1. – I fatti di causa sono stati così esposti nella sentenza indicata in oggetto:
«Con citazione notificata il 3/3/11 Ma. Pa. conveniva davanti al Tribunale di Roma Ma. Ca. perché fosse accertato che gli atti di compravendita degli immobili siti in Roma, via (omissis), e in Gradoli (VT) – Loc. Peschiera da Luciana Altobelli a Ma. Ca. dissimulavano delle donazioni, che siffatte donazioni erano lesive della sua quota di riserva e dovevano essere dichiarate inefficaci e inopponibili, perché fosse disposta la reintegrazione del patrimonio ereditario disponibile e fosse sciolta la comunione con il fratello. Assumeva Ma. Pa. che: – il 6/2/11 era deceduta in Macerata Lu. Al. (domiciliata in Roma) lasciando eredi i figli Pa. e Ma. Ca.; – al momento dell’apertura della successione l’asse ereditario era composto dai seguenti cespiti mobiliari: quote sociali della “G.B. Ma. M.N. & R.I.A.” s.r.l., depositi di conto corrente intestati alla de cuius e a Ma. Ca. presso il Gruppo Credito Emiliano, la Banca di credito cooperativo di Pitigliano, il Banco di Sicilia e la Banca Popolare di Bergamo, 227 azioni ordinarie e 140 azioni privilegiate Unipol depositate sul conto titoli della Banca Popolare di Bergamo, mobili all’interno dell’abitazione di via (omissis) tra cui 5 quadri di Renzo Vespignani, molti altri quadri di diversi autori (tra cui Guido Bernardi), 1 mobile con ribalta e cassetti a scomparsa del 1800, 1 sala da pranzo stile inglese con tavolo ovale e sei sedie, mobile con vetrina a due ante, 1 salotto con due divani di pelle a due e tre posti più un tavolo di cristallo, 1 mobile antico ad angolo con alzata e cassetti, 1 comò di pregio con tre cassetti, 1 testiera da letto matrimoniale della fine del ‘700 in tessuto e bordata in legno dorato, mobili di arredamento comune, tra cui una libreria a parete fatta a mano alta 3 metri e lunga 4,50 metri, 1 anello con zaffiro ovale circondato da brillanti con montatura a catena in oro giallo, 1 anello con perla grigia (provenienza Polinesia) e brillanti montati in oