FATTO E DIRITTO
Con ricorso notificato in data 29.1.2024 e depositato in Segreteria in data 30.1.2024, la società (Omissis 1), in proprio e quale mandataria del costituendo RTI con (Omissis 2), adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, onde ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto.
Esponeva in fatto che, con bando pubblicato in data 30.6.2023, l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale (d’ora innanzi ADSP) indiceva una procedura aperta ex art. 60 del D.lgs. 50/2016 con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ex art. 95, commi 2 e 6, del medesimo Codice, per l’affidamento dell’appalto di progettazione (definitiva ed esecutiva) ed esecuzione dei lavori per il banchinamento e recupero funzionale dei piazzali della colmata di Capo Bianco (ex British Gas) nel porto di Brindisi, per l’importo di € 48.659.279,36.
All’esito delle sedute della Commissione giudicatrice, di cui ai verbali nn. 1, 2, 3, 4 e 5, la ricorrente veniva ammessa alla gara collocandosi al secondo posto con un punteggio, relativo all’offerta tecnica ed economica e alla relativa riparametrazione, pari a 76.6777; la controinteressata (Omissis 3) S.r.l. si classificava al primo posto con un punteggio pari a 100.
Con determina n. 385 del 16.11.2023, la Stazione appaltante, aderendo alla proposta del RUP, approvava l’aggiudicazione in favore della controinteressata.
Nella medesima data, il RUP comunicava alla ricorrente l’adozione del provvedimento, riferendo, altresì, che, conformemente all’art. 53 del D.lgs. 50/2016, l’accesso agli atti del procedimento sarebbe stato consentito “entro 30 giorni lavorativi dall’invio” della nota de qua.
In data 7.12.2023, la ricorrente presentava istanza di accesso agli atti, la quale veniva differita tenuto conto che, come previsto dall’art. 53, comma 2, lett. c) ed e), del D.lgs. 50/2016, la richiesta sarebbe potuta essere valutata solo ad aggiudicazione efficace, pertanto, successivamente al completamento delle verifiche, ex art. 83, circa il possesso dei requisiti economico finanziari e tecnico professionali e delle verifiche ex art. 80, circa il possesso dei prescritti motivi di esclusione, entrambe in itinere.
In data 28.12.2023 veniva autorizzato l’accesso agli atti.
In data 2.1.2024 la Stazione appaltante comunicava alla ricorrente di aver stipulato il contratto di appalto in data 20.12.2023.
In tesi di parte ricorrente, l’illegittimità degli esiti provvedimentali sopra richiamati sarebbe stata determinata dalle seguenti ragioni: la (Omissis 3) S.r.l. risultava partecipata al 100% della (Omissis 3) S.p.a., dalla quale acquisiva, in virtù di contratto di affitto di ramo d’azienda, tutti gli appalti pubblici di lavori del ramo aziendale marittimo, nonché l’attestazione di qualificazione per la partecipazione a gare d’appalto per l’esecuzione di appalti pubblici di lavori (c.d. qualificazione SOA); la (Omissis 3) S.p.a. risultava aver presentato una proposta di concordato preventivo con continuità indiretta prevedendo di soddisfare la debitoria anche per il tramite dei ricavi scaturenti da detto contratto di affitto; la controinteressata non avrebbe palesato detta procedura concordataria.
In ordine a detti profili, la ricorrente precisava in fatto che: il contratto di affitto di ramo d’azienda di cui sopra veniva stipulato in data 27.6.2018, per la durata di quattro anni, e subordinandolo al riconoscimento del trasferimento della qualificazione SOA da parte della società di attestazione, condizione verificatasi il 3.8.2018; nelle date del 10.8.2018, del 21.12.2018, del 14.1.2020 e del 16.11.2020 (Omissis 3) S.r.l. e (Omissis 3) S.p.a. modificavano il contratto originario e stipulavano accordi integrativi, prevedendo, inoltre, la proroga dello stesso sino al 3.8.2023.
Con ordinanza del 18-20.11.2020, la Sezione Fallimentare del Tribunale di Roma omologava la proposta di concordato preventivo presentata dalla citata Società affittante.
Successivamente, in data 24.3.2021, (Omissis 3) S.r.l. e (Omissis 3) S.p.a. stipulavano un’ulteriore modifica del contratto di affitto di ramo d’azienda, novando quello originario e pattuendo: un canone annuo fisso di € 50.000,00, in sostituzione di quello pattuito con il precedente accordo, fissato nella misura dell’1% del fatturato; la cessazione di tutti i rapporti di noleggio; la proroga del contratto sino al 31.12.2028, anche al fine di realizzare gli altri lavori di cui era rimasta aggiudicataria e ottenere un finanziamento condizionato al mantenimento dell’efficacia del contratto.
La (Omissis 3) S.p.a., poi, avrebbe supportato economicamente la società controinteressata, mediante l’aumento di capitale da € 10.000,00 a € 11.100.000,00.
Adduceva la ricorrente, conclusivamente, che la (Omissis 3) S.p.a. e la (Omissis 3) S.r.l. avrebbero posto in essere “gli atti di travaso delle capacità tecniche ed economico finanziarie della prima nella seconda” e che la controinteressata avrebbe trasmesso alla Stazione appaltante la relativa documentazione solo dopo l’aggiudicazione, ovverosia nell’ambito del procedimento teso alla verifica del possesso dei requisiti di capacità economico finanziaria ex art. 32, comma 7, del D.lgs. 50/2016, quale fase prodromica alla dichiarazione di efficacia dell’aggiudicazione.
L’illegittima aggiudicazione in favore della (Omissis 3) S.r.l., sarebbe stata dipesa, in sostanza, dalla “mancanza delle autorizzazioni degli organi della procedura concordataria”.
