(omissis)
Sentenza
1 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 17 giugno 1999, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, a norma dell’art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che il Regno di Spagna, avendo omesso di trasporre correttamente entro il termine stabilito l’art. 8 della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/16/CEE, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli (GU L 165, pag. 1), e avendo omesso di trasporre l’art. 18 della medesima direttiva, è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono ai sensi delle disposizioni del Trattato e della suddetta direttiva.
Normativa comunitaria
2 L’art. 8 della direttiva 93/16 dispone:
«1. Lo Stato membro ospitante può esigere dai cittadini degli Stati membri che desiderino ottenere uno dei diplomi, certificati o altri titoli di formazione di medico specialista, che non figurano negli articoli 4 e 6 o che, pur menzionati nell’articolo 6, non sono rilasciati in uno Stato membro di origine o di provenienza, che soddisfino le condizioni di formazione che esso Stato membro prescrive a tal fine nelle rispettive disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative.
2. Tuttavia, lo Stato membro ospitante tiene conto, in tutto o in parte, dei periodi di formazione compiuti dai cittadini di cui al paragrafo 1 e sanzionati da un diploma, certificato o altro titolo di studio rilasciato dalle autorità competenti dello Stato membro di origine o di provenienza quando tali periodi corrispondono a quelli richiesti nello Stato membro ospitante per la specializzazione in questione.
3. Le autorità o gli enti competenti dello Stato membro ospitante, dopo aver accertato il contenuto e la durata della formazione specializzata dell’interessato in base ai diplomi, certificati ed altri titoli presentati, lo informano della durata della formazione complementare e dei settori su cui questa verte».
3 L’art. 18 della stessa direttiva recita:
«Quando in uno Stato membro ospitante, per regolare con un ente assicuratore i conti inerenti alle attività esercitate a favore di assicurati sociali, occorre essere iscritti ad un organismo di sicurezza sociale di diritto pubblico, tale Stato membro, in caso di prestazioni di servizi che comportino lo spostamento del beneficiario, dispensa da tale obbligo i cittadini degli Stati membri stabiliti in un altro Stato membro.
Il beneficiario tuttavia informa in precedenza, e in caso di urgenza successivamente, detto ente della sua prestazione di servizi».
Normativa nazionale
4 L’art. 8 della direttiva 93/16 è stato trasposto nell’ordinamento spagnolo mediante l’art. 12 bis del Real Decreto 29 dicembre 1989, n. 1691/1989, por el que se regulan el reconocimiento de diplomas, certificados y otros títulos de Médico y de Médico Especialista de los Estados miembros de la Comunidad Económica Europea, el ejercicio efectivo del derecho de establecimiento y la libre prestación de servicios (BOE n. 13 del 15 gennaio 1990, pag. 1267; regio decreto n. 1691/1989 diretto a disciplinare il riconoscimento dei diplomi, certificati e altri titoli di medico e di medico specialista degli Stati membri della Comunità economica europea, nonché l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e della libera prestazione dei servizi; in prosieguo: il «regio decreto n. 1691/1989»), modificato dal Real Decreto 22 dicembre 1995, n. 2072 (BOE n. 20 del 23 gennaio 1996, pag. 1962; in prosieguo: il «regio decreto n. 2072/1995»). Ai sensi del suddetto art. 12 bis:
«1. Conformemente alle disposizioni dell’art. 8 della direttiva 93/16, le disposizioni del presente articolo si applicano ad ogni cittadino degli Stati membri che desideri ottenere un titolo spagnolo di medico specialista e che presenti un diploma, un certificato o un altro titolo di formazione medica specialistica non contemplato dall’allegato II del presente regio decreto.
2. La direzione generale della ricerca scientifica e dell’insegnamento superiore del Ministero dell’Educazione e della Scienza valuterà i periodi di formazione compiuti dall’interessato in vista del loro eventuale riconoscimento. All’occorrenza, previo parere della commissione nazionale della specializzazione di cui trattasi, essa determinerà la durata e gli ambiti contemplati dalla formazione complementare, che l’interessato dovrà assolvere al fine di conseguire il titolo spagnolo di medico specialista.
La formazione attestata dall’istante, del quale dovrà essere stato preliminarmente riconosciuto il titolo di medico, sarà valutata in funzione del suo carattere ufficiale nello Stato membro di origine e della sua adeguatezza ai contenuti propri della formazione prescritti in Spagna per la specializzazione corrispondente.
3. Il periodo di formazione complementare che gli interessati dovranno, se del caso, svolgere verrà effettuato nell’ambito di un posto ufficialmente riconosciuto per la specializzazione corrispondente. Fatto salvo il caso previsto al paragrafo 4 del presente articolo, gli interessati dovranno a tale scopo candidarsi alla formazione in questione dopo essersi sottoposti al procedimento ordinario che include l’esame di Stato stabilito dal regio decreto 11 gennaio 1984, n. 127, e dalle altre disposizioni vigenti, alle medesime condizioni di tutti gli altri aspiranti soggetti a tale procedimento.
4. Qualora gli interessati possano dimostrare di aver superato una selezione nazionale al fine di accedere alla formazione assolta nello Stato di origine, saranno dispensati dall’esame previsto all’art. 5, n. 1, del regio decreto n. 127/1984 menzionato al paragrafo precedente. In tal caso, il periodo di formazione complementare si svolgerà nell’ambito del posto riconosciuto per la formazione specialistica che la commissione internazionale prevista dall’art. 5 del regio decreto n. 127/1984 avrà indicato, e in conformità alle disposizioni del suddetto decreto e delle sue misure di attuazione».
Fase precontenziosa del procedimento
5 Con lettera di diffida notificata il 27 dicembre 1990 la Commissione ha avviato un procedimento di inadempimento contro il Regno di Spagna per mancata trasposizione degli artt. 8, 17 e 23 della direttiva del Consiglio 16 giugno 1975, 75/362/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (GU L 167, pag. 1), e per una trasposizione non corretta dell’art. 14 della medesima direttiva mediante il regio decreto n. 1691/1989. In seguito alla risposta delle autorità spagnole in data 8 aprile 1991 la Commissione, con parere motivato notificato il 17 gennaio 1996, ha formulato censure riguardanti gli artt. 8 e 18 della direttiva 93/16, il cui contenuto corrispondeva a quello degli artt. 8 e 17 della direttiva 75/362.
6 Nella loro risposta del 25 gennaio 1996 al parere motivato le autorità spagnole hanno informato la Commissione in merito al regio decreto n. 2072/1995, diretto a modificare il regio decreto n. 1691/1989, che, a detta di tali autorità, completava la trasposizione della direttiva 93/16 nell’ordinamento spagnolo.
7 Ritenendo che tale nuovo regio decreto non avesse posto fine all’inadempimento, la Commissione, il 12 febbbraio 1997, ha inviato una lettera di diffida integrativa alla quale il governo spagnolo ha risposto il 4 giugno 1997. La Commissione, non soddisfatta da tale risposta, ha trasmesso al Regno di Spagna, il 10 agosto 1998, un parere motivato complementare. La risposta del governo spagnolo al parere motivato complementare è giunta alla Commissione con lettera 23 novembre 1998.
Sulla prima censura, relativa alla trasposizione non corretta dell’art. 8 della direttiva 93/16
Argomenti delle parti
8 Con la prima censura la Commissione sostiene che il Regno di Spagna non ha trasposto correttamente l’art. 8 della direttiva 93/16, considerato che, per accedere alla professione di medico specialista in Spagna, il medico migrante il cui diploma, certificato o altro titolo di formazione medica specialistica non benefici del riconoscimento automatico e incondizionato in forza della direttiva 93/16 deve sottostare al procedimento di concorso nazionale di «Médico Interno Residente» (medico internista residente; in prosieguo: il «MIR»).
