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Corte di Appello di Genova sez. II, 02/05/2025, n. 549

Massima

In tema di locazione risolta per grave inadempimento, integra errore di diritto la statuizione contenuta nella sentenza di primo grado che condanni il conduttore al pagamento di canoni scaduti per un importo superiore a quello richiesto (petitum) dalla parte attorea.

Supporto alla lettura

Locazione

La locazione (o affitto) viene definita come quel contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile, per un determinato periodo di tempo, dietro pagamento di un corrispettivo concordato tra le parti (art. 1571 c.c.). Il contratto di locazione ad uso abitativo è quel particolare tipo di locazione avente ad oggetto immobili che siano locati allo scopo di essere abitati dal conduttore o dalla sua famiglia. Trova la propria disciplina nella legge 431/1998 e, limitatamente agli articoli non abrogati, nella legge 392/1978. La locazione di immobili ad uso abitativo può essere oggetto di varie forme contrattuali, in base alle intenzioni ed esigenze del conduttore e del locatore, sull’unità abitativa. Le diverse possibilità di pattuizione possono essere così riassunte: locazione a canone libero (durata anni 4+4); locazione a canone concordato (durata anni 3+2); locazione per studenti universitari (durata da 6 a 36 mesi); locazione a uso transitorio (durata da 1 a 18 mesi). La normativa delle locazioni immobili ad uso commerciale è prevista dall’art. 27 L. 392/1978 e prevede una durata minima di 6 anni, con rinnovo automatico di altri 6 e una durata massima di 30 anni. La durata della locazione è elevata a 9 anni per gli immobili a destinazione alberghiera come pensioni, locande o alberghi.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso ex art447 bis c.p.c. (omissis) esponeva: che a seguito di procedimento di sfratto per morosità n. 782/23 R.G., il giudice del Tribunale di Massa emetteva il 14.06.23 ordinanza di rilascio dell’immobile, disponendo il mutamento del rito con inizio del procedimento di mediazione; che parte ricorrente, a seguito dell’infruttuoso procedimento di mediazione, instaurava il giudizio n. 1053/24 R.G.; che l’immobile veniva rilasciato in data 24.01.24; che il giudice del Tribunale di Massa, con sentenza n. 367/24 del 31.05.24, resa in detto procedimento, statuiva: “Dichiara risolto per inadempimento grave del conduttore il contratto di locazione registrato in data 23.9.2021 e stipulato dalle parti. Condanna il convenuto a versare all’attore l’importo di Euro 7.150,00 per canoni scaduti, oltre interessi legali dalle singole scadenze. Respinge ogni altra domanda delle parti. Condanna il convenuto alla refusione delle spese di lite in favore di parte attrice che liquida in Euro 76,00per esborsi e Euro 1.314,00per competenze, oltre a spese generali 15% e accessori di legge”.

Precisava che le conclusioni di parte ricorrente/intimante erano state le seguenti:

“Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis rejectis: “previa, occorrendo, declaratoria di nullità del contratto di locazione inter partes a 11 dicembre 2019, dichiarare la risoluzione del contratto di locazione ad uso abitativo inter partes a decorrenza dallo 01 febbraio 2020 registrato presso la locale Agenzia delle entrate il 23/01/2020 (al n. 228, serie 3T), per grave inadempimento del conduttore all’obbligo, salvo se altro, di pagamento dei canoni, come in quest’ultimo contratto pattuiti; 2) condannare, conseguentemente, lo stesso conduttore, sig. (omissis), al pagamento, in favore degli attori qui conchiudenti, degli impagati canoni nella misura di Euro 1.100,00 a saldo mensilità da febbraio a dicembre 2020 compresi, oltre le successive a decorrere da giugno 2023 compreso fino al dì dell’effettivo rilascio, avvenuto il dì 24/01/2024, oltre agli impagati oneri condominiali maturati fino al rilascio e fino al saldo, fatta salva diversa misura a risultare e/o che sarà Ritenuta equa e giusta, in ogni caso con interessi dalle scadenze fino al dì dell’integrale soddisfo; 3) respingere ogni avversa domanda si come infondata in fatto e in diritto; 4) con vittoria del compenso e delle spese, oltre accessori di legge”.

Aggiungeva che il locatore aveva intimato nel marzo 2023 lo sfratto per una morosità di Euro. 1.100 dovuta per parte di canoni non versati fino al dicembre 2020, oltre a quello di marzo 2023 per Euro. 550,00 (canone versato qualche giorno dopo), così come quelli di aprile e maggio 2023, anch’essi versati nelle more del giudizio e dei quali la controparte aveva dato atto; da giugno fino al rilascio del gennaio 2024 il Sig. (omissis) non aveva versato il canone.

