• Home
  • >
  • Corte di Giustizia Europea sez. V, C-238/98, 14/09/2000

Corte di Giustizia Europea sez. V, C-238/98, 14/09/2000

Massima

In assenza di una direttiva specifica sul reciproco riconoscimento dei diplomi, l’articolo 52 del Trattato CE (ora articolo 43 CE) impone agli Stati membri di valutare tutti i diplomi, i certificati e l’esperienza professionale acquisita da un cittadino comunitario in altri Stati membri, confrontandoli con i requisiti nazionali, al fine di garantire la libertà di stabilimento.

Supporto alla lettura

RICONOSCIMENTO ACCADEMICO

Si tratta di una procedura di valutazione analitica dei titoli accademici esteri per verificare se corrispondono per livello, anni di studi e contenuti a un titolo italiano, il cui obiettivo è quello di rilasciare un provvedimento che è analogo a un  titolo finale italiano e avente valore legale nel nostro paese.

Storicamente tale procedura è identificata con il termine di “equipollenza”, anche se la L. 148/2002 non utilizza più tale termine.

Il riconoscimento di un titolo accademico estero può essere richiesto a specifiche condizioni:

  • deve essere stato rilasciato all’estero da un’università o da un’altra istituzione di livello universitario o superiore che faccia parte ufficialmente del sistema educativo del paese;
  • deve essere un titolo finale di 3° ciclo riconosciuto in quel paese;
  • l’ordinamento didattico dell’ateneo individuato deve prevedere un corso di studio comparabile con quello svolto all’estero.

Sia i cittadini UE sia gli extraUE possono richiedere il provvedimento di riconoscimento accademico, la domanda va presentata in un ateneo a scelta e le informazioni su modalità, scadenze, moduli e documentazione da allegare vanno richieste alla segreteria dell’ateneo al quale si vuole presentare la domanda e/o individuate visitando il relativo sito web.

Un organo accademico valuterà, in autonomia e caso per caso, il contenuto degli studi e gli esami sostenuti confrontandoli con il corso di laurea italiano di riferimento. Il riconoscimento non è sempre automatico, infatti l’ateneo può richiedere, per colmare la parte di curriculum degli studi eventualmente non coperta dal titolo estero, di integrare il percorso di studi con altri esami e/o di presentare elaborati finali.

La richiesta di riconoscimento di particolari tipi di titoli accademici va inviata ad altre pubbliche amministrazioni:

  • la domanda per ottenere il provvedimento di  riconoscimento di un dottorato di ricerca va presentata, dal 1 marzo 2022 , conformemente a quanto stabilito dalla L. 15/2022, ad un ateneo a scelta che rechi nella propria offerta formativa un dottorato nella materia di quello conseguito all’estero dall’interessato (informazioni su modalità, scadenze, moduli e documentazione da allegare vanno richieste alla segreteria dell’ateneo al quale si vuole presentare la domanda e/o individuate visitando il relativo sito web);
  • la domanda per ottenere il provvedimento di riconoscimento dei titoli di Teologia e Sacra scrittura ed altri titoli oggetto di ulteriori accordi tra lo Stato italiano e la Santa Sede, rilasciati da istituzioni riconosciute dallo Stato pontificio, va inviata al Ministero dell’Università e della ricerca;
  • la domanda per ottenere il provvedimento di riconoscimento di un titolo artistico/musicale/coreutico va inviata, a partire dal 1 marzo 2022, alle istituzioni superiori operanti nel settore Artistico Coreutico e Musicale, così come previsto dalla L. 15/2022 (informazioni su modalità, scadenze, moduli e documentazione da allegare vanno richieste alla segreteria dell’istituto al quale si vuole presentare la domanda e/o individuate visitando il relativo sito web);
  • la domanda per ottenere il provvedimento di riconoscimento di un titolo abilitante all’ insegnamento o di percorsi di specializzazione post laurea per determinati insegnamenti (ad es. insegnante di sostegno) va inviata al Ministero dell’Istruzione;
  • la domanda per ottenere il riconoscimento valido per tutti i concorsi pubblici, indipendentemente da uno in particolare, della qualifica professionale di ricercatore, va inviata al Ministero dell’Università e della ricerca;
  • la domanda di riconoscimento delle qualifiche professionali va inviata ai Ministeri competenti per materia che vigilano sulle rispettive professioni in Italia.

