SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ritualmente notificato (omissis), a mezzo difensore, impugnava l’avviso di accertamento IMU anno 2018 indicato in epigrafe emesso dal Comune di Pizzo, deducendo:
1) difetto di motivazione dell’atto (violazione dell’art. 7 della L. n. 212/2000) e adottato in violazione della normativa prevista dall’art. 7, comma 5-bis della D.Lgs. n. 546/92 circa il corretto assolvimento dell’onere della prova;
2) contradditorietà rispetto alle precedenti determinazioni assunte dall’Ente (violazione del principio del legittimo affidamento ex art. 10 della L. n. 212/2000);
3) infondatezza nel merito della pretesa impositiva in quanto l’Ente ha preteso di assoggettare ad autonoma tassazione le pertinenze asservite all’abitazione di proprietà della Ricorrente dal versamento dell’imposta (violazione dell’art. 2, comma 1, Lett. a) del D.Lgs. n. 504/92).
Concludeva per l’accoglimento del ricorso ed annullamento dell’atto impugnato; in subordine chiedeva riconoscersi come non dovute le sanzioni, con vittoria di spese.
In data 11.9.2023 parte ricorrente depositava memorie e documentazione – tra cui copia di un precedente di questa Corte – a supporto delle argomentazioni difensive spiegate nei propri scritti.
Non vi era costituzione in giudizio del Comune di Pizzo, pur ritualmente citato.
Vi era costituzione in giudizio della SO.GE.T spa che evidenziava la legittimità del proprio operato, concludendo per il rigetto del ricorso con vittoria di spese. Depositava documentazione e copia di due precedenti di questa Corte favorevoli all’Ente Territoriale.
In data 7.12.2023 parte ricorrente depositava memorie illustrative nelle quali precisava come “fermo quanto già evidenziato nei precedenti scritti difensivi, le presenti memorie si rendono necessarie per evidenziare gli effetti del passaggio in giudicato della sentenza n. 912.02.2022 depositata il 29 novembre 2022 mediante la quale questa stessa Sezione ha annullato definitivamente l’atto emesso per la medesima imposta riferita al precedente anno 2017 ed ha accertato e già riconosciuto la natura pertinenziale dei terreni ripresi a tassazione”.
All’odierna udienza la causa veniva trattenuta per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va rigettato.
Il contestato difetto di motivazione non sussiste.
Sul punto la Suprema Corte ha avuto modo di precisare come “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la proprietà o altro diritto reale sul bene, che rappresentano, ex art. 3 del d.lgs n. 504 del 1992, il presupposto impositivo del tributo, possono essere provati dall’ente impositore anche tramite le annotazioni risultanti dai registri catastali, che, pur non costituendo prova dei predetti diritti, in quanto preordinati a fini squisitamente fiscali, fanno sorgere una presunzione “de facto” di veridicità delle loro risultanze, ponendo a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria….” Cass. 13061/17.
Ancora, quanto alla motivazione di un avviso di accertamento, che “è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il Corte di Giustizia Tributaria di I° grado di Vibo Valentia Soget SpA c/ (omissis) Controdeduzioni 4 contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale (Cass. n. 3854 del 2022)” Cass. n. 10639 del 01-04-2022.
Ancora “il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 7, deve essere interpretato alla luce dell’intero sistema in cui si inserisce, tenendo in particolare presente, oltre al principio del raggiungimento dello scopo, anche il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 10, ove è stabilito che “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”. Pertanto, alla luce del principio di ragionevolezza, espresso dall’art. 3 Cost., nonchè del principio di solidarietà economica e sociale, di cui all’art. 2 Cost., che deve ispirare i rapporti reciproci – anche tributari – fra Pubblica Amministrazione e cittadino, la parte del rapporto tributario, sia essa il contribuente o la pubblica amministrazione, non può lamentare violazioni formali che non abbiano inciso realmente, e in negativo, sulla sua sfera giuridica” (v. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11052 del 09/05/2018)” Cass. Ord. n. 39678/21.
Infine “non è configurabile il vizio di motivazione di un avviso di accertamento nel caso in cui lo stesso indichi gli elementi essenziali del tributo: ‘Nella fattispecie, come si evince dall’esame dell’atto di intimazione, versato in atti, è stata indicata, sia pur in modo estremamente sintetico e facendo ricorso ai riquadri, la tipologia, destinazione e l’ubicazione dell’immobile, la superficie imponibile e il periodo di riferimento dell’imposta. Sono stati quindi delineati gli elementi essenziali dell’imposta” Cass. n. 39678/21.
Quanto al merito della controversia, vale rilevare quanto segue.
Intanto, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare come “In tema di imposta municipale unica (IMU), l’area pertinenziale non è assoggettata autonomamente a tassazione, purché la sua destinazione durevole di bene a servizio dell’immobile principale derivi da una precisa scelta del contribuente indicata nella dichiarazione, in quanto l’art. 37, comma 53, del d.l. n. 223 del 2006, conv. dalla l. n. 248 del 2006, pur avendo eliminato l’obbligo di dichiarazione ICI, ha mantenuto fermi gli adempimenti previsti in materia di riduzione dell’imposta” Cass. 6267/23.
Nel caso in esame è incontestata l’assenza di dichiarazione da parte del contribuente; tale circostanza sarebbe, già di per sé, sufficiente a ritenere l’infondatezza del ricorso.
Ma vi è dippiù.
Come correttamente evidenziato nelle controdeduzioni di SO.GE.T spa, sono assoggettate al regime IMU dell’abitazione principale le pertinenze (art. 817 cod. civ.) della stessa classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna di tali categorie, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo (art. 1, comma 741, lett. b), terzo periodo della legge n. 160 del 2019).
Tale ultimo disposto normativo, difatti, recita testualmente:
“b) per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unita’ immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unita’ pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unita’ ad uso abitativo”.
La norma sopra richiamata, pertanto, consente di considerare come pertinenza dell’abitazione principale soltanto un’unità immobiliare per ciascuna categoria catastale, fino ad un massimo di tre pertinenze appartenenti ciascuna ad una categoria catastale diversa.
Entro il suddetto limite il contribuente ha la facoltà di individuare, attraverso la dichiarazione, le pertinenze per le quali applicare il regime agevolato.
Le categorie individuate dalla norma quali pertinenze devono essere necessariamente accatastate in una delle seguenti categorie:
C2 (magazzini e locali di deposito come cantine e solai);
C6 (stalle e scuderie, garage);
C7 (tettoie chiuse o aperte).
Nel caso in esame la ricorrente non soltanto non forniva la prova richiesta, ma, addirittura, la documentazione versata in atti (dalla stessa contribuente e da controparte), consente di escludere che gli immobili (terreni) per cui si invoca la natura pertinenziale possano rientrare in alcuna delle tre categorie catastali sopra indicate.
Anche sotto tale profilo, il ricorso non può trovare accoglimento.
Quanto, infine, all’efficacia vincolante del giudicato esterno, evidenziata dal ricorrente con le memorie da ultimo depositate in data 7.12.2023, vale rilevare quanto segue.
La Suprema Corte ha avuto modo di precisare come “nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo. (Nella specie, la S.C. ha escluso che la pronuncia resa in altra controversia tra le stesse parti su precedenti annualità ICI potesse avere efficacia di giudicato circa l’accertamento sull’inedificabilità del terreno oggetto di tassazione, in considerazione della possibile adozione di atti amministrativi incidenti sullo sfruttamento urbanistico del bene)” Cass. 25516/2019.
Il riconoscimento o meno della natura pertinenziale di un’area non può considerarsi elemento stabile o tendenzialmente permanente della fattispecie, essendo rimesso, come detto sopra, seppur nei limiti indicati dalla normativa, ad una scelta del contribuente da evidenziarsi nella dichiarazione (vedi Cass. 6267/23 sopra citata).
Alla stregua di quanto sopra il ricorso va rigettato.
Alla violazione della normativa fiscale segue l’applicazione delle relative sanzioni.
Le spese, stante l’esistenza di pronunce contrastanti di questa Corte, possono essere compensate.
P.Q.M.
La Corte
1) Rigetta il ricorso e, per l’effetto, conferma l’atto impugnato;
2) dichiara interamente compensate le spese di lite.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di Giustizia Tributaria di I° Grado di Vibo Valentia – Sez.
2 del 19 dicembre 2023