Osservava che il giudice di prime cure aveva errato a calcolare la debenza maturata dal resistente, che al momento della sentenza doveva essere di Euro 1.100 oltre le 8 mensilità di 550 Euro ognuna da giugno 2023 a gennaio 2024 (8×550=4.400 Euro) il tutto per complessivi Euro 5.500 e non di Euro 7.150 come riportato in sentenza.

Pertanto, la sentenza impugnata riportava somme eccedenti il petitum richiesto da parte attrice.

Chiedeva quindi che la Corte, in accoglimento del ricorso, dichiarasse dovuta dal Sig. (omissis) la somma minore di Euro. 5.500: quanto ad Euro. 1.100 per canoni arretrati dal febbraio al dicembre 2020 e quanto ad Euro. 4.400 per canoni dal giugno 2023 al gennaio 2024; con vittoria di spese e competenze del giudizio.

Si costituivano in giudizio i sigg.ri (omissis), (omissis) e (omissis), in proprio ma anche quali eredi di (omissis), i quali dichiaravano di non opporsi all’invocata riforma parziale della gravata sentenza; aggiungevano che successivamente alla sentenza, se pur con corrispondenza riservata e dunque non ostensibile, avevano già riconosciuto l’errore del giudice di prime cure e comunicato, anche per evitare ulteriore contenzioso ” …. l’ampia disponibilità ….”, senza tuttavia che dal soccombente fosse pervenuto alcun riscontro.

Inoltre, nulla il conduttore aveva corrisposto né a titolo di canoni impagati, né a titolo di spese condominiali, né di spese per la mediazione, sicchè la gravata sentenza sarebbe suscettibile di riforma là dove, affermando la genericità, non riconosceva il debito a fronte di inequivocabile dichiarazione dell’amministrazione condominiale (doc.3 in citazione); nulla, inoltre, aveva corrisposto a titolo di spese per l’esecuzione di rilascio, né a titolo delle molteplici imposte di registro anticipate, spese per le quali formulavano ampie riserve.

Tanto premesso, concludevano chiedendo darsi atto che essi non si opponevano all’invocata riforma parziale della sentenza appellata e, per l’effetto, chiedevano dichiararsi che l’appellante era debitore della minor somma di Euro 5.500,00 a titolo di canoni non pagati, di cui Euro 1.100,00 quale residuo da febbraio a dicembre 2020 ed Euro 4.400,00 da giugno 2023 a gennaio 2024 e condannarsi il conduttore al pagamento di tale somma, oltre interessi dalle scadenze, fermo il resto; vinte, o quanto meno compensate, le spese del grado.

Parte appellata nelle note di trattazione scritta contestava tale ricostruzione facendo presente che controparte mai si era manifestata dopo la sentenza, per trovare un accordo sul quantum ivi erroneamente statuito.

La causa veniva quindi discussa all’udienza collegiale del 29/4/2025, sostituita dal deposito di note di trattazione scritta.

Tanto premesso, la Corte prende atto che la parte appellata aderisce alle richieste della parte appellante quanto alla riforma parziale della sentenza impugnata da quest’ultima richiesta.

Pertanto, decide in conformità, riformando la sentenza impugnata là dove ha statuito:

“Condanna il convenuto a versare all’attore l’importo di Euro 7.150,00 per canoni scaduti, oltre interessi legali dalle singole scadenze”, in quanto l’importo corretto deve essere quello di Euro 5.500,00.

Restano ferme le ulteriori statuizioni sul merito della sentenza impugnata.

In considerazione del comportamento processuale degli appellati, che hanno riconosciuto in giudizio l’errore lamentato dall’appellante, sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese del presente grado del giudizio, mentre restano ferme le spese del giudizio di primo grado non mutando, a seguito

dell’accoglimento dell’appello, il valore della causa.

P.Q.M.

LA CORTE DI APPELLO

Definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, in accoglimento dell’appello ed in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna I.R. a versare agli appellati l’importo di Euro 5.500,00 per canoni scaduti, con gli interessi come stabiliti dal primo giudice;

restano ferme le ulteriori statuizioni sul merito della sentenza gravata;

dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Così deciso in Genova, il 30 aprile 2025.

Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2025.

Allegati

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