Pertanto, su tali presupposti la (Omissis 1) insorgeva eccependo: “I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80 del Dl.vo n. 50/2016 e s.m.i., dell’art. 186 bis della L. Fall. n. 267/1942 e s.m.i. e dell’art. 95 del Dl.vo n. 12/2019 e s.m.i. (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza). – Eccesso di potere e violazione dell’art. 6 della L. n. 241/1990 e s.m.i. sotto il profilo del difetto di istruttoria e dell’omessa percezione dei fatti che imponevano l’esclusione dalla gara della costituenda ATI guidata da (Omissis 3) s.r.l.”; “I. 1. Il secondo ulteriore ed autonomo aspetto che ha determinato i vizi degli atti impugnati sotto gli epigrafati profili di difetto di istruttoria e di violazione degli artt. 80, comma 5, lett. b), del Dl.vo n. 50/2016 e s.m.i.; 95 del Dl.vo n. 14/2019, 167 e 186 bis della L. Fall. n. 267/1942 e s.m.i.”; “I. 2. Sotto ulteriore aspetto, preliminare rispetto ai due sopra evidenziati: Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lettere c – bis e f bis, del Dl.vo n. 50/2016 e s.m.i., e dell’art. 75 del D.P.R. n. 445/2000 e s.m.i.- Violazione dell’art. 6 della L. n. 241/90 e s.m.i., ed eccesso di potere per difetto di istruttoria. – Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà con i punti 17.1. e 17.2. del disciplinare di gara”; “II. 1. Sotto altro aspetto gli atti impugnati sono comunque illegittimi e dovranno essere annullati sotto il profilo della contraddittorietà con i punti 17.1 e 17.2 del disciplinare di gara che erano autovincolanti e non disapplicabili dalla stazione appaltante”; “III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 4, del Dl.vo n. 50/2016 e s.m.i.- Violazione dell’art. 6 della L. n. 241/90, ed eccesso di potere, sotto il profilo del difetto di istruttoria. – Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà con i punti 17.1. e 17.2. del disciplinare di gara”; “IV. La sussistenza dei vizi di cui ai precedenti paragrafi, I, II e III rispetto al procedimento di verifica del possesso dei requisiti finalizzato alla declaratoria di efficacia dell’aggiudicazione ex art. 32, comma 7, del Dl.vo n. 50/2016 e s.m.i. in ordine al possesso dei requisiti di cui all’articolo 80 del Dl.vo n. 50/2016 e s.m.i. dichiarati dalla (Omissis 3) s.r.l. in via esclusiva rispetto alla propria posizione personale”; “IV. 1. L’aspetto della mancanza di autorizzazione di cui agli artt. 80, comma 5, lett. b) del Dl.vo n. 50/2016 e s.m.i., 95 del CCII, e 186 bis della L. Fall. n. 267/1942 e s.m.i.”; “IV. 2. L’aspetto dell’omessa dichiarazione di (Omissis 3) s.r.l. con riferimento alla regolarità della (Omissis 3) s.p.a. con il pagamento delle imposte e tasse e con il versamento dei contributi INPS, INAIL e Cassa Edile”; “V. Domanda di risarcimento del danno in forma specifica”.
Nelle date del 31.1.2024 e del 7.12.2024, si costituivano in giudizio, rispettivamente, l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale (per il tramite dei funzionari del proprio dipartimento legale) e la controinteressata.
In data 9.12.2024, si costituiva in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per il tramite dell’Avvocatura dello Stato.
In data 12.2.2024, l’Avvocatura dello Stato si costituiva in giudizio, altresì, per la l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, determinandosi la rinuncia al mandato (depositata agli atti di causa in data 19.2.2024) da parte dei funzionari del dipartimento legale interno all’Amministrazione.
In data 16.2.2024, la difesa erariale depositava memoria, instando per il rigetto del ricorso proposto.
Del pari, in data 19.2.2024, la controinteressata (Omissis 3) S.r.l. eccepiva il difetto di contraddittorio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR – Struttura di Missione per il PNRR, in quanto Amministrazioni centrali titolari degli interventi previsti nel PNRR.
Tale questione veniva sanata con la successione evocazione in giudizio di tali Amministrazioni, giusta atto notificato e depositato in data 2.5.2024.
La controinteressate eccepiva nonché l’irricevibilità del ricorso per tardività, concludendo per il rigetto del ricorso proposto nel merito.
Nella medesima data, la ricorrente depositava la propria memoria.
Alla camera di consiglio del 21.2.2024, udite le parti come da verbale e su istanza concorde delle medesime, veniva disposta la cancellazione dal ruolo della domanda di tutela interinale avanzata con il ricorso introduttivo.
In data 24.4.2024, la difesa erariale depositava memoria rilevando che con determina n. 127 del 10.4.2024 la ricorrente veniva esclusa dalla gara di cui è causa stante l’esito negativo delle verifiche sul possesso dei requisiti ex art. 83 D.Lgs. 50/2016.
Con motivi aggiunti notificati in data 13.5.2024 e depositati in data 20.5.2024, la ricorrente gravava gli ulteriori atti meglio indicati in epigrafe, in particolare la citata determina n. 127 del 10.4.2024, comunicata in data 15.4.2024, con la quale la Stazione appaltante, chiudendo il procedimento di verifica del possesso dei requisiti aperto con nota prot. n. (Omissis) del 13.11.2023, escludeva la ricorrente dalla gara in ragione del fatto che, in sede di procedimento di verifica del possesso dei requisiti dei tre progettisti indicati, emergeva che uno di essi, la VDP S.r.l., non risultava in possesso di quelli esposti in sede di domanda di partecipazione alla gara.
Su tali presupposti, la ricorrente insorgeva per il tramite del seguente motivo di doglianza: violazione e falsa applicazione degli artt. 59, comma 1 bis, e 83, commi 8 e 9, del D.lgs. n. 50/2016, nonché degli artt. 57 e 63 direttiva 2014/14/UE, 3, 41 e 97 Cost., 1, 44, 97 D.lgs. n. 36/2023; eccesso di potere sotto il profilo della violazione dei principi del risultato, ragionevolezza, proporzionalità e massima partecipazione agli appalti, difetto di motivazione; concludendo con la richiesta di risarcimento del danno in forma specifica.
In data 21.5.2024 la ricorrente depositava un’ulteriore memoria confutando l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla controinteressata, supportando nel merito, inoltre, il contenuto del ricorso introduttivo; nella stessa data, anche quest’ultima depositava la propria memoria.
Alla camera di consiglio del 22.5.2024 – fissata in conseguenza dell’atto di integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre Amministrazioni ut supra notificato e depositato in data 2.5.2024 – venivano reiterati i medesimi esiti di cui alla precedente udienza del 21.2.2024.
