SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1 IL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO
1. B.S. e A.M. contraevano matrimonio concordatario in data 30.08.2023 dalla cui unione nascevano le figlie S. (nata il (omissis) – quasi maggiorenne) e N. (nata il (omissis) – 15 anni).
2. In data 26.02.2024 A.M. proponeva ricorso per chiedere la separazione giudiziale dei coniugi e la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
3. B.S., assistita dall’A.d.s. A.A., si costituiva in giudizio in data 22.04.2024.
4. Il Tribunale di Busto Arsizio dopo aver provveduto all’audizione delle minori S. e N., in via parzialmente definitiva, così disponeva: “(…)1) Pronuncia la separazione personale tra i coniugi; 2) Affida le minori S. e N. in modo esclusivo al padre per le scelte scolastiche, sanitarie, ludico-sportive e relative al rilascio dei documenti anche validi per l’espatrio, con facoltà per la madre di incontrarle secondo quanto statuito in motivazione; 3)Pone a carico della resistente un contributo al mantenimento delle minori di complessivi € 300, oltre la rivalutazione annua ISTAT ed oltre il 40% delle spese straordinarie secondo il protocollo della Corte di Appello di Milano; 4) Attribuisce al ricorrente il 100% dell’assegno unico; 5) Nulla dispone in ordine all’assegnazione della casa coniugale; 6) Rigetta la domanda della convenuta diretta a conseguire il riconoscimento di un contributo al suo mantenimento; 7) Dichiara inammissibili le domande non connesse; 8) Rimette la regolamentazione delle spese di lite alla fase del divorzio, confermando il rinvio disposto dal Giudice delegato; 9) Ordina l’annotazione della presente sentenza a margine dell’atto di matrimonio;10) Dispone la trasmissione della sentenza ai Servizi Sociali del Comune di (omissis) (…)”. Il primo giudice dopo aver considerato le condizioni di salute della B. (come rappresentate nella relazione medica dell’8.01.2024) e l’assenza di un rapporto tra la madre e le minori ha motivato l’affidamento esclusivo delle minori al padre evidenziando che “allo stato la B. non sia in grado di concorrere in modo adeguato alla gestione delle minori se non appoggiandosi ai suoi familiari, che tuttavia, intrattengono pessimi rapporti con il ricorrente, come risulta evidente sia dall’esistenza di contenziosi giudiziari tra loro, sia dalla ferma dichiarazione delle ragazze di voler riprendere i rapporti con la madre solo a condizione che ai loro incontri non presenzino la nonna e lo zio. Per quanto concerne le modalità di esercizio delle visite materne, tenuto conto delle condizioni di salute della B. e della volontà delle minori, appare opportuno rimettere la regolamentazione delle stesse ad accordi diretti tra la B. e le figlie, con la precisazione che agli incontri non dovranno presenziare i parenti materni; nel contempo, deve attribuirsi ai Servizi Sociali del Comune di (omissis) il compito di monitorare il nucleo familiare, provvedendo a verificare l’effettivo ripristino degli incontri relazionando entro il 30/11/2024, previa interlocuzione con la convenuta e le figlie”.
1.2 IL PROCEDIMENTO DI SECONDO GRADO
1. Avverso la suindicata sentenza, B.S. ha proposto appello in data 21.06.2024.
Preliminarmente, l’appellante ha rappresentato che in data 30.9.2020, è stata colta da grave malore e, per questo motivo, era stata ricoverata presso l’Ospedale di Legnano con diagnosi di “Quadro di tetraemoventricolo in aneurisma dell’arteria cerebrale media di sinistra)”; che l’11.3.2021 faceva rientro presso la casa coniugale dove da quel momento veniva assistita dalla madre, la sig.ra M.C.A.; che a fine giugno 2021 il sig. A. accompagnava la moglie a casa della mamma dell’appellante e da allora si disinteressava totalmente della stessa; che dalla seconda metà dell’anno 2022 anche le figlie S. e N. non si recavano a fare visita alla madre e, progressivamente, riducevano i contatti con la stessa fino al totale disinteresse per il suo stato di salute; che da agosto 2022 l’A. vive insieme alle figlie presso l’abitazione della sua attuale compagna e che, dato il proprio stato di salute, la stessa non può reperire un’attività lavorativa.
