SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Soc. (omissis) (P.I. E Cod. Fisc. P.IVA (omissis)), con sede legale in (omissis), in persona del legale rappresentante pro-tempore (omissis), rappresentata e difesa dagli Avv.ti (omissis) (CF (omissis)) e (omissis) (CF (omissis)), ha notificato rituale e tempestivo ricorso a SO.GE.T. S.p.a. e al COMUNE di PIZZO CALABRO al fine di ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento TARI anno 2021 n. (omissis) del 1° settembre 2022, notificato a mezzo pec in data 3 ottobre 2022, con il quale le era stato ingiunto il pagamento della complessiva somma di €. 21.460,73.
A fondamento della richiesta, la società ricorrente – dopo avere ricostruito il dipanarsi del rapporto con il Comune di Pizzo Calabro in relazione alla concessione demaniale n. 19 del 17.11.2009 di uno stabilimento balneare (giusta licenza suppletiva della Regione Calabria n. 139/06 n. 243 Reg., Rep. 72 del 19.06.2006) della superficie complessiva di mq. 13.573,40, di cui 5250 mq come area libera con periodo di occupazione stagionale dal 01.06 al 30.09 di ogni anno e mq 8.287,40 con periodo di occupazione annuale – ha posto articolati motivi di censura così rubricati:
I) DIFETTO DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 7 LEGGE 212/ 2000.
II) ERRATA IDENTIFICAZIONE DELLE AREE ASSOGGETTATE ALLA TASSAZIONE. VIOLAZIONE DI LEGGE ART. 14 LEGGE 201 DEL 2011. VIOLAZIONE DELIBERA CONSIGLIO COMUNALE N. 16 del 08.09.2014. VIOLAZIONE REGOLAMENTO COMUNALE IUC.
III) AREA TASSABILE
IV) VIOLAZIONE DELLA LEGGE 201/2011; VIOLAZIONE ART.36 DEL REGOLAMENTO COMUNALE IUC. SERVIZIO DEL COMUNE DI PIZZO CALABRO INESISTENTE O SCADENTE– OBBLIGO DI RIDUZIONE DELLA TASSA RIFIUTI –
Si è costituita SO.GE.T. S.p.a. resistendo analiticamente a tutte le doglianze scolte ex adverso; in data 7 luglio 2023 ha depositato anche memoria illustrativa.
In data odierna il fascicolo è stato trattenuto per la sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I)
Deve primariamente osservarsi che la TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga il locale o l’area e, quindi, dal soggetto utilizzatore dell’immobile ai sensi dell’art. 1, comma 642, della legge n. 147 del 2013.
Nel caso in esame è incontestata la sussistenza del presupposto impositivo soggettivo.
Ciò premesso, viene in rilievo il primo motivo di gravame, con il quale la società ricorrente ha denunciato la carenza di motivazione dell’atto.
Dalla sua disamina si rileva che in seno al preambolo sono stati richiamati:
l’art. 1, commi da 695 a 700, della legge 27/12/2013, n. 147 (Disciplina in materia di accertamento dell’Imposta Unica Comunale – IUC);
l’art. 52 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (Potestà regolamentare generale dei Comuni);
l’art. 1 comma da 161 a 170 della Legge 27.12.2006, n. 296 (Modalità, requisiti minimi e termini per l’accertamento, da parte degli Enti Locali, dei tributi di propria competenza);
i decreti legislativi n. 471, 472 e 473 del 18.12.1997 e ss.mm., in materia di sanzioni tributarie;
• la legge 27.07.2000, n. 212 (Disposizioni in materia di Statuto dei Diritti del Contribuente);
• l’art. 1, commi 792 e seguenti della L. 27/12/2019, n. 160;
• la Delibera Commissione Straordinaria n° 12 del 01/07/2021 (Approvazione Tariffe TARI 2021).