Ambito oggettivo di applicazione

(omissis)

Sentenza

1 Con sentenza 23 giugno 1998, pervenuta alla Corte il 7 luglio seguente, il Tribunal administratif di Châlons-en-Champagne ha proposto, a norma dell’art. 177 del Trattato CEE (divenuto art. 234 CE), una questione pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE).

2 La questione è sorta nell’ambito di una controversia tra il signor (omissis) e il Ministro francese del Lavoro e della Solidarietà in merito ad una decisione che negava al primo l’autorizzazione all’esercizio della professione medica in Francia.

Diritto comunitario

3 L’art. 52 del Trattato CE così dispone:

«Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono gradatamente soppresse durante il periodo transitorio. (…)

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio (…) alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini (…)».

4 L’art. 57, nn. 1 e 3, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 47, nn. 1 e 3 CE), recita:

«1. Al fine di agevolare l’accesso alle attività non salariate e l’esercizio di queste, il Consiglio, deliberando in conformità della procedura di cui all’articolo 189 B, stabilisce direttive intese al reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli.

(…)

3. Per quanto riguarda le professioni mediche, paramediche e farmaceutiche, la graduale soppressione delle restrizioni sarà subordinata al coordinamento delle condizioni richieste per il loro esercizio nei singoli Stati membri».

5 La direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/16/CEE, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli (GU L 165, pag. 1), si applica, a norma dell’art. 1 della stessa, alle attività di medico esercitate, in qualità di indipendente o di salariato, dai cittadini degli Stati membri.

6 Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 93/16:

«Ogni Stato membro riconosce i diplomi, i certificati e gli altri titoli rilasciati ai cittadini degli Stati membri dagli altri Stati membri conformemente all’articolo 23 ed elencati nell’articolo 3, attribuendo loro, sul proprio territorio, lo stesso effetto dei diplomi, certificati ed altri titoli da esso rilasciati per quanto concerne l’accesso alle attività del medico ed al loro esercizio».

7 Gli artt. 23 e 24 della direttiva 93/16, contenuti nel titolo III di quest’ultima, intitolato «Coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico», stabiliscono i requisiti che deve presentare la formazione medica affinché si possa giungere al riconoscimento, negli altri Stati membri, del diploma, certificato o altro titolo rilasciato a conclusione di questa formazione. L’art. 23 della direttiva 93/16 riguarda il diploma, certificato o altro titolo di medico rilasciato al termine della formazione di base, mentre l’art. 24 della direttiva concerne il diploma, certificato o altro titolo di medico specialista.

8 L’art. 23 della direttiva 93/16 così dispone:

«1. Gli Stati membri subordinano l’accesso alle attività di medico e l’esercizio di dette attività al possesso di un diploma, certificato o altro titolo di medico, di cui all’articolo 3, comprovante che l’interessato ha acquisito nel corso dell’intero ciclo di formazione:

a) adeguate conoscenze delle scienze sulle quali si fonda l’arte medica, nonché una buona comprensione dei metodi scientifici, compresi i principi relativi alla misura delle funzioni biologiche, alla valutazione di fatti stabiliti scientificamente e all’analisi dei dati;

b) adeguate conoscenze della struttura, delle funzioni e del comportamento degli esseri umani, in buona salute e malati, nonché dei rapporti tra l’ambiente fisico e sociale dell’uomo ed il suo stato di salute;

c) adeguate conoscenze dei problemi e dei metodi clinici, atte a sviluppare una concezione coerente della natura delle malattie mentali e fisiche, dei tre aspetti della medicina: prevenzione, diagnosi e terapia, nonché della riproduzione umana;

d) un’adeguata esperienza clinica acquisita sotto opportuno controllo in ospedale.