Con dichiarazione depositata in data 22.5.2024, la ricorrente rinunciava alla domanda cautelare proposta con i motivi aggiunti.
In data 5.6.2024 la controinteressata depositava istanza di rinvio della pubblica udienza del 6.6.2024, considerata l’insussistenza dei termini minimi a difesa rispetto ai motivi aggiunti proposti dalla ricorrente.
Alla pubblica udienza del 6.6.2024, previo scambio di memorie, udite le parti come da verbale e su istanza concorde delle medesime, la causa veniva rinviata alla data del 29.1.2025.
A tale ultima data, previo ulteriore scambio di memorie e udite le parti come da verbale, la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso, il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati nel merito e, pertanto, devono essere respinti.
Prioritariamente in rito, va scrutinata l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività, sollevata dalla controinteressata.
Inter alia, la (Omissis 3) S.r.l. deduceva che, avendo la ricorrente presentato istanza di accesso agli atti tardiva – oltre il termine di quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione – il ricorso sarebbe stato parimenti tardivo, non operando in favore della stessa la dilazione temporale del termine a ricorrere prevista nelle ipotesi di presentazione dell’istanza di accesso agli atti tempestivamente formulata.
L’eccezione è priva di pregio.
Ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. c) e d), del D.lgs. 50/2016, “Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, il diritto di accesso è differito: (…) c) in relazione alle offerte, fino all’aggiudicazione; d) in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell’offerta, fino all’aggiudicazione”.
Invero, in data 16.11.2023 la Stazione appaltante, nel comunicare il provvedimento di aggiudicazione, rilevava che la stessa sarebbe stata efficace in esito alla positiva verifica di cui agli artt. 80 e 83 del D.lgs. 50/2016 e che l’accesso agli atti sarebbe stato consentito entro trenta giorni dall’invio della detta comunicazione.
Senonché, in data 7.12.2023 – dunque, nel rispetto dei detti trenta giorni – (Omissis 1) formulava istanza di accesso agli atti, il quale, con nota della Stazione appaltante dell’11.12.2023, veniva differito all’avvenuta efficacia dell’aggiudicazione ai sensi del già menzionato art. 53 del Codice.
Dette verifiche, come evincibile dagli atti di causa, si concludevano in data 18.12.2023, da tale data, dunque, prendevano a decorrere i quindici giorni previsti dell’art. 76, comma 2, del D.lgs. 50/2016 – secondo cui “Su richiesta scritta dell’offerente e del candidato interessato, l’amministrazione aggiudicatrice comunica immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta: (…) b) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o delle parti dell’accordo quadro; c) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, lo svolgimento e l’andamento delle negoziazioni e del dialogo con gli offerenti” – per il riscontro ostensivo all’istanza di accesso agli atti presentata dalla ricorrente.
Tale riscontro interveniva in data 28.12.2023.
In conseguenza del differimento ex art. 53 del Codice e coerentemente con il dato testuale della comunicazione dell’11.12.2023 – “la richiesta potrà essere valutata (…) solo ad aggiudicazione efficace” – può, pertanto, affermarsi che l’istanza di accesso agli atti presentata in data 7.12.2023 – tempestivamente rispetto al termine assegnato dalla Stazione appaltante con nota del 16.11.2023 – veniva, in sostanza, vagliata alla data di completamento delle verifiche e di avvenuta aggiudicazione definitiva/efficace, ossia al 18.12.2023, come se, in sostanza, fosse stata presentata a tale ultima data.
In virtù di quanto sopra, facendo applicazione dei principi esposti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12/2020, essendo l’istanza tempestiva, il termine per ricorrere subiva una dilazione temporale complessiva sino a quarantacinque giorni dalla comunicazione o provvedimento di aggiudicazione, avvenuta il 16.11.2023.
Pur tuttavia, a tale ultima data, la stessa non era divenuta ancora efficace né, conseguentemente, la Stazione appaltante dava seguito all’istanza di accesso agli atti.
Ne consegue che, il termine di quarantacinque giorni, operabile nelle ipotesi di presentazione dell’istanza di accesso agli atti tempestiva, iniziava la sua decorrenza effettiva dalla data del 18.12.2023.
Difatti, in ossequio ai principi giurisprudenziali affermatisi, la ricorrente non poteva dirsi certo onerata della presentazione di un ricorso “al buio”; fattispecie che, come chiarito dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12/2020, deve essere per quanto possibile evitata e per questo motivo “La proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ per il ricorso quando i motivi conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta” (cfr. T.A.R. Molise, Campobasso, Sez. I, 11 marzo 2024, n. 70).
Nel caso di specie, non vi è evidenza che i fatti posti a fondamento dei motivi di ricorso introduttivo – precipuamente vertenti sulla procedura concordataria a carico della società proprietaria del 100% della società controinteressata – fossero pervenuti nella sfera di conoscibilità della ricorrente in data anteriore rispetto al riscontro ostensivo dell’Amministrazione.
Invero, in linea generale, nelle ipotesi di presentazione dell’istanza di accesso agli atti il termine per la proposizione del gravame viene prorogato di quindici giorni: infatti, il termine per la presentazione dell’istanza di accesso agli atti pari a quindici giorni – per consolidata giurisprudenza – risulta funzionalizzato a consentire alla parte interessata di poter proporre il gravame disponendo, comunque, dell’ordinario termine di trenta giorni al netto dei quindici a disposizione della P.A. per riscontrare l’istanza di accesso in oggetto, per un totale di quarantacinque giorni dall’aggiudicazione, senza considerare i differimenti procedimentali come quello verificatosi nel caso sub iudice.
In tale ultima ipotesi, il termine deve considerare la data in cui l’istanza presentata abbia iniziato a spiegare i propri effetti, ossia trascorso il tempo del differimento disposto dalla Stazione appaltante in attesa dell’aggiudicazione definitiva.
Considerando, pertanto, quale dies a quo la data del 18.12.2023, il ricorso veniva tempestivamente proposto in data 29.1.2024.
