La Corte, nelle persone dei seguenti magistrati:
Dr. (omissis) Presidente Dr. (omissis) Consigliere relatore Avv. (omissis) Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in II grado iscritta al N° 480 del Ruolo generale dell’anno 2021, promossa da:
(omissis) (C.F. (omissis)), rappresentata e difesa come in atti dall’Avv. (omissis) del Foro di Pescara;
– appellante –
CONTRO
(omissis) (C.F. (omissis)) rappresentato e difeso come in atti dall’Avv. (omissis) del foro di Pescara;
– appellato –
Con l’intervento del P.G. OGGETTO: appello avverso sentenza n. 1240/2020 del Tribunale di Pescara, pubblicata il 18.11.2020.
CONCLUSIONI:
Per l’appellante: «Voglia la Corte d’Appello adita, respinta ogni contraria istanza, riformare l’impugnata sentenza e, per l’effetto,:
1) in via principale, revocare la pronuncia di addebito in capo alla (omissis);
2) sempre in via principale, pronunciare la separazione giudiziale per incompatibilità di carattere e per violazione dei doveri di assistenza morale scaturenti dal matrimonio;
3) affidare il minore (omissis) ad entrambi i genitori con collocamento dello stesso presso l’abitazione materna sita in Pescara alla Via (omissis) disciplinando il diritto di visita del padre come da sentenza di primo grado;
4) disporre che il (omissis) versi per il mantenimento del figlio la somma di euro 300,00 mensili oltre al 50% delle spese straordinarie sostenute.
Per l’appellato:
Si confida nell’integrale rigetto dell’appello .
Per il P.G. Si esprime parere favorevole alla conferma della sentenza n. 1240/2020 emessa dal T.O. di Pescara in data 30.10.2020 nel proc.
Motivi della decisione
1. Con la sentenza gravata il Tribunale di Pescara definitivamente decidendo sulle contrapposte domande formulate dalle parti in epigrafe indicate nel giudizio di separazione personale ha così provveduto:
1) pronuncia la separazione personale dei coniugi (omissis) e (omissis), coniugati in Pescara il 25.10.2014 (matrimonio trascritto nei registri dello stato civile del Comune di Pescara al n.86, parte I, dell’anno 2014), con addebito a (omissis);
2) ordina all’ufficiale dello stato civile del Comune di Pescara di procedere all’annotazione della presente sentenza;
3) rigetta la domanda di addebito proposta dalla resistente;
4) rigetta la domanda di assegno di mantenimento in favore di (omissis);
5) affida il minore (omissis) ad entrambi i genitori, con collocazione prevalente presso l’abitazione del padre sita in Pescara alla via (omissis), disciplinando il diritto di visita materno nel seguente modo:
(omissis) potrà tenere con sé il figlio (omissis) due giorni infrasettimanali, che concorderanno le parti e che in difetto di accordo saranno il martedì e il giovedì, nel periodo scolastico dall’uscita da scuola fino alle ore 20,30 (con cena già consumata), e nel restante periodo dalle ore 9,00 alle ore 21,30 (con cena già consumata), nonché una volta ogni due fine settimana dall’uscita da scuola del sabato o in mancanza di frequentazione della scuola dalle ore 9,00 alle ore 20.30 della domenica sera (con cena già consumata);
inoltre la madre terrà con sé (omissis) durante le festività natalizie, ad anni alterni, dal 24 al 30 dicembre o dal 31 dicembre al 6 gennaio (quest’anno dal 24 al 30 dicembre), durante le vacanze pasquali, ad anni alterni, dal giovedì al giorno di Pasqua o dal Lu.ì di Pasquetta al rientro a scuola (nel 2021 dal Lu.ì di Pasquetta al rientro a scuola), durante la stagione estiva, tra la chiusura della scuola e l’inizio del nuovo anno scolastico, per 20 giorni frazionati in due periodi, da concordare tra i genitori con congruo anticipo e comunque entro il 31 maggio di ogni anno; in tale periodo è riservato anche al padre un periodo massimo di 15 giorni, da concordare tra i genitori del minore con congruo anticipo e comunque entro il 31 maggio di ogni anno, in cui potrà stare con il figlio minore in maniera continuativa, con sospensione dell’ordinario diritto di visita materno;
nei predetti periodi di frequentazione continuativa di un genitore con il figlio minore l’altro ha diritto ad un colloquio telefonico quotidiano (anche con videochiamata) con il figlio tra le ore 19,00 e le ore 20,00;
i compleanni del minore saranno alternati di anno in anno tra madre e padre, ove non sia possibile la presenza di entrambi i genitori;
le parti potranno comunque variare le modalità indicate, fermi, nella sostanza, i tempi stabiliti;
