• Home
  • >
  • T.A.R. Bologna (Emilia Romagna) sez. I, 24/02/2025, n. 172

T.A.R. Bologna (Emilia Romagna) sez. I, 24/02/2025, n. 172

Massima

Integra la mancanza del requisito della “buona condotta” richiesto per il rinnovo della licenza di porto d’armi la condotta tenuta da un privato cittadino che, durante un controllo da parte delle Forze dell’Ordine, assuma un atteggiamento provocatorio e sprezzante, anche se non sfociato in reati, palesando contestazioni con modalità non rispettose della legge e delle sedi opportune, come nel caso di riprese video con commenti denigratori diffusi pubblicamente.

Supporto alla lettura

LICENZA DI PORTO D’ARMI

In Italia l’autorizzazione ad avere un’arma è chiamata genericamente “porto d’armi” anche se non tutte le autorizzazioni consentono di portare l’arma con sé.

Le licenze sono di tre tipi e hanno regole abbastanza rigide:

  • porto d’armi finalizzato alla difesa personale: è un permesso che vale un solo anno, rinnovabile, e consente di portare le armi fuori dalla propria abitazione (in questo caso il nome porto d’armi è appropriato perché chi ha il porto d’armi per difesa personale può di fatto girare con la pistola);
  • porto d’armi per uso sportivo: non è letteralmente un porto d’armi, in quanto consente di usare la propria arma solamente nei campi di tiro a volo o tiro a segno regolari, anche privati. Durante il trasporto l’arma deve essere scarica (cioè senza le munizioni inserite), e, in più, chi ha questa licenza è obbligato a iscriversi a una sezione di tiro a segno nazionale. La licenza di porto d’armi per uso sportivo ha una validità di cinque anni;
  • porto d’armi “per impiego venatorio”: cioè per la caccia, che è molto simile alla licenza per uso sportivo perché consente di andare a caccia armati, ma solo durante la stagione venatoria e solo nelle aree autorizzate. Per ottenerla serve ottenere anche l’abilitazione all’esercizio venatorio (una sorta di esame). Quest’ultima licenza vale 5 anni.

Per chiedere il porto d’armi serve essere maggiorenni e non avere ricevuto condanne penali. Uno dei documenti essenziali per chiedere il porto d’armi è un certificato che attesta l’idoneità psico-fisica rilasciato in seguito a una visita approfondita di un medico dall’azienda sanitaria locale. Inoltre bisogna dimostrare di avere valide ragioni di pericolo per la propria incolumità (es. un volume di affari particolarmente alto, un’occupazione pericolosa in ambiti come la gioielleria, ecc), che devono essere dichiarate alla prefettura. Bisogna dimostrare di saper utilizzare l’arma in modo corretto: chi ha fatto il servizio militare o è stato in Polizia, così come chi ha frequentato una sezione di tiro a segno, può presentare un certificato per dimostrare di saper utilizzare l’arma.

Dopo aver presentato i documenti è possibile comprare armi e munizioni: per ottenere il porto o la licenza di detenzione va fatta una richiesta di autorizzazione alla questura compilando un “nulla osta all’acquisto” indicando con precisione quale arma è stata comprata. Fatti questi passaggi, la questura ha 30 giorni di tempo per rilasciare la licenza oppure per negarla.

La denuncia di detenzione di armi deve essere fatta in tutti i casi in cui si viene in possesso di armi o cartucce: quando vengono comprate, ereditate, anche quando vengono cedute ad altre persone, quando vengono spostate dal luogo in cui era stato indicato nell’autorizzazione. La denuncia deve essere distinta per armi e munizioni e può essere fatta alla questura, in un commissariato della Polizia o in una stazione dei Carabinieri. Si possono avere al massimo 200 cartucce da pistola o rivoltella, mentre per le cartucce di fucile caricate a pallini utilizzate prevalentemente per la caccia la denuncia non è obbligatoria fino a un massimo di mille pezzi, e comunque non se ne possono tenere più di 1.500. È possibile avere al massimo 3 armi comuni da sparo, 12 armi ad uso sportivo, un numero illimitato di fucili da caccia. Solo la licenza di collezione di armi permette la detenzione, e non il porto, di un numero di armi superiore.

Ambito oggettivo di applicazione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 693 del 2021, proposto da
(omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) e (omissis) con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno – Questura di Bologna, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

del decreto (omissis) emesso dalla Questura di Bologna in data 17 giugno 2021, con cui è stata respinta l’istanza dell’odierno ricorrente diretta ad ottenere il rinnovo della licenza di porto d’arma lunga uso tiro a volo e per la condanna dell’Amministrazione intimata al risarcimento dei danni provocati al ricorrente in conseguenza dell’illegittimo atto impugnato.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno – Questura di Bologna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2025 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

La Questura di Bologna, con provvedimento del 17 giugno 2021, ha respinto la richiesta del ricorrente di rinnovo di licenza di porto d’arma lunga uso tiro a volo, valorizzando quanto segue:

il ricorrente, in data 06 gennaio 2021, è stato sanzionato per violazione del codice della strada dai militari del Comando Stazione Carabinieri di Calderara di Reno(Bo) e, nella circostanza, durante le operazioni di verbalizzazione, ha assunto un atteggiamento provocatorio nei confronti dei militari, e, in seguito, mentre gli stessi, terminate le operazioni di verbalizzazione, hanno effettuato i controlli relativi ad un’auto in sosta, li ha filmati dichiarando “ecco siamo in diretta Facebook” e, riferendo anche la targa dell’auto dei CC, ha affermato “sono fermi qui da un’ora a perdere tempo e non sorvegliano per come sono pagati”;

i comportamenti assunti nella circostanza risultano, in sede amministrativa, rilevanti per le specifiche modalità con le quali il ricorrente ha ritenuto di esprimere le proprie contestazioni nei confronti dell’attività dei militari, atteso che eventuali obiezioni relative alla legittimità dell’attività dei Carabinieri avrebbero potuto essere formulate nel rispetto della legge, secondo i modi e nelle sedi opportune;

nonostante la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e 8, l. n. 241 del 1990 non risultano pervenute memorie difensive.