L’appellante ha altresì riferito che dagli estratti del conto corrente dell’anno 2023 dell’A., quest’ultimo non risulta produrre reddito nonostante lavori come procacciatore d’affari per la soc. (omissis) s.r.l. con sede a Cusano Milanino; che da agosto 2023 l’appellato non paga il 50% della rata del mutuo fondiario cointestato, cui provvede integralmente la stessa e per cui, ad oggi, vanta un credito di € 5.236,71; che l’A. è inadempiente anche riguardo al rimborso del contratto di finanziamento CA BANK Auto S.p.A. n. (omissis) per l’acquisto dell’autovettura Fiat 500 X tg. (omissis) e per cui, in data 27.4.2024, è stato intimato al pagamento della somma di € 14.708,36; che nel periodo dall’1.10.2020 all’1.2.2022, quando ella era ricoverata in ospedale e non era in grado di effettuare alcuna operazione bancaria né di altra natura, il sig. A. ha operato sul conto corrente BPER Banca n. (omissis) intestato alla stessa, prelevando somme ed effettuando pagamenti utilizzando la carta bancomat n. (omissis) e la carta di credito Mastercard n. (omissis) intestate all’odierna appellante, nonché disposto bonifici ed effettuato prelievi per cassa per complessivi € 31.479,42, sostenendo che tali somme siano state prelevate per soddisfare bisogni della moglie ma dall’esame degli estratti di conto corrente di controparte dell’anno 2021 risultano essere stati effettuati un bonifico di € 500,00 in data 9.3.2021, un giroconto di € 2.000,00 in data 28.09.2021 dal c.c. della sig.ra B. Parte appellante ha censurato sentenza del primo giudice articolando i seguenti motivi:
1) Sull’affidamento esclusivo (in realtà super esclusivo) in favore del padre
Parte appellante ha censurato la decisione del primo giudice nella parte in cui ha affidato le figlie S. e N. al padre poiché tale statuizione è riconducibile ad un affidamento c.d. “super esclusivo”. A causa di tale statuizione, la madre è stata estromessa dalle decisioni concernenti la vita delle figlie per la sola colpa di aver patito un gravissimo problema di salute che la obbliga ad un percorso di riabilitazione. Ha precisato che quanto statuito dal Tribunale di Busto Arsizio sembra basarsi sulle dichiarazioni rese dalle minori in sede di audizione (in particolare da N.) che hanno riferito di non vedere la madre da un anno e mezzo, imputandole la responsabilità di tale situazione, nello specifico, la ragazza ha riferito che “ i rapporti si sono troncati del tutto perché non mi ha fatto neppure gli auguri di Natale, né del compleanno (idem per mia sorella), per cui non ho risposto ad un messaggio di febbraio in cui mia madre parlava della scuola”. Per parte appellante, N. non avrebbe riportato i fatti nella maniera corretta, visto che non più tardi del 31.12.2023 la ragazza ha scritto “Auguri mamma ti voglio tanto bene” ed ella le ha risposto “Grazie ti voglio tanto bene e mi manchi da morire” (v. doc.52). Per questa ragione, è erroneo ricondurre l’interruzione dei contatti telefonici ad una presunta dimenticanza degli auguri di compleanno/Natale ma tale interruzione deve più probabilmente risalire a questioni legate all’andamento scolastico. Infatti, emerge dal verbale delle dichiarazioni rese da N. che quest’ultima non ha risposto “ad un messaggio di febbraio (2024) in cui mia madre parlava della scuola”, che recitava testualmente: “Ciao tesoro, la scuola mi mandato un avviso del tuo rendimento cosa succede? Se hai bisogno di qualsiasi cosa ricorda io ci sono sempre” (v. doc.52).
