Massima

La delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale concordataria travolge la precedente pronuncia di separazione personale tra i coniugi, anche se passata in giudicato, determinando la cessazione della materia del contendere in ordine a tale separazione e ai provvedimenti economici ad essa connessi in favore del coniuge.

Supporto alla lettura

DELIBAZIONE DI SENTENZA ECCLESIASTICA

Con il termine «delibazione» si intende quella speciale procedura giudiziaria tramite la quale in un determinato Stato viene accordata (a domanda di parte) efficacia giuridica ad un provvedimento di carattere giudiziario emesso dall’autorità giudiziaria di un altro Stato.

A tale procedura possono essere sottoposte anche le sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale emesse dall’ordinamento giudiziario canonico, in applicazione dell’Accordo tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica del 18 febbraio 1984, modificativo della precedente normativa in materia prevista dal Concordato Lateranense del 1929.

Infatti, l’art. 8, n. 2 di tale rinnovata disciplina prevede che la sentenza ecclesiastica di nullità di un matrimonio concordatario (cioè celebrato in forma canonica a cui sia seguita trascrizione ai fini civili) può acquistare efficacia giuridica nella Repubblica italiana previa domanda congiunta di entrambi i coniugi o di uno di essi, da inoltrarsi presso la Corte di appello competente per territorio, che va individuata in quella nel cui distretto si trova il Comune ove fu trascritto il matrimonio stesso.

La domanda di delibazione, che deve necessariamente essere sottoscritta da un procuratore legale, richiede la presenza dei seguenti ed indispensabili presupposti processuali:

  • la sentenza di nullità del matrimonio– è rilasciata dal competente organo giudiziario ecclesiastico, nel rispetto della procedura da osservarsi nei processi di nullità matrimoniale;
  • il decreto di esecutività– è rilasciato dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, nella sua funzione di superiore organo di controllo dell’attività giudiziaria ecclesiastica, con il quale si attesta la esecutività secondo il diritto canonico della delibanda sentenza ecclesiastica di nullità.

La delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio canonico, facendo venir meno retroattivamente i suoi effetti civili fin dal giorno della sua celebrazione (lasciando tuttavia impregiudicati gli eventuali rapporti di filiazione e tutti gli obblighi giuridici ad essi collegati), fa venir meno anche l’esigenza della domanda di divorzio, qualora esso non sia già giudizialmente intervenuto tra le parti. Viceversa, è possibile la delibazione della sentenza ecclesiastica anche se sia già intervenuto il divorzio, i cui effetti personali e patrimoniali già eventualmente ivi statuiti restano comunque fermi ed efficaci.

Ambito oggettivo di applicazione

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 26/1/2000 (omissis) ha proposto appello nei confronti di Leo Patrizia avverso la sentenza n. 755/1998 del Tribunale di Bari con cui veniva dichiarata la separazione personale dei coniugi, con rigetto delle richieste di addebito reciprocamente avanzate dalle parti, affidamento della figlia minore alla Leo e condanna dello stesso Indennidate al pagamento di un assegno mensile di L. 700.000 in favore della consorte, riferito in L. 300.000 al mantenimento di costei ed in L. 400.000 a quello della figlia, decorrente dall’ottobre 1992 e con rivalutazione ISTAT annuale, compensando tra le parti le spese processuali; ne chiede la riforma, per l’unico motivo che sarà appresso esaminato, con dichiarazione di cessazione della materia del contendere e compensazione delle spese afferenti questa fase processuale [ ].

Si è costituita in giudizio la convenuta chiedendo il rigetto della proposta impugnazione, in quanto infondata in diritto, con ogni conseguenza di legge. Precisate le conclusioni dalle parti in maniera conforme, come in epigrafe indicato, la causa è stata quindi riservata per la decisione.

Motivi della decisione

Quale unico motivo di appello l’Indennidate denuncia che la Corte di Appello di Bari con sentenza n. 677 del 16.6.1998, passata in giudicato per decorrenza dei termini di impugnazione, ha dichiarato la efficacia nel territorio nazionale della sentenza del 26.2.1997 del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese, sancente la nullità del matrimonio concordatario delle parti in causa e disponente al competente ufficio dello stato civile di provvedere alle annotazioni di rito. Si assume, quale conseguenza in diritto, che, venuto meno il rapporto coniugale per la dichiarazione di nullità del matrimonio concordatario, non possono conseguentemente non venire meno i provvedimenti emessi dal tribunale, ad esso attinenti: da qui la richiesta di dichiarare la cessazione della materia del contendere, con ogni conseguenza di legge.

Si oppone a tale richiesta l’appellata, concludendo laconicamente per il rigetto dell’impugnazione.

Tanto premesso rileva la Corte innanzitutto che nessuna doglianza è stata avanzata dall’appellante sul merito, sia per ciò che attiene alla pronuncia di separazione, sia per ciò che riguarda il diritto e la misura dell’assegno complessivo di mantenimento stabilito dai primi giudici, relativamente al coniuge ed al figlio nato dal matrimonio.

