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T.A.R. Catania (Sicilia) sez. IV, 13/07/2015, n. 1938

Massima

L’emissione di provvedimenti DASPO richiede una rigorosa valutazione individuale dei comportamenti, supportata da prove concrete, al fine di dimostrare la pericolosità specifica del destinatario per l’ordine pubblico. La mera presenza in un contesto di disordine generalizzato non giustifica l’applicazione di tali misure.

Supporto alla lettura

DASPO

Il Daspo (da “D.A.SPO.”, acronimo di “Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive”) è una misura prevista dalla legge italiana nata al fine di impedire aggressioni violente nei luoghi degli avvenimenti sportivi e poi allargata alla tutela degli atleti da ogni forma di offesa verbale, quanto meno rimandabile alla sfera razziale.

Il Daspo vieta al soggetto ritenuto pericoloso di accedere in luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive.

Il provvedimento viene emesso dal questore e la sua durata va da uno a cinque anni, in base alle modifiche del cosiddetto Decreto Pisanu varato nel febbraio 2007 dopo gli scontri di Catania.

Può essere accompagnato dall’obbligo di presentazione a un ufficio di polizia in concomitanza temporale delle manifestazioni vietate. Viene sempre notificato all’interessato; nel caso in cui ad esso si affianchi anche la prescrizione della firma, è comunicato anche alla Procura della Repubblica presso il Tribunale competente. Entro 48 ore dalla notifica ne deve seguire la convalida da parte del GIP presso il medesimo Tribunale, solo per la parte attenente la firma. Il Questore può autorizzare l’interessato, in caso di gravi e documentate esigenze, a comunicare per iscritto il luogo in cui questi possa recarsi per apporre le firme d’obbligo in concomitanza delle manifestazioni sportive.

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 512 del 2002, inquadra la misura del Daspo tra quelle di prevenzione, che possono essere quindi inflitte indipendentemente dalla commissione di un reato.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1597 del 2014, proposto da:
(omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti (omissis) e (omissis), con domicilio legale presso la Segreteria del Tar Catania in Catania, Via (omissis);

contro

Questura della Provincia di Messina, in persona del Questore p.t.; Ministero dell’Interno, in persona del Ministro legale rappresentante p.t., entrambi rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, ed ivi domiciliata in Via Vecchia Ognina n. 149;

per l’annullamento

-dei Decreti nn. 349/12/DASPO/2014 del 11/03/2014, 224/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 227/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 229/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 208/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 230/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 221/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 425/04/DASPO/2014 del 11/03/2014, 226/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 218/14/DASPO/2014 del 11/03/2014 e 220/14/DASPO/2014 del 11/03/2014 emessi dal Questore di Messina in data 11-3-2014, con cui viene fatto divieto ai ricorrenti di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive e di altri club professionisti e dilettanti relativi ai campionati nazionali, ai tornei internazionali UEFA, incontri e tornei amichevoli o per beneficienza, nazionali ed esteri, nonché a tutti gli altri eventi calcistici, comprese le amichevoli, disputate dalla Nazionale italiana o da altre rappresentative estere sul territorio nazionale o su quello degli altri stati appartenenti all’Unione Europea, ecc.., per un periodo di anni 4 dalla data di notifica del provvedimento.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Questura della Provincia di Messina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 maggio 2015 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

In occasione della sosta presso la medesima area di servizio Q8 di Santa Teresa Riva lungo l’autostrada Catania –Messina, il pomeriggio del giorno 10/11/2013 avveniva l’incontro fra le opposte tifoserie delle squadre di calcio “Tiger” di Brolo ed “Igea Virtus” di Barcellona Pozzo di Gotto, che presto culminava con l’affermato ricorso ad atti di violenza da parte di quelli della seconda in danno di quelli della prima. Conclusisi gli scontri con fuga dei tifosi dell’Igea Virtus”, dopo che questi avevano appreso essere state contattate le forze dell’ordine da parte del personale addetto all’area di ristoro, all’interno della quale si erano rinchiusi i tifosi della “Tiger” per evitare i loro attacchi, venivano condotte le opportune indagini di polizia per identificare i responsabili di fatti che potessero assumere una penale rilevanza. Indipendentemente dagli accertamenti condotti a tal fine, il Questore della Provincia di Messina riteneva che i comportamenti posti in essere da taluno fra i tifosi della “Igea Virtus” fossero comunque idonei a sollecitare l’esercizio dei propri poteri a norma dell’art. 6 della l. n. 401/1989: di conseguenza, con decreti nn. 349/12/DASPO/2014 del 11/03/2014, 224/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 227/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 229/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 208/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 230/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 221/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 425/04/DASPO/2014 del 11/03/2014, 226/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, 218/14/DASPO/2014 del 11/03/2014 e 220/14/DASPO/2014 del 11/03/2014, tutti notificati il 17/03/2014, disponeva il divieto di accedere ai luoghi dove si svolgessero gli incontri della “Igea Virtus” e di qualunque altra squadra di calcio nei confronti, rispettivamente, dei Sig.ri (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) e (omissis).

I soggetti appena prima indicati, non ritenendo legittimi i provvedimenti adottati nei propri confronti, li impugnavano con un ricorso trasmesso per la notifica il 16/05/2014, notificato il 27/05/2014 e depositato presso gli uffici di segreteria del giudice adito il 16/06/2014, con il quale deducevano il ricorrere dei seguenti vizi:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della l. n. 401/1989 in relazione all’art. 3 della L. n. 241/1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria;

2) manifesta illogicità ed eccessiva sproporzione delle misure prescrittive contenute nei decreti impugnati.

L’Amministrazione intimata si costituiva in giudizio con memoria depositata in segreteria il 07/07/2014.

Nella camera di consiglio fissata il 10/07/2014 per l’esame della domanda cautelare incidentalmente proposta con il ricorso in epigrafe, i ricorrenti rinunciavano alla stessa.

Il ricorso giungeva all’esame in udienza pubblica una prima volta in quella del 09/04/2015. Qui il Collegio rilevava l’incompletezza della documentazione depositata dall’Amministrazione intimata, e più in particolare della nota del 22/02/2014 dalla stessa indirizzata alla Procura della Repubblica di Messina, che risultava priva degli atti costituenti allegati n. 7, 8 e 9 alla stessa (i quali compendiavano i risultati del riconoscimento fotografico operato con riguardo alla persona degli attuali ricorrenti). Pertanto il Collegio, con ordinanza collegiale istruttoria n. 1077/2015, ordinava all’Amministrazione intimata, oltre che il deposito di tale documentazione, la predisposizione e il deposito di “una relazione che indichi, per ciascuno dei ricorrenti, quali siano i comportamenti posti in essere ritenuti tali da determinare un “fondato timore per il mantenimento dell’ordine Pubblico””.

L’Amministrazione intimata ottemperava all’ordine impartitole depositando la documentazione richiesta in segreteria il 25/05/2015.

Le parti scambiavano fra loro ulteriori scritti defensionali.

In data 28/05/2015 aveva luogo l’udienza pubblica fissata per l’esame del ricorso in epigrafe, con rimessione dello stesso in decisione.

L’Amministrazione intimata, con motivazione ripetuta all’interno dei più provvedimenti impugnati, afferma, per ciascuno di essi, come “ad esito dell’attività info-investigativa e dall’analisi delle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza sul posto, (il destinatario del provvedimento sia) stato compiutamente identificato”. Tuttavia, dall’esame della documentazione prodotta in adempimento dell’ordinanza collegiale istruttoria n. 1077/2015, ivi inclusa quella recante immagini registrate e i fotogrammi ritenuti rilevanti, il Collegio non ritiene che la menzionata identificazione abbia determinato, come invece necessario, la individuazione di “elementi oggettivi” tali da poter ricondurre il comportamento individuale di ciascuno dei ricorrenti, come da motivazione, al” la condotta dallo stesso tenuta (che) vada inquadrata in più momenti di concitazione di un unico contesto spazio-temporale, suscitando fondato timore per il mantenimento dell’Ordine Pubblico”.

Il Collegio ritiene piuttosto che l’Amministrazione intimata abbia fatto riferimento in modo erroneo ad una situazione di disordine generalizzato, evidenziato dalla stessa in motivazione con il prendere in considerazione, indifferenziatamente, il comportamento della “tifoseria Igeana”, ed ancora, i “più momenti di concitazione di un unico contesto spazio-temporale”. Pertanto il Collegio, ritenendo di dover fare applicazione, nel caso di specie, del precedente secondo cui la “adozione dei provvedimenti di D.a.spo., riconducibili al genus delle misure di prevenzione o di polizia, deve risultare motivata con riferimento a comportamenti concreti ed attuali del destinatario, dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica”(T.A.R. Toscana, sez. II, sent. 6 giugno 2013, n. 955), ritiene sussistente il dedotto vizio di violazione dell’art. 6 della L. n. 401/1989 e di difetto di istruttoria, per la mancanza del preliminare esaustivo accertamento dei comportamenti individuali specificamente attribuiti ai soggetti sanzionati e valutati siccome pericolosi per il “mantenimento dell’Ordine Pubblico”.

Non viene invece esaminato il dedotto vizio di eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, in quanto l’accoglimento del primo motivo di ricorso, determinando una caducazione totale dei provvedimenti impugnati, fa venir meno – per consunzione logica – l’interesse all’esame di un motivo di ricorso che attiene, più limitatamente, alla misura del potere esercitato in concreto dall’Amministrazione intimata.

Il collegio, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe, per gli effetti annullando i provvedimenti con esso impugnati.

Tenuto conto del fatto che comunque l’Amministrazione intimata si è trovata dover provvedere in relazione ad una pregressa situazione di generalizzato disordine, il Collegio ritiene che ciò costituisca giustificato motivo per non porre a suo carico le spese del presente giudizio malgrado la propria formale soccombenza, disponendone piuttosto la integrale compensazione fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) accoglie il ricorso in epigrafe, per gli effetti annullando i provvedimenti con esso impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2015 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/07/2015

Allegati

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