L’appellante ha insistito in merito alla circostanza per cui dai contenuti dell’audizione di N. e del messaggio WhatsApp (del 15.02.2024) è emerso che N. non ha risposto alla richiesta di spiegazioni della mamma sull’andamento scolastico e che l’A. non ha informato la moglie circa l’andamento scolastico della figlia. Nonostante la mancanza di aggiornamenti dalla figlia e dal coniuge, in data 29.02.2024 la B., accompagnata dall’A.d.s., si è recata al colloquio con i professori di N. Il disinteresse dell’appellato e della figlia sull’andamento scolastico giustifica le perplessità della stessa sulla idoneità dell’affidamento esclusivo, ma di fatto super esclusivo, disposto dal Tribunale di Busto Arsizio in favore del padre quale soluzione più appropriata nell’interesse delle figlie. Per di più, la B. ha censurato l’impugnata sentenza per aver motivato la propria decisione in punto di affidamento esclusivo delle figlie in ragione delle condizioni psico-fisiche della stessa e dell’esistenza di contenziosi tra parte appellata ed i propri familiari. Ha aggiunto che l’interruzione dei rapporti madre-minori non può essere ricondotta al deterioramento dei rapporti delle ragazze con la nonna materna, la quale ha più volte ribadito di essere disposta a non essere presente in occasione degli incontri madre/figlie.
2) Sulla capacità reddituale dei coniugi
Con il secondo motivo di gravame, la B. ha rappresentato la mancata considerazione da parte del Tribunale delle evidenti anomalie della situazione reddituale del sig. A. che non sono stati approfonditi mediante gli strumenti previsti ai sensi dell’art. 473 bis 2 c.p.c. In particolare ha rimarcato che il giudice di prime cure non ha attenzionato: l’assenza di qualsiasi accredito da reddito di lavoro in capo all’A. e che nel reddito della stessa non è riportata l’indennità di accompagnamento, come risulta dal Mod. 730/2024 presentato in data 3/6/2024, nel quale è evidenziato un reddito lordo di € 14.132,00 (v. doc.53).
3) Sulla misura del contributo al mantenimento delle figlie
Quanto a tale motivo di censura, ella ha rappresentato di non essere in grado di produrre reddito da lavoro a causa delle proprie condizioni di salute. Ha evidenziato che il Tribunale non ha tenuto conto che l’appellato non ha provveduto al pagamento (da ormai 11 mesi) al pagamento della propria quota di rata di mutuo per cui la sig.ra B. è costretta a provvedere al versamento dell’intera rata mensile del mutuo per un importo tra i 740/00 e i 760,00 euro circa mensili e non € 500,00 come erroneamente riportato in sentenza. Per queste ragioni, ha insistito per la rideterminazione del contributo mensile al mantenimento delle figlie a carico della sig.ra B. in misura non superiore a € 200,00.
4) Sul mancato riconoscimento del contributo al mantenimento della sig.ra B.
Da ultimo, ha censurato il provvedimento impugnato per non aver previsto un contributo al proprio mantenimento da parte dell’A. Ha ricordato che, a causa delle proprie condizioni di salute, non è in grado di produrre reddito da lavoro a causa della gravissima patologia che l’ha colpita in data; l’indennità di accompagnamento dalla stessa percepita è pari a euro 500,00 e non è annoverabile quale reddito ma costituisce un emolumento compensativo della condizione di disabilità (e delle spese che tale stato di disabilità comporta); che parte appellata è abile a lavoro; che la convivenza della stessa con la propria madre, percettrice di un reddito pensionistico, non può avere il fine di escludere la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento del contributo al suo mantenimento; che da agosto 2022 parte appellata convive con la sua nuova compagna presso l’abitazione di quest’ultima e che da agosto 2023 la sig.ra B. provvede al pagamento dell’intera rata del mutuo fondiario. Per tali ragioni, ella dovrebbe essere destinataria di un assegno mensile di contributo per il suo mantenimento da porre a carico del sig. A., nella somma di € 400,00.
