile il tatuaggio oltre il bordo della maglietta.
7. In definitiva, in tale specifico contesto fattuale come desumibile dai documenti depositati in atti, al momento dell’accertamento, il tatuaggio in contestazione era in fase di rimozione e tale ultimo procedimento non si era completato, con la conseguenza che il tatuaggio risultava ancora pienamente visibile e decifrabile; pertanto, richiamato anche l’univoco orientamento interpretativo del giudice di appello (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 7920/2020, id. n. 4386/2021, id. 4925/2021, id. sez. II, 6155/2021) il ricorso, in quanto infondato, va respinto.
La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)