Con il primo motivo di ricorso introduttivo, la (Omissis 1) assumeva che la società controinteressata, in sede di domanda di partecipazione alla gara, avrebbe omesso di dare atto del contratto di affitto di ramo d’azienda in essere con la (Omissis 3) S.p.a., per effetto del quale – in particolar modo considerando che con detto contratto veniva, altresì, acquisita dalla (Omissis 3) S.r.l. la qualificazione SOA – la stessa controinteressata sarebbe stata l’esecutrice di parte del concordato preventivo con continuità aziendale indiretta presentato dalla (Omissis 3) S.p.a. ed omologato dal Tribunale di Roma.
Correlativamente, denunciava l’assenza di autorizzazione di cui al combinato disposto di cui agli artt. 80, comma 5, lett. b), del D.lgs. 50/2016, 95 del D.lgs. 14/2019 e 186 bis del R.D. 267/1942, in tesi, necessaria ai fini della partecipazione alla gara.
Da ciò traeva la violazione dell’art. 6 della L. 241/1990, l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e l’omesso apprezzamento delle vicende succitate, asserendo, in sostanza, che in mancanza di autorizzazione – da assentirsi previa valutazione dell’esperto di cui all’art. 95, comma 4, D.lgs. 14/2019 – la Stazione appaltante avrebbe dovuto escludere la controinteressata in virtù del succitato combinato disposto.
Sotto diversa angolazione, la ricorrente si doleva della violazione dell’art. 167 del R.D. 267/1942 tenuto conto che, in data 24.3.2021, (Omissis 3) S.r.l. e (Omissis 3) S.p.a. modificavano il contratto di affitto di ramo di azienda, in assenza della prescritta autorizzazione, anche avuto riguardo che, nel piano concordatario condiviso e autorizzato a suo tempo dal Giudice delegato del Tribunale di Roma, non sarebbe sussistita alcuna previsione circa la partecipazione alla gara per cui è causa.
In ultimo, veniva addotta la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c bis) e f bis), del D.lgs. 50/2016, nonché dell’art. 75 del D.P.R. n. 445/2000, considerato che (Omissis 3) S.r.l. avrebbe dichiarato “di non essere assoggettata a procedura di concordato preventivo” e l’assenza di cause di esclusione ex art. 80 D.lgs. 50/2016, dando luogo, pertanto, a dichiarazioni “non veritiere” o, in subordine, “reticenti”.
Il motivo è infondato.
Occorre prendere le mosse dall’esame sulla procedura concorsuale che qui viene in rilievo, rilevando, preliminarmente, che: (Omissis 3) S.p.a. presentava ricorso ex art. 161 del R.D. 267/1942 in data 5.7.2018, derivandone che, in applicazione dell’art. 390 del D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – il quale dispone: “I ricorsi per dichiarazione di fallimento e le proposte di concordato fallimentare, i ricorsi per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione, per l’apertura del concordato preventivo, per l’accertamento dello stato di insolvenza delle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa e le domande di accesso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento depositati prima dell’entrata in vigore del presente decreto sono definiti secondo le disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonché della legge 27 gennaio 2012, n. 3” – la procedura in oggetto deve intendersi disciplinata dalla previgente Legge Fallimentare; la prima entrata in vigore del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è da collocarsi, invero, alla data del 16.3.2019 ex art. 389 del Codice.
Talché, sono ex se inconferenti le censure sollevate con riguardo alle disposizioni del D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14.
Sul piano ordinamentale generale, la domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, ai sensi dell’art. 161 della L.F., viene presentata al Tribunale competente il quale provvede, sussistendone i presupposti, con decreto di ammissione ex art. 163.
Ai sensi del comma 7 dell’art. 161, dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all’art. 163 il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione, previa autorizzazione del Tribunale.
Successivamente al decreto ex art. 163, quindi a procedura aperta, gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione sono autorizzati dal Giudice delegato, in difetto della quale gli stessi sono inefficaci – rispetto ai creditori anteriori al concordato – ai sensi dell’art. 167, comma 2 (“I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, compiuti senza l’autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato”).
Da tale momento la procedura è aperta e seguono le attività procedurali – con il coinvolgimento del Giudice delegato, del commissario giudiziale e dei creditori – finalizzate all’approvazione del piano concordatario; detta fase precede il successivo decreto di omologa ai sensi dell’art. 181.
Tale disposizione, infatti, dispone apertis verbis che “La procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell’articolo 180. L’omologazione deve intervenire nel termine di nove mesi dalla presentazione del ricorso ai sensi dell’articolo 161; il termine può essere prorogato per una sola volta dal tribunale di sessanta giorni”.
Circa gli effetti del decreto di omologa la giurisprudenza di merito è ormai sedimentata nel ritenere che “La procedura di concordato preventivo si esaurisce con il decreto di omologa e l’omologa segna inoltre il passaggio, dal punti vista dell’imprenditore, dal regime di spossessamento attenuato proprio di quella procedura al riacquisto della piena capacità di agire, e, dall’angolo visuale degli organi della procedura, dal potere di consentire o meno il compimento di atti di straordinaria amministrazione ad una funzione di mera vigilanza sulla corretta esecuzione del concordato” (Tribunale di Trento, Sez. Fall., 30 gennaio 2017).
Coerentemente, si è affermato che “Per effetto dell’omologa il debitore tornerà in bonis, riacquistando la possibilità di disporre del proprio patrimonio e di gestire l’azienda senza il condizionamento degli atti di amministrazione straordinaria, fermo restando la vigilanza degli organi della procedura” (Tribunale di Perugia, Sez. III, 16 novembre 2017).
Sul piano pratico applicativo, pertanto, all’esito dell’omologa del concordato l’imprenditore ritorna in bonis riacquisendo la potestà di compiere qualsiasi atto negoziale, fermo il ruolo di “mera vigilanza” da parte degli organi della procedura.
Posti gli addentellati normativi e interpretativi sopra richiamati, non può revocarsi in dubbio che l’accordo modificativo del contratto di affitto di ramo d’azienda – intervenuto in data 24.3.2021 tra (Omissis 3) S.r.l. e (Omissis 3) S.p.a. – successivamente al decreto di omologazione reso in data 18-20.11.2020, non necessitava di alcuna autorizzazione nelle forme di cui all’art. 167.