2. L’intero ciclo di formazione medica deve avere una durata minima di sei anni o comprendere un minimo di 5 500 ore di insegnamento teorico e pratico impartito in un’università o sotto il controllo di un’università.

3. L’ammissione a detto ciclo di formazione presuppone il possesso di un diploma o certificato che, per gli studi in questione, dia accesso agli istituti universitari di uno Stato membro.

4. Per gli interessati che abbiano iniziato gli studi anteriormente al 1° gennaio 1972, il ciclo di formazione di cui al paragrafo 2 può comportare una formazione pratica di livello universitario, della durata di sei mesi, impartita a tempo pieno sotto il controllo delle autorità competenti.

5. La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà per gli Stati membri di consentire, sul proprio territorio e secondo le proprie disposizioni, l’accesso alle attività di medico e il relativo esercizio ai titolari di diplomi, certificati o altri titoli non conseguiti in uno Stato membro».

9 L’art. 24 della direttiva 93/16 prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri vigilano affinché la formazione che permette il conseguimento di un diploma, certificato o altro titolo di medico specialista, risponda almeno alle seguenti condizioni:

a) essa presuppone il compimento di sei anni di studi svolti con successo nell’ambito del ciclo di formazione di cui all’articolo 23; quanto alla formazione che porta al rilascio del diploma, certificato o altro titolo di specialista in chirurgia dentaria, della bocca e maxillo-facciale (formazione di base per medici e dentisti), essa presuppone inoltre la conclusione e la convalida del ciclo di formazione per dentisti di cui all’articolo 1 della direttiva 78/687/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per le attività di dentista;

b) essa comprende un insegnamento teorico e pratico;

c) essa si svolge a tempo pieno e sotto il controllo delle autorità o degli enti competenti, conformemente al punto 1 dell’allegato I;

d) essa si compie in un centro universitario, in un centro ospedaliero e universitario o, eventualmente, in un istituto di cura abilitato a tal fine dalle autorità o dagli enti competenti;

e) essa richiede una partecipazione personale del medico candidato alla specializzazione, all’attività e alle responsabilità dei servizi di cui trattasi.

2. Gli Stati membri subordinano il rilascio di un diploma, certificato o altro titolo di medico specialista al possesso di uno dei diplomi, certificati o altri titoli di medico di cui all’articolo 23; quanto al rilascio del diploma, certificato o altro titolo di specialista in chirurgia dentaria, della bocca e maxillo-facciale (formazione di base per medici e dentisti), esso è subordinato inoltre alla detenzione di uno dei diplomi, certificati o altri titoli di dentista di cui all’articolo 1 della direttiva 78/687/CEE».

Diritto nazionale

10 L’art. L. 356 del code de la santé publique (codice francese della sanità pubblica) prevede quanto segue:

«Nessuno può esercitare in Francia la professione di medico, di odontoiatra o di ostetrica senza essere:

1° Titolare di un diploma, certificato o altro titolo menzionato all’art. L. 356-2 (…).

2° Di cittadinanza francese o di uno degli Stati membri della Comunità economica europea o degli altri Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo (…).

(…)».

11 In forza dell’art. L. 356-2 del medesimo codice, i diplomi, certificati e titoli richiesti per l’esercizio della professione medica sono o il diploma statale francese di laurea in medicina oppure, se l’interessato è cittadino di un Stato membro della Comunità europea o di un altro Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo, un diploma, certificato o altro titolo di medico rilasciato da uno di tali Stati e che figuri nell’elenco compilato in conformità agli obblighi comunitari o a quelli derivanti dall’Accordo sullo Spazio economico europeo, con decreto congiunto del Ministro della Sanità e del Ministro competente per le Università.

Causa principale

12 Si ricava dagli atti che il sig. (omissis) è titolare di un diploma di laurea in medicina, rilasciato nel 1976 dall’Università di Buenos Aires (Argentina), e di un diploma di specializzazione in urologia, rilasciato nel 1982 dall’Università di Barcellona (Spagna).