Nella pagina 2, si ritrova il “DETTAGLIO DELLE UTENZE
1) UBICAZIONE: (omissis) – MQ:3589 ANNO RIFERIMENTO 2021 CATEGORIA:5 – STABILIMENTI BALNEARI – GIORNI: 365(01/01/21-31/12/21) Imponibile 10.757,24 TARIFFA FISSA: 0,906637EU/MQ= 3254,07 – TARIFFA VARIAB: 2,090504EU/MQ= 7503,17 Quota prov.le 537,86 ID.IMM: 38851 FG.5 P.3 S.0 Totale Utenza 11.295,10
2) UBICAZIONE: (omissis) – MQ:4530 ANNO RIFERIMENTO 2021 CATEGORIA:5 – STABILIMENTI BALNEARI – GIORNI: 365(01/01/21-31/12/21) Imponibile 9.503,93 TARIFFA FISSA: 0,906637EU/MQ= 2874,94 – TARIFFA VARIAB: 2,090504EU/MQ= 6628,99 Quota prov.le 475,20 ID.IMM: 38851 FG.5 P.3 S.0 – ATTIVITA’ STAGIONALI 30.0% Totale Utenza 9.979,13”.
Ritiene il Collegio che tanto si profili rispettoso dell’obbligo motivazionale.
Giova ricordare che “in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l’art. 71, comma 2, del d.lgs. n. 507 del 1993 (nel testo vigente “ratione temporis”) obbliga il Comune ad indicare in ciascun atto impositivo soltanto la tariffa applicata e la relativa delibera, con la conseguenza che non è necessario riportare o esplicitare la formula utilizzata per la determinazione della tariffa, la quantità totale dei rifiuti o la superficie totale iscritta a ruolo, né, tantomeno, i dati numerici fondamentali per il calcolo del tributo (Cass. Civ. Sez. VI – 5, Ordinanza n. 22470 del 9/09/2019; Cass. Civ. Sez. V, 18 novembre 2011 n. 24267).
E posto che non sussiste novità normativa che non renda applicabile il predetto principio anche in tema di omologa TARI, l’atto si presenta rispettoso delle prescrizioni motivazionali.
Anzi merita di essere segnalata recente pronuncia proprio in tema di TARI del tutto conforme: “è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale” (Cass. Civ. Sez. V-5, Ordinanza n. 10639 del 1° aprile 2022, con ampio corredo di precedenti).
Perdono dunque di rilievo tutte le questioni sollevate dalla parte istante in ordine alla specificità o meno delle indicazioni circa le aree effettivamente tassate, anche con riferimento ai dati rilevati da video o altri documenti; è evidente che la società ricorrente ben potesse comprendere quali fossero le aree interessate e potesse quindi operare, come effettivamente si è poi verificato, una puntuale argomentazione delle proprie dissenzienti tesi.
II) e III)
Evidenti motivi di connessione argomentativa suggeriscono di trattare congiuntamente i motivi di ricorso sub II e III.
Nella lunga esposizione di parte ricorrente si ritrova la tesi secondo la quale “dalla dichiarazione presentata con allegata la perizia, nonché dalla concessione demaniale d’uso dell’area rilasciata dal comune di Pizzo invero emerge che la stessa concessione in licenza d’uso dell’area demaniale riguarda un totale di mq. 13.716,50, di cui però: mq. 280,00 chiosco bar; mq. 240,00 porticato; mq. 31,25 deposito; mq 184,92 cabine spogliatoio; mq 30,00 custode; mq 13,00 docce; mq. 144,00 pista polivalente coperta; mq. 1700 posa sdraio e ombrelloni”.
E conseguentemente si legge dell’argomento secondo il quale solo “tutte queste aree destinate ad attività commerciale e servizi turistici (sarebbero) assoggettate a tassazione per un totale di mq. 1870,16” e che “le rimanenti aree di cui dispone la società ricorrente, (sarebbero) da considerare aree scoperte non soggette al tributo”.