2. In data 27.9.2024 si è costituito in giudizio A.M., il quale ha chiesto il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata. In particolare, egli ha contestato quanto affermato da controparte riguardo al mancato pagamento della rata del mutuo per l’acquisto della casa familiare, sottolineando che tale rata viene addebitata sul proprio conto corrente; che quanto all’auto FIAT 500X, lo stesso non ha ricevuto alcuna raccomandata con cui si richiedeva il pagamento integrale del debito residuo; che riguardo alle somme giacenti sul conto BPER Banca intestato alla B., ha ribadito ribadisce che il Tribunale Penale di Busto Arsizio ha pronunciato ordinanza di assoluzione “perché il fatto non sussiste” (v.doc.05 fascicolo di primo grado).Ha riferito che avanti alla Procura del Tribunale di Busto Arsizio pende il procedimento penale n. 1222/2023, con udienza al 29.11.2024 avanti al Giudice di Pace di Legnano che vede imputato anche il sig. D.A. (figlio dell’Amministratore di Sostegno della sig.ra B.) per lesioni personali subite anche dalla minore N. A. (v. doc.11). Quanto all’affidamento esclusivo delle minori al padre, ha ricordato che le ragazze hanno interrotto i rapporti con la madre a seguito di un acceso litigio con la nonna materna, presso cui ora vive la B.; che il rapporto madre-figlie è oggi inesistente; che N. e S. vivono con il padre che provvede interamente alle necessità delle minori; che il primo giudice, dato le condizioni di salute della madre (la quale non è in grado di scrivere parole diverse dal proprio nome e cognome, non riesce a scrivere messaggi con il cellulare, né formulare frasi ed esprimersi verbalmente in modo comprensibile), ha correttamente previsto l’affidamento esclusivo delle minori al padre come maggiormente conforme all’interesse delle minori ragazze. Ha aggiunto che il Tribunale di Busto Arsizio ha incaricato i Servizi Sociali di (omissis) di monitorare il nucleo familiare, provvedendo a verificare la possibilità di una ricostruzione del rapporto madre-figlie e l’effettivo ripristino degli incontri (da tenersi alla presenza della sola sig.ra B.). Il giorno 19.09.2024, N. e S. si sono recate presso il Servizio Minori e Famiglia di (omissis) ed hanno avuto un primo colloquio con le operatrici ed entro il 30.11.2024 i Servizi dovrebbero ricevere anche la sig.ra B. e tentare di farla incontrare con N. e S. Quanto alla propria capacità reddituale, ha dichiarato di essere un procacciatore di affari per la società (omissis) S.r.l. che si occupa della fornitura di carni ai ristoranti, è un lavoratore autonomo e viene pagato a provvigioni. Ha aggiunto che “(…) al di là delle disquisizioni sulla natura giuridica dell’indennità di accompagnamento di € 500,00 mensili netti (percepita dalla sig.ra B. e mensilmente bonificata dall’Amministratore di Sostegno A. A. alla sorella M.C. A., madre della sig.ra B.), ella percepisce da INPS, a titolo di pensione di invalidità, una somma netta mensile compresa tra € 1.450,00 e € 2.777,24 – doc.32,33 fasc.1° grado sig.ra B.). Vive con la madre, sig.ra M.C.A., percettrice a sua volta di un trattamento pensionistico e di aiuti al reddito. Attualmente, lo ribadiamo, il mutuo acceso per l’acquisto dell’abitazione coniugale sita in (omissis), Corso (omissis), viene onorato da entrambi i coniugi in parti uguali. È comunque volontà di entrambi i coniugi-comproprietari mettere in vendita l’abitazione coniugale (di cui, infatti, il sig. A. non ha chiesto l’assegnazione) e, con il ricavato, estinguere il mutuo residuo (…)”.Parte appellata ha riferito altresì che da marzo 2022 fino al deposito della sentenza impugnata, la B., tramite l’Amministratore di Sostegno, ha contribuito al mantenimento delle figlie versando la somma di € 100 mensili (€ 50 a figlia) e non rimborsando le spese straordinarie che vengono affrontate interamente dallo stesso. Da ultimo, in merito alla richiesta del riconoscimento ha ribadito che la stessa è titolare di una propria pensione di invalidità, che vive con la madre (la quale percepisce una propria pensione) in un appartamento condotto in locazione con canone agevolato e gode di sostegni per il reddito; che riceve l’accompagnamento INPS ed è esente da spese sanitarie.