13 Il signor (omissis), di origine argentina, ha acquisito la cittadinanza spagnola nel 1986 ed è poi divenuto cittadino francese nel 1998.

14 Nel 1980 le autorità spagnole hanno riconosciuto il diploma di laurea argentino del signor (omissis) equivalente al titolo spagnolo di dottore in medicina e chirurgia, consentendo così a quest’ultimo di esercitare la professione medica in Spagna e di accedere ivi ad una formazione di medico specialista.

15 Non essendo il signor (omissis) cittadino spagnolo al tempo dei suoi studi di specializzazione, il titolo di medico specialista in urologia rilasciatogli nel 1982 era un titolo accademico. Una volta acquisita la cittadinanza spagnola, il signor (omissis) ha ottenuto, nel 1986, l’autorizzazione all’esercizio professionale dell’attività di medico specialista in urologia in Spagna.

16 Risulta da diversi attestati che il signor (omissis) ha lavorato per un certo numero di anni in Spagna. Entrato in Francia nel 1990, egli ha da allora svolto funzioni di ausiliario o di assistente associato, specialista in chirurgia urologica, presso diversi ospedali francesi, in particolare, dal novembre del 1991, presso il centro ospedaliero di Laon.

17 Al fine di ottenere l’iscrizione all’albo dell’Ordine nazionale dei medici per esercitare la professione medica in Francia, il signor (omissis) si è più volte rivolto alle autorità francesi.

18 Con lettera datata 27 giugno 1997, il Ministro del Lavoro e della Solidarietà ha negato al signor (omissis) l’autorizzazione all’esercizio della professione medica in Francia, in quanto quest’ultimo non sarebbe in possesso dei requisiti stabiliti dall’art. L. 356 del codice francese della sanità pubblica poiché il diploma di laurea argentino di cui è titolare non conferirebbe il diritto all’esercizio della professione medica in Francia.

19 Il Tribunal administratif di Châlons-en-Champagne, essendo stato chiamato a pronunciarsi sulla domanda di annullamento della detta decisione e ritenendo che la soluzione della controversia richieda l’interpretazione del diritto comunitario, ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«(…) se un’equipollenza riconosciuta da uno Stato membro debba indurre un altro Stato membro ad accertare, in base all’art. 52 del Trattato di Roma, se l’esperienza e le qualifiche attestate dalla detta equipollenza corrispondano a quelle presupposte dai diplomi e dai titoli nazionali, in particolare nel caso in cui il beneficiario dell’equipollenza sia titolare di un diploma che attesta una formazione specialistica acquisita in uno Stato membro e che rientra nell’ambito di applicazione di una direttiva vertente sul reciproco riconoscimento dei diplomi».

Sulla questione pregiudiziale

20 Il signor (omissis) ritiene contraddittorio il fatto che egli eserciti legalmente, da anni, funzioni di specialista in urologia presso diversi ospedali in Francia e che, al tempo stesso, venga respinta la sua istanza di iscrizione all’albo dell’Ordine nazionale dei medici. Basandosi sulla giurisprudenza della Corte relativa all’art. 52 del Trattato, in particolare sulle sentenze 7 maggio 1991, causa C-340/89, Vlassopoulou (Racc. pag. I-2357), e 9 febbraio 1994, causa C-319/92, Haim (Racc. pag. I-425), egli sostiene che il diniego delle autorità francesi di riconoscere il suo diploma di laurea argentino in medicina è contrario sia allo spirito sia alla lettera della detta disposizione.

21 Nel punto 16 della citata sentenza Vlassopoulou la Corte ha affermato che l’art. 52 del Trattato deve essere interpretato nel senso che spetta allo Stato membro al quale è stata presentata la domanda di autorizzazione all’esercizio di una professione il cui accesso è, secondo la normativa nazionale, subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale prendere in considerazione i diplomi, i certificati e gli altri titoli che l’interessato ha acquisito ai fini dell’esercizio della medesima professione in un altro Stato membro, procedendo ad un raffronto tra le competenze attestate da questi diplomi e le cognizioni e le qualifiche richieste dalle norme nazionali.