Sempre in linea generale, mette conto soffermarsi sul regime autorizzativo ex art. 186 bis del R.D. 267/1942.
La norma, dettata in relazione alla species di concordato preventivo con continuità aziendale – cui accedeva la società locatrice della controinteressata – disciplina ai commi 4, 5, 6 e 7, la partecipazione del debitore a gare pubbliche.
È disposto che: “Successivamente al deposito della domanda di cui all’articolo 161, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato.
Successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal Tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; in mancanza di tale nomina, provvede il Tribunale.
L’ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l’impresa presenta in gara:
a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;
b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della Stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all’appalto. Si applica l’articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
Fermo quanto previsto dal comma precedente, l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale. In tal caso la dichiarazione di cui al quarto comma, lettera b), può provenire anche da un operatore facente parte del raggruppamento”.
Dal dato testuale delle sopra riportate disposizioni è possibile evincere che il regime autorizzativo (e allegatorio di cui al sesto comma), ai fini della partecipazione a procedure ad evidenza pubblica, risulta circoscrivibile alla fase successiva rispetto al deposito della domanda/ricorso e a quella in cui si sia pervenuti all’ammissione alla procedura concordataria, tali risultando essere i momenti iniziali; non essendo enunciato quello finale, entro il quale la medesima è necessaria, come già ha avuto modo di affermare la giurisprudenza del Consiglio di Stato – che questo Collegio condivide – “ben può ritenersi che esso coincida con l’ultimo momento nel quale il tribunale si esprime nella procedura di concordato, vale a dire proprio l’omologazione” (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69). Tanto, peraltro – per come già si è avuto modo di evidenziare supra – in linea con il ritorno in bonis dell’imprenditore sottoposto alla procedura.
Può, dunque, affermarsi che l’art. 186 bis del R.D. 267/1942, che detta la disciplina del concordato con continuità aziendale, fa riferimento in tutte le sue disposizioni a situazioni di pendenza della procedura concordataria per le quali non sia ancora stato emesso il decreto di omologazione (Consiglio di Stato, Sez. V, 29 maggio 2018, n. 3225).
Ad ogni modo, la questio iuris che innerva l’oggetto del presente contenzioso – già oggetto di divergenti pronunce giurisprudenziali – è stata analiticamente trattata dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza 9147 del 27 ottobre 2022, la quale ha avuto modo di affermare che “è ragionevole ritenere che la valutazione circa la capacità di riacquisto da parte dell’impresa di una piena condizione di solvibilità, e nello stesso tempo circa la coerenza della partecipazione alla gara con la situazione di crisi in cui essa attualmente versa, siano rese, nelle more della approvazione della proposta di concordato e della sua omologazione giudiziale, di volta in volta dal Tribunale o dal Giudice delegato, in relazione alla specifica procedura di gara, mentre, una volta che l’omologazione sia intervenuta, e salve le eventuali condizioni limitative ad essa apposte, essa debba ritenersi insita nella legittimazione dell’imprenditore al libero esercizio della sua iniziativa economica, di cui il medesimo si riappropria pur in un contesto di transizione nel percorso di superamento della crisi aziendale, laddove sussista una ragionevole prospettiva di favorevole risoluzione della stessa”.
Ulteriormente altresì precisando che – intervenuta l’omologazione e valutata da parte dei creditori la capacità dell’impresa di soddisfare le loro pretese e, nel contempo, operare autonomamente sul mercato – viene meno il potere autorizzatorio in questione, con la conseguente esclusione dell’obbligo di acquisire l’autorizzazione in discorso al fine di consentire formalmente la partecipazione dell’impresa alla gara.
La giurisprudenza successiva si è attestata favorevolmente al succitato orientamento, avendo affermato che “In caso di concordato preventivo con continuità aziendale, l’autorizzazione del giudice è necessaria per tutto il periodo compreso tra la presentazione della domanda di accesso al concordato e fino all’omologazione. Per le imprese in stato di concordato preventivo con continuità aziendale, la partecipazione all’affidamento di pubbliche commesse è subordinata all’autorizzazione del giudice soltanto se non sia ancora intervenuta l’omologa del concordato. Dopo l’omologa, l’autorizzazione non occorre, come non occorre che la partecipazione sia accompagnata dal deposito della relazione di un professionista indipendente attestante la conformità al piano concordatario e la capacità dell’impresa di adempiere al contratto” (T.A.R. Toscana, Sez. III, 20 marzo 2023, n. 286).
Alla luce delle coordinate ermeneutiche innanzi esposte, all’esito dell’omologazione del concordato preventivo della (Omissis 3) S.p.a. non si rendevano necessari gli adempimenti previsti dall’art. 186 bis del R.D. 267/1942 ai fini della partecipazione a gare pubbliche, né in capo alla medesima società, né, di riflesso, nei confronti della controinteressata (Omissis 3) S.r.l., nella sua qualità di affittuaria del ramo di azienda della citata società, onde partecipare alla procedura indetta dalla Stazione appaltante e aggiudicarsela.
Ed infatti, se è pur vero che la giurisprudenza citata dalla ricorrente (Consiglio di Stato, Sez. III, 20 novembre 2023, n. 9900) ha ritenuto necessaria l’autorizzazione ex art. 186 bis, in capo all’operatore sottoposto a procedura di concordato preventivo con continuità aziendale (e per esso l’affittuario), è altrettanto vero che – come correttamente controdedotto dalla difesa della controinteressata – la stessa veniva pronunciata con riguardo a fattispecie inconferente al caso di specie, in cui dopo il trasferimento aziendale ed il subentro dell’affittuaria in gara veniva presentata domanda di concordato preventivo in continuità aziendale c.d. indiretta; la domanda di concordato interveniva, quindi, in corso di gara.
Differentemente, nella fattispecie trattata, il contratto di affitto di ramo di azienda, la domanda di concordato preventivo e la sua omologazione intervenivano in data anteriore alla partecipazione in gara da parte dell’affittuaria.
Infondata è, pertanto, la denunciata violazione dell’186 bis del R.D. 267/1942.