L’esame dell’appello concerne quindi in via esclusiva la richiesta relativa alla dichiarazione di cessazione della controversia.

A tale riguardo questa Corte, in sintonia con il parere espresso dal Procuratore Generale e di cui in atti, rileva che lo stato di separazione coniugale, pur quando sia consacrato in una sentenza, lascia permanere in vita in linea di massima il vincolo coniugale anche se eventualmente in maniera temporanea, potendo essere posto nel nulla sia da una successiva causa di scioglimento del matrimonio, che all’inverso dalla concorde volontà dei coniugi di riconciliarsi, che può automaticamente ripristinare il vincolo coniugale nella sua pienezza. Ma appare altrettanto indubbio che il sopravvenire di una sentenza di nullità, pronunciata dal giudice nazionale, ovvero da lui delibata come nella fattispecie in esame, debba considerarsi idonea a travolgere la pronuncia di separazione, anche se passata in giudicato.

In tale ambito deve quindi ritenersi fondata la richiesta dell’appellante, sia pure nell’ambito di una necessaria distinzione tra i diritti dell’ex coniuge e quelli del figlio nato dal matrimonio.

Infatti, quanto ai provvedimenti accessori di natura economica è da ritenere che essi non ne rimangano tutti travolti, e quindi non ne consegua di per sé quell’effetto di superamento che deduce la parte appellante.

In primo luogo, rimangono “coperte” (in quanto irrevocabili) le attribuzioni patrimoniali già realizzatesi o comunque i crediti già venuti a maturazione.

Ma, vieppiù, si deve ritenere che non ne restino travolti di per sé i contributi economici previsti dall’art. 128 (che richiama l’art. 155 codice civile) che attengono alla posizione della figlia minore dell’appellante. Per quest’ultima, in particolare, va considerato che la Leo ne risulta e rimane affidataria e pertanto le compete in vista di tale situazione il relativo contributo al mantenimento stabilito dai primi giudici a carico dell’Indennidate, quale genitore non affidatario. Infatti è riconosciuto in proposito che, poiché gli effetti del matrimonio già valido si producono rispetto ai figli nati durante il matrimonio poi dichiarato nullo, la disciplina sul matrimonio putativo va applicata al matrimonio concordatario dichiarato nullo, anche quando la causa di nullità ritenuta dalla sentenza ecclesiastica sia prevista soltanto dall’ordinamento canonico, con estensione in ogni caso dell’applicazione della disciplina di cui all’art. 155 cod. civ.

Nessun dubbio quindi che il regime dell’affidamento del minore e del contributo di mantenimento rimanga inalterato.

Per il coniuge, invece, ritiene la Corte che la pronuncia di nullità recepita nell’ordinamento nazionale non possa non travolgere gli effetti economici previsti in conseguenza della pronuncia di separazione in favore di uno dei coniugi, nella fattispecie la parte appellata.

Invero la disciplina degli artt. 129 e 129 bis c.c. prevede, quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi, che il giudice possa disporre a carico di uno di essi il versamento di somme periodiche di denaro per un periodo non superiore a tre anni, ovvero l’obbligo del coniuge al quale sia imputabile la nullità del matrimonio, in favore del coniuge in buona fede, alla corresponsione degli alimenti, sempre che non vi siano altri obbligati. Ma poiché non è tema processuale di questo giudizio se la nullità dichiarata dal giudice ecclesiastico si riferisca ad entrambi i coniugi, ovvero a quale delle due parti in causa sia imputabile, la mancanza di richieste specifiche a tale riguardo non consente alcuna pronuncia in proposito, mentre i provvedimenti economici relativi alla Leo ne restano giuridicamente travolti, in quanto superati dalla pronuncia di nullità.

Restano salve, comunque, come sopra specificato e secondo quanto ritenuto dalla conforme giurisprudenza (Cass. 3940/1984) le attribuzioni patrimoniali già realizzatesi o, comunque, i crediti già venuti a maturazione.

Ne consegue l’accoglimento solo parziale, in tali termini, della richiesta della parte appellante.

Ricorrono infine giuste ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese di questo grado del giudizio.

P.Q.M.

La Corte definitivamente pronunziando sull’appello proposto con atto di citazione notificato in data 26.1.2000 da Indennidate Luigi nei confronti di Leo Patrizia avverso la sentenza n. 775/98 del Tribunale di Bari, uditi i procuratori delle parti, ogni contraria istanza, deduzione, eccezione disattesa, così provvede:

– accoglie per quanto di ragione l’appello e dichiara la cessazione della controversia in ordine alla pronuncia di separazione personale ed ai provvedimenti economici riguardanti il coniuge, secondo quanto indicato in narrativa; conferma nel residuo l’impugnata pronuncia e compensa per intero tra le parti le spese processuali di questo grado del giudizio.

Allegati

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