In disparte il tema legato alla presunta diversità di determinazione per talune annate – posto che il dato non determina illegittimità di sorta – deve rilevarsi che il fuoco della questione ruota attorno alla tassabilità o meno di alcune aree in uso alla società ricorrente: in particolare, esaminando la tabella di pag. 8, si ha modo di apprezzare che la società istante contesta la sottoponibilità a tassazione “delle aree afferenti ai parcheggi non coperti di pertinenza del ristorante, alla viabilità area parcheggi di pertinenza del ristorante, alle area di scorrimento parcheggi – parcheggi area dipendenti non coperti, ai parcheggi roulotte non coperti, al verde e ai camminamenti, alla battigia, alle aree dei campi di pallavolo e calcetto, all’alaggio varo imbarcazioni, alla viabilità per raggiungimento varo e alaggio”.
Non appare allora inutile rilevare che in tema di TARES (cui deve essere assimilata la TARI), la tassazione è esclusa solo per le aree scoperte che, ai sensi del codice civile, presentano la condizione della pertinenza soggettiva e oggettiva rispetto al locale o all’area principale e purché non siano operative; l’operatività consiste nell’idoneità a produrre rifiuti ulteriori rispetto al locale e all’area principale che già versa il tributo e non rappresenta dunque un’ulteriore estensione dell’attività svolta; nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva affermato la tassabilità dell’area scoperta adiacente ad un immobile adibito ad autosalone e destinata alla sosta dei veicoli dei clienti, in quanto frequentata da persone e quindi produttiva di rifiuti (cfr. Cass. Civ. Sez. V, Ordinanza n. 14718 del 26/05/2023).
Ed ancora: “la TARSU è dovuta, a norma dell’art. 62 del d.lgs. n. 507 del 1993, per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte (a qualsiasi uso adibite, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni) e dei locali e delle aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono stabilmente destinate, o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità, non possono produrre rifiuti: tali esclusioni non sono, tuttavia, automatiche, perché ponendo la norma una presunzione “iuris tantum” di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area, dispone altresì che le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità siano dedotte “nella denuncia originaria” o in quella “di variazione”,
e siano debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione” (Cass. Civ. Sez. V, 3 dicembre 2019 n. 31460.
Nel caso in esame, in disparte il carattere generico delle doglianze, non può non mettersi in evidenza che si tratta di aree che sfuggono all’esenzione dalla tassazione, apparendo essere dotate di normale capacità di generare rifiuti ulteriori rispetto ai beni ai quali esse afferiscono.
Non è dunque dato rinvenire né la violazione della normativa nazionale, né del regolamento comunale in materia.
IV)
Con il quarto ed ultimo motivo, la società opponente ha invocato l’operatività del dettato dell’art. 14 co. 20 della Legge 201/2011 “Il tributo è dovuto nella misura massima del 20 per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente”.
Ha anche chiesto che venisse riconosciuta la ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 26 comma 3 del regolamento Comunale IUC (approvato con delibera consiglio comunale n. 16 del 08.09.2014): “1. In caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti o di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente, il tributo è dovuto dai contribuenti coinvolti in misura massima del 20 % del tributo”
A sostegno di tanto, ossia della denunciata violazione “in maniera grave e continuativa (di) quanto stabilito dalla normativa di riferimento”, la società ricorrente ha posto la tesi secondo la quale i disservizi erano da ritenere eclatanti sulla scorta di quanto documentato da articoli di stampa.
È di tutta evidenza, però, che tali argomenti non valgano a provare il fondamento della invocata riduzione: il riconoscimento da parte dell’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente.
In difetto di tanto, nessuna riduzione potrebbe giammai essere riconosciuta.
Si impone il rigetto del ricorso e la condanna della (omissis) al pagamento delle spese di lite, liquidate come da dispositivo, con distrazione.
P.Q.M.
la Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di Vibo Valentia, Sez. I, così dispone:
– rigetta il ricorso;
– condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della (omissis), che liquida in euro 2.977 per compensi, oltre rimborso forfettario delle spese nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, da distrarre in favore dell’Avv. (omissis).
