La C. specificava in precetto che la richiesta era da attribuirsi per E 2.100,00 a mantenimento non pagato dal mese di aprile 2014 al luglio 2014 laddove il (omissis) aveva versato solo E 500,00, per E 1.284,21 a titolo di oneri condominiali non saldati, e per la residua somma a titolo di aggiornamento Istat mai versato.
L’opponente eccepì:
1) in compensazione la somma di E 65.000,00, per spese a vario titolo anticipata in favore della moglie, cui aggiungere il 50% delle spese straordinarie anticipate per il figlio e che non gli era stato rimborsato;
2) di avere già provveduto al pagamento degli oneri condominiali richiesti in precetto;
3) che dopo la separazione fra i coniugi era intervenuto un accordo in virtù del quale la (omissis) rinunciava all’aggiornamento Istat.
Dedusse inoltre che il figlio era economicamente autosufficiente in quanto dal corrente anno 2014 lavorava presso di lui in prova così come lo era la ex moglie che da tempo lavorava a nero.
Concluse, previo annullamento del precetto, per la parziale compensazione delle somme anticipate con la somma precettata e per la condanna della (omissis) alla restituzione dell’esubero sulla base dei titoli indicati, ovvero, in subordine, per indebito arricchimento.
Si costituì (omissis) contestando l’opposizione e concludendo per il rigetto.
La causa, istruita unicamente a mezzo documenti, fu decisa con sentenza n. 4144/2017 pubblicata il 13/11/2017 con la quale il Tribunale di Lecce rigettò l’opposizione. Ritenne il primo giudice, richiamando l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, di non potersi fare luogo alla compensazione per la natura alimentare del credito derivante dal mantenimento in favore dei figli. Né poteva accedersi alla tesi dell’opponente secondo cui l’assegno disposto in sede di separazione non aveva natura alimentare, rilevando in tal senso la maggiore età del figlio e la sua autosufficienza economica, circostanza quest’ultima rimasta sfornita di prova.
La domanda riconvenzionale venne ritenuta inammissibile.
Avverso la sentenza, non notificata, (omissis) ha proposto appello con atto di citazione notificata l’1/05/2018 chiedendone la riforma con unico motivo.
All’udienza Collegiale del 13 gennaio 2021 le parti hanno precisato le conclusioni mediante note di trattazione scritta depositate tempestivamente e la Corte ha trattenuto la causa in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 cod. proc. civ..
Con unico motivo l’appellante lamenta che il giudice non avrebbe correttamente valutato le ragioni da lui poste a fondamento della non debenza della somma precettata.
Ribadisce che la quota relativa agli oneri condominiali era stata da lui estinta e ribadisce l’esistenza dell’accordo relativo all’aggiornamento Istat.
Lamenta, inoltre, che il giudice non avrebbe tenuto conto del fatto che la (omissis) e il figlio erano autonomi economicamente; in particolare, quanto al figlio, ormai maggiorenne, era in atti la sentenza di divorzio che attestava tale raggiunta autonomia. Perciò, secondo l’appellante, non poteva qualificarsi di natura alimentare l’assegno di mantenimento previsto dalla sentenza di separazione e quindi, diversamente da quanto stabilito dal Tribunale, il credito vantato in precetto a titolo di mantenimento era compensabile col suo credito.
Insiste, infine, per l’ammissione della prova per testi come articolata in primo grado, finalizzata a provare l’anticipazione delle somme come specificate in citazione a favore della ex moglie, nonché il pagamento degli oneri condominiali e il preteso accordo con cui la (omissis) rinunciava all’aumento Istat sul mantenimento.
Conclude per l’accoglimento delle domande di primo grado.
Il motivo di appello è infondato.
In primis si osserva che l’opponente non ha provato l’estinzione del suo debito relativo agli oneri condominiali non producendo alcuna documentazione a riguardo e la richiesta prova testi sul punto è inammissibile ex art. 2721 cod. civ..
Quanto alla somma richiesta dalla (omissis) a titolo di aggiornamento Istat se ne precisa la debenza in quanto parte integrante dell’obbligazione di mantenimento posta a carico del coniuge obbligato. La Cassazione ha infatti stabilito che nelle obbligazioni relative al pagamento dell’assegno divorzile e del contributo per il mantenimento dei figli, come in quelle alimentari, la determinazione monetaria della prestazione non è fine a se stessa, ma è legata ad un determinato potere di acquisto, che deve essere salvaguardato nonostante il variare del valore intrinseco della moneta, per non compromettere la funzione delle suddette obbligazioni, che consiste nell’attribuire al beneficiario un apporto periodico incidente “in misure reale” sulle sue condizioni di vita. Pertanto, nei confronti di tali obbligazioni – che si differenziano dalle obbligazioni cosiddette di valuta, assoggettate al principio nominalistico – si deve tener conto del variare del potere di acquisto della moneta sia ai fini del loro aggiornamento periodico, sia, anche, ai fini della loro stessa liquidazione, specialmente quando intercorre un notevole lasso di tempo tra il momento della liquidazione e il momento in cui le prestazioni sono erogate (Cass. n. 6735/1997).
Fatta tale doverosa precisazione si evidenzia che la C. non avrebbe potuto rinunciare alle somme dovute per aggiornamento Istat in quanto titolare di dette somme era anche il figlio. Infatti, per come verrà ribadito in seguito, la sentenza di separazione ha quantificato l’assegno di mantenimento in misura di E 1.200,00 in favore di coniuge e figlio in modo indistinto e senza indicare le quote di ciascuno.
Con riguardo alla dedotta questione relativa all’autonomia del figlio si osserva che la sentenza di divorzio versata in atti è successiva ai fatti dedotti.
Né la relativa circostanza poteva formare oggetto di esame nella presente controversia in quanto nell’ambito della opposizione al precetto non si possono dedurre fatti sopravvenuti rispetto al giudicato rappresentato dalla sentenza di separazione posta a base dello stesso perché si devono attivare i rimedi tipici previsti dall’art. 710 cod. proc. civ. e dall’art. 9 L. div. (procedimenti di modifica delle condizioni di separazione e divorzio). Quindi con l’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. sono deducibili esclusivamente questioni relative alla validità del titolo e alla sua efficacia, eccezione di pagamento, eccezioni di prescrizione, entro certi limiti eccezione di compensazione.
Ciò detto, la decisione del Tribunale di ritenere non compensabile il credito derivante dall’obbligazione da mantenimento prevista in sentenza con somme portate a credito del (omissis) va confermata.
Si premette che è orientamento unanime della Cassazione ritenere compensabile il credito derivante da obbligo di mantenimento disposto a favore del coniuge, in quanto non rientrante nella fattispecie di cui all’art. 447 cod. civ., e invece ritenere non compensabile quello disposto a favore del figlio, atteso il suo carattere prettamente alimentare. Tale ultimo credito, infatti, presuppone uno stato di bisogno strutturale proprio perché riferito a soggetti carenti di autonomia economica e come tali titolari di un diritto di sostentamento conformato dall’ordinamento (art. 147, cod. civ.) con riguardo alla complessiva formazione della persona (cfr. fra tante, Cass. n. 9686/2020).
Nella specie, tuttavia, non è possibile operare un distinguo tra la quota di mantenimento spettante al figlio e quella spettante alla (omissis) per cui, ove si dovesse pur accertare un credito del (omissis), non sarebbe possibile operare la richiesta compensazione.
Infatti, come già anticipato innanzi, il Tribunale di Lecce con la sentenza di separazione personale dei coniugi n. 87/04 ha previsto a carico del (omissis) un assegno di mantenimento unico di E 1.200,00 a favore indistintamente del figlio e della moglie.
Per completezza si precisa che in ordine alle spese asseritamente anticipate dal (omissis), fermamente contestate dalla (omissis), e opposte in parziale compensazione alla somma precettata e per la parte residua chiesta in restituzione, non si ritiene si sia raggiunta nemmeno la prova.
Infatti, nessuna prova documentale è stata offerta dal (omissis) con riguardo all’anticipazione delle spese straordinarie in favore del figlio, spese peraltro nemmeno dedotte in modo specifico con l’atto introduttivo ovvero con le note istruttorie.
Inoltre, con riferimento alla somma richiesta dal (omissis) in quanto asseritamente anticipata in favore della (omissis) a titolo di pagamento diretto di tasse, interventi effettuati da elettricisti, meccanici, professionisti ecc., acquisto di una cucina, di altri elettrodomestici, si rileva che la prova testi articolata sul punto è inammissibile per violazione dell’art. 2721 cod. civ. in quanto finalizzata a provare pagamenti in contanti di elevato valore (tra un minimo di E 500,00 ad un massimo di E 15.000,00).
Peraltro, per alcune spese come le tasse sarebbe stato possibile fornire da parte del (omissis) idonea prova documentale.
In ogni caso le deduzioni di prova sono inammissibili in quanto risultano generiche e non circostanziate con riferimento agli specifici interventi ovvero alle tasse pagate e al periodo stesso in cui sia gli uni che le altre sarebbero stati effettuati.
Quanto alle varie “ricevuta e quietanza liberatoria” versate in atti dal (omissis) che dovrebbero attestare il pagamento in contanti da parte dello stesso delle varie forniture effettuate da parte di diversi soggetti in favore della (omissis), si nutrono seri dubbi sulla veridicità dei pagamenti stessi.
Infatti le quietanze risultano tutte emesse nello stesso periodo della notifica del precetto sebbene gli asseriti lavori e prestazioni varie cui si riferiscono, sarebbero stati eseguiti in periodi pregressi avvenuti nel corso di anni addietro: ebbene risulta davvero difficile credere che il (omissis) – imprenditore accorto come si ritiene dovrebbe essere – non si fosse premurato di farsi rilasciare di volta in volta dai vari fornitori, immediatamente dopo il pagamento, le relative quietanze, ricevute fiscali e simili, soprattutto ove si consideri l’elevato valore delle somme asseritamente sborsate in contanti e per lo più in favore dell’ex coniuge.
Ne consegue il rigetto dell’appello.
Nulla per le spese attesa la contumacia dell’appellata.
Poiché il presente giudizio è iniziato innanzi a questa Corte successivamente al 30/01/2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, co. 17, della Legge 24/12/2012, n. 228, che ha aggiunto il co. I-quater all’art. 13 del D.P.R. 30/05/2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione (Cass. Civ. SSUU, 18/02/2014, n. 3774).
nulla per spese;
dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13, co. I-quater, del DPR n. 115/2012 per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello.
Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 17 febbraio 2022.
Depositata in cancelleria il 28/03/2022.