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Corte d’ appello Potenza, 07/10/2024, n.396

Massima

Nella domanda di usucapione è necessario il litisconsorzio qualora le risultanze del registro immobiliare evidenzino l’attuale presenza di più titolari del bene asseritamente oggetto di usucapione, infatti, la tutela invocata dall’usucapiente si rivolge contro l’apparente situazione di titolarità rinveniente dai registri, la quale va pertanto eliminata in confronto di tutti i comproprietari. L’esistenza di più titolari del bene oggetto della domanda riconvenzionale di usucapione impone l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i comproprietari.

Supporto alla lettura

LITISCONSORZIO

Il litisconsorzio è un istituto in base al quale in un processo figurano più parti rispetto alle due essenziali, in particolare, più attori (litisconsorzio attivo), più convenuti (litisconsorzio passivo), più attori e più convenuti (litisconsorzio misto).

Si distinguono due tipologie di litisconsorzio:

-litisconsorzio facoltativo: consente la trattazione in un unico processo di cause tra parti diverse che condividano lo stesso oggetto o lo stesso titolo o la cui decisione dipenda dalla risoluzione di identiche questioni giuridiche. La trattazione unitaria delle cause risponde ad esigenze di mera opportunità, non è un obbligo, al fine di evitare la formazione di giudicati contrastanti.

Art. 103 cpc: ‘Più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono , oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni. 
Il giudice può disporre, nel corso della istruzione o nella decisione, la separazione delle cause, se vi è istanza di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo, e può rimettere al giudice inferiore le cause di sua competenza’

-litisconsorzio necessario: caratterizzato dalla presenza obbligatoria di più parti in un processo quando la decisione finale del giudice può produrre effetti giuridici soltanto se tutte le parti interessate sono coinvolte nel procedimento. Tale istituto risponde all’ esigenza di garantire che il  giudizio sia equo e completo, evitando decisioni parziali o inefficaci che potrebbero pregiudicare i diritti di una delle parti coinvolte.

Art. 102 cpc: Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.
Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito’

Ambito oggettivo di applicazione

Fatto
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
(omissis) conveniva in giudizio (omissis) e (omissis)  esponendo che il primo aveva alienato ai secondi due unità immobiliari site nel Comune di Laurenzana pur non essendone titolare. Affermandosi perciò comproprietario dei beni interessati, domandava che l’atto di acquisto venisse dichiarato a non domino e che i convenuti venissero condannati al rilascio immediato degli immobili ed al risarcimento del danno da illegittima occupazione frattanto sofferto.

I convenuti, costituitisi congiuntamente in giudizio, premettevano un’attenta ricostruzione delle vicende che avevano interessato il fondo, evidenziando come le due unità immobiliari di cui è causa, una volta erette su indicazione di parte attrice, non fossero da questa state possedute. Allegavano, di converso, che gli immobili fossero sin da principio caduti nel possesso esclusivo del (omissis) quale esecutore materiale dell’opus -, possesso nel quale sarebbero poi “succeduti” i menzionati acquirenti. Sulla base di tali circostanze, i convenuti domandavano in via riconvenzionale che venisse accertato l’acquisto per usucapione in loro favore delle unità immobiliari con conseguente rigetto delle pretese dominicali vantate dall’attore (omissis) esperiva inoltre due ulteriori domande riconvenzionali. La prima aveva ad oggetto il rimanente complesso immobiliare cui i due locali oggetto di causa appartengono: il convenuto chiedeva la condanna dell’attore al rilascio anche di tali ulteriori beni, adducendo che il (omissis) ne mantenesse la disponibilità in ragione di un mero contratto di comodato gratuito. In via subordinata, e cioè nel caso in cui il giudice avesse accertato la titolarità delle due unità immobiliari in capo all’attore accogliendo la domanda dallo stesso proposta, chiedeva che controparte venisse condannata alla corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 936 c.c. per il caso di opera realizzata su fondo altrui con materiali propri.

In corso di causa, il contraddittorio veniva esteso in favore di (omissis), in quanto socio di (omissis) nella costruzione dei fabbricati de quibus. In seguito al decesso di due degli originari convenuti e alla riassunzione del processo da parte dei relativi eredi, l’assetto delle parti processuali veniva a cristallizzarsi in quello del presente grado di appello.

La causa, istruita attraverso l’escussione di molteplici testi e l’esperimento di un interrogatorio formale, veniva decisa con la sentenza impugnata, di rigetto delle pretese attoree ed accertamento dell’intervenuta usucapione del bene in favore dei convenuti. Assorbita la domanda subordinata del Ca., l’ulteriore riconvenzionale veniva rigettata per carenza di prova in merito all’esistenza del menzionato contratto di comodato.

Avverso detta pronuncia interpone appello il (omissis).