22 Sulla base dello stesso principio, nel punto 28 della citata sentenza Haim la Corte ha dichiarato che le autorità nazionali competenti debbono tener conto, al fine di verificare se l’obbligo del tirocinio prescritto dalla normativa nazionale sia soddisfatto, dell’esperienza professionale dell’interessato, ivi compresa quella acquisita in un altro Stato membro.

23 Poiché questa giurisprudenza è stata confermata in diverse occasioni (v., in ultimo, sentenza 8 luglio 1999, causa C-234/97, Fernández de Bobadilla, Racc. pag. I-4773, punti 29-31), non può più sussistere dubbio alcuno sul fatto che le autorità di uno Stato membro alle quali un cittadino comunitario abbia presentato istanza di autorizzazione all’esercizio di una professione il cui accesso, secondo la normativa nazionale, è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o anche a periodi di tirocinio, sono tenute a prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, certificati ed altri titoli, nonché l’esperienza acquisita dall’interessato nel settore, procedendo ad un raffronto tra, da un lato, le competenze attestate da questi diplomi e da questa esperienza e, dall’altro, le cognizioni e le qualifiche richieste dalle norme nazionali.

24 E’ importante rilevare che questa giurisprudenza costituisce la semplice enunciazione, da parte del giudice comunitario, di un principio insito nelle libertà fondamentali del Trattato.

25 I governi spagnolo ed italiano, con il sostegno, in udienza, del governo francese, affermano che questo principio è inapplicabile alla presente fattispecie. Infatti, quando esiste una direttiva relativa al reciproco riconoscimento dei diplomi, quale la direttiva 93/16, e quando il titolo di cui dispone l’interessato non soddisfa i requisiti posti da quest’ultima, l’interessato non potrebbe avvalersi direttamente delle disposizioni del Trattato relative alle libertà fondamentali comunitarie.

26 Posto che l’art. 57, n. 3, del Trattato subordina la libera circolazione delle persone che esercitano le professioni mediche, paramediche e farmaceutiche a determinate condizioni, che sono state precisate mediante norme di diritto derivato, i detti governi giungono alla conclusione che le persone interessate possono fare uso di questo diritto solo seguendo la procedura e le modalità previste dalle pertinenti norme di diritto comunitario, vale a dire, per quanto concerne la causa principale, secondo il sistema istituito dalla direttiva 93/16.

27 Questi governi rilevano che la giurisprudenza della Corte in materia riguardava professioni, come quelle di avvocato (di cui trattavasi nella causa decisa con la citata sentenza Vlassopoulou) o di agente immobiliare (v. sentenza 7 maggio 1992, causa C-104/91, Aguirre Borrell e a., Racc. pag. I-3003), che non erano state oggetto, all’epoca in cui questa giurisprudenza si è formata, di nessuna direttiva relativa al coordinamento o al reciproco riconoscimento dei diplomi. Di conseguenza, questa giurisprudenza sarebbe irrilevante per quanto concerne la libera circolazione dei medici, la quale sarebbe tassativamente disciplinata dalla direttiva 93/16 per quanto riguarda la determinazione sia di coloro che hanno diritto a questa libertà, sia di coloro che ne sono esclusi.

28 Essi aggiungono che il limite che l’art. 57, n. 3, del Trattato introduce nei confronti delle professioni mediche, paramediche e farmaceutiche ha lo scopo di garantire un elevato livello di protezione della salute, che è uno degli obiettivi espressamente dettati alla Comunità dall’art. 3, lett. o), del Trattato CE [divenuto, in seguito a modifica, art. 3, lett. p), CE]. La realizzazione di questo obiettivo sarebbe compromessa se si ammettesse che le professioni mediche o paramediche fossero esercitate senza osservare i requisiti previsti dalle direttive in materia.