In ordine alla valutazione della cause di esclusione sia nei confronti dell’affittuaria che dell’affittante – necessaria, in particolar modo, al fine di dare effettività al principio di continuità del possesso dei requisiti – si deve rammentare che tale duplice scrutinio è prescritto laddove l’affittuaria non fornisca la prova (sulla stessa incombente) di una completa “cesura” – e, dunque, l’assenza di “continuità economica” – tra le due successive gestioni, in tal caso “la Stazione appaltante è tenuta a verificare il possesso dei requisiti di partecipazione alla gara anche in capo all’affittante, poiché chi si avvale dei requisiti dei terzi sul piano della partecipazione alle gare pubbliche, risente delle conseguenze sullo stesso piano, delle eventuali responsabilità” (Consiglio di Stato, Sez. V, 7 ottobre 2021, n. 6706).
Nel caso di specie, ad avviso del Collegio non si ravvisa una continuità economica tra l’affittante e la (Omissis 3) S.r.l., tale per cui la prima avrebbe dovuto dichiarare circostanze e condizioni riferibili alla prima.
In ossequio a quanto affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 10/2012, la continuità economica va intesa “nel senso che è la prima [la dante causa/l’affittante, con riguardo al caso di specie] con la sua organizzazione originaria che di fatto rende il servizio posto a base di gara, benché esso sia giuridicamente imputabile alla seconda [ossia alla (Omissis 3) S.r.l.]”.
La continuità economica in parola, tuttavia, non si presenta opportunamente suffragata.
Si evidenzia, infatti, che, successivamente al contratto di affitto di ramo di azienda del 2018, la (Omissis 3) S.r.l. – per come risulta dagli atti di causa – si strutturava sia sotto il profilo economico che organizzativo, aggiudicandosi decine di commesse pubbliche e conseguendo risultati finanziari tali da ritenerla autonomamente svincolata dall’affittante (dall’allegato bilancio di esercizio del 2022 si riscontra: un patrimonio netto positivo pari ad € 18.007.700,00, un attivo circolante pari ad € 146.679.967,00 ed un utile di esercizio pari ad € 381.932,00).
In definitiva, non sussistono chiari indizi deponenti verso una continuità tra precedente e nuova gestione imprenditoriale, essendo, di contro, evidente la suddetta “cesura” organizzativa ed aziendale richiesta dalla giurisprudenza.
Alla luce di quanto sopra esposto non si ritengono concretizzati gli agitati motivi di esclusione di cui all’art. 80 del D.lgs. 50/2016.
Fermo quanto sopra esposto sulla possibilità di valutare i requisiti di partecipazione anche nei confronti dell’affittante, nelle ipotesi di “continuità economica” – nel caso di specie insussistente – l’art. 80, comma 5, lett. b) dispone che “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, qualora: (…) b) l’operatore economico sia stato sottoposto a liquidazione giudiziale o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’articolo 95 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza adottato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 19 ottobre 2017, n. 155 e dall’articolo 110”.
La previsione di cui all’art. 95 citato dalla norma ha un contenuto in parte sovrapponibile all’art. 186 bis L.F., in relazione al quale si rimanda supra.
Ebbene, posto che la (Omissis 3) S.r.l. non risulta sottoposta ad alcuna delle procedure indicate, una siffatta causa di esclusione si sarebbe potuta verificare nella sola ipotesi in cui vi fosse stata la già più volte menzionata “continuità economica” con la (Omissis 3) S.p.a.
A tal proposito è stato affermato che “l’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 non indica, tra i soggetti tenuti a rendere la dichiarazione in ordine all’assenza di cause di esclusione, gli amministratori del ramo dell’azienda ceduta, per cui la violazione dell’obbligo dichiarativo può verificarsi soltanto quando vi siano chiari indizi in ordine al fatto che, nonostante la intervenuta cessione, vi sia continuità tra precedente e nuova gestione imprenditoriale, in tal caso, infatti, il cessionario, così come si avvale dei requisiti del cedente nell’ambito della partecipazione alle pubbliche gare, risente anche delle conseguenze delle eventuali responsabilità del soggetto cedente e dei suoi amministratori” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 maggio 2021, n. 3481).
Peraltro, con riguardo alla posizione giuridica della (Omissis 3) S.p.a., è bene considerare che sarebbe “contrario ai principi di logica e ragionevolezza prescrivere un regime più gravoso per le imprese in concordato preventivo con continuità aziendale che, pur a distanza temporale notevole dall’omologazione, dovrebbero dichiarare di essere in stato o in corso di concordato, sebbene non lo siano più” (Consiglio di Stato, Sez. V, 29 maggio 2018, n. 3225).
Conseguentemente, non possono assumersi verificate le cause di esclusione di cui alle lett. c bis) e f bis) – in virtù delle quali: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, qualora: (…) c-bis) l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione; (…) f-bis) l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere” – non potendosi addure che la controinteressata abbia posto in essere le relative condotte, così anche la violazione dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000.
D’altronde, è pacifico che le clausole di esclusione poste dalla legge e dal bando in ordine alle dichiarazioni a cui è tenuta l’impresa concorrente, sono da interpretare in senso restrittivo, con conseguente esclusiva prevalenza di una interpretazione che non si discosti dal significato letterale delle espressioni in esse contenute e con preclusione di ogni forma di estensione analogica.
Il motivo di ricorso sopra scrutinato, va, pertanto, respinto, non essendosi constatati i denunciati vizi di legittimità.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente si doleva dell’illegittimità degli atti impugnati sotto il profilo della contraddittorietà con i punti 17.1 e 17.2 del disciplinare di gara, concernenti le prescrizioni di compilazione della domanda di partecipazione e del Documento di gara unico europeo (DGUE).
Il punto 17.1 concerne la dichiarazione di non trovarsi in alcuna delle cause di esclusione di cui all’art. 80 e il punto 17.2 prescrive di compilare il DGUE dichiarando l’eventuale concordato preventivo con i creditori.
La (Omissis 1) riteneva che, contrariamente da come proceduto dalla (Omissis 3) S.r.l., quest’ultima avrebbe dovuto dichiarare la sussistenza di cause di esclusione, in particolare quella di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), relativamente al concordato preventivo con continuità indiretta (per il tramite della stessa (Omissis 3) S.r.l.) a carico della sua affittante, e specularmente compilare il DGUE.