6) pone a carico della resistente, con decorrenza dal novembre 2020, l’obbligo di versare entro il giorno 5 di ogni mese a (omissis) la somma di € 150,00, a titolo di contributo al mantenimento del figlio (omissis), oltre al 50% delle spese straordinarie, come disciplinate dal Protocollo Famiglia del Tribunale di Pescara;
7) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
A fondamento della decisione si sono valorizzati i seguenti elementi:
-la ricorrenza dei presupposti per l’addebito della separazione alla moglie in considerazione degli episodi di aggressione verbale e fisica da ella perpetrati nei confronti del marito e dei familiari di quest’ultimo, emergenti dalla prova orale e dalla certificazione prodotta e l’assenza di prova di comportamenti rilevanti a carico di quest’ultimo ai fini della pronuncia di addebito anche nei suoi confronti;
-l’ insussistenza dei presupposti per disporre l’obbligo di versamento di un assegno di mantenimento a carico del marito ed in favore della moglie, in considerazione dell’addebito della separazione;
-la valutazione (in assenza dei disturbi patologici a carico della resistente,dedotti dal ricorrente) del miglioramento del rapporto tra madre e figlio (che era stato confermato anche all’esito del Giudizio pendente presso il Tribunale per i Minorenni di L’Aq. con la revoca dell’affidamento ai servizi sociali e l’affidamento del figlio ad entrambi i genitori con collocazione presso il padre e previsione della facoltà della madre di vederlo il mercoledì dalle 15 alle 20 ed, a settimane alterne, la domenica dalle 9 alle 20.30, cui non erano seguite ulteriori criticità) che se da un canto non consentiva di revocare la collocazione prevalente del minore presso il padre ( convivente con i propri genitori) per non turbare con cambiamenti traumatici e non adeguatamente preparati, le abitudini del bambino, dall’altro consentivano di prevedere una disciplina più intensa dei tempi di frequentazione tra madre e figlio nei termini disciplinati in dispositivo prevendenti anche pernotti nei fine settimana alterni e nei periodi festivi e di vacanze estive.
-la presa d’atto della persistente forte conflittualità tra i coniugi che rendeva opportuno non autorizzare la resistente a recarsi all’estero unitamente al figlio minore, dovendosi prima attendere ” la distensione dei rapporti tra le parti in difetto della quale non si può escludere il rischio di un trasferimento della madre con il figlio in Ucraina”;
-la necessità di stabilire un contributo a carico della madre per il mantenimento del figlio, determinato (in considerazione dell’assenza di un attuale reddito lavorativo ma delle potenzialità per procurarselo) in €150,00 quanto al mantenimento ordinario e nel 50% delle spese straordinarie come disciplinate dal Protocollo famiglia del Tribunale di Pescara.
-l’opportunità, nella valutazione complessiva delle diverse fasi in cui si era articolato il procedimento, di compensare integralmente tra le parti le spese di lite.
2. Nel proprio atto di appello la Senchuk contesta la decisione di cui chiede la riforma per i motivi di seguito evidenziati.
A) Quanto alla pronuncia di addebito a suo carico della separazione, evidenzia:
-che le cause della separazione erano da rinvenire nella forte conflittualità dei rapporti tra i coniugi dipesa dall’atteggiamento denigratorio e ostile posto in essere dal marito e dai suoi familiari, rispetto al quale ella, lontana dalla sua terra e dai suoi familiari ed inesperta anche a causa della giovane età, si era limitata a reagire;
-che il marito in particolare , l’aveva ingiustificatamente tacciata di inadeguatezza rispetto a qualsiasi ruolo familiare, interessando i servizi sociali e l’aveva accusata di non accertati comportamenti violenti (che altro non erano che tentativi di difesa rispetto alle continue pressioni psicologiche subite)e di inesistenti patologie psichiche, escluse dai vari profili specialistici interessati della vicenda familiare, senza mai assisterla moralmente, aiutarla e rispettarla ed ostacolando il suo percorso di affermazione personale e professionale, verosimilmente ritenuto incompatibile con il suo ruolo di moglie e madre;
-che pertanto la valutazione dei profili di addebitabilità della separazione non trovavano riscontro in elementi probatori congrui (non avendo alcuno dei testi assistito ai litigi tra i coniugi) ed era stata compiuta senza considerare complessivamente il comportamento tenuto dallo stesso marito,confermato dai testi da ella addotti .