3. In data 10.10.2024 parte appellante ha depositato note scritte con le quali si è riportata alle proprie conclusioni.
4. Con parere depositato il 16.10.2024 il PG, nella persona della dott.ssa Maria Vittoria Mazza, ha chiesto la conferma del provvedimento impugnato.
5. In data 18.10.2024 parte appellata ha depositato note scritte in sostituzione dell’udienza.
6. All’udienza del 31.10.2024, svoltasi mediante note di trattazione scritta in sostituzione dell’udienza, come da decreto presidenziale del 8.07.2024, la Corte ha trattenuto la causa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1 La legittimazione dell’appellante
È fondata l’eccezione avanzata dall’ appellato in merito alla carenza di legittimazione attiva della appellata in quanto l’amministratore di sostegno che la rappresenta è privo di autorizzazione ai sensi dell’art 375 cc. E’ vero che risulta in atti (doc.10 del 15.11.22 che nella parte motiva fa riferimento ad questioni afferenti il muto relativo all’abitazione familiare, alle condizioni di salute della B. anche a seguito di ricovero al Pronto Soccorso il 30.9.20 che necessità di assistenza continua, alla relazione extra coniugale del marito) la richiesta formulata dall’amministratore di sostegno al giudice tutelare di autorizzazione” a difendere e rappresentare la propria assistita “ in un procedimento definito di “separazione”(con allegata richiesta di indicazione delle modalità di determinazione delle competenze professionali ai sensi del DM 55/14). E altrettanto pacifico, tuttavia, che detta autorizzazione è stata fornita (doc.11 ) in data 9.1.23,come si legge testualmente, in relazione a un non meglio individuato “PROCEDIMENTO IN ATTO”. Tuttavia la domanda introduttiva del presente giudizio è successiva in quanto il ricorso è stato depositato in data 22.6.24, sicché la autorizzazione in questione, circoscritta specificatamente ad un giudizio pendente, non può riferirsi al procedimento de quo avente per di più un oggetto diverso. Infatti la domanda per cui si procede concerne un giudizio ex art 473 bis 49 cpc che prevede il cumulo di separazione e divorzio ed è quindi manifestamente esorbitante il contenuto della autorizzazione richiesta con riferimento ad un non altrimenti chiarito giudizio di separazione.
Nella specie la questione va inquadrata alla stregua della natura della domanda ex art 473 bis -49 cpc che contempla un contenuto complesso. La pretesa si connota per gli intrecci tra le questioni patrimoniali e non, comuni sia alla separazione che al divorzio, che sono interconnesse al punto che le determinazioni assunte in sede di separazione riverberano i propri effetti nel giudizio di divorzio. Infatti nell’ultimo periodo dell’ultimo comma dell’art 473 bis -49 cpc (secondo cui “La sentenza emessa all’esito dei procedimenti di cui al presente articolo contiene autonomi capi per le diverse domande e determina la decorrenza dei diversi contributi economici eventualmente previsti”), viene stabilito che il procedimento possa concludersi con un’unica sentenza e che questa possa contenere autonomi capi per le diverse domande, determinando la decorrenza dei diversi contributi economici eventualmente previsti.
Come sopra accennato, la pretesa di cui si controverte si compone di statuizioni sia in tema di status di separazione che di divorzio, oltre che di domande de potestate tali da incidere sulla responsabilità genitoriale, e domande a contenuto patrimoniale che ricadono nelle previsioni di cui all’art 405 cc e richiedono una speciale autorizzazione per cui si impone la applicazione di cui all’art 4,5 comma, della l. n. 898/70.