Avverso il suddetto provvedimento il ricorrente ha proposto impugnazione, con ricorso depositato in data 22 settembre 2021, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1. la Questura di Bologna avrebbe adottato il provvedimento impugnato recependo supinamente la nota dei CC di Calderara di Reno, senza svolgere alcuna attività istruttoria in ordine alla reale non affidabilità del soggetto; trattandosi, poi, di un fatto isolato, la misura adottata sarebbe manifestamente sproporzionata;

2. nel provvedimento mancherebbe una congrua e adeguata motivazione sulle capacità dell’odierno istante di abusare delle armi; il provvedimento impugnato, poi, sarebbe intervenuto a distanza di 6/7 mesi dal fatto contestato, lasso di tempo nel quale il ricorrente avrebbe tenuto una condotta irreprensibile.

Si è costituito in giudizio il Ministero resistente contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza (omissis) del 2021, l’intestato Tar ha respinto la domanda cautelare presentata da parte ricorrente, avendo ritenuto che ‹‹il provvedimento impugnato sia immune dai vizi di legittimità rassegnati in ricorso, tenuto conto della oggettiva consistenza degli elementi su cui si fonda il gravato provvedimento della Questura di Bologna, con particolare riferimento a quanto ad essa comunicato dai Carabinieri della Stazione di Calderara di Reno (Bo) nella relazione di servizio datata 7/1/2021 riguardo al comportamento, alterato e provocatorio tenuto, in tale occasione, dal soggetto richiedente il rinnovo del porto d’arma da fuoco lunga uso tiro a volo››.

All’esito dell’udienza del 12 febbraio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente.

Va rammentato come nell’ordinamento giuridico italiano non esistano posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e al porto d’armi, giacché tali situazioni costituiscono eccezioni al generale divieto di cui all’art. 699 c.p. e all’art. 4 co. 1 della legge 18 aprile 1975 n. 110. L’autorizzazione alla detenzione delle armi deve dunque considerarsi eccezionale e le esigenze di incolumità di tutti i cittadini devono ritenersi prevalenti e prioritarie rispetto all’interesse del privato al rilascio del titolo.

Il potere autorizzatorio affidato all’Amministrazione ex art. 43, comma 2, TULPS, è ancorato alla sussistenza, oltre che dell’affidabilità nell’uso delle armi stesse, anche del requisito della c.d. buona condotta, che presenta una latitudine applicativa maggiormente estesa del pericolo di abuso degli armamenti. Da ciò consegue che “il titolo di polizia in parola può essere rilasciato (o mantenuto) solo a persona assolutamente esente da mende, che osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile” (Cons. Stato, sez. III, 1 luglio 2020, n. 4201), “richiedendosi che l’interessato sia […] al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo in modo tale da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica” (Cons. Stato, sez. III, 23 maggio 2017, n. 2404; così TAR Lombardia, 26 giugno 2023 n. 1600). In senso conforme, il Consiglio di Stato ha ribadito che la licenza di porto d’armi ad uso caccia può “essere negata o revocata anche in assenza di pregiudizi e controindicazioni connessi al corretto uso delle armi, potendo l’Autorità amministrativa valorizzare, nella loro oggettività, sia fatti di reato, sia vicende e situazioni personali che non assumono rilevanza penale (e non attinenti alla materia delle armi), da cui si possa, comunque, desumere la non completa affidabilità del soggetto interessato all’uso delle stesse” (Cons. Stato, sez. III, 12 aprile 2022, n. 2756).

La valutazione affidata all’Amministrazione dagli artt. 10, 11 e 43 TULPS è connotata da ampia discrezionalità. Il giudizio che compie l’Autorità di pubblica sicurezza nel decidere su una istanza di rilascio del porto d’armi presuppone, infatti, un’analisi comparativa dell’interesse pubblico primario, degli interessi pubblici secondari, nonché degli interessi dei privati, oltre che un giudizio di completa affidabilità del soggetto istante basato su rigorosi parametri tecnici (Cons. Stato, sez. III, 21 novembre 2022, n. 10222). Tali connotazioni del potere pubblicistico si riverberano sull’ampiezza del sindacato del Giudice Amministrativo sulle decisioni dell’Amministrazione. Considerata infatti l’ampia discrezionalità dei provvedimenti inibitori in materia di armi, gli stessi non sono sottoposti a un particolare onere motivazionale, in quanto è sufficiente che in essi siano presenti elementi idonei a far ritenere che le valutazioni dell’Autorità non siano irrazionali o arbitrarie, sfuggendo invece al sindacato di legittimità l’apprezzamento amministrativo relativo alla prognosi di non abuso delle armi da parte del soggetto che ne sia possessore (ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 4 luglio 2023, n. 6508).

Ciò premesso, il Collegio ritiene di confermare quanto già rilevato in sede cautelare.

Infatti, emerge chiaramente dagli atti di causa un comportamento del ricorrente sprezzante e provocatorio nei confronti delle Forze dell’Ordine evidentemente contrario a buona condotta e tale da far ritenere il ricorrente non esente “da mende”, come tale sufficiente a giustificare il provvedimento negativo in questa sede censurato.

Pertanto, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite devono essere integralmente compensate, attesa la particolarità della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte ricorrente.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2025 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi