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Corte d’appello Roma sez. III, 27/01/2021, n.650

Massima

Il contratto di ormeggio è un contratto atipico e senza forma obbligata, che si perfeziona con il semplice consenso delle parti, anche tramite comportamenti che implicano l’accettazione dell’attività dell’ormeggiatore. Questa attività può includere la custodia dell’imbarcazione e la locazione dello spazio acqueo necessario.

Supporto alla lettura

CONTRATTO DI ORMEGGIO

Si tratta di un contratto atipico non inserito nel codice della navigazione e non previsto dal codice civile ma che trae la sua legittimazione in parte dall’art. 1322 c.c. 2° co. ed in altra parte da alcuni successivi interventi normativi settoriali. Con tale contratto il proprietario dell’imbarcazione chiede al concessionario portuale l’attribuzione di uno spazio acqueo delimitato e protetto (c.d. posto barca) dove tenere il natante, in cambio un corrispettivo in denaro per un determinato periodo di tempo.

Data la natura atipica del contratto di ormeggio e l’evidente difficoltà di risalire ad una figura negoziale ben definita, elementi utili ed indispensabili all’individuazione della disciplina cui esso soggiace sono: l’interpretazione effettiva della volontà delle parti e le prestazioni in concreto offerte. In tal senso in assenza di clausole contrattuali volte ad escludere nettamente l’obbligo di custodia, la giurisprudenza ha ritenuto negli anni di applicare al contratto di ormeggio le norme disciplinanti il contratto di deposito, in relazione al fatto che il diportista raramente stipula tale accordo al solo fine di assicurarsi il godimento dello spazio acqueo riservatogli, volendo allo stesso tempo usufruire delle prestazioni accessorie messe a disposizione dal concessionario/gestore.

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato il 13 maggio 2014 la (omissis) s r.l. in liquidazione ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale ordinario di Latina, Sezione Distaccata di Terracina, n. 636 pubblicata il 18 marzo 2014 che ha definito il giudizio promosso nei suoi confronti da (omissis) e (omissis) s.a.s..

I fatti di causa, per come riportati nell’impugnata sentenza, sono i seguenti: “Con atto di citazione, ritualmente notificato, gli attori, deducevano di aver stipulato verbalmente con la convenuta, un contratto di deposito e custodia di una imbarcazione dotata di motore e dotazioni di sicurezza nei primi giorni di luglio 2005. Che tale imbarcazione veniva sottratta da ignoti, mentre si trovava sotto la custodia della convenuta, furto scoperto il 16.07.05, ma che doveva essere avvenuto tra la notte del 14 luglio (data dell’ultima utilizzazione della barca) e la data della scoperta (16.07.2005). Chiedeva quindi il risarcimento dei danni tutti stimati in euro 12.000,00. Si costituiva la convenuta eccependo di non aver mai stipulato alcun contratto per il deposito e la custodia dell’imbarcazione, ma di fornire semplicemente dei servizi di ormeggio ed accessori, l’esistenza dì un regolamento che escludeva esplicitamente la responsabilità per furti o danni alle imbarcazioni, regolamento compiutamente illustrato all’attore che risultava anche affisso nella marina di Sperlonga. Concludeva chiedendo il rigetto della domanda. La causa veniva istruita con interrogatorio formale delle parti, prova testimoniale, produzione documentale e CTU sul quantum …”.

Il Tribunale ha così deciso: “1) Accoglie la domanda degli attori e condanna (omissis) al risarcimento dei danni quantificati in euro 7380,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria cosi come indicati in motivazione in favore di (omissis) Sas. Condanna (omissis) al pagamento delle spese del giudizio liquidate in complessivi euro 2.550,00 di cui 250,00 per anticipazioni, oltre CPA e IVA, in favore, (omissis)  s.a.s., oltre al rimborso delle spese di CTU, cosi come liquidate”.

La decisione, per quanto di interesse ai fini del presente grado di giudizio, é motivata come di seguito riportato: “Tra le parti non vi é contestazione sulla dedotta circostanza dell’avvenuto furto, come pure sul tempo e luogo dello stesso. L’indagine quindi andrà limitata alla effettiva natura del contratto pacificamente intercorso tra le parti. In mancanza di prova scritta sulla natura dello stesso, dobbiamo presumere che lo stesso seguisse lo schema standard cosi come da regolamento approvato con decreto n. 15/97 dalla Capitaneria di porto di Gaeta 6.6.1997.

E’ quindi onere dell’attore provare che i servizi ivi descritti fossero integrati dal servizio di deposito con custodia. “Il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, é sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale, consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Il suo contenuto può, tuttavia, estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante o delle cose in esso contenute, nel qual caso spetta a chi fondi un determinato diritto, o la responsabilità dell’altro contraente, sullo specifico oggetto della convenzione di fornire la relativa prova” Cass, Sez., III 13.01.2013 n. 3554. Dall’esame dei testimoni, sono emerse alcune peculiarità del rapporto intercorso tra le parti, in particolare tutti i testi di parte attrice hanno confermato che le chiavi del motore dell’imbarcazione rimanevano in possesso degli addetti della Cooperativa, che detenevano anche i documenti, i quali preavvertiti dell’uscita in barca, provvedevano allo spostamento dell’imbarcazione sul molo di partenza e che al ritorno preavvisati, effettuavano manovra contraria. Particolarmente significativa la testimonianza della signora (omissis) la quale tra l’altro riferisce “a volte capitava che gli addetti della cooperativa non erano disponibili a consegnarci l’imbarcazione per uscire in mare ed eravamo costretti ad aspettare un’ora o due per la disponibilità” circostanza incompatibile con una non detenzione dell’imbarcazione da parte della cooperativa. Il teste (omissis) inoltre riferisce che anche per le proprie imbarcazioni affidate ai servizi della Cooperativa San Leone le modalità di gestione erano identiche: “anche io ho avuto due barche presso il porto di Sperlonga e la cooperativa San Leone anche per le suddette imbarcazioni aveva le chiavi”. Si ritiene quindi raggiunta la prova che il rapporto instaurato non fosse un semplice contratto atipico di ormeggio, ma un complesso contratto comprensivo del deposito, regolato per tale aspetto dall’art. 1786 c.c.. Rafforzano tale convincimento anche la testimonianza del signor (omissis) il quale dice “tale accordo prevedeva la consegna e custodia da parte della cooperativa San Leone della barca” ed infine “tanto so in quanto ero presente personalmente al momento in cui mio zio (omissis) ha preso accordi con il rappresentante della cooperativa”. A questo punto sono del tutto ininfluenti le testimonianze dei testi di parte convenuta, tese a dimostrare che a loro erano stati illustrati i punti del regolamento, o che loro non consegnassero le chiavi, primo perché loro avevano sottoscritto un contratto con specifiche clausole, secondo perché per la maggior parte si tratta di rapporti successivi al furto, ed al presente giudizio, quindi i comportamenti della convenuta potrebbero essere stati modificati nel tempo, proprio in ragione di tali fatti. In sostanza nessuno dei testi é stato in grado di contraddire le testimonianze sulle modalità e peculiarità con cui si svolgeva il contratto verbale intercorso tra le parti. Deve essere ora esaminata la diligenza nella custodia, diligenza nella custodia il cui onere della prova incombe sul custode. Il custode inoltre pur provando di avere usato la diligenza del buon padre di famiglia così come previsto dall’art. 1768 c.c. deve altresì dare prova che l’inadempimento é derivato da causa a lui non imputabile (Cass. Civ. sez. III 10.03.2009 n. 5736 e Cass. Civ. sez. III 07.10.2010 n. 20809). Prova che nel caso di specie é del tutto mancata, manca anche la prova da parte del convenuto della sorveglianza diurna e notturna, che lo stesso indica come proprio obbligo nell’esecuzione del contratto di ormeggio. Una volta ritenuto accertato che il rapporto comprende anche la custodia dell’imbarcazione, le clausole limitative della responsabilità del custode, ove pure fossero state illustrate all’attore (cosa di cui non vi é prova) e ove pure fossero state chiaramente conoscibili mediante avvisi affissi nella marina, sarebbero inefficaci in quanto non approvate specificatamente per iscritto (Cass. Civ. sez. III 27.01.2009 n. 1957). Rimane ora da stabilire soltanto il quantum, l’attore ha prodotto le fatture di acquisto dell’imbarcazione e del motore, fatture che sono servite al CTU per stabilire quale fosse all’epoca del sinistro il più probabile valore di mercato dei natante, tra un minimo di euro 7.260,00 ed un massimo, di euro 8.297,00, stime dalle quali non si ritiene di doversi discostare per cui la somma del risarcimento ben può essere individuata equitativamente in euro 7.780,00, comprensiva delle dotazioni di sicurezza minime previste per legge. Somma che trattandosi di debito di valore deve essere rivalutata per l’adeguamento ISTAT decorrente dalla data della denuncia di furto 17.07.2005, sino alla data della presente decisione, oltre interessi legali decorrenti dalla stessa data e sulle somme di anno in anno rivalutate, sino al soddisfo. Le spese seguono la soccombenza”.

Con l’atto di appello (omissis) ha rassegnato le seguenti conclusioni: “a) in via preliminare, disporre la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’impugnato pronunciamento, e/o dell’esecuzione; b) nel merito, in accoglimento del presente appello e, per l’effetto, in totale riforma della sentenza di 1° grado: accertare e dichiarare infondata e comunque non provata la domanda proposta dal sig. (omissis) e da (omissis)  s.a.s.. Con vittoria di spese del doppio grado di giudizio”.

Gli appellati (omissis) s.a.s., costituitisi con comparsa di costituzione e risposta depositata il 26 novembre 2014, hanno resistito all’impugnazione ed hanno chiesto rigettarsi l’appello col favore delle spese di lite.

All’udienza del 16 luglio 2014 la Corte ha rigettato l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva dell’impugnata sentenza avendo “ritenuto che in relazione allo stato di liquidazione dell’appellante non si possa configurare il periculum di perdita di posti di lavoro o impossibilità di ripresa dell’impresa”.

All’udienza del 28 ottobre 2020 le parti hanno precisato le conclusioni e la causa é stata trattenuta in decisione senza i termini di legge.

L’appello é infondato.

Con il primo motivo di gravame l’appellante ha impugnato la sentenza di primo grado per ritenuta violazione degli artt. 1362 e ss. e 1766 e ss. c.c., lamentando che il Tribunale avrebbe erroneamente qualificato il rapporto intercorso tra le parti come “complesso contratto comprensivo del deposito”, ravvisando conseguentemente la sussistenza in capo alla Cooperativa dell’obbligo di custodire l’imbarcazione di proprietà degli appellati. In particolare -ha censurato la sentenza: a) per non aver tenuto conto il giudice di prime cure “che la Cooperativa appellante, in forza di concessione demaniale marittima, esercitava attività di erogazione di servizi portuali … in conformità al Regolamento contenente le norme di esercizio ed uso dei punti di ormeggio, approvato … dalla Capitaneria di Porto …, esposto in più punti nel Porto …” le quali prevedevano la sola “sorveglianza notturna e diurna dell’ormeggio, senza presa in consegna dell’imbarcazione/natante” escludendo espressamente qualsivoglia responsabilità per danni o furti alle imbarcazioni ormeggiate; b) perché, “fermo restando che le clausole del Regolamento dell’approdo che … costituiscono le condizioni generali di contratto per tutti gli utenti del porto, non consentivano l’assunzione dell’obbligazione di custodia, comunque, di” un eventuale “accordo integrativo … comportante l’affidamento dell’imbarcazione, non vi é la benché minima traccia, né risulta che sia stata pattuita qualsivoglia prestazione accessoria rispetto al nucleo minimo essenziale costituente il contratto di ormeggio (messa a disposizione specchio acqueo e utilizzazione strutture), né un canone per affidamento del natante in aggiunta al canone di ormeggio”; c) perché “a fronte dell’unico elemento probatorio (consegna chiavi agli addetti) ritenuto rilevante dal primo Giudice, quest’ultimo ha, invero, omesso di considerare altri significativi elementi che dimostrano, invece, la palese insussistenza dell’obbligo di custodia a carico della Cooperativa …: il fatto che agli altri clienti é stato fatto sottoscrivere un apposito contratto mentre all’appellato no; – la modalità di utilizzo della imbarcazione (spesso utilizzata anche dagli amici dello stesso…) a riprova della confidenza tra le parti in causa; – l’esiguità dell’importo del corrispettivo versato … soli 600 00 (sia per il 2004 che per il 2005)…; – la circostanza che l’appellato, pur lamentando danni all’imbarcazione presumibilmente subiti nel 2004, non ha mai contestato nulla alla Cooperativa, pagando senza opposizione alcuna il corrispettivo dell’ormeggio; – l’accesso libero alla darsena;- l’assenza di servizio di guardiania delle imbarcazioni … ma esclusivamente la sorveglianza notturna e diurna delle proprie strutture d’ormeggio e/o sosta.

Dette circostanze, se attentamente e correttamente valutate dal Giudice di primo grado, avrebbero senz’altro indotto il medesimo a concludere per la natura amichevole e poco “formale” dei rapporti inter partes, in virtù dei quali la consegna delle chiavi veniva effettuata esclusivamente per ragioni di mera cortesia, intesa come un’agevolazione delle operazioni di ormeggio …”; d) perché “non sussistendo alcun obbligo di custodia” non occorreva prevedere per iscritto e con specifica sottoscrizione, le “clausole limitative della responsabilità del custode”.

Le argomentazioni esposte dall’appellante non sono condivisibili.

Va, innanzitutto, rilevato che per oramai consolidato orientamento della S.C. “Il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, é sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale, consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo.

Il suo contenuto può, tuttavia, estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante o delle cose in esso contenute, nel qual caso spetta a chi fondi un determinato diritto, o la responsabilità dell’altro contraente, sullo specifico oggetto della convenzione di fornire la relativa prova” (Cass. 13.2.2013, n.3554; Cass. 28.5.2020, n.10001; Cass. 1.6.2004, n.10484; Cass. 19.8.2009, n.18419; Cass. 21.9.2011, n.19201).

Inoltre, “Il contratto di ormeggio é un contratto atipico, a forma libera, che può perfezionarsi per effetto del solo consenso dei contraenti manifestato per “facta concludentia”, anche attraverso l’accettazione da parte dell’utente dell’attività propria dell’ormeggiatore, la quale può estendersi alla custodia dell’imbarcazione e può accompagnarsi alla locazione del necessario spazio acqueo” (Cass. 21.9.2011, n.19201)..

Ciò che rileva ai fini della corretta qualificazione giuridica del rapporto intercorso tra le parti, in assenza di contratto scritto, é dunque la modalità concreta con cui il servizio di ormeggio é stato espletato.

A tale riguardo va, innanzitutto rilevato che, come riferito dalla medesima appellante, nel

Regolamento contenente le norme di esercizio ed uso dei punti di ormeggio, approvato dalla Capitaneria di Porto, era espressamente prevista la “sorveglianza notturna e diurna dell’ormeggio”.

Inoltre, l’imbarcazione in questione era di piccole dimensioni e priva, quindi, di equipaggio fisso a bordo che avrebbe potuto sorvegliare la stessa.

Quanto alle modalità con le quali veniva espletato il servizio di ormeggio, é emerso inoltre dall’istruttoria che: a) la Cooperativa deteneva sia le chiavi del motore della barca che i documenti occorrenti per la navigazione, tant’é che su richiesta dei proprietari veniva talvolta effettuato anche il rifornimento del carburante; b) su richiesta telefonica dei proprietari l’imbarcazione veniva ogni volta preparata e portata dagli addetti della Cooperativa, dal posto ove era ormeggiata, al punto ove questi potevano salire su di essa; c) analogamente, alla fine dell’utilizzo, l’imbarcazione veniva lasciata nel medesimo punto di attracco con le chiavi inserite nel motore e gli operatori della Cooperativa provvedevano ad ormeggiarla nel posto ad essa assegnato.

Orbene, l’esistenza di un servizio fisso di vigilanza diurna e notturna, così come la presenza in loco di personale della struttura cui veniva affidata l’imbarcazione all’atto dell’ormeggio, la piccola dimensione della stessa (priva, quindi, di equipaggio fisso a bordo), lasciano ragionevolmente desumere che la Cooperativa abbia assunto l’obbligo di custodia dell’imbarcazione degli appellati, non potendosi ritenere limitato il contenuto prestazionale del servizio in questione, per le modalità con cui si é svolto, alla semplice messa a disposizione di uno spazio acqueo.

Del tutto irrilevanti sono, invece, gli ulteriori elementi invocati dall’appellante a dimostrazione della pretesa inesistenza dell’obbligo di custodia a carico della Cooperativa ed in particolare la dedotta e non provata “natura amichevole e poco formale dei rapporti” tra le parti.

Né può condividersi, sul piano logico ancor prima che giuridico, la prospettazione dell’appellante secondo cui la sorveglianza notturna e diurna degli ormeggi prevista dal Regolamento della Capitaneria di Porto dovrebbe intendersi come sorveglianza “delle proprie strutture d’ormeggio e/o sosta” e non invece come vigilanza delle imbarcazioni ormeggiate.

Sussistendo, dunque, l’obbligo di custodia dell’imbarcazione a carico della Cooperativa, la previsione di esonero da responsabilità di quest’ultima per eventuali furti o danni all’imbarcazione medesima prevista nel “Regolamento contenente le norme di esercizio ed uso dei punti di ormeggio”, in quanto vessatoria, é totalmente priva di qualsivoglia efficacia nei confronti degli appellati che non hanno accettato per iscritto detta previsione, né l’hanno specificamente approvata.

Con il secondo motivo di gravame l’appellante ha eccepito la ritenuta nullità della sentenza per non avere il Tribunale preso in considerazione l’eccepita inattendibilità dei testi di parte appellata sulle cui deposizioni si sarebbe totalmente fondata la motivazione della sentenza.

Il motivo é privo di pregio e comunque infondato.

Come si é visto la corretta qualificazione giuridica del contratto di ormeggio in questione scaturisce innanzitutto da elementi oggettivi, documentati e non contestati dalle parti, quali l’obbligo di sorveglianza diurna e notturna degli ormeggi previsto nel Regolamento invocato dalla medesima appellante, la presenza continuativa nel porto del personale della Cooperativa, la piccola dimensione dell’imbarcazione degli appellati, priva di equipaggio fisso a bordo, circostanze che già di per sé sole lasciano desumere che il rapporto di ormeggio non é consistito nella mera locazione di uno spazio acqueo nel porto. A tali elementi idonei a configurare l’assunzione dell’obbligo di custodia del natante da parte della Cooperativa, vanno poi ad aggiungersi la detenzione da parte di quest’ultima delle chiavi del motore e dei documenti dell’imbarcazione degli appellati e le modalità di espletamento del servizio di ormeggio riferite dai testi con dichiarazioni precise e concordanti sulla cui attendibilità non vi é motivo di dubitare, atteso peraltro che l’appellante non ha fornito alcuna prova contraria sulle medesime circostanze riferite al periodo in cui é avvenuto il furto.

Con il terzo motivo di gravame l’appellante ha impugnato la sentenza per aver ritenuto il Tribunale di non discostarsi, nella quantificazione del danno, dalle conclusioni cui é pervenuto il c.t.u. le quali sarebbero errate per non avere quest’ultimo considerato l’usura dell’imbarcazione e del motore “acquistati rispettivamente nel 2002 e nel 2004”.

L’argomentazione é priva di fondamento.

Il c.t.u. nella relazione depositata in primo grado il 25 ottobre 2012 ha tenuto espressamente conto del deprezzamento sia dell’imbarcazione acquistata nel 2002 che del motore acquistato nel 2004 rispetto al momento del furto verificatosi nel 2005, deprezzamento che ha quantificato in una misura compresa tra il 20 ed il 30% del loro prezzo di acquisto, individuando, quindi, “il valore della barca completa di motore e dotazioni di sicurezza” in un importo tra E 7.260,36 ed E 8.297,56, e rilevando altresì che “il deprezzamento dei motori in generale é maggiore rispetto al deprezzamento dello scafo” (pag. 3 c.t.u.).

Il Tribunale ha ritenuto di quantificare il danno, con scelta che si condivide, in E 7.780,00 e dunque in una misura più vicina al valore minimo indicato dal c.t.u..

In conclusione l’appello va rigettato e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado.

In base al criterio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio, vanno poste a carico dell’appellante, liquidate come in dispositivo, ai sensi del D.M. 55/2014 (tabella 12, scaglione 3°, escluso il compenso della fase istruttoria, non espletata).

Trattandosi di rigetto di impugnazione proposta dopo il 29 gennaio 2013 (data di entrata in vigore della L. n. 228/12) si dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115/02 come modificato dall’art. 1 comma 17 L. n. 228/12 per cui la parte che l’ha proposta é tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13.

P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (omissis) in liquidazione, con atto di citazione notificato il 13 maggio 2014, avverso la sentenza del Tribunale ordinario di Latina, Sezione Distaccata di Terracina n. 636 pubblicata il 18 marzo 2014 nei confronti di (omissis) s.a.s., così decide:a) rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza;

b) condanna l’appellante (omissis) a r.l. in liquidazione alla refusione in favore di (omissis) s.a.s. delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi E 3.777,00 oltre a rimborso spese forfetario (15%), IVA e CPA nella misura di legge;

c) dichiara l’appellante tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115/2002.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’11 novembre 2020.

Depositata in cancelleria il 27/01/2021

Allegati

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