SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 690 del 2020, proposto da
(omissis), rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;
per l’annullamento
A) del decreto n. 333-d/36202 del 07.02.2020 notificato in data 10.02.2020 adottato dal Capo della Polizia -Direttore Generale della Pubblica Sicurezza- con cui la ricorrente è stata sospesa cautelarmente dal servizio per gravi motivi senza limiti temporali;
B) della nota cat.7.5/10.5 ris del 06.02.20 del Direttore del Centro Polifunzionale -Scuola Tecnica di Polizia di Roma- di cui si ignora il contenuto;
C) se ed in quanto lesiva della nota prot.555/rs/01/96/6301;
D) di ogni altro atto preordinato, presupposto, connesso, successivo e/o comunque anche incidentalmente connesso e/o consequenziale, ancorché in data e tenore sconosciuto, che incida sfavorevolmente sulla posizione giuridica della ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2020, tenutasi da remoto ai sensi dell’art. 25 del DL 28 ottobre 2020, n. 137, (omissis);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. In data 11.11.2019 la ricorrente, agente della Polizia di Stato, veniva convocata presso la scuola allievi di Caserta al fine di frequentare il 12° corso di formazione professionale per appartenenti ai gruppi sportivi restituiti ai ruoli ordinari.
1.1. Durante una pausa dal corso, in data 4 febbraio 2020, venivano realizzati dei video con il telefono cellulare di proprietà della ricorrente, in cui essa ricorrente compariva unitamente ad una collega, ambedue in divisa, esibendosi in un duetto e in una sorta di balletto.
1.2. I due filmati – di 15 secondi e 13 secondi l’uno – venivano caricati sul social network denominato “Tik Tok” e, dunque, diffusi sul web, benché rimossi dopo poche ore dalla loro pubblicazione, suscitando taluni commenti negativi da parte di utenti.
1.3. Il giorno successivo la ricorrente veniva convocata dal direttore della Scuola Allievi Agenti di Caserta che provvedeva a richiamarla oralmente per il comportamento tenuto.
1.4. In data 7 febbraio 2020, indi, dietro proposta del direttore del centro polifunzionale – scuola tecnica di polizia del 6 febbraio 2020, il resistente Ministero provvedeva a sospendere cautelarmente dal servizio la ricorrente ai sensi dell’art. 92 del DPR 3/57, atteso che i filmati in questione “mostrano la dipendente esibirsi in uniforme in atteggiamenti indecorosi”, non consoni allo status di appartenente alla Polizia di Stato, “suscitando commenti di utenti del web lesivi dell’immagine dell’Istituzione”.
1.5. Avverso tale ultimo provvedimento insorgeva la ricorrente avanti questo TAR, ad unico mezzo di gravame essenzialmente deducendo:
– violazione e falsa applicazione dell’art. 92 del dpr 3/1957 – violazione degli artt. 3, 15, 21 costituzione – violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 7, 9, 10 e 10-bis l. n. 241/90 – difetto di istruttoria – carenza di motivazione – travisamento dei presupposti in fatto ed in diritto – mancata ponderazione dei contrapposti interessi – genericità – contraddittorietà – irragionevolezza- ingiustizia manifesta – sviamento dalla causa tipica- violazione e falsa applicazione dell’art.19 dpr 737/81- incompetenza, stante la insussistenza dei gravi motivi che solo valgono a giustificare il provvedimento di sospensione impugnato; e, invero, la pubblicazione dei due video sarebbe avvenuta fortuitamente; in ogni caso, la ricorrente si sarebbe tempestivamente attivata per rimuoverli, altresì cancellando l’account sul social network in questione e rimuovendo la relativa applicazione dal proprio telefono cellulare; comunque, la natura stessa dei filmati non assumerebbe connotati di gravità tali da giustificare la adozione del grave provvedimento urgenziale che ne occupa.
1.6. Si costituiva l’intimata Amministrazione, che instava per la reiezione del gravame.
1.7. La causa veniva al fine, dopo una ulteriore memoria difensiva della parte ricorrente, introitata per la decisione nella odierna udienza, tenutasi da remoto ai sensi dell’art. 25 del DL 28 ottobre 2020, n. 137.
DIRITTO
2. Il ricorso è fondato.
2.1. E, invero, siccome è testualmente dato leggere nel gravato provvedimento e negli atti presupposti, la sospensione è stata disposta:
– essendo venuto meno il rapporto fiduciario “per lo svolgimento delle attività istituzionali”;
– in ragione della pubblicazione dei due video su di un noto social network, ove la ricorrente ed una collega, in uniforme, si esibivano in attività canore e ludiche, “suscitando commenti di utenti del web lesivi dell’immagine dell’Istituzione”.
2.2. Orbene, siccome acclarato per tabulas, all’esito del deposito dei filmati de quibus operato dalla Amministrazione in ossequio all’ordine istruttorio di questo TAR:
– la condotta della ricorrente si è sostanziata nel consentire riprese filmate, di pochissimi secondi, che la ritraevano in uniforme e in atteggiamenti ludici;
– la immissione sul web di tali filmati si è concretata per uno spatium temporis assai esiguo;
– la rimozione dei filmati e la cancellazione dell’account della ricorrente è avvenuta in tempi assai celeri;
– la ricorrente ha fornito oralmente delle giustificazioni -scarsa dimestichezza con l’utilizzo del dispositivo elettronico e, in particolare, del social network in questione- funzionali ad elidere ovvero a temperare il disvalore della condotta de qua.
2.2.1. Di guisa che, proprio la specifica natura della condotta contestata -e la concreta scansione temporale che risulta averla connotata- imponeva alla Amministrazione, al più la assunzione del “punto di vista” della interessata, in ossequio altresì al principio della massima acquisizione degli interessi al procedimento, all’esito di una articolata interlocuzione di matrice disciplinare; ciò che, invero, poscia è effettivamente avvenuto.
2.2.2. E, invero, rimane ferma la possibilità di emanare senza indugio il provvedimento di sospensione cautelare, epperò solo ed esclusivamente nella ricorrenza di:
– peculiari ragioni di celeritas ed urgenza, debitamente ed idoneamente rappresentate dalla Autorità, e giustificate in una ottica di non ritardabile protezione dell’interesse pubblico ad evitare la ulteriore presenza dell’agente in servizio;
– pregnanti esigenze di tutela dell’apparato e della immagine del corpo ove la ricorrente è incardinata, perseguendo altresì l’interesse della Amministrazione preordinato ad assicurare che l’espletamento di compiti e mansioni particolarmente delicate sia affidato a personale dotato di peculiari caratteristiche di probità ed affidabilità; in tal guisa neutralizzando, anche in funzione precauzionale e cautelare, il pericolo e/o il rischio che alla Amministrazione possa rivenire dal mantenimento in servizio di un dipendente che non offra più le dovute garanzie al riguardo.
2.3. Sono giustappunto tali condiciones a non essere, per vero, rinvenibili nella fattispecie che ne occupa, avuto riguardo: i) al grado di disvalore della condotta, sotto il profilo oggettivo e soggettivo (in ragione del tempo limitato di diffusione dei filmati e del “ravvedimento” della ricorrente); ii) alla inesistenza di effettive ragioni di urgenza.
2.3.1. Di guisa che non può che riespandersi –recte, non trova compressione- la regola generale della previa interlocuzione procedimentale, insuperabile presidio di legalità, trasparenza, buon andamento ed imparzialità della Amministrazione (artt. 97 Cost. e 41 Carta di Nizza), che solo può essere assicurata dal procedimento disciplinare.
2.3.2. Nella fattispecie in esame, la formulazione del giudizio di disvalore avrebbe dovuto essere preceduta -non ricorrendo speciali ragioni di urgenza, nella specie non immediatamente percepibili e peraltro solo genericamente allegate dalla Amministrazione- dalla acquisizione di ulteriori elementi istruttori, anche sub specie di audizione -ovvero di deduzioni scritte- delle persone informate dei fatti, e massimamente dell’interessata, al fine di verificare la natura delle condotte da lei poste in essere, la loro natura deontologicamente non corretta o inopportuna, il grado di colpevolezza dell’agente, la effettiva esistenza di un vulnus al prestigio e al decoro della Polizia di Stato, e la eziologica riconducibilità di detto vulnus ad esse condotte.
2.4. E, invero, va quivi ribadita:
– la funzione tipicamente cautelare e preventiva della sospensione cautelare facoltativa contemplata dall’art. 92 del DPR 3/57, teleologicamente preordinata all’immediato allontanamento del dipendente e ad impedire che la sua permanenza in servizio possa tradursi in un grave pregiudizio all’immagine e al prestigio dell’Amministrazione;
– la alterità di tale funzione rispetto a quella punitiva stricto sensu intesa, atteso che al gravato provvedimento -in quanto diretto a perseguire d’urgenza il superiore interesse dell’Amministrazione alla immediata, ancorché provvisoria, rimozione dal servizio del dipendente- è estranea la logica squisitamente punitiva e afflittiva che è propria della potestas sanzionatoria e disciplinare.
2.4.1. Di talché:
– è proprio tale funzione preventiva e precauzionale a giustificare la adozione del provvedimento di sospensione anche prima che sia iniziato il procedimento disciplinare, ma solo allorquando ricorrano “gravi motivi”;
– nella fattispecie de qua agitur, all’esito della compiuta disamina della documentazione video posta a fondamento della gravata determinazione, non paiono rinvenibili i “gravi motivi” ex lege contemplati, stante la inidoneità dei fatti contestati -tenuto conto della natura dei due filmati che solo riguardano la ricorrente, nonché del lasso temporale di poche ore in cui essi filmati sono stati resi disponibili all’interno di un social network– a concretare una grave minaccia al decoro e al prestigio della Amministrazione, tale da prescindere dal (e da precedere il) procedimento disciplinare, di poi successivamente iniziato.
2.4.2. Ciò che vale a vieppiù persuadere della mancanza ex ante di particolari situazioni di urgenza e, indi, di una irreversibile rottura del rapporto fiduciario, tale da impedire un sia pur minimo confronto in contraddittorio prima dell’allontanamento dal servizio, per contro disposto ex abrupto, illico et immediate, con esplicazione del potere in guisa sviata, oltre che lesiva delle guarentigie difensive della ricorrente.
3. Non si rinvengono ragioni, infine, per deflettere dalla regola generale in forza della quale le spese seguono la soccombenza, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il gravato provvedimento di sospensione dal servizio.
Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese della fase di merito, che liquida complessivamente in € 3.000,00, oltre accessori come per legge, con attribuzione in favore dell’avv. (omissis), siccome dichiaratosi antistatario.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte ricorrente.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2020, tenutasi da remoto ai sensi dell’art. 25 del DL 28 ottobre 2020, n. 137, con l’intervento dei signori magistrati:
(omissis)