Infatti, la peculiarità del giudizio ex art 473 bis 49 cpc comporta, tra l’altro, il richiamo implicito art 4 comma 5,.l. n. 898/1970 che benché abrogato e espressione di un principio generale recepito dall’art 473 bis 14 cpc. Infatti già nel previgente regime a tutela dell’incapace era prevista la nomina di un curatore che affiancasse il tutore, se nominato, cui doveva essere conferito lo ius postulandi a tutela degli interessi del soggetto debole. Detto principio è stato fatto proprio dalla giurisprudenza secondo cui l’art. 4, comma 5,.l. n. 898/1970, accomunando la posizione del malato di mente privo di protezione a quella dell’infermo dichiarato incapace di intendere e volere, stabilisce che anche quest’ultimo deve essere rappresentato da un curatore speciale in caso di procedimento di divorzio, nel caso in cui sia convenuto in giudizio. (Cass. n. 9582/2000). In altri termini l’art. 4, 5 comma, della l. n. 898/70 ha rappresentato una prima risposta del legislatore al problema della tutela processuale dell’incapace. La norma dando per presupposto che il tutore non potesse rappresentare l’interdetto negli atti personalissimi, ha accomunato la posizione del malato di mente, privo di protezione, a quella dell’infermo già dichiarato incapace di intendere e di volere, stabilendo che anche quest’ultimo, ancorché già sottoposto a tutela, debba essere rappresentato nel procedimento di divorzio da un curatore speciale (per di più inizialmente in un’ottica meramente difensiva, atteso che la nomina è espressamente prevista per il solo caso in cui l’incapace sia convenuto in giudizio). La disposizione era stata ritenuta applicabile dalla Cassazione (cfr. n. 9582/2000) anche all’ipotesi in cui interessato ad ottenere il divorzio fosse il soggetto incapace, al quale è stata perciò riconosciuta la legittimazione ad agire ed a promuovere il relativo giudizio per il tramite di un curatore speciale, nominato su istanza del tutore. La sentenza ha affermato che la prospettata interpretazione analogica dell’art. 4 cit. appare costituzionalmente obbligata per evitare che l’interdetto infermo di mente sia privato dell’esercizio di un diritto di particolare rilievo e sia sottoposto ad una disparità di trattamento rispetto all’altro coniuge ed ha, in particolare, sottolineato: i) che nell’ordinamento è configurabile il diritto di ciascun coniuge a chiedere ed ottenere il divorzio nei casi previsti dalla legge; ii) che l’interesse al divorzio può sussistere per l’interdetto infermo di mente indipendentemente dalla posizione assunta dall’altro coniuge, ovvero qualora quest’ultimo non sia d’accordo sul divorzio o non intenda avviare la relativa iniziativa giudiziale; iii) che il divorzio può realizzare una forma di protezione per l’interdetto rispetto al mantenimento del vincolo coniugale; iv) che lo stato di interdizione per infermità di mente non esclude che la tutela degli specifici interessi dell’interdetto in tema di divorzio possa essere rimessa ad altro soggetto.). Secondo la giurisprudenza di legittimità inoltre i suddetti principi, non possono ritenersi inapplicabili alla separazione per il solo fatto che l’ordinamento non contempla, in materia, un’espressa previsione, analoga a quella dettata per il divorzio. Infatti l’incapacità di provvedere ai propri interessi, richiesta dall’art. 414 c.c. ai fini dell’interdizione dell’infermo di mente, deve essere riferita anche agli interessi non patrimoniali suscettibili di subire un pregiudizio; d’altro canto, ritenere che l’interdetto per infermità non possa farsi sostituire da chi è tenuto a rappresentarlo nel porre in essere un atto personalissimo equivarrebbe a sostenere che egli ha perso, in concreto, il relativo diritto, non avendone più l’esercizio. Si tratta di un’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 357 e 414 c.c., secondo cui all’interdetto è consentito, per il tramite del rappresentante legale, il compimento di tali atti (a meno che, come nel caso dell’art. 85 c.c., non gli siano espressamente vietati), ben potendo l’esercizio del corrispondente diritto rendersi necessario per assicurare la sua adeguata protezione. A ciò consegue che tra le situazioni giuridiche soggettive che realizzano la personalità dell’individuo va inserito anche “il diritto alla separazione” (cfr. Cass. n. 21099/07, 2183/2013). La giurisprudenza ha quindi garantito continuità di effetti al principio, estendendone l’ambito applicativo a tutte le misure di protezione, quindi anche con riferimento alla sostituzione rappresentativa ad opera dell’a.d.s., relativamente alla domanda di separazione giudiziale riguardante il beneficiario affermando che “sussiste legittimazione attiva del beneficiario di a.d.s., tramite il proprio amministratore di sostegno, a promuovere giudizio di separazione personale, senza necessità di nomina di curatore speciale per lo svolgimento di detto giudizio” (Cass. civ. 14 marzo 2022, n. 8247,massima non ufficiale e Cass. civ. 6 giugno 2018, n. 14669). Il principio si rivela conforme alla ratio legis che presiede al sistema di protezione personalizzata volto alla cura personae e si fa apprezzare in quanto lungi dall’emarginare il beneficiario piuttosto lo accomuna, anche sotto il profilo della vita familiare, a chi non è affetto da menomazione alcuna, nel pieno rispetto del principio di eguaglianza.
