Massima

La mancata ammissione scolastica di un alunno con DSA non può essere impugnata contestando genericamente l’assenza di sostegno, ma richiede la prova dell’erroneità della valutazione delle competenze acquisite o, in alternativa, una specifica domanda di risarcimento danni per l’inadeguatezza del servizio scolastico.

Supporto alla lettura

RICORSO AL TAR

Il Tribunale Amministrativo Regionale è l’organo di giustizia amministrativa di primo grado chiamato a decidere su quasi tutte le controversie che coinvolgono la Pubblica Amministrazione e le Autorità Indipendenti. Quello amministrativo è un giudizio a carattere per lo più impugnatorio in cui il privato (cittadino o impresa che sia) si oppone ad un provvedimento, o ad un silenzio, di una Pubblica Amministrazione che ritenga lesivo di un proprio interesse legittimo o di un proprio diritto soggettivo.

Alcune tra le materie che rientrano nella giurisdizione amministrativa sono:

  • Appalti in materia di lavori, di forniture e di servizi pubblici
  • Commercio
  • Forze Armate
  • Gestione degli alloggi dell’edilizia residenziale pubblica
  • Edilizia e Urbanistica
  • Cinematografia, teatro, spettacoli e sport
  • Provvedimenti prefettizi in materia di cittadini extracomunitari
  • Opere pubbliche, espropriazione e occupazione d’urgenza
  • Istruzione pubblica
  • Servizio sanitario nazionale
  • Viabilità e trasporti
  • Farmacie
  • Sicurezza pubblica
  • Ambiente, ivi compresi il paesaggio, i beni culturali e i relativi vincoli
  • Impiego pubblico, compreso quello dell’Università
  • Monopoli di stato, lotto, lotterie e giochi
  • Provvedimenti in materia di cittadini extracomunitari
  • Accesso ai documenti amministrativi e violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa

Il ricorso al TAR deve essere proposto entro il termine perentorio di 60 giorni dall’avvenuta conoscenza del provvedimento che si intende impugnare o, nelle fattispecie per cui è previsto la configurazione del silenzio rifiuto, entro 60 giorni dallo scadere del termine per la formazione di tale rigetto implicito.

Per ricorrere al TAR è necessario farsi patrocinare da un avvocato cui va conferita una procura speciale ad hoc.

Entro il termine di 60 giorni il ricorso deve essere notificato alla Pubblica Amministrazione resistente nonché ad almeno un controinteressato (es. ad un soggetto vincitore di un concorso in cui il ricorrente pur partecipando sia stato collocato in posizione non utile in graduatoria). Nei 30 giorni successivi alla notifica il ricorso va depositato presso la Segreteria del TAR unitamente al provvedimento impugnato e ai documenti che si ritiene utile sottoporre all’esame dei giudici. I termini per il ricorso al TAR sono perentori per cui il mancato rispetto comporta la improcedibilità del ricorso.

Per i ricorsi attinenti ad alcune materie specificamente individuate dal Codice del Processo Amministrativo (es. appalti e giudizio di ottemperanza) i termini di cui sopra sono dimezzati, con conseguente riduzione dei tempi del giudizio.

A causa della natura impugnatoria del giudizio, il ricorso deve recare l’esatta indicazione di tutti i motivi in ragione dei quali si deduce la illegittimità del provvedimento opposto. Il TAR, infatti, potrà pronunciarsi esclusivamente sui motivi che sono stati sottoposti al suo vaglio non potendo eventualmente annullare l’atto amministrativo per vizi che non siano stati dedotti con il ricorso.

Il ricorso non sospende in automatico gli effetti del provvedimento impugnato che continua ad essere pienamente efficace, salva la possibilità per il ricorrente di richiedere in via cautelare la sospensione al TAR per evitare un pregiudizio grave e irreparabile che potrebbe derivare dall’attesa dell’esito del giudizio. In particolare, tale tutela, in caso di estrema urgenza, può essere chiesta nella forma del decreto Presidenziale sottoponendo direttamente al Presidente del TAR la richiesta di sospensione ancor prima della fissazione di un’udienza per l’audizione delle parti. Sia l’ordinanza emessa sulla istanza di sospensione in via cautelare, sia la sentenza emessa a definizione del ricorso, sono ricorribili in appello davanti al Consiglio di Stato.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 959 del 2012, proposto da:
(omissis), rappresentata e difesa dall’Avv. (omissis), con domicilio eletto presso (omissis) in Catanzaro, via (omissis);

contro

Liceo Ginnasio Statale “(omissis)”, Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Catanzaro, domiciliata in Catanzaro, via G. Da Fiore, 34;

per l’annullamento

del verbale dello scrutinio finale a.s. (omissis) della classe (omissis) (omissis) di Cosenza nella parte relativa all’Alunno (omissis), nonché di ogni atto prodromico e successivo allo stesso

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Liceo Ginnasio Statale “(omissis)” e del Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2012 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. in ordine alla completezza e regolarità del contraddittorio e dell’istruttoria, ai fini della definizione del giudizio nel merito con sentenza in forma semplificata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Nell’odierno giudizio la parte ricorrente, genitore del minore frequentante il Liceo resistente, si duole della mancata ammissione del proprio figlio all’anno successivo ed impugna il verbale dello scrutinio finale a.s. (omissis) nella parte d’interesse.