29 Viceversa, i governi finlandese e del Regno Unito, nonché la Commissione, ritengono che gli obblighi relativi al reciproco riconoscimento dei diplomi imposti agli Stati membri dall’art. 52 siano validi a prescindere dall’esistenza di una direttiva comunitaria in materia. La Commissione rileva che sarebbe paradossale che l’esistenza di una direttiva mirante al reciproco riconoscimento dei diplomi producesse effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento, privando il cittadino comunitario titolare di un diploma che non soddisfi i requisiti stabiliti da questa direttiva della facoltà di avvalersi del principio richiamato nei punti 23 e 24 della presente sentenza, quando invece egli potrebbe certamente farlo in mancanza di tale direttiva.

30 Alla luce di queste osservazioni, occorre precisare la sfera di applicazione del principio richiamato nei punti 23 e 24 della presente sentenza.

31 Benché sia esatto che il detto principio è stato applicato in cause riguardanti professioni per l’esercizio delle quali non esistevano, all’epoca, misure di armonizzazione o di coordinamento, ciò nondimeno questo principio non può perdere una parte della sua forza giuridica in conseguenza dell’adozione di direttive relative al reciproco riconoscimento dei diplomi.

32 Infatti, direttive del genere, come risulta dall’art. 57, n. 1, del Trattato, hanno lo scopo di agevolare l’accesso alle attività non salariate e l’esercizio di queste e, di conseguenza, di rendere più facili le possibilità già esistenti di accesso alle dette attività per i cittadini degli altri Stati membri. E’ in quest’ottica che la Corte ha dichiarato che, se la libertà di stabilimento contemplata dall’art. 52 del Trattato può venire garantita in uno Stato membro in forza vuoi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, vuoi della prassi dell’amministrazione pubblica o delle organizzazioni di categoria, non si può impedire il godimento effettivo di tale libertà a chi rientra nella sfera di applicazione del diritto comunitario per il solo fatto che, per una determinata professione, non sono state ancora adottate le direttive contemplate dall’art. 57 del Trattato (v. sentenza 28 aprile 1977, causa 71/76, Thieffry, Racc. pag. 765, punto 17).

33 Il ruolo delle direttive che stabiliscono norme e criteri comuni per il reciproco riconoscimento dei diplomi è pertanto quello di instaurare un sistema che obblighi gli Stati membri ad ammettere l’equipollenza di taluni diplomi, senza facoltà di esigere dagli interessati il rispetto di condizioni ulteriori rispetto a quelle stabilite dalle direttive applicabili in materia.

34 Siffatto reciproco riconoscimento di detti diplomi rende superfluo, quando risultino soddisfatti i requisiti come quelli stabiliti dalla direttiva 93/16, l’eventuale riconoscimento dei diplomi medesimi in applicazione del principio richiamato nei punti 23 e 24 della presente sentenza. Questo principio conserva tuttavia un interesse incontestabile nelle situazioni non disciplinate da direttive del genere, com’è il caso del signor (omissis).

35 In una situazione di questo genere, come si è rilevato nel punto 23 della presente sentenza, le autorità di uno Stato membro alle quali un cittadino comunitario abbia presentato istanza d’autorizzazione all’esercizio di una professione il cui accesso, secondo la normativa nazionale, è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o anche a periodi di tirocinio, sono tenute a prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, certificati ed altri titoli, nonché l’esperienza acquisita dall’interessato nel settore, procedendo ad un raffronto tra, da un lato, le competenze attestate da questi diplomi e da questa esperienza e, dall’altro, le cognizioni e le qualifiche richieste dalle norme nazionali.

36 Se a seguito di questo esame comparativo dei diplomi e della correlata esperienza professionale si arriva alla constatazione che le cognizioni e le qualifiche attestate dal diploma conseguito all’estero corrispondono a quelle richieste dalle disposizioni nazionali, le autorità competenti dello Stato membro ospitante sono tenute ad ammettere che questo diploma e, eventualmente, la correlata esperienza professionale soddisfano le condizioni fissate da dette disposizioni. Se invece, a seguito di tale confronto, emerge una corrispondenza solo parziale tra le dette cognizioni e qualifiche, le medesime autorità hanno il diritto di esigere che l’interessato dimostri di aver acquisito le cognizioni e le qualifiche prive di attestati (v., in tal senso, sentenze citate Vlassopoulou, punti 19 e 20, e Fernández Bobadilla, punti 32 e 33).