In ogni caso la nomina del curatore è necessaria allorquando si prospetti un conflitto di interesse ( ) Detta ipotesi non può essere esclusa nella specie tenuto conto del rapporto di parentela tra la beneficiaria e l’ads, tale da indurre a ritenere che questi sia inserito nei rapporti a dir poco deteriorati che connotano il nucleo sia con riferimento alla relazione tra i coniugi che a quella tra la madre e le figlie.
A ciò si aggiunga che la riforma c d Cartabia, all’art 473 bis 58 cpc ha previsto che all’amministrazione di sostegno si applichino le norme di cui agli artt. 473 bis 52 e ss cpc vale a dire le norme previste in tema di interdizione indicazione che va ne senso di delineare un sistema unificato di protezione dell’incapace.
Pertanto alla luce di quanto premesso, da un lato, vi è necessità di una autorizzazione specifica. ai sensi dell’articolo 374 cc (che richiama il previgente art. 375 cc) che è condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria intrapresa dall’amministratore di sostegno in quanto questi, laddove privo di mandato, non può agire in giudizio né, più in generale, compiere atti di straordinaria amministrazione. Il potere di stare in giudizio in nome e per conto di altri presuppone, salvi i casi di rappresentanza legale (art. 75cc) un mandato che abbia forma scritta e conferisca potere rappresentativo anche con riferimento al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, atteso che il potere di agire o di resistere in sede processuale per il soggetto debole non è autonomamente disponibile rispetto alla titolarità del bene della vita in relazione al quale venga richiesta tutela in giudizio (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 16/09/2024, n. 24732). Infatti ad avviso della Corte la obiezione di parte appellante che invoca la sanatoria di cui all’art 182 cpc è fuorviante dal momento che, nella specie la parte in questione risulta priva della legittimazione sostanziale che solo la autorizzazione specifica del giudice tutelare può conferire.
Dall’altro vi è parimenti necessità che l’autorizzazione contempli la nomina di un curatore cui sia conferito uno specifico ius postulandi con riferimento alle plurime questioni sottese all’azione de quo al fine di una protezione, non solo formale, e di una rappresentanza piena della autonomia personale e negoziale della beneficiaria.
Come è noto la giurisprudenza di legittimità distingue la capacità processuale (legitimatio ad causam), intesa come titolarità di ottenere dal giudice una decisione di merito e, quindi, come una condizione dell’azione, dalla legittimazione ad agire (legitimatio ad processum) intesa come titolarità del diritto azionato che rappresenta un requisito per la valida costituzione del rapporto giuridico processuale (C. 3004/2004 C. 6720/1996 ). In tema di rappresentanza processuale, il potere rappresentativo, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori e conferimento di procura alla lite, può essere riconosciuto soltanto a colui che sia investito di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, con la conseguenza che il difetto di poteri siffatti si pone come causa di esclusione anche della legitimatio ad processum del rappresentante, il cui accertamento, trattandosi di presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, può essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio e quindi anche in sede di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto, e con possibilità di diretta valutazione degli atti attributivi del potere rappresentativo (C., S.U., 24179/2009C. 15304/2007C. 19164/2005). Inoltre, il difetto della relativa allegazione e dimostrazione, in quanto attinente alla regolare costituzione del contraddittorio e, quindi, disciplinata da inderogabile norma di diritto pubblico processuale, è rilevabile anche d’ufficio. Invece, l’accertamento dell’effettiva titolarità del rapporto controverso, così dal lato attivo come da quello passivo, attiene al merito della causa, investendo i concreti requisiti d’accoglibilità della domanda e, quindi, la sua fondatezza.
