SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso RGR 50/2023 la soc. contribuente impugna l’avviso di accertamento relativo ad IRES società di comodo anno 2016 ed IRAP 2016; con RGR 53/2016 recupero IVA 2017 per aver detratto il credito 2016.
La società, agenzia immobiliare motiva i ricorsi ritenendo di non essere soggetta alla normativa sulle società di comodo, in quanto risultata congrua rispetto allo studio di settore, di non poter modificare gli introiti, i quanto i canoni sono pluriennali, inoltre sono mancati degli introiti per una scissione.
L’ADE controdeduce insistendo sulla legittimità degli accertamenti.
La Corte ritiene necessario nominare un CTU per verificare se ricorrano o meno le condizioni per la non applicazione della normativa sulle società di comodo.
La CTU conclude:
“Dopo aver verificato la corretta applicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate del calcolo di operatività al caso di specie ed averne confermato le risultanze, stante la mancata applicabilità alla società P. srl, per l’anno 2016, di alcuna delle cause di esclusione o di disapplicazione automatica della disciplina in oggetto, alla luce delle argomentazioni contenute in atti e degli ulteriori elementi utili ai fini dell’accertamento fiscale forniti dalla presente CTU, si rimette a codesta Spett.le Corte ogni valutazione in merito all’adeguatezza dei mezzi di riprova forniti dalla società P. srl per la dimostrazione delle “oggettive situazioni” che avrebbero reso possibile la non applicazione della normativa sulle società di comodo per il periodo di imposta 2016.”
La Corte di primo grado ritenuto che parte contribuente non avesse presentato adeguata documentazione per la disapplicazione della normativa per le società di comodo, e valutato la correttezza dei calcoli dell’ADE respinge i ricorsi riuniti e compensa le spese.
Appello di parte contribuente che riprende le motivazioni circa la diminuzione dei ricavi anno 2016 rispetto all’anno precedente, come sia risultata sempre in linea con ‘operatività, nel periodo 2011 – 2019, escluso appunto, il 2016. I canoni praticati, e non modificabili, sono in linea con i valori OMI, nessun legame c’è fra la base sociale della P. e quella della società conduttrice.
Quanto ai motivi di appello, i primis contesta il recupero dell’IVA effettuato nel 2017, non permettendo il recupero IVA a credito nel 2016, sul punto rileva la sentenza della Corte di Giustizia Europea C-341/2022 del 7 marzo 2024 che ha dichiarato l’incompatibilità della normativa italiana in materia di IVA di cui all’art. 30 comma 4 della L.724/94.
Quanto al merito relativo all’annualità 2016, contesta la decisione dei primi giudici, che hanno ritenuto che la base sociale della contribuente coincidesse con quella della società conduttrice degli immobili locati e non ha nemmeno tenuto conto della immodificabilità dei canoni in base alla L. 392/1978. Inoltre altro aspetto fuorviante è la modifica di un solo parametro di calcolo degli studi di settore per gli anni 2016/2017, senza tale modifica, sarebbe scattata l’esclusione automatica dalla situazione di non operatività.
L’Ufficio si costituisce e contesta, per prima la applicabilità della sentenza della Corte di giustizia Europea, e poi insiste sulla applicazione della normativa sulle società di comodo, sia per la coincidenza della base sociale, sia per la esiguità dei ricavi, che hanno prodotto negli anni solo perdite civilistiche e modesti utili fiscali.
Parte contribuente con proprie memorie contesta quanto affermato dall’Ufficio, in special modo che nel 2016 vi fosse coincidenza delle basi sociali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Per prima viene esaminata la questione del recupero IVA a credito nel 2016 e riportata nel 2017. L’Ufficio ha provveduto al recupero sul presupposto che sussistano delle limitazioni alla deducibiltà dell’IVA per le società di comodo come previsto dall’art. 30, co. 4, L.724/1994. Sulla materia è intervenuta la Corte di Giustizia C.E. con sentenza C341/2022 del 7 marzo 2024.
Al riguardo, rammentata la portata generale del diritto alla detrazione e la sua non comprimibilità in linea di principio, la CGUE ha precisato che il diniego del diritto in questione costituisce un’eccezione limitata all’ipotesi di condotte evasive; con la conseguenza che incombe sull’Amministrazione Finanziaria l’onere di dimostrare “con elementi diversi da supposizioni” la sussistenza di dati oggettivi a supporto dell’evasione perpetrata dal soggetto passivo, mentre i giudici nazionali hanno l’obbligo di verificare l’effettivo assolvimento di tale onere.
Ciò premesso, il Collegio chiarisce che la Direttiva IVA non contempla alcuna disposizione volta a subordinare il diritto a detrazione al requisito che l’importo delle operazioni effettuate a valle, rilevanti ai fini IVA, raggiunga una certa soglia quantitativa, tale diritto essendo garantito al semplice ricorrere delle condizioni richieste, indipendentemente dai risultati conseguenti all’esercizio della specifica attività da parte del soggetto passivo. Ne consegue la contrarietà al diritto unionale di presunzioni come quella contemplata dall’ , “in forza art. 30 della L. n. 724/1994 della quale il soggetto passivo è privato del diritto a detrarre l’imposta assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle”.
L’atto di recupero n. —— 2022 IVA e altro 2017 è pertanto illegittimo. non è infatti condivisibile la posizione dell’Ufficio sulla inapplicabilità immediata della sentenza, né è plausibile la tesi che il credito IVA non potrebbe essere detratto, in quanto frutto di un comportamento illecito derivante dalla situazione di società di comodo relativamente all’annualità 2016. L’IVA deve essere comunque neutra.
Quanto al recupero IRES ed IRAP di cui all’avviso di accertamento n. —— 2022, la Corte ritiene legittimo l’operato dell’Ufficio. E’ da notare che la stessa CTU nominata dal primo giudice ha ritenuto corretti i calcoli effettuati dall’A.F. per determinare la possibilità di disapplicazione automatica della legge sulle società di comodo. Nè puo’ valere l’eccezione di parte contribuente, che la variazione per un solo biennio di un parametro per il calcolo dello studio di settore, ha determinato la non automaticità della disapplicazione della norma di cui alla L. 724/1994. Priva di pregio anche la eccezione sulla non modificabilità dei canoni di affitto, per 2 ragioni: la prima, è che quando il canone di affitto è stato stabilito, le compagini sociali della concedente e della conduttrice, coincidevano; la seconda è riferibile proprio alla cessione del contratto di affitto, il buon senso avrebbe dovuto suggerire di incrementare, vista la sostituzione del conduttore, il canone di affitto, anche perchè i valori OMI, indubbiamente sono, nel frattempo, mutati.
Il non averlo fatto, ha giustamente esposto la contribuente alla violazione contestata.
La sentenza impugnata deve essere pertanto parzialmente riformata, ritenuto legittimo solo il recupero IRES ed IRAP per l’anno 2016.
La parziale riforma rende legittima la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
In parziale accoglimento dell’appello dichiara l’illegittimità dell’accertamento con riferimento all’atto di recupero ——/2022, conferma nel resto la sentenza appellata. Spese compensate.