Il motivo è infondato e si ritiene di doverlo trattare congiuntamente al terzo, del tutto sovrapponibile, ove la ricorrente assumeva che in ordine alla causa di esclusione di cui all’art. 80, comma, 4 – il quale dispone che “Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti (…)” – la controinteressata avrebbe dovuto dichiarare l’assenza di cause di esclusione anche con riferimento alla posizione dell’affittante.
Differentemente e, in tesi, illegittimamente, la (Omissis 3) S.r.l. formulava dichiarazione negativa in ordine alla violazione degli obblighi di pagamento di imposte, tasse e contributi previdenziali.
Tali censure sono infondate.
Rimandando alle doglianze già scrutinate relativamente al primo motivo di ricorso, si evidenza, tra l’altro, che, non potendosi sostenere la continuità economica tra la (Omissis 3) S.r.l. e la (Omissis 3) S.p.a., i motivi di esclusione erano da valutarsi con esclusivo riguardo alla posizione della società controinteressata, la cui posizione non risultava (e non risulta) coinvolgere le cause di esclusione oggetto della censura in esame.
Con il quarto ed ultimo motivo di ricorso introduttivo, la ricorrente si doleva della violazione dell’art. 6 della L. 241/1990 e dell’eccesso di potere, per omesso e/o travisato apprezzamento del concordato preventivo, del contratto di affitto del ramo di azienda, degli atti modificativi dello stesso e degli atti attraverso i quali si sarebbe realizzata, fra l’affittante (Omissis 3) S.p.a. e l’affittuaria (Omissis 3) S.r.l., la piena continuità economica.
Tali elementi venivano resi noti alla Stazione appaltante per il tramite della documentazione alla stessa trasmessa in sede di comprova delle dichiarazioni effettuate dai concorrenti.
Sotto diverso profilo, denunciava l’illegittimità degli atti relativi al procedimento di verifica del possesso dei requisiti di cui all’art. 32, comma 7, D.lgs. 50/2016, conclusosi favorevolmente alla società controinteressata.
Per il tramite di tale motivo, dunque, la (Omissis 1) – ancora una volta – sollevava doglianze connesse a quelle già precedentemente avanzate che, pertanto, vanno integralmente respinte, rimandando a quanto sopra già esposto.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti, la più volte menzionata (Omissis 1) impugnava prioritariamente la determina n. 127 del 10.4.2024, con la quale la Stazione appaltante la escludeva dalla procedura ad evidenza pubblica; ciò, in ragione del fatto che, in sede di procedimento di verifica del possesso dei requisiti dei tre progettisti indicati, uno di essi, VDP S.r.l., non risultava in possesso di quelli esposti in sede di domanda di partecipazione alla gara.
Insorgeva con un unico motivo di ricorso dolendosi degli aspetti infra rappresentati.
Trattandosi di appalto integrato, la ricorrente esponeva di aver optato per la possibilità di avvalersi di professionisti esterni ai sensi della lex specialis e che la Stazione appaltante escludeva l’ATI guidata dalla medesima ricorrente, avendo accertato la mancanza dei requisiti di capacità economico-finanziari e tecnico-professionali in capo al summenzionato progettista.
A tal proposto, si doleva: dell’omesso preventivo invito alla sostituzione del professionista in questione, disponendo il soccorso istruttorio; dell’impossibilità di escludere un concorrente in virtù di una causa di esclusione non riconducibile ad esso bensì ad un soggetto (ossia il professionista esterno) non qualificabile come operatore in gara.
Denunciava, dunque, la violazione delle norme epigrafate, l’eccesso di potere sotto il profilo della violazione dei principi del risultato, della ragionevolezza, della proporzionalità e della massima partecipazione agli appalti, nonché del difetto di motivazione.
In ultimo, assumeva l’illegittimità dell’esclusione per derivazione dell’illegittimità degli artt. 5 e 15 del disciplinare di gara, laddove interpretati nel senso che il primo avrebbe prescritto l’esclusione diretta della ricorrente senza consentire la sostituzione del progettista, ancorché professionista esterno, ed il secondo nella parte in cui non avrebbe ammesso il soccorso istruttorio per la fattispecie in disamina.
Il motivo non è fondato.
Deve premettersi che, per espressa previsione della lex specialis, quello oggetto di gara costituisce un appalto integrato complesso, ex art. 48, comma 5 del D.L. 77/2021, il quale si caratterizza per l’affidamento sia della progettazione che dell’esecuzione dell’opera; viene esplicitato, infatti – al punto 3.1 del disciplinare di gara – che “L’oggetto dell’appalto consiste nella redazione del progetto definitivo ed esecutivo e nell’esecuzione di tutti i lavori e forniture necessari per la realizzazione dell’intervento così individuato: ‘Banchinamento e recupero funzionale dei piazzali della colmata di Capo Bianco (ex British Gas)’, del porto di Brindisi”.
Di modo che le offerte presentate dai concorrenti si componevano, altresì – come previsto dal punto 4 del disciplinare di gara e dal punto 18.1 sul contenuto della “busta B” – della progettazione definitiva; quest’ultima predisposta, eventualmente, da professionista scelto dal concorrente esecutore, come avvenuto nel caso di specie.
Ai sensi del punto 5.2 del disciplinare di gara “L’operatore economico concorrente sprovvisto dell’attestazione S.O.A. per le prestazioni di progettazione, ovvero in possesso di attestazione S.O.A. anche per le attività di progettazione ma carente dei requisiti specifici ex art. 83, comma 1, lett. a), b) e c) D.Lgs. n. 50/2016 ed indicati al punto 7.2 B) da parte del proprio staff tecnico, ovvero pur in possesso dei requisiti integrali richiesti per la progettazione, che non intenda partecipare alla procedura di che trattasi mediante il proprio staff tecnico, potrà partecipare alla presente procedura individuando od associando, a pena di esclusione, uno dei soggetti di cui all’art. 46, c. 1, del D.Lgs. n. 50/2016 e ai sensi del D.M. 154 del 22.08.2017, ed in particolare i prestatori di servizi di ingegneria: I. i professionisti singoli, II. i professionisti associati, III. le società tra professionisti di cui alla lettera b), IV. le società di ingegneria di cui alla lettera c), V. i consorzi, VI. i GEIE, VII. raggruppamenti temporanei fra i predetti soggetti che rendono a committenti pubblici e provati, operando sul mercato, servizi di ingegneria e architettura; VIII. le società di professionisti; IX. le società costituite esclusivamente tra i professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, nelle forme delle società di persone di cui ai capi II, III e IV del titolo VI del libro quinto del codice civile, che svolgono per committenti privati e pubblici servizi di ingegneria e architettura quali studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale. In questo caso, il progettista associato/indicato dall’imprenditore esecutore dell’opera, dovrà dimostrare il possesso dei requisiti professionali di cui ai punti 7.1 e 7.2 del presente disciplinare di gara”.
