SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 195 del 2021, proposto da
(omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, Prefettura di Barletta e Questura di (omissis), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di (omissis), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
(omissis), non costituito in giudizio;
per l’annullamento
– del decreto del Prefetto della Provincia di Barletta Andria Trani, prot. n. 1796/2020 – AREA I O.S.PP di rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso il decreto n. 11 del 2020 di ammonimento ex art. 8 del D.L. n. 11 del 2009, emesso il 13 maggio 2020 dal Questore di (omissis);
– di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e/o consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali resistenti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2023 l’avv. (omissis) e uditi per le parti i difensori avv. (omissis), anche su delega orale dell’avv. (omissis), per la ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto n. 11 del 13 maggio 2020, notificato il successivo 20 maggio, il Questore di (omissis) ha ammonito la ricorrente “a tenere un comportamento conforme alla legge, desistendo da ogni atteggiamento persecutorio e vessatorio, espresso sia sotto forma di minaccia e offesa morale che di mera molestia, capaci, in ogni caso, di cagionare un consequenziale e grave disagio psico-fisico, avendo ragionevolmente già indotto il sig. (omissis), nato a (omissis) il (omissis) in un protratto stato d’ansia e di paura nel tempo”.
Avverso tale decreto, la ricorrente ha proposto ricorso gerarchico al Prefetto della BAT, il quale con la decisione prot. n. 1796 del 19 novembre 2020 lo ha respinto, ritenendo il provvedimento di ammonimento “ di natura preventiva, adeguatamente motivato ed esente da censure di sorta”.
Con il presente mezzo di tutela la parte ricorrente insorge avverso il predetto atto deducendone l’illegittimità per eccesso di potere “per carenza d’istruttoria; erronea presupposizione in fatto e in diritto; carenza ed erroneità della motivazione; manifesta illogicità, arbitrarietà e ingiustizia manifesta”.
Le Amministrazioni statali si sono opposte all’accoglimento del gravame.
Il controinteressato non si è costituito in giudizio.
La causa viene ritenuta per la decisione alla pubblica udienza del 5 dicembre 2023.
2. Il ricorso è infondato.
2.1 Il D.L. n. 11 del 2009, convertito dalla L. n. 38 del 2009, ha inserito nel codice penale l’art. 612-bis, rubricato “Atti persecutori”, che punisce con pena detentiva la condotta di chi “con condotte reiterate minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Si tratta di un delitto punibile a querela della persona offesa, salvo i casi previsti dalla legge.
In relazione a tale fattispecie di reato lo stesso D.L. n. 11 del 2009 ha altresì previsto il potere di ammonimento del Questore.
In particolare l’art. 8 del D.L. n. 11 del 2009 dispone come segue:
“1. Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall’articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore.
2. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore adotta i provvedimenti in materia di armi e munizioni.
3. La pena per il delitto di cui all’articolo 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.
4. Si procede d’ufficio per il delitto previsto dall’articolo 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo”.
Dal confronto tra i due articoli emerge che l’istituto dell’ammonimento è una misura di prevenzione con finalità dissuasive, finalizzata a scoraggiare ogni forma di persecuzione; la giurisprudenza ha in più occasioni precisato che il provvedimento di ammonimento assolve ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva, in quanto preordinato a impedire che gli atti persecutori siano più ripetuti e cagionino esiti irreparabili (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 25 maggio 2015, n. 2599).
Inoltre – proprio in ragione del fatto che il procedimento amministrativo di cui all’art. 8 del D.L. n. 11 del 2009 si muove su un diverso piano (cautelare e preventivo) da quello del procedimento penale per il reato di cui all’art. 612-bis c.p. – il provvedimento conclusivo (decreto di ammonimento) presuppone non l’acquisizione di prove tali da poter resistere in un giudizio penale avente ad oggetto un’imputazione per il reato di stalking, bensì la sussistenza di elementi dai quali sia possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che, nel contesto di relazioni intersoggettive, possa degenerare e preludere a condotte costituenti reato. Pertanto, ai fini dell’ammonimento, non occorre che si sia raggiunta la prova della commissione del reato, bensì è sufficiente il riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio che ha ingenerato nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura.
2.2 L’articolato normativo evidenzia l’intento del legislatore di approntare un sistema integrato di misure per prevenire o interrompere sul nascere, prima ancora che punire, condotte che per la loro semplice attitudine o idoneità astratta possono creare il pericolo di verificazione di eventi molesti o lesivi della libertà di autodeterminazione di soggetti in posizione, se non altro psicologica, di minorata difesa.
Laddove pertanto questi ultimi, anche allo scopo di evitare lo strepitus fori, richiedano interventi cautelari che prescindono dalla scelta di querelare il presunto aggressore, “la tempestività degli stessi diviene corollario imprescindibile della loro auspicata efficacia. Ciò non allo scopo di anticipare in qualche modo la soglia di punibilità delle condotte astrattamente ascrivibili alla nuova fattispecie di stalking, ma al contrario per evitare che vi siano ulteriori condotte lesive, aventi anche rilevanza penale, potenziando con strumenti ad hoc quel potere di comporre bonariamente i dissidi privati riconosciuto all’autorità di pubblica sicurezza sin dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.), a tutela della tranquillità e della sicurezza dei cittadini” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 6 settembre 2018, n. 5259).
La giurisprudenza amministrativa ha altresì chiarito che la diversità delle conseguenze dell’ammonimento amministrativo e del procedimento penale giustifica anche la differente intensità dell’attività investigativa richiesta nelle due ipotesi, “non essendo affatto necessario per addivenire al primo che si sia raggiunta la prova del reato, bensì sufficiente che si sia fatto riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio che ha ingenerato nella vittima un ‘perdurante’ e ‘grave’ stato di ansia e di paura, senza che se ne renda necessaria la certificazione da parte di un medico … È cioè essenziale che l’ammonimento raggiunga nella sua configurazione ex ante quella funzione tipicamente cautelare e preventiva tesa ad evitare che gli atti persecutori posti in essere contro la persona non siano più ripetuti e non cagionino esiti irreparabili, a prescindere dalla loro successiva sottoposizione al vaglio del giudice penale e perfino dalla ritenuta successiva irrilevanza degli stessi sotto il profilo di tale tipo di responsabilità” (Consiglio di Stato, sentenza n. 5259 del 2018, cit.).
All’ammonimento deve quindi applicarsi quella “logica dimostrativa a base indiziaria e di tipo probabilistico che informa l’intero diritto amministrativo della prevenzione” (Consiglio di Stato, sez. III, 15 febbraio 2019, n. 1085).
2.3 Se è vero che i provvedimenti di ammonimento sono espressione di un potere valutativo ampiamente discrezionale del quadro indiziario e che, conseguentemente, non è necessario che sia raggiunta la prova di un reato, dimostrandosi sufficiente l’emersione di un comportamento persecutorio obiettivamente in grado di ingenerare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura, nondimeno rileva, nel quadro delle coordinate di legittimità che assistono l’esercizio de potere de quo, la correttezza dell’apprezzamento condotto dalla procedente autorità in ordine alle circostanze di fatto (alla medesima rappresentate) aventi efficienza causale ai fini dell’adozione della determinazione monitoria di che trattasi.
In tal senso, è rimesso al questore il discrezionale apprezzamento in ordine alla fondatezza dell’istanza, al fine di conseguire una ragionevole certezza sulla plausibilità e sulla verosimiglianza delle vicende ivi esposte, verificando la sussistenza dei presupposti costitutivi dell’esercizio del potere di ammonimento, tanto in relazione alla esecuzione di condotte reiterate, di minaccia o di molestia, quanto in relazione alla derivazione da esse di un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero di un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero all’alterazione effettiva delle abitudini di vita della vittima: e ciò in coerenza con il bene giuridico tutelato dalla norma penale di riferimento, individuabile nella libertà morale, compromessa dallo stato di ansia e timore che impedisce alla vittima di autodeterminarsi senza condizionamenti (cfr. T.A.R. Lombardia, Sez. I, 30 luglio 2019, n. 1781 e Sez. III, 28 giugno 2010, n. 2639).
2.4 Nel caso di specie, l’esercizio del potere non rivela la presenza dei profili inficianti dedotti dalla parte ricorrente.
L’istruttoria condotta dall’Amministrazione, infatti, disvela una sufficiente correlazione logica fra l’oggettiva gravità dei comportamenti posti in essere dalla ricorrente e l’idoneità degli stessi ad ingenerare nel soggetto passivo quello stato di “ansia e/o timore per la propria incolumità”, anche tale “da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”, che costituisce essenziale, quanto indefettibile, presupposto per l’adozione della misura monitoria.
In primis, rileva il Collegio che il ricorso è, in sostanza, tutto incentrato sull’asserito deficit istruttorio che sarebbe derivato dal non aver tenuto presente, a causa delle parziali dichiarazioni rese dal denunciante, che quest’ultimo e la ricorrente erano legati da una relazione extra-coniugale e non da una semplice amicizia; e che il signor (omissis) si sarebbe determinato a chiedere l’ammonimento solo perché la ricorrente aveva minacciato di far sapere della relazione a sua moglie; e tanto non perché di sentisse minacciato, ma al solo fine di precostituirsi una giustificazione con la moglie.
Evidenzia la ricorrente che il suo comportamento (invio di messaggi e di mail) non aveva alcun intento persecutorio, dovendo ritenersi giustificato dallo stato di frustrazione determinato dalla circostanza di aver appreso dal signor (omissis) che non avrebbe mai lasciato la moglie.
Ciò posto, la ricorrente non nega di aver mandato i messaggi e le mail, ma insiste sulla necessità di inquadrarli nel contesto su descritto, evidenziando di essere stata essa stessa vittima di un inganno, da parte di un soggetto che, peraltro, proprio nei giorni in cui ha asserito di aver subito atti molesti, avrebbe preso l’iniziativa di contattarla telefonicamente.
In disparte la circostanza che, anche nel provvedimento originario la relazione non è mai definita come amicizia, rileva il Collegio che la determinazione avversata è basata sul tenore oggettivamente minaccioso ed ingiurioso dei messaggi (dei quali, come detto, la ricorrente non smentisce la paternità) reiteratamente inviati al denunziante tra il 14 e il 17 marzo 2020 nonché sulle telefonate effettuate i successivi 18 e 19 marzo, nonostante la volontà espressa dal controinteressato di non intrattenere più alcun rapporto.
Alla luce delle coordinate su esposte, nessun pregio ha pertanto la censura prospettata da parte ricorrente in ordine all’assenza del carattere “persecutorio”, rilevando il carattere oggettivamente minaccioso della condotta e invasivo della sfera personale.
Né siffatta condotta può dirsi inidonea a giustificare l’adozione dell’ammonimento in ragione dell’asserita violenza psicologica subita dalla ricorrente, configurandosi vieppiù tale circostanza come prova a posteriori della bontà della determinazione assunta, considerato che l’ammonimento ben può e deve essere adottato anche in caso di minacce reciproche, rivelandosi ben opportuno in contesti di tensione reciproca.
3. Il ricorso, in definitiva, è infondato e va respinto.
4. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite inter partes.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in (omissis) nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
(omissis)