9 Secondo la Commissione, in Spagna, l’accesso alla formazione medica specialistica è infatti subordinato al superamento di una selezione nazionale, promossa al fine di limitare il contingente di medici specialisti, che conferisce lo statuto di medico in fase di formazione medica specialistica residente in un istituto o in un centro sanitario abilitato alla formazione di medici specialisti.
10 A parere della ricorrente, dall’art. 8, n. 3, della direttiva 93/16 emerge chiaramente che lo Stato membro ospitante non può negare il rilascio di un diploma di medico specialista nei casi non disciplinati dal sistema di riconoscimento automatico e incondizionato introdotto da tale direttiva. E’ vero che lo Stato membro ospitante, dopo aver esaminato i diplomi, certificati e altri titoli che l’interessato ha ottenuto in altri Stati membri, potrebbe esigere, se del caso, una formazione complementare. Tuttavia non potrebbe sistematicamente subordinare l’accesso a tale formazione alla condizione del superamento di un concorso di Stato quale il concorso per MIR, che sarebbe concepito per coloro che intendono iniziare una formazione di medico specialista, mentre i medici migranti interessati avrebbero bisogno di posti di formazione solo per seguire la suddetta formazione complementare.
11 La Commissione tiene conto delle numerose denunce ad essa presentate, nonché delle petizioni che le sono state trasmesse dal Parlamento europeo e dal Mediatore europeo. Da tali denunce emergerebbe che la mancata trasposizione dell’art. 8 della direttiva 93/16 nell’ordinamento spagnolo è stata invocata in modo regolare e persistente dalle autorità spagnole per rifiutare l’esame delle domande di riconoscimento dei diplomi.
12 Essa rileva che gli Stati membri possono legittimamente imporre il superamento di un concorso quando si tratti di un concorso di assunzione. Orbene, il concorso per MIR non avrebbe il carattere di una modalità di assunzione dato che non consentirebbe al suo destinatario di accedere ad un impiego preciso, ma ad una formazione. Le autorità spagnole non si troverebbero dunque obbligate a limitare il numero dei medici che iniziano una formazione specialistica per il fatto di esser tenute a proporre un impiego a ciascuno di essi.
13 Il governo spagnolo sostiene che il regio decreto n. 1691/1989, come modificato dal regio decreto n. 2072/1995 (in prosieguo: il «regio decreto n. 1691/1989 modificato»), ha trasposto l’art. 8 della direttiva 93/16 in Spagna. A differenza di quanto sostiene la Commissione, il suddetto articolo non imporrebbe allo Stato membro ospitante di garantire la formazione complementare di cui valuta necessario l’assolvimento in vista del rilascio di un diploma, certificato o altro titolo di medico specialista.
14 Esso ritiene che il concorso per MIR costituisca una necessità derivante dalla situazione esistente in Spagna dove, per ragioni storiche, molti medici intendono accedere alla formazione di medico specialista, cosicché il numero di posti disponibili a tale riguardo non è sufficiente e, pertanto, le autorità competenti sono costrette ad attribuirli.
15 Il suddetto governo sottolinea che il concorso di cui trattasi non costituisce un «esame» che i candidati devono superare, ma un procedimento di assegnazione dei posti limitati esistenti. Non si verrebbe «ammessi» o «respinti» al concorso per MIR: l’assegnazione dei posti da attribuire verrebbe effettuata seguendo l’ordine decrescente del punteggio globale attribuito a ciascun candidato nell’ambito di tale concorso, in funzione della priorità della domanda presentata dall’interessato. Tale concorso introdurrebbe quindi un procedimento oggettivo fondato sui principi del merito e delle attitudini. Il merito si desumerebbe dalla valutazione, in base a un punteggio, della formazione universitaria in medicina, mentre le attitudini verrebbero giudicate grazie a un esame relativo alle conoscenze generali proprie della laurea in medicina.