Questi eccepisce anzitutto un difetto di integrità del contraddittorio. La domanda riconvenzionale di accertamento dell’usucapione, infatti, si riferisce a beni immobili dei quali l’attore ha sin dall’inizio allegato di essere comproprietario, producendo in giudizio la documentazione necessaria all’individuazione degli ulteriori titolari del diritto dominicale, tali (omissis): la domanda, pertanto, avrebbe dovuto essere estesa a questi ultimi. Nel merito, l’atto di appello si diffonde in una serrata critica alla ricostruzione storica fatta propria dal giudice di prime cure, evidenziando come il complessivo compendio probatorio autorizzi a ritenere l’assenza di un possesso utile ad usucapionem in capo agli appellati. Il (omissis)  insiste pertanto nell’accoglimento delle originarie domande proposte in primo grado.

Gli appellati, benché costituitisi separatamente, muovono, nel complesso, censure sostanzialmente sovrapponibili. Escludono in primo luogo la necessità di integrazione del contraddittorio, in quanto, come affermato dal giudice di prime cure, la domanda di accertamento dell’usucapione è stata azionata unicamente “in danno dell’attore” ritenendo perciò sufficiente il contraddittorio nei confronti dello stesso. Nel merito, evidenziano come risulti insufficiente la prova del titolo dominicale posto a fondamento della pretesa di rilascio dell’immobile: tale carenza di prova si renderebbe tanto più significativa in quanto l’azione esperita dall’attore andrebbe qualificata come di rivendicazione, con conseguente applicazione del rigoroso regime probatorio sollecitato in generale dalle azioni petitorie. Quanto alla domanda riconvenzionale, l’esame delle risultanze testimoniali imporrebbe una ricostruzione in fatto opposta a quella elaborata dal (omissis).

Gli appellati chiedono dunque il rigetto integrale del mezzo di gravame.

Gli eredi di (omissis) spiegano infine appello incidentale avverso la sentenza gravata nella parte in cui il giudice ha omesso di motivare in merito alla domanda riconvenzionale subordinata avente ad oggetto l’indennizzo di cui all’art. 936 c.c. Sempre in via incidentale, viene domandata la riforma del capo inerente alle spese, denunciando la manifesta illogicità della scelta di disporne la parziale compensazione pur a fronte del totale rigetto delle pretese attoree.

Il giudizio d’appello non è stato istruito se non documentalmente e trattenuto in decisione all’udienza del 30 aprile 2024.

In limine, va dichiarata l’ammissibilità dell’appello principale. (omissis) lamentano la genericità delle deduzioni veicolate dall’appellante principale in violazione dell’art. 342 c.p.c. Tuttavia, come dianzi esposto, l’atto di impugnazione esprime articolate ragioni di doglianza su punti specifici della sentenza di primo grado, individuandosi con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le censure in concreto mosse alla motivazione della sentenza medesima, sicché non residuano ragionevoli dubbi sui profili della decisione impugnata che l’appellante aspira a veder riformati.

Del resto, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili (sent. n. 27199 del 16/11/2017) ha affermato che gli artt. 342 e 434 c.p.c. (nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 22/06/2012, convertito, con modificazioni, in L. n. 134 del 07/08/2012), vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, insieme ad essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.

Ancora in via pregiudiziale, atteso il potenziale carattere assorbente, occorre approfondire l’eccezione sollevata dall’appellante in merito alla carente integrazione del contraddittorio rispetto alla domanda riconvenzionale di accertamento dell’usucapione.

Questi, premesso di aver agito in qualità di comproprietario dei beni, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la sussistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario in quanto la domanda di usucapione va proposta “nei confronti di chi possiede il bene o ne è proprietario all’atto della domanda e non anche dei precedenti danti causa che non hanno la veste di litisconsorti necessari” e nella parte in cui ha ritenuto che il (omissis) non avesse fornito il nominativo di eventuali altri contro- interessanti alla pronuncia di usucapione.

Con riguardo a tale primo motivo di gravame le parti appellate ne hanno contestato la fondatezza attesa la bontà delle argomentazioni svolte dal giudice di prime cure ed assumendo che il (omissis) “pur essendosi dichiarato formalmente comproprietario del fondo su cui è stata realizzata la costruzione ha agito da proprietario e possessore esclusivo degli immobili oggetto della domanda di usucapione”.

Così ricostruite, in sintesi, le ragioni della decisione impugnata sotto tale profilo e le rispettive prospettazioni delle parti, si osserva quanto segue.

