(omissis)
Sentenza
1 Con sentenza 4 luglio 1986, pervenuta in cancelleria il 18 agosto 1986, il tribunal de grande instance di Lilla ha sottoposto, a norma dell’art. 177 del trattato CEE, una questione pregiudiziale relativa all’interpretazione dell’art. 48 del trattato CEE.
2 Tale questione è sorta nell’ambito di un procedimento penale su citazione diretta da parte dell’Union nationale des entraineurs et cadres techniques professionnels de football contro il sig. (omissis), allenatore di calcio, e contro i sigg. (omissis), (omissis) e (omissis), dirigenti della société anonyme d’économie mixte «Lille olympic sporting club», per aver contravvenuto, rispettivamente in qualità di autore e di complici, alle disposizioni della legge francese 16 luglio 1984, n. 84-610, relativa all’organizzazione ed alla promozione delle attività fisiche e sportive QORF 17.7.1984), e all’art. 259 del codice penale francese, relativo all’usurpazione di titoli.
3 Dal fascicolo risulta che in Francia l’accesso alla professione di allenatore di calcio è sottoposto al possesso di un diploma nazionale di allenatore di calcio o di un diploma straniero riconosciuto equivalente con decisione del m·embro del governo competente sentito il parere di una commissione speciale.
4 L’imputato su citazione diretta nella causa principale, sig. (omissis), è un cittadino belga titolare di un diploma belga di allenatore di calcio, che è stato assunto dal «Lille olympic sporting club» come allenatore della squadra professionistica di calcio di tale club. La domanda di riconoscimento di equivalenza del diploma belga veniva respinta con una decisione del membro del governo competente, che rinviava, come motivazione, ad un parere sfavorevole della commissione speciale, anch’esso non motivato. Poiché il sig. (omissis) aveva continuato a svolgere la sua professione, il sindacato di categoria degli allenatori di calcio lo citava, unitamente ai dirigenti della società che l’avevano assunto, dinanzi al tribunale penale di Lilla.
5 Avendo dubbi sulla compatibilità della normativa francese con le norme sulla libera circolazione dei lavoratori, il tribunal de grande instance di Lilla ( ottava sezione penale) sospendeva il procedimento finché la Corte di giustizia si fosse pronunziata in via pregiudiziale sulla seguente questione:
«Se il fatto di porre come requisito per esercitare l’attività retribuita di allenatore di una compagine sportiva (art. 43 della legge 16 luglio 1984) il possesso di un diploma francese o di un diploma straniero riconosciuto equivalente da una commissione che decide con parere non motivato, e avverso il quale non è contemplato nessun specifico gravame, costituisca, in mancanza di una direttiva che si applichi a detta attività, una limitazione della libera circolazione dei lavoratori di cui agli artt. 48 e 51 del trattato CEE».
6 Per una più ampia esposizione degli antefatti, dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni presentate a norma dell’art. 20 sul protocollo dello statuto (CEE) della Corte di giustizia, si rinvia alla relazione d’udienza. Questi elementi del fascicolo saranno riportati in prosieguo solo nella misura necessaria alle deduzioni della Corte.
7 La questione posta dal giudice nazionale riguarda in sostanza il problema se, qualora in uno Stato membro l’accesso ad un’attività lavorativa dipendente sia subordinato al possesso di un diploma nazionale o di un diploma straniero riconosciuto equivalente, il principio della libera circolazione dei lavoratori sancito dall’art. 48 del trattato richieda che avverso la decisione, con cui si rifiuta ad un lavoratore cittadino di un altro Stato membro il riconoscimento dell’equivalenza del diploma rilasciato dallo Stato membro di cui egli è cittadino, possa proporsi un ricorso giurisdizionale e che tale decisione debba essere motivata.
8 Per risolvere tale questione, bisogna far presente che l’art. 48 del trattato attua, per quanto riguarda i lavoratori, un principio fondamentale sancito all’art. 3, lett. c), del trattato, secondo cui, ai fini enunciati all’art. 2, l’azione della Comunità importa l’eliminazione, tra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle persone e dei servizi (cfr. sentenza 7 luglio 1976, causa 118/75, Watson, Racc. 1976, pag. 1185).
9 In applicazione del principio generale del divieto di discriminazione in base alla nazionalità enunciato all’art. 7 del trattato, l’art. 48 si propone di eliminare nelle legislazioni degli Stati membri le disposizioni che, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro, impongano al cittadino di uno Stato membro un trattamento più rigido o lo pongano in una situazione di diritto o di fatto svantaggiosa rispetto a quella in cui si troverebbe, nelle stesse circostanze, un cittadino nazionale (cfr. sentenza 28 marzo 1979, causa 175/78, Saunders, Racc. 1979, pag. 1129).
10 In mancanza di armonizzazione delle condizioni di accesso ad una professione, gli Stati membri possono definire le conoscenze e le qualifiche necessarie all’esercizio di tale professione e richiedere la presentazione di un diploma che attesti il possesso di queste conoscenze e di queste qualifiche.