16 Il convenuto aggiunge inoltre che la partecipazione al concorso per MIR non è sistematicamente prescritta considerato che, in particolare, l’art. 12 bis, n. 4, del regio decreto n. 1691/1989 modificato dispensa da tale prova i candidati che attestino di aver superato una selezione nazionale per accedere alla formazione assolta nel loro Stato membro di origine.
17 L’accettazione delle tesi iperestensive della Commissione comprometterebbe gravemente il sistema spagnolo di accesso alla formazione di medico specialista e finirebbe per incoraggiare o incitare i candidati alla formazione in Spagna ad intraprendere quest’ultima al di fuori di questo paese, per un periodo minimo e secondo modalità di loro scelta, al fine di acquisire il diritto a una formazione integrativa in Spagna eludendo le normali condizioni di accesso alla suddetta formazione. Una siffatta situazione dovrebbe essere qualificata come frode alla legge.
Giudizio della Corte
18 L’art. 8 della direttiva 93/16 si inserisce nell’ambito delle misure di diritto comunitario dirette ad agevolare la mobilità professionale dei medici che siano cittadini comunitari e abbiano seguito una formazione medica specialistica.
19 Come emerge dall’art. 57, n. 1, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 47, n. 1, CE), le direttive come la 93/16 mirano ad agevolare l’accesso alle attività non salariate e all’esercizio di queste, stabilendo norme e criteri comuni che portino, per quanto possibile, al reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli.
20 L’art. 8, n. 1, della direttiva 93/16 dispone infatti che l’interessato conseguirà un nuovo diploma nello Stato membro ospitante dopo aver, all’occorrenza, seguito una formazione complementare. Proprio sulla base di tale diploma tale soggetto potrà successivamente esercitarvi la specializzazione medica interessata. Il n. 2 del suddetto articolo obbliga lo Stato membro, quando stabilisce la formazione complementare necessaria, a prendere in considerazione la qualificazione professionale pertinente dell’interessato in base a principi analoghi a quelli elaborati dalla giurisprudenza della Corte sul reciproco riconoscimento delle qualificazioni professionali.
21 Secondo la suddetta giurisprudenza, i cui principi sono stati enunciati nella sentenza 7 maggio 1991, causa C-340/89, Vlassopoulou (Racc. pag. I-2357, punto 16), le autorità di uno Stato membro, quando esaminano la domanda di un cittadino di un altro Stato membro diretta a ottenere l’autorizzazione all’esercizio di una professione regolamentata, debbono prendere in considerazione la qualificazione professionale dell’interessato procedendo ad un raffronto tra, da un lato, la qualificazione attestata dai suoi diplomi, certificati e altri titoli nonché dalla sua esperienza professionale nel settore e, dall’altro, la qualificazione professionale richiesta dalla normativa nazionale per l’esercizio della professione corrispondente (v., da ultimo, sentenza 22 gennaio 2002, causa C-31/00, Dreessen, Racc. pag. I-663, punto 31).
22 Il suddetto obbligo si estende all’insieme dei diplomi, certificati ed altri titoli, nonché all’esperienza acquisita dall’interessato nel settore, indipendentemente dal fatto che siano stati conseguiti in uno Stato membro o in un paese terzo, e non cessa di esistere in conseguenza dell’adozione di direttive relative al reciproco riconoscimento dei diplomi (v. sentenza 14 settembre 2000, causa C-238/98, Hocsman, Racc. pag. I-6623, punti 23 e 31).
23 In tale contesto, la finalità principale di direttive come la 93/16 è di attuare regimi di riconoscimento automatico e incondizionato per un certo numero di diplomi, certificati e altri titoli.
24 Infatti, per quanto riguarda la professione medica, la direttiva 93/16 dispone che ogni Stato membro riconosce taluni diplomi, certificati e altri titoli rilasciati ai cittadini comunitari dagli altri Stati membri conformemente alle condizioni richieste da tale direttiva, attribuendo loro, sul proprio territorio, lo stesso effetto dei diplomi, certificati ed altri titoli da esso rilasciati per quanto concerne l’accesso alle attività del medico ed al loro esercizio.
25 Grazie all’effetto automatico e incondizionato che contraddistingue tali regimi di reciproco riconoscimento di diplomi nonché al fatto che essi consentono di sapere con precisione e anticipatamente se un determinato diploma dia accesso all’esercizio della professione corrispondente negli altri Stati membri, tali regimi, nella maggior parte dei casi, sono più vantaggiosi per gli interessati rispetto all’applicazione dei principi tratti dalla giurisprudenza menzionata ai punti 21 e 22 della presente sentenza. Tuttavia tale giurisprudenza conserva un certo interesse nelle situazioni non disciplinate dalle direttive dirette al reciproco riconoscimento dei diplomi (v. sentenza Hocsman, citata, punto 34).
26 In tale contesto generale, la direttiva 93/16 distingue tre casi per il riconoscimento dei diplomi, certificati e altri titoli di medici che siano cittadini comunitari e abbiano assolto una formazione medica specialistica.
27 Il primo caso riguarda i medici migranti in possesso di un diploma, di un certificato o di un altro titolo attestante una specializzazione medica che, da un lato, rientra tra le specializzazioni comuni a tutti gli Stati membri e, dall’altro, è elencata all’art. 5, n. 2, della direttiva 93/16. In forza dell’art. 4 di tale direttiva, il riconoscimento dei suddetti diplomi, certificati e altri titoli è automatico e incondizionato in tutti gli Stati membri.
28 Il secondo caso riguarda i medici migranti in possesso di un diploma, un certificato o un altro titolo che attesti una specializzazione medica non figurante tra le specializzazioni comuni a tutti gli Stati membri, ma elencata nella lista delle specializzazioni proprie di due o più Stati membri stabilita all’art. 7, n. 2, della direttiva 93/16. In forza dell’art. 6 di tale direttiva, il riconoscimento dei suddetti diplomi, certificati o altri titoli è automatico e incondizionato tra gli Stati membri interessati, ma esclusivamente tra questi ultimi.
29 Il terzo caso concerne il medico migrante che intenda esercitare una specializzazione medica in uno Stato membro e abbia seguito, in un altro Stato membro, una formazione medica sanzionata da un diploma, un certificato o un altro titolo che non consente l’accesso all’esercizio della specializzazione medica interessata nel primo Stato membro in forza dell’art. 4 o dell’art. 6 della direttiva 93/16. In un caso siffatto l’art. 8 di quest’ultima è diretto ad agevolare la libera circolazione del suddetto medico, consentendogli di completare, nello Stato membro ospitante e secondo la normativa nazionale di tale Stato membro, la formazione necessaria per l’esercizio della suddetta specializzazione medica.
30 L’art. 8 della direttiva 93/13 si applica quindi, anzitutto, alle specializzazioni mediche esistenti sia nello Stato membro ospitante sia in quello di origine o di provenienza ma che, per una qualche ragione, non sono state incluse nelle liste figuranti agli artt. 5 e 7 della suddetta direttiva.
31 In secondo luogo, l’art. 8 della direttiva 93/16 si applica alle formazioni specialistiche che, pur non essendo ritenute atte a creare una specializzazione medica nello Stato membro di origine o di provenienza, danno accesso, in tale Stato membro, all’esercizio di un’attività medica che, nello Stato membro ospitante, costituisce una specializzazione medica.
32 Una siffatta situazione esiste, ad esempio, per quanto riguarda la cardiologia che, pur costituendo una specializzazione medica nella maggior parte degli Stati membri, in alcuni altri è ritenuta una specializzazione nell’ambito della medicina interna, cosicché un diploma di «medico specialista in medicina interna – settore cardiologia» non può costituire l’oggetto del riconoscimento automatico e incondizionato previsto dagli artt. 4 e 6 della direttiva 93/16 (v., in tal senso, sentenza 14 settembre 2000, causa C-16/99, Erpelding, Racc. pag. I-6821, punto 27).
