Ritenuto in fatto:
Nel corso del procedimento penale a carico di (omissis), imputato della contravvenzione di cui agli artt. 68, prima parte, del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e 666, commi primo e secondo, del codice penale, per avere in occasione della festa del patrono e nel proprio esercizio pubblico, organizzato e tenuto una gara di giuoco delle bocce, senza la licenza del Questore che gliel’aveva negata: il pretore di Racconigi ha sollevato, in rapporto ad entrambi i citati articoli, questione di legittimità costituzionale, con riferimento all’articolo 17, comma secondo, della Costituzione.
Se, per le riunioni anche in luogo pubblico, ha osservato il pretore, la norma costituzionale dispone che non sia richiesto preavviso, nessuna autorizzazione deve occorrere per tenere in un pubblico esercizio che è luogo aperto al pubblico una gara di bocce; sì che l’art. 68, prima parte, del testo unico delle leggi di p.s. e l’art. 666 del codice penale – sopra citati – che richiedono, per trattenimenti del genere da tenersi in tali luoghi, la licenza del Questore, appaiono non conformi alla norma costituzionale.
Considerato in diritto:
1. – Il pretore di Racconigi ritiene che gli artt. 68 del testo unico delle leggi di p.s. (R.D. 18 giugno 1931, n. 773) e 666 del codice penale – i quali dispongono che per trattenimenti di qualsiasi genere da tenere in luogo aperto al pubblico occorre la licenza del Questore – siano contrari alla norma dell’art. 17 della Costituzione, la quale dispone che solo per le riunioni in luogo pubblico e non anche per quelle in luoghi aperti al pubblico, deve essere dato preavviso alla autorità. E se non occorre preavviso, argomenta il pretore, non può a maggior ragione occorrere licenza.
2. – La questione è fondata, ma solo parzialmente.
Dispone l’art. 17 della Costituzione che i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi e che per le (loro) riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Il diritto di riunione è quindi tutelato nei confronti della generalità dei cittadini, che, riunendosi, possono dedicarsi a quelle attività lecite, anche se per scopo di comune divertimento o passatempo (sentenza n. 142 del 1967) e quindi a quei trattenimenti cui si riferiscono i due articoli in rapporto ai quali è stata sollevata la questione di costituzionalità.
Se, dunque, la riunione è indetta anche in luogo aperto al pubblico da persone che intendono riunirsi per attuare gli scopi anzidetti, fra i quali i trattenimenti di cui parlano le citate disposizioni, nessuna autorizzazione e nessun preavviso occorre.
Gli articoli denunziati, in quanto, per tale fattispecie, richiedono in ogni caso e da parte di tutti una licenza, sono da ritenersi perciò contrari alla norma costituzionale.
3. – Diversamente è a dirsi se la riunione, avente per oggetto un trattenimento di danza, di giuoco, di sport, ecc., è invece indetta in un pubblico locale da parte del titolare nell’esercizio della sua attività imprenditoriale.
In tal caso non è il diritto di riunione quello che egli intende esercitare, bensì il diritto di libera iniziativa economica che gli consente di organizzare la propria azienda e di svolgervi le attività lecite inerenti alla sua impresa.
Si è, cioè, non più nella sfera dei diritti dell’art. 17 della Costituzione, ma di quelli tutelati dall’art. 41, che, peraltro, ammettono limiti e controlli nel pubblico interesse. Ad ogni modo, poiché tale ultima norma non è stata invocata, la Corte deve astenersi dall’esame della questione relativa.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 68 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e 666 del codice penale, nella parte in cui prescrivono che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti nell’esercizio di attività imprenditoriali, occorre la licenza del Questore.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1970.