11 La richiesta legittima, nei diversi Stati membri, in ordine al possesso di determinati diplomi per l’accesso a talune professioni, costituisce tuttavia, come la Corte ha dichiarato nella sentenza 28 giugno 1977 (causa 11 /77, Richard Hugh Patrick, Racc. 1977, pag. 1199), un ostacolo all’effettivo esercizio della libertà garantita dal trattato e la cui eliminazione dev’essere agevolata da direttive intese al reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli. Come la Corte ha dichiarato in questa stessa sentenza, la circostanza che tali direttive non siano ancora state emanate non autorizza uno Stato membro ad impedire il godimento effettivo di tale libertà a chi rientra nella sfera d’applicazione del diritto comunitario, quando tale libertà possa essere garantita in tale Stato membro, in particolare in quanto le sue disposizioni legislative e regolamentari consentono il riconoscimento di diplomi stranieri equivalenti.
12 Poiché la libera circolazione dei lavoratori costituisce uno degli obiettivi fondamentali del trattato, l’obbligo di assicurare la libera circolazione in forza delle disposizioni nazionali legislative e regolamentari esistenti deriva, come la Corte ha dichiarato nella sentenza 28 aprile 1977 (causa 71/76, Thieffry, Racc. 1977, pag. 765), dall’art. 5 del trattato a norma del quale gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure di carattere generale o particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal trattato e ad astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del trattato.
13 Dovendo conciliare il requ1s1to relativo al possesso delle qualifiche richieste per l’esercizio di una determinata professione con gli imperativi della libera circolazione dei lavoratori, la procedura di riconoscimento di equivalenza deve consentire alle autorità nazionali di assicurarsi obiettivamente che il diploma straniero attesti da parte del suo titolare il possesso di conoscenze e di qualifiche, se non identiche, quanto meno equivalenti a quelle attestate dal diploma nazionale. Tale valutazione dell’equivalenza del diploma straniero deve effettuarsi esclusivamente in considerazione del livello delle conoscenze e delle qualifiche che questo diploma, tenuto conto della natura e della durata degli studi e della formazione pratica di cui attesta il compimento, consente di presumere in possesso del titolare.
14 Poiché il libero accesso all’impiego costituisce un diritto fondamentale conferito dal trattato individualmente a qualsiasi lavoratore della Comunità, l’esistenza di un rimedio di natura giurisdizionale contro qualsiasi decisione di un’autorità nazionale con cui viene rifiutato il beneficio di questo diritto è essenziale per assicurare al singolo la tutela effettiva del suo diritto. Come la Corte ha dichiarato nella sentenza 15 maggio 1986 (causa 222/84, Johnston, Racc. 1986, pagg. 1651, 1663) tale esigenza costituisce un principio generale di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato sancito negli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
15 L’efficacia del sindacato giurisdizionale, che deve poter riguardare la legittimità della motivazione della decisione impugnata, comporta, in via generale, che il giudice adito possa richiedere all’autorità competente la comunicazione di tale motivazione. Ma, trattandosi più specificamente, come nella fattispecie, di assicurare la tutela effettiva di un diritto fondamentale attribuito dal trattato ai lavoratori della Comunità, bisogna anche che questi ultimi possano difendere tale diritto nelle migliori condizioni possibili e che ad essi sia riconosciuta la facoltà di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice. Ne deriva che in una tale ipotesi l’autorità nazionale competente ha l’obbligo di fare loro conoscere i motivi sui quali è basato il suo rifiuto, vuoi nella decisione stessa, vuoi in una comunicazione successiva effettuata su loro richiesta.
16 Queste esigenze del diritto comunitario, cioè l’esistenza di un rimedio giurisdizionale e l’obbligo di motivazione, riguardano tuttavia, tenuto conto della loro finalità, solo le decisioni definitive che rifiutano il riconoscimento dell’equivalenza e non pareri o altri atti che intervengono nella fase preparatoria ed istruttoria.
17 Di conseguenza, bisogna risolvere la questione posta dal tribunal de grande instance di Lilla nel senso che, qualora in uno Stato membro l’accesso ad un’attività lavorativa dipendente sia subordinato al possesso di un diploma nazionale o di un diploma straniero riconosciuto equivalente, il principio della libera circolazione dei lavoratori sancito dall’art. 48 del trattato richiede che la decisione con cui si rifiuta ad un lavoratore cittadino di un altro Stato membro il riconoscimento dell’equivalenza del diploma rilasciato dallo Stato membro di cui egli è cittadino sia soggetta ad un gravame di natura giurisdizionale che consenta di verificare la sua legittimità rispetto al diritto comunitario e che l’interessato possa venire a conoscenza dei motivi che stanno alla base della decisione.
Sulle spese
18 Le spese sostenute dal governo della Repubblica francese, dal governo del Regno di Danimarca e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunziandosi sulle questioni ad essa sottoposte dal tribuna! de grande instance di Lilla con sentenza 4 luglio 1986, dichiara:
Qualora in uno Stato membro l’accesso ad un’attività lavorativa dipendente sia subordinato al possesso di un diploma nazionale o di un diploma straniero riconosciuto equivalente, il principio della libera circolazione dei lavoratori sancito dall’art. 48 del trattato richiede che la decisione, con cui si rifiuta ad un lavoratore cittadino di un altro Stato membro il riconoscimento dell’equivalenza del diploma rilasciato dallo Stato membro di cui egli è cittadino, sia soggetta ad un gravame di natura giurisdizionale che consenta di verificare la sua legittimità rispetto al diritto comunitario e che l’interessato possa venire a conoscenza dei motivi alla base della decisione.
Così deciso e pronunziato a Lussemburgo, il 15 ottobre 1987.