33 In terzo luogo l’art. 8 della direttiva 93/16 si applica se il medico migrante è in possesso di un diploma riguardante una specializzazione medica per la quale, nello Stato membro ospitante, non esiste una specializzazione corrispondente ma vi è una specializzazione affine, di modo che l’esercizio di quest’ultima nel suddetto Stato esige una previa formazione complementare.
34 L’art. 8 della direttiva 93/16 deve essere quindi interpretato nel senso che riguarda la situazione in cui un medico migrante sia in possesso di un diploma, di un certificato o di un altro titolo di formazione medica specialistica che non gode del sistema di riconoscimento automatico e incondizionato introdotto dalla direttiva 93/16, ma che è in grado di offrire a tale medico la possibilità di esercitare nel suo Stato membro di origine o di provenienza un’attività medica corrispondente in una certa misura, ma non in modo formale, alla specializzazione medica che egli intende esercitare nello Stato membro ospitante.
35 Il Regno di Spagna prende in considerazione la possibilità di una frode al suo sistema di accesso alla formazione medica specialistica qualora si interpretasse l’art. 8 della direttiva 93/16 nel senso che si applichi anche a medici migranti in possesso di un diploma, di un certificato o di un altro titolo di formazione medica specialistica attestante solo una formazione molto breve e tale da non consentire l’accesso all’esercizio di un’attività medica specialistica nello Stato membro di origine o di provenienza. Grazie ad una simile interpretazione i medici spagnoli potrebbero precisamente eludere il sistema del concorso per MIR seguendo semplicemente una formazione molto breve in un altro Stato membro.
36 La Commissione ammette che l’intento di impedire abusi di questa natura è legittimo. Essa afferma però che non è necessario né proporzionato assoggettare al concorso per MIR i medici migranti in possesso di una formazione medica specialistica completa nello Stato membro di origine o di provenienza.
37 A tale proposito, dalle osservazioni sottoposte alla Corte emerge che il Regno di Spagna impone il concorso per MIR, in linea di principio, a tutti i medici migranti al pari dei medici che desiderino intraprendere per la prima volta una formazione al fine di conseguire un diploma, un certificato o un altro titolo di medico specialista. Il fatto che le autorità spagnole dispensino in sostanza dal suddetto concorso coloro che dimostrano di aver superato con successo un procedimento di selezione analogo nel proprio Stato membro di origine o di provenienza si limita a confermare l’esistenza di una norma secondo cui la partecipazione a tale concorso è in linea di principio obbligatoria per tutti i medici migranti.
38 Inoltre, il governo spagnolo non contesta l’affermazione della Commissione in base alla quale il modo in cui il concorso per MIR è organizzato non fornisce al medico migrante la garanzia di poter accedere alla formazione complementare nella specializzazione medica considerata.
39 E’ vero che, nei casi in cui si applica l’art. 8 della direttiva 93/16, lo Stato membro ospitante può, in linea di principio, subordinare il rilascio del diploma richiesto dal medico migrante al perfezionamento di una formazione complementare. Tuttavia dal n. 3 di tale articolo emerge che la suddetta formazione complementare può riguardare solo ambiti che, secondo la normativa nazionale dello Stato membro ospitante, non siano già disciplinati dai diplomi, certificati e altri titoli di formazione in possesso del medico migrante.
40 Non è pertanto lecito allo Stato membro ospitante né includere altri ambiti nella formazione complementare che impone al medico migrante né assoggettare quest’ultimo alle medesime condizioni di accesso richieste a un medico che desideri intraprendere per la prima volta una formazione al fine di conseguire un diploma, un certificato o un altro titolo di medico specialista.
41 Alla luce di quanto precede, si deve dichiarare che il Regno di Spagna non ha trasposto correttamente l’art. 8 della direttiva 93/16 e che la prima censura della Commissione è quindi fondata.