A motivo del ricorso espone che l’alunno, affetto da DSA come appositamente certificato dalla competente autorità sanitaria, è stato ingiustamente equiparato nel giudizio finale ad una condizione di mera svogliatezza nell’impegno dello studio, come se i risultati insoddisfacenti del rendimento scolastico potessero ricondursi ad una sua carenza di volontà e non fossero dipesi dall’esistenza di una situazione di disagio e dall’assenza di appositi interventi di sostegno, cui l’Istituto era obbligato in forza delle previsioni di cui alla L.R. 10/2012, art. 4.

Si è costituita l’Amministrazione scolastica che resiste al ricorso, di cui chiede il rigetto, evidenziando che durante l’anno numerosi sarebbero stati i contatti tra la coordinatrice insegnante ed il padre dell’alunno, nonché la circostanza che solo a pochi giorni dallo scrutinio finale la famiglia avrebbe formalmente comunicato la certificazione medica attestante la sussistenza del disturbo di apprendimento del ragazzo.

Nella camera di consiglio del 22 novembre 2012 la causa, chiamata per l’esame della domanda cautelare, è stata trattenuta in decisione per essere risolta nel merito con sentenza in forma semplificata, previe le ammonizioni di rito alle parti presenti in camera di consiglio circa la completezza e regolarità del contraddittorio e dell’istruttoria.

Il ricorso è infondato e va respinto, sebbene con alcune precisazioni che la delicatezza degli interessi dedotti in giudizio richiede.

Si deve premettere che il giudizio di non ammissione alla classe successiva nell’insegnamento scolastico, sebbene ovviamente percepibile dall’alunno e dalla famiglia come provvedimento afflittivo, non ha precipuamente carattere sanzionatorio, bensì finalità educative e formative, poiché si sostanzia nell’accertamento del mancato raggiungimento di competenze ed abilità proprie della classe di scuola frequentata che consigliano la ripetizione dell’anno scolastico proprio al fine di consentire di colmare lacune di apprendimento nell’interesse specifico dell’alunno o dell’alunna.

Pertanto, al fine di poter contestare il giudizio di non ammissione in sede giurisdizionale è necessario che ne sia dimostrata l’erroneità, ossia la non corrispondenza al grado effettivo di preparazione dell’alunno medesimo, oppure la contraddittorietà interna, ossia la sua formulazione all’esito di un procedimento valutativo (ad esempio i voti del primo quadrimestre o la esistenza di giudizi difformi in sede collegiale) di segno contrastante.

Sotto questo profilo, nessuna censura è rivolta a contestare il fondamento sostanziale di tale giudizio.

Invero, la difesa di parte ricorrente si incentra solamente sulla contestazione della mancanza di responsabilità del ragazzo, che non per sua colpa avrebbe mancato di raggiungere gli obiettivi formativi propri della classe frequentata e, per converso, sulla sussistenza di una precisa responsabilità dell’Istituzione scolastica per non aver approntato i doverosi strumenti di sostegno che la particolare condizione del ragazzo richiedeva.

E’ peraltro controverso, sulla base degli atti, se e quando ciascuna delle due agenzie educative (scuola e famiglia) ha realizzato l’esistenza del disturbo di apprendimento nel ragazzo, se e quando ciò avrebbe potuto essere tempestivamente riscontrato, quali strumenti avrebbero potuto e dovuto essere attivati e quale ruolo la famiglia ha effettivamente avuto nell’accompagnamento del ragazzo stesso nel suo percorso scolastico (basti pensare, ad esempio, che nella relazione difensiva della Scuola si fa riferimento ad incontri con il padre del ragazzo, che non è parte nel presente giudizio essendo la sola madre a ricorrere).

Tuttavia tali incertezze nella situazione di fatto non possono essere indagate nell’odierna sede decisoria.

Infatti, trattandosi di un ricorso impugnatorio proposto avverso il giudizio finale dell’anno scolastico, le censure così come dedotte ed articolate sono radicalmente inconducenti, perché, non essendo revocato in dubbio il grado effettivo di preparazione dell’alunno, ciò di cui la parte ricorrente effettivamente si duole è solo di un danno che il minore avrebbe subito dall’insufficiente servizio scolastico offerto dall’Istituto; quindi, la situazione giuridica prospettata è quella tipica di una domanda di risarcimento “puro” ossia non conseguente ad una illegittimità provvedimentale ma ad una vera e propria carenza di qualità nel servizio pubblico erogato in difformità da precisi obblighi di legge. Solo in tale prospettiva dovrebbe accertarsi la responsabilità della Scuola nel non aver sostenuto il minore con appositi programmi e strumenti di accompagnamento, ma nell’odierno giudizio non è proposta alcuna domanda di risarcimento.

Ne deriva dunque che il ricorso va respinto in quanto infondato, sebbene sussistano giustificate ragioni per disporre la piena compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

 

(omissis)

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/12/2012

Allegati

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