Anzitutto, diversamente da quanto prospettato dalle parti appellate, (omissis) ha agito in giudizio fin dall’atto introduttivo di primo grado assumendo la propria qualità di comproprietario e la titolarità dei beni per cui è causa in capo a sé ed agli altri comproprietari (cfr. p. 1 dell’atto di citazione “l’attore è comproprietario di un appezzamento di terreno (…)”, p. 2 dell’atto di citazione “(…) il signor (omissis) non ha mai posseduto con animo domino gli immobili in questione che, invece, appartengono, unitamente alle altre unità immobiliari facenti parte del fabbricato, in maniera esclusiva all’attore ed agli altri comproprietari”).

A tale scopo, diversamente da quanto argomentato in sentenza, ha prodotto la visura catastale utile all’individuazione degli altri titolari di detti beni.

Ciò premesso, il motivo di gravame è fondato.

Come noto, l’art. 102 co. 1 c.p.c. pone la regola del litisconsorzio necessario quante volte, per la particolare configurazione del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, la decisione non possa pronunciarsi “che in confronto di più parti”. Nell’interpretazione della disposizione occorre adottare un approccio funzionalistico, riconoscendo la necessità del litisconsorzio solo ove la tutela invocata dall’attore sostanziale sarebbe altrimenti inutiliter data, in quanto non opponibile a tutti i soggetti da cui promana l’originaria lesione che ha condotto l’attore dinanzi al giudice.

Va rilevato altresì, con specifico riguardo alla domanda di usucapione, come la giurisprudenza di legittimità riconosca la necessità del litisconsorzio qualora le risultanze del registro immobiliare evidenzino l’attuale presenza di più titolari del bene asseritamente oggetto di usucapione: in tale evenienza, infatti, la tutela invocata dall’usucapiente si rivolge contro l’apparente situazione di titolarità rinveniente dai registri, la quale va pertanto eliminata in confronto di tutti i comproprietari (sulla sussistenza di un litisconsorzio necessario nell’ipotesi di domanda di usucapione di bene in comunione cfr. Cass. n. 10745/2019 secondo cui “In tema di condominio negli edifici, ove un condomino, convenuto in un giudizio di rivendica di un bene comune, proponga un’eccezione riconvenzionale di usucapione, al fine limitato di paralizzare la pretesa avversaria, non si configura un’ipotesi di litisconsorzio necessario in relazione ai restanti comproprietari, risolvendosi detta eccezione, che pur amplia il “thema decidendum”, in un accertamento “incidenter tantum”, destinato a valere soltanto fra le parti. Invece, in caso di domanda riconvenzionale di usucapione, il contraddittorio va esteso a tutti i condòmini perché l’azione è diretta ad ottenere un effetto di giudicato esteso a questi ultimi” ed anche Cass. n. 8593/2022).

L’esistenza di più titolari del bene oggetto della domanda riconvenzionale di usucapione quale emerge dalla documentazione prodotta dal (omissis), avrebbe perciò imposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei comproprietari pretermessi.

Le ragioni che precedono, atteso il disposto dell’art. 354 c.p.c. conducono alla rimessione della causa al primo giudice. Né possono essere esaminati i motivi di gravame incidentale involgenti il mancato accoglimento della domanda di condanna dell’attore al pagamento di un indennizzo trattandosi di domanda proposta in via gradata e rinconvenzionale per l’ipotesi di accoglimento della domanda principale proposta dal (omissis).

Invero, per stessa ammissione dell’appellante incidentale, l’azione diretta ad ottenere un indennizzo ai sensi dell’art. 936 c.c. era stata esperita in via subordinata, per l’evenienza in cui il giudice di prime cure avesse ritenuto provata la titolarità delle res litigiosa e in capo al (omissis).

La necessità di indagare detta domanda all’esito dell’accertamento della domanda di usucapione ne comporta l’assorbimento in questa sede. Così come è assorbita la disamina del motivo di appello incidentale involgente il regolamento delle spese di lite disposto dal primo giudice.

Quanto alle spese di lite relative al presente giudizio, le ragioni meramente processuali della decisione ne suggeriscono una compensazione integrale tra le parti.

P.Q.M.
La Corte di Appello di Potenza – Sezione Civile, definitivamente pronunciando sulla domanda in epigrafe trascritta, ogni altra istanza, difesa, eccezione e deduzione respinta, così provvede:- dichiara che nel giudizio di primo grado il contraddittorio doveva essere integrato nei confronti di tutti i proprietari dei beni oggetto della domanda riconvenzionale di usucapione proposta da (omissis);

– rimette, ai sensi degli artt.354 co.1 c.p.c., la causa al giudice di primo grado, Tribunale di Potenza, con termine di legge per la riassunzione decorrente dalla notificazione della presente sentenza;

– dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali relative al presente grado di giudizio.

Così deciso in Potenza nella camera di consiglio dell’1 ottobre 2024.

Depositata in Cancelleria il 7 ottobre 2024.

Allegati

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