Sulla seconda censura, relativa alla mancata trasposizione dell’art. 18 della direttiva 93/16
Argomenti delle parti
42 Con la seconda censura la Commissione sostiene che il Regno di Spagna ha omesso di trasporre l’art. 18 della direttiva 93/16 anche se questo sarebbe stato necessario.
43 Essa afferma che dall’art. 5 del regio decreto 20 gennaio 1995, n. 63, risulta che solo le prestazioni effettuate dal personale del sistema sanitario nazionale spagnolo beneficiano di un accollo da parte della previdenza sociale «con riserva delle disposizioni delle convenzioni internazionali». La normativa spagnola non preciserebbe se tale nozione di «convenzioni internazionali» includa il Trattato e, in tal caso, in quale modo una prestazione di servizi isolata svolta in Spagna da un medico stabilito in un altro Stato membro possa essere oggetto di un accollo da parte degli organismi della previdenza sociale spagnola. Allo stato attuale della suddetta normativa i medici stabiliti in altri Stati membri, fatta eccezione per situazioni d’urgenza, non potrebbero effettuare in Spagna una prestazione di servizi che dia luogo a rimborso.
44 Il governo spagnolo osserva che l’art. 18 della direttiva 93/16 non è stato trasposto perché, in base al tenore letterale del suddetto articolo, gli Stati membri sono tenuti a incorporare tale disposizione nel proprio ordinamento interno solo quando sia imposta l’iscrizione ad un ente pubblico di previdenza sociale nello Stato membro ospitante come presupposto per la retribuzione, da parte di un ente assicurativo, di attività esercitate a favore di assicurati sociali. Orbene in Spagna una siffatta iscrizione non sarebbe richiesta. Di conseguenza non sarebbe necessario dispensarne i cittadini di altri Stati membri.
45 Il convenuto sostiene inoltre che la Commissione confonde il diritto alla libera prestazione dei servizi di cui beneficiano in Spagna i medici cittadini di altri Stati membri e i diritti degli affiliati della previdenza sociale spagnola. Afferma che, se questi ultimi ricorrono al sistema sanitario nazionale, le cure saranno integralmente a carico della previdenza sociale. Se invece preferissero essere sottoposti a trattamenti sanitari al di fuori di tale sistema, dovrebbero sostenere essi stessi il costo delle cure ricevute, senza intervento alcuno da parte della previdenza sociale. L’unico caso di rimborso delle spese riguarderebbe i costi relativi all’assistenza medica urgente prestata al di fuori del sistema sanitario nazionale, previo accertamento dell’impossibilità di un tempestivo ricorso ai servizi di tale sistema e del fatto che la suddetta assistenza non costituisca un uso distorto o abusivo dell’eccezione di cui trattasi.
Giudizio della Corte
46 L’art. 18 della direttiva 93/16 fa parte della sezione B, intitolata «Disposizioni particolari relative alla prestazione di servizi», di cui al capitolo VI, quest’ultimo intitolato «Disposizioni destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di medico».
47 I due articoli figuranti in tale sezione dispensano i cittadini degli Stati membri, in caso di prestazioni di servizi medici in un altro Stato membro, da taluni obblighi che quest’ultimo eventualmente contempli per i medici in esso stabiliti.
48 L’art. 17 della direttiva 93/16, infatti, dispensa in linea di principio tali professionisti dall’obbligo di vantare un’autorizzazione, o un’iscrizione o l’appartenenza ad un’associazione o ad un organismo professionale, per l’accesso ad una delle attività di medico o per il suo esercizio nello Stato membro di prestazione di servizi.
49 La finalità di tale norma è illustrata al dodicesimo considerando della direttiva 93/16, secondo cui, in caso di prestazione di servizi, occorre eliminare l’obbligo dell’iscrizione o dell’appartenenza ad associazioni od a organismi professionali, connessa al carattere stabile e permanente dell’attività esercitata nello Stato membro, poiché un siffatto obbligo costituirebbe incontestabilmente una remora per il prestatore, dato il carattere temporaneo della sua attività.