Alla luce di quanto sopra rammentato, dunque, la procedura ad evidenza pubblica di che trattasi si sostanziava in un appalto integrato complesso, prevedendo (anche) in capo ai progettisti associati/indicati dall’effettivo concorrente – dei quali si avvalsa la ricorrente, con inevitabile influenza sull’offerta presentata – il rispetto dei requisiti professionali di cui ai punti 7.1 e 7.2.
Invero, l’esclusione della ricorrente veniva disposta considerata “la carenza dei requisiti di capacità tecniche e professionali ex art. art. 83, comma 1, lett. c) del D.lgs. n. 50/2016 richiesti all’art. 7.2 lett. b) punti 1) e 2) del Disciplinare di gara in capo al ‘R.T.I. (Omissis 1)/(Omissis 2)‘ e, specificatamente, riconducibili alla carenza del requisito attinente al possesso di servizi di architettura e ingegneria per la categoria V. 03 classe VI/b da parte del RTP ‘indicato’ per la progettazione: ‘SPERI SPA/AKKAD SRL/VDP SRL'”.
È opportuno in proposito precisare la distinzione tra cause di esclusione e requisiti di partecipazione. Se con riguardo alle prime è sì applicabile il c.d. principio di tassatività – disciplinato dal comma 8 dell’art. 53 del D.lgs. 50/2016: “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle” – diversamente non può dirsi relativamente ai secondi.
I requisiti di partecipazione posti dalla Stazione appaltante costituiscono, invero, elementi essenziali della prestazione, previsti di volta in volta in base al tipo di opera oggetto d’appalto, la cui assenza non può che comportare l’esclusione del concorrente che ne risulti privo.
Si è affermato, infatti, che “I requisiti di capacità tecnica e professionale prescritti nel bando di gara e, nel caso di specie, anche in esecuzione di una previsione di legge, devono intendersi a pena di esclusione, anche in assenza di un’esplicita clausola che li preveda come tali” (cfr. inter pluresConsiglio di Stato, Sez. V, 9 marzo 2020, n. 1667).
Tali precisazioni, peraltro, risultano coerenti con la normativa europea di cui all’art. 58, comma 4, della direttiva 2014/24/UE, ove è disposto che “Per quanto riguarda le capacità tecniche e professionali, le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità”.
Da ciò, ne consegue la non censurabilità dell’azione amministrativa nel prevedere requisiti di partecipazione in capo agli offerenti e, per estensione, anche agli eventuali terzi della cui opera i primi decidono di avvalersene.
In ordine alla possibilità, per la Stazione appaltante, di assentire alla sostituzione del progettista indicato con altro professionista, la giurisprudenza del Consiglio di Stato – come correttamente evidenziato dall’Amministrazione resistente – ha precisato che la stessa è ammessa, tra le altre, “a condizione che il progettista (ancorché ‘indicato’), non abbia contribuito, significativamente, alla redazione dell’offerta, perché, in caso contrario, la sostituzione determinerebbe una modificazione dell’offerta, come noto vietata” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 18 aprile 2024, n. 3522).
Corollario di quanto sopra esposto è che, laddove il progettista indicato sia privo dei requisiti posti dalla lex specialis – previsti, peraltro, nell’esercizio di un’attività amministrativa discrezionale – e questi abbia partecipato significativamente alla formulazione dell’offerta, il concorrente effettivo deve ritenersi passibile di esclusione tenuto conto che la sostituzione del progettista inidoneo sarebbe suscettiva di determinare la modifica sostanziale dell’offerta – che nel caso di specie, si rammenta comprendere la progettazione predisposta da “SPERI SPA/AKKAD SRL/VDP SRL” – presentata dal concorrente, in sé e per sé non assentibile.
Nella fattispecie sub iudice, il contributo apportato dal progettista escluso sull’offerta presentata dalla ricorrente, appare ad avviso del Collegio significativo, avendo lo stesso – per come anche, incontestabilmente, evidenziato dalla difesa della Stazione appaltante – prestato l’impegno di fornire la sua attività per una quota di partecipazione pari al 20%, e, con specifico riferimento alle categorie specialistiche di qualificazione della progettazione, per il 22% per la categoria S. 05, per il 40% per la IA. 01 (Impianti a fluido) e per l’85% per la V. 03 (Viabilità speciali, alias piazzali).
Ebbene, al netto di tali infondate censure procedimentali, alcuna confutazione veniva opportunamente allegata dalla ricorrente con riguardo agli effettivi motivi di esclusione del progettista indicato.
In considerazione di quanto sopra esposto, il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti sono infondati nel merito, di modo che vanno respinti, in uno alle censure meramente consequenziali e derivate, per non essere affetti i provvedimenti impugnati dai denunciati vizi di legittimità sollevati dalla ricorrente.
Del pari e conseguentemente, vanno respinte le istanze di risarcimento in forma specifica avanzate dalla ricorrente – volte ad ottenere la riammissione in gara, la possibilità di sostituire il progettista privo dei requisiti, l’aggiudicazione e relativo subentro – stante la legittimità sia dell’aggiudicazione in favore della controinteressata che dell’esclusione disposta nei confronti della ricorrente, nei termini sopra trattati.
Le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati vagliati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato.
Da ultimo, le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Condanna la (Omissis 1) al pagamento delle spese di lite in favore dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale che liquida in € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori come per legge.
Condanna la (Omissis 1) al pagamento delle spese di lite in favore (Omissis 3) S.r.l. che liquida in € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2025 con l’intervento dei magistrati (Omissis)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 24 FEB. 2025.