Pertanto in assenza della autorizzazione all’azione de quo con specifico riferimento alla azione dedotta in causa il contraddittorio, ad avviso della Corte, non può dirsi correttamente instaurato quantomeno con riferimento alle domande di cui ai capi da 2 a 10 .La omessa integrazione del contraddittorio in primo grado integra una violazione rilevante ex art 354 cpp e tale da determinare, per effetto della nullità, la regressione del procedimento. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ribadire che la distinzione tra le regole che concernono i “diritti processuali essenziali” (a cominciare da quelle che presidiano il contraddittorio) e regole di altro profilo, precisando che “con riferimento alle prime costituisce motivo di nullità della sentenza l’impedimento frapposto ai difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all’atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo”. (SSUU sentenza n. 36596 del 25 novembre 2021 Sez. 3 -, Ordinanza n. 3134 del 02/02/2024). La Suprema Corte ha precisato che “ la violazione del principio del contraddittorio comporta la nullità di tutti i provvedimenti successivi a quello che ha comportato la violazione stessa e può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio, fatta [art. 162]. “” La questione della corretta costituzione del rapporto processuale doveva essere esaminata prima ancora delle eccezioni preliminari tra cui rientra quella concernente la giurisdizione, la quale presuppone pur sempre l’instaurazione di un valido contraddittorio tra le parti (art 101 cpc)”. Pertanto, la questione della corretta costituzione del rapporto processuale deve essere esaminata e avrebbe dovuto essere esaminata anche dal giudice di prime cure, prima di quelle concernenti le domande connesse all’accertamento della separazione, la quale presuppone pur sempre l’instaurazione di un valido contraddittorio tra le parti” (Sez. 6 -3, Ordinanza n. 7055 del 12/03/2020). Va da sé che il difetto di integrazione del contraddittorio rilevato in appello implica ex art. 354, comma 1, c.p.c., l’annullamento della decisione di primo grado e il rinvio della causa al giudice di prime cure (Sez. 3, Ordinanza n. 5590 del 2011 Sez. 3 -, Sentenza n. 11724 del 05/05/2021Sez. 2 -, Ordinanza n. 11440 del 30/04/2021).
Pertanto, ad avviso della Corte, va dichiarata la nullità della sentenza in relazione per omessa instaurazione di un rituale contraddittorio
2.2 La omessa nomina del curatore delle minori
Va altresì evidenziato che, nella specie, tenuto conto della conflittualità tra i coniugi che investe il collocamento e la tutela in concreto della bigenitorialità delle minori, risulta evidente la necessità che, ai fini della corretta integrazione del contraddittorio, venga nominato un curatore che dia adeguato spazio di rappresentanza alle minori.(Sez. I, Ord., 19 marzo 2024, n. 7331).
Pertanto, assorbita ogni altra questione dalle considerazioni che precedono, tenuto conto che il contraddittorio è viziato per assenza di legittimi contraddittori rispetto alle domande proposta vuoi con riferimento al soggetto beneficiario di ads sia avuto riguardo alla posizione delle minori, va dichiarata la nullità della sentenza.
Tenuto conto del tenore processuale della pronuncia si ritiene equo compensare le spese di lite.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa sull’appello proposto da B.S. nei confronti di A.M. avverso la sentenza parzialmente definitiva n. 694/2024 del Tribunale di Busto Arsizio emessa il 24.05.2024, pubblicata e comunicata alle parti in data 27.05.2024 nel procedimento recante R.G. 735/2024, così provvede: Visto l’art 354 cpc
I. DICHIARA la nullità della sentenza parzialmente definitiva n. 694/2024 del Tribunale di Busto Arsizio emessa il 24.05.2024, pubblicata e comunicata alle parti in data 27.05.2024 nel procedimento recante R.G. 735/2024
II. RIMETTE la causa al Tribunale di Busto Arsizio ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c., perché provveda all’integrazione del contraddittorio
III. COMPENSA le spese di lite
Si comunichi alle parti costituite.
Milano, 31.10.2024