37 La causa principale vede coinvolto un medico il cui diploma argentino di laurea in medicina è stato riconosciuto equivalente al diploma di laurea nazionale in uno Stato membro; ciò ha consentito al medesimo di frequentare corsi di specializzazione in urologia nello stesso Stato membro e di ottenere ivi un diploma di specialista in urologia che, in base alla documentazione presentata alla Corte, in forza del diritto comunitario sarebbe stato riconosciuto equipollente in tutti gli Stati membri qualora il diploma di laurea fosse stato anch’esso rilasciato in uno Stato membro.

38 Successivamente, e per diversi anni, l’interessato ha anche legalmente esercitato, nello Stato membro ospitante, proprio l’attività specialistica medica che desidererebbe esercitare ivi autonomamente in futuro; ciò richiede l’iscrizione dell’interessato all’albo dell’Ordine nazionale dei medici dello Stato membro ospitante e, di conseguenza, il possesso di un diploma di laurea in medicina rilasciato dalle competenti autorità nazionali o riconosciuto come equivalente a quest’ultimo.

39 Spetta al giudice a quo, eventualmente alle competenti autorità nazionali, valutare, alla luce di tutti gli elementi agli atti e delle precedenti considerazioni, se il diploma del signor (omissis) debba ritenersi equipollente al corrispondente diploma francese. Occorrerà esaminare, in particolare, se il riconoscimento in Spagna del diploma argentino del signor (omissis) come equivalente al titolo spagnolo di dottore in medicina e chirurgia sia stato effettuato in base a criteri comparabili a quelli che hanno lo scopo, nel sistema istituito dalla direttiva 93/16, di garantire agli Stati membri l’affidabilità della qualità dei diplomi di laurea in medicina rilasciati negli altri Stati membri.

40 In base a tutte le considerazioni fin qui esposte occorre risolvere la questione pregiudiziale come segue: l’art. 52 del Trattato dev’essere interpretato nel senso che, quando, in una situazione non disciplinata da una direttiva relativa al reciproco riconoscimento dei diplomi, un cittadino comunitario presenta un’istanza di autorizzazione all’esercizio di una professione il cui accesso, secondo la normativa nazionale, è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o anche a periodi di tirocinio, le competenti autorità dello Stato membro interessato sono tenute a prendere in considerazione tutti i diplomi, certificati ed altri titoli, nonché l’esperienza acquisita dall’interessato nel settore, procedendo ad un raffronto tra, da un lato, le competenze comprovate da questi diplomi e da questa esperienza e, dall’altro, le cognizioni e le qualifiche richieste dalle norme nazionali.

Sulle spese

41 Le spese sostenute dai governi francese, spagnolo, italiano, olandese, finlandese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione),

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Tribunal administratif de Châlons-en-Champagne con sentenza 23 giugno 1998, dichiara:

L’art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) dev’essere interpretato nel senso che, quando, in una situazione non disciplinata da una direttiva relativa al reciproco riconoscimento dei diplomi, un cittadino comunitario presenta un’istanza di autorizzazione all’esercizio di una professione il cui accesso, secondo la normativa nazionale, è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o anche a periodi di tirocinio, le competenti autorità dello Stato membro interessato sono tenute a prendere in considerazione tutti i diplomi, certificati ed altri titoli, nonché l’esperienza acquisita dall’interessato nel settore, procedendo ad un raffronto tra, da un lato, le competenze comprovate da questi diplomi e da questa esperienza e, dall’altro, le cognizioni e le qualifiche richieste dalle norme nazionali.

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 settembre 2000.

Allegati

    [pmb_print_buttons]

    Accedi