B) Quanto alla collocazione del minore presso il domicilio del padre, rappresenta:
-che la stessa era stata frutto delle erronee valutazioni compiute dai servizi sociali inizialmente allertati dal (omissis) con la falsa rappresentazione di un allarmante quadro familiare (a suo dire dipendente dagli atteggiamenti oppositori posti in essere dalla moglie) via via smentito dai successivi accertamenti eseguiti sulla sua persona, con esclusione di qualsiasi patologia psichica, che tuttavia avevano portato all’affidamento del minore ai servizi sociali, alla successiva collocazione dello stesso presso i nonni paterni prevedendosi la facoltà per i genitori di fargli solo visita (prescrizione violata dal (omissis) che invece trasferiva il suo domicilio presso i genitori, in tal modo godendo della presenza costante del figlio), senza che fosse peraltro emersa alcuna criticità nei rapporti tra madre e figlio, registrandosi anzi nel corso degli incontri effettuati alla presenza degli assistenti sociali un rapporto affettuoso e tranquillo tra i due, tanto da essere stata revocata ogni restrizione;
-che la decisione di collocare il figlio presso il padre era stata peraltro ingiustamente assunta senza compiere alcuna valutazione sulle autonome capacità genitoriali di quest’ultimo (risultando di fatto il piccolo (omissis) accudito dalla nonna paterna, con confusione da parte del bambino dei diversi ruoli familiari, come evidenziato dal fatto che il piccolo credeva di dover consegnare il classico lavoretto preparato all’asilo per la festa della mamma, alla nonna), dell’adeguatezza dello stesso nella gestione dell’interesse del minore (senza confondere i problemi con la ex moglie ed i veri bisogni del bambino) anche alla luce di quanto emerso nella relazione della ASL di Pascara dell’11.10.2016, riferita al (omissis), in cui si erano accertati tratti di immaturità, conformismo e mancanza di coinvolgimento emotivo.
C) Quanto al rigetto della richiesta formulata dall’appellante di autorizzazione a recarsi per le vacanze all’estero con il bambino ha evidenziato l’ingiustizia della decisione in quanto:
-fondata sull’inesistente presupposto, rappresentato solo dal dubbio espresso dal (omissis), sul pericolo che ella tornasse a sua insaputa con il figlio nel suo paese di origine, senza considerare che la sua nazionalità era ben nota al marito e che comunque essa appellante viveva da 10 anni in Italia ove aveva frequentato la scuola ed il corso di laurea, non avendo alcuna intenzione di ritrasferirsi in Ucraina ove peraltro la sua famiglia era composta da seri professionisti);
-frutto di un pregiudizio discriminatorio nei suoi confronti che non teneva in adeguata considerazione le esigenze del bambino che, appartenendo a due culture aventi pari valenza, aveva il diritto di conoscere la terra d’origine della madre, i familiari ivi insediati e di godere della positiva incidenza sul suo bagaglio culturale ed affettivo.
3. Nella propria comparsa di costituzione il (omissis) ha contestato specificamente ogni motivo di appello chiedendone il rigetto.
4. All’udienza del 14.09.2021 tenuta con le modalità della trattazione scritta, la causa è stata trattenuta a decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti nelle rispettive note depositate, previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di memorie conclusionali e repliche.
5. L’appello è infondato e va pertanto rigettato ritenendosi la sentenza di primo grado del tutto condivisibile nelle valutazioni espresse al vaglio delle risultanze istruttorie raccolte nel corso del lungo e tormentato percorso giudiziario che ha caratterizzato la controversia ed idonea, allo stato, a disciplinare gli aspetti contestati in punto di addebito della separazione, collocazione del minore e diniego di autorizzazione a portare il minore all’estero.
Quanto al primo aspetto la diversa ricostruzione della vicenda coniugale proposta dall’appellante, fondata sulla rilevanza della prevaricazione psicologica del marito in danno della moglie non trova adeguato riscontro nelle mere dichiarazioni delle testi addotte dalla difesa di quest’ultima (rispettivamente madre e nonna della stessa) che in ogni caso non minano l’esatta ricostruzione dei presupposti per l’addebito a suo carico fondati sugli indiscussi episodi di aggressione fisica compiuti dalla moglie nei confronti del marito.
Tanto può evincersi, come ineccepibilmente rilevato dal Tribunale, non solo da quanto riferito –de relato-dai testi indicati dal (omissis), ma anche dai certificati del pronto soccorso che attestano le lesioni, dalle foto in atti e dalla circostanza che episodi diversi di violenza ed irascibilità della (omissis) sono stati riferiti anche da testi indifferenti alle parti ((omissis)) ed anche detto elemento corrobora una condizione di estrema ed ingiustificata irascibilità della stessa , seppur riferita ad un dato momento storico della sua vita, del tutto compatibile con quanto assunto dal marito nella richiesta di addebito.
Non da ultimo peraltro va preso atto che ella stessa non nega di essersi rivolta nei confronti del marito con atteggiamenti fisicamente aggressivi, evidenziando tuttavia che tuttavia che gli stessi erano la conseguenza della pressione psicologica che il (omissis) esercitava su di lei senza considerare che per giurisprudenza di legittimità ormai consolidata e del tutto condivisibile, “ i comportamenti reattivi del coniuge che sfociano in azioni violente e lesive dell’incolumità fisica dell’altro coniuge, rappresentano, in un giudizio di comparazione al fine di determinare l’addebito della separazione, causa determinante dell’intollerabilità della convivenza, nonostante la conflittualità fosse risalente nel tempo ed il fatto che l’altro coniuge contribuisse ad esasperare la relazione”. (Cassazione civile sez. VI, 21/03/2018, n.6997) .
E’ dunque ampiamente giustificata la pronuncia di addebito della separazione.
Quanto alla collocazione del figlio delle parti.
Ribaditi gli accadimenti sopra evidenziati quale genesi della crisi coniugale che hanno reso in quel momento più che opportuno l’intervento dei servizi sociali, rileva la Corte che il Tribunale nell’individuare le modalità di affidamento e collocazione del minore, nonché di esercizio del diritto di visita da parte della madre ha innanzitutto escluso profili di rilievo psicopatologico a carico della stessa (con motivazione che sebbene censurata dalla parte appellata, oltre che condivisibile, non deve essere riesaminata in questa sede in difetto di appello incidentale) e poi preso in considerazione il trascorso, anche giudiziario, delle parti, i comportamenti dalle stesse tenuto nel corso dei giudizi che le hanno coinvolte e, soprattutto, le condizioni che favoriscono nel modo più adeguato possibile il benessere del minore.
Entro questo perimetro ha tenuto conto della ormai accertata adeguatezza dei rapporti tra madre e figlio (emersa all’esito della definizione del giudizio pendente presso il Tribunale per i minorenni) e dall’assenza di riscontro di ulteriori criticità, tanto da escludere la ricorrenza dei presupposti per disporre il pur richiesto affidamento esclusivo al padre e da prevedere invece dapprima un ampliamento delle occasioni di incontro tra madre e figlio (ordinanza 11.2.2020) e poi, con la sentenza oggi gravata, anche pernottamenti del figlio presso la madre, a fine settimana alternati.
Le ragioni per escludere, allo stato, un collocamento prevalente presso l’abitazione paterna sono state a loro volta individuate nell’esigenza di non turbare l’equilibrio del minore, ormai abituato da tempo a vivere nell’abitazione dei nonni paterni e del padre, mediante cambiamenti che potrebbero rivelarsi tramatici per (omissis).
La decisione anche sotto tale profilo è del tutto condivisibile.
In primo luogo va considerato l’insegnamento della Corte di Legittimità a tenore del quale ““In tema di affidamento dei minori, il criterio fondamentale, cui deve attenersi il giudice della separazione, è costituito dall’esclusivo interesse morale a materiale della prole, previsto in passato dall’art. 155 c.c. ed oggi dall’art. 337 quater c.c., il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché mediante l’apprezzamento della personalità del genitore” (cfr Cass Civ, Sez. VI, 19.7.2016 n. 14728).
E’innegabile che i singoli episodi che hanno portato anche all’addebito della separazione (eccessi d’ira, violenze fisiche perpetrate a danno del coniuge anche alla presenza del bambino, rappresentati intenti suicidiari, evento quest’ultimo che risulta confermato dall’attuale appellante anche negli incontri svolti dinanzi alla psicologa nominata quale CTU nel giudizio di reclamo del decreto di affidamento del figlio ai servizi sociali assunto dal Tribunale dei Minorenni, di cui si contestano, anche a mezzo di propria CTP, solo le competenze e le valutazioni ma non la falsa rappresentazione di quanto ad ella riferito dalle parti stesse in occasione degli incontri svolti in sua presenza) manifestino una minor capacità di adattamento dell’appellante, rispetto all’ex marito, al ricorrere di situazioni stressanti.
Non è dato discutere poi delle competenze genitoriali del padre, che sebbene non scevro da atteggiamenti poco concilianti rispetto alla figura dell’ex coniuge, stante la forte conflittualità tutt’ora persistente, mai è stato valutato, nel corso degli accertamenti compiuti nel giudizio già pendente dinanzi al Tribunale dei Minori, così come la appellante, inidoneo ad esercitare il ruolo di padre.
Ma quel che più conta è che le ragioni della permanenza del collocamento prevalente del minore presso il padre, così come riconosciuto dal Tribunale, rispondono all’esigenza, preminente nella valutazione di tale aspetto, di non turbare, per quanto possibile il regime di vita a cui il minore, ancora in tenera età, si è oramai abituato.
Né si registrano profili di inadeguatezza delle figure che circondano il minore presso la casa paterna o vengono denunciati specifici e gravi attuali comportamenti di disturbo nella serena crescita del minore, da loro posti in essere e tali da consigliare una diversa modalità di collocazione (tale non può ritenersi l’episodio citato nel ricorso e riferibile a fatti non recenti tali da manifestare una confusione di ruoli , del bigliettino per la festa della mamma) .
Tanto può evincersi anche dalla relazione della neuropsichiatra (prodotta dall’appellato con la sua costituzione in giudizio) resa a seguito di richiesta di autorizzazione a far visitare il minore presentata della (omissis) nell’anno 2021 dinanzi al Tribunale di Pescara ed in cui viene descritto, all’esito della valutazione del minore, un quadro certamente positivo dell’attuale regime di collocamento, in cui il bambino ha sereni rapporti singolarmente con tutte le figure parentali di riferimento mentre profili di problematicità vengono segnalati solo nel vissuto di paura che il bambino prova nella situazione di interazione tra le figure genitoriali che lo fa sentire obbligato a mediare tra le stesse.
Non ricorrono pertanto ragioni per modificare, allo stato, tale assetto, soddisfacente per la serena crescita del piccolo (omissis), che ha possibilità di relazionarsi adeguatamente e con congrui tempi di frequentazione di entrambi i genitori.
Quanto all’ultimo motivo di censura ritiene la Corte di condividere alla luce della non risolta conflittualità tutt’ora in essere tra i coniugi, la decisione di non autorizzare la madre a recarsi all’estero per periodi di vacanza con il figlio.
Tale statuizione lungi dall’esprimere qualsivoglia intento punitivo o discriminatorio delle rispettive culture di provenienza del bambino, venendo in discussione esperienze che anzi in condizioni di normalità sicuramente arricchirebbero le conoscenze culturali ed affettive del figlio, di cui comunque questi non è privato vista la costante frequentazione della nonna e della bisnonna materna che spesso sono presenti in Italia, è fondata, a prescindere dai dubbi espressi dall’appellato, proprio sul pericolo che la forte ostilità tra i coniugi possa portare la attuale appellante (ad oggi ancora priva di attività lavorativa e sostentata economicamente dai familiari e pertanto non stabilmente ancorata al territorio italiano) ad assumere senza il consenso del padre la decisione di ritrasferirsi con il bimbo nel suo paese d’origine (magari non nell’immediato vista l’attuale emergenza bellica) vanificando la acquisizione di una globale serenità conquistata da (omissis) proprio mediante l’apporto, la cura e l’affetto di tutti i membri delle rispettive famiglie delle parti, mentre la possibilità di prevedere periodi di vacanza della madre unitamente al figlio nel suo Paese natio presuppone l’instaurazione di un minimo grado di complicità e fiducia nel rapporto tra i genitori per il benessere del figlio, allo stato non raggiunto.
Ovviamente tale decisione, come quella sulla collocazione prevalente del minore, è rivedibile e modificabile nel corso del tempo , al variare delle attuali condizioni.
Quanto alle spese del presente grado di giudizio le stesse, liquidate come in dispositivo ad esclusione delle fasi di trattazione ed istruttoria, non svoltesi, seguono la soccombenza.
Va infine dato atto della ricorrenza dei presupposti di applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30/5/2002, n. 115, che prevede l’obbligo del versamento da parte chi ha proposto un’impugnazione dichiarata inammissibile o improcedibile o rigettata integralmente di versare una ulteriore somma pari al contributo unificato dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte di Appello, definitivamente pronunciando:
1)rigetta l’appello;
2)condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite sostenute dall’appellato che liquida in complessivi € 6.500,00 per compensi ;
3) dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30/5/2002, n. 115;
Co.ì deciso nella Camera di Consiglio del 08.03.2022