50 Lo stesso considerando aggiunge che, al fine di assicurare in siffatte situazioni il controllo della disciplina professionale di competenza delle suddette associazioni o di tali organismi professionali, è necessario prevedere la possibilità di imporre al beneficiario l’obbligo di notificare la prestazione di servizi all’autorità competente dello Stato membro ospitante.
51 Per quanto riguarda l’art. 18 della direttiva 93/16, quest’ultimo dispensa i cittadini degli Stati membri stabiliti in un altro Stato membro, in caso di prestazioni di servizi che comportino lo spostamento del beneficiario, da un altro obbligo eventualmente sancito dal diritto interno dello Stato membro in cui si effettua la prestazione di servizi, vale a dire quello di essere iscritti ad un ente pubblico di previdenza sociale perché, in tale Stato, le attività esercitate a favore di assicurati sociali possano essere retribuite da un ente assicurativo.
52 Invece, né l’art. 18 della direttiva 93/16 né alcun’altra disposizione di quest’ultima mirano ad eliminare tutti gli ostacoli che potrebbero esistere negli Stati membri in merito al rimborso di prestazioni mediche da parte di un ente assicurativo al quale il medico stabilito in un altro Stato membro non è iscritto.
53 Come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 101 delle conclusioni, questo eccederebbe l’ambito di una direttiva di reciproco riconoscimento dei diplomi e non sarebbe nemmeno conforme al ventiduesimo considerando della direttiva 93/16, dal quale emerge che quest’ultima non pregiudica la competenza degli Stati membri di organizzare il loro regime nazionale di previdenza sociale.
54 Ogni constatazione di un inadempimento dell’obbligo di trasporre l’art. 18 della direttiva 93/16 presuppone quindi, da un lato, che il diritto nazionale esiga l’iscrizione ad un ente pubblico di previdenza sociale perchè vengano retribuite da un ente assicurativo le attività esercitate a favore di assicurati sociali e, dall’altro, che lo Stato membro interessato non abbia dispensato da tale obbligo i cittadini comunitari stabiliti in un altro Stato membro in caso di prestazioni di servizi che comportino lo spostamento del beneficiario.
55 Orbene, nella fattispecie, la Commissione non ha confutato l’argomento del governo spagnolo secondo cui una siffatta iscrizione non sarebbe necessaria in Spagna. L’argomento della Commissione dinanzi alla Corte era essenzialmente incentrato sulla problematica del rimborso da parte del sistema sanitario spagnolo delle prestazioni mediche rese in Spagna da medici stabiliti in un altro Stato membro.
56 Tale problematica deve essere pertanto distinta dalla questione su quale sia l’iscrizione da cui tali medici sono dispensati grazie all’art. 18 della direttiva 93/16. Essa travalica, come è stato osservato al punto 53 di questa sentenza, l’ambito del recepimento della suddetta direttiva e, pertanto, del presente ricorso per inadempimento concernente la trasposizione non corretta di una direttiva.
57 Alla luce di quanto sopra, la fondatezza della seconda censura non è stata provata e pertanto la stessa deve essere respinta.
Sulle spese
58 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi del n. 3, primo comma, dello stesso articolo, la Corte può compensare le spese o decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi. Poiché la Commissione e il Regno di Spagna sono risultati parzialmente soccombenti, occorre statuire che ciascuna parte sopporterà le proprie spese.
Per questi motivi,
LA CORTE (Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il Regno di Spagna, avendo omesso di trasporre correttamente, entro il termine stabilito, l’art. 8 della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/16/CEE, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli, è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono ai sensi delle disposizioni della suddetta direttiva.
2) Per il resto il ricorso è respinto.
3) La Commissione delle Comunità europee e il Regno di Spagna sopporteranno le proprie spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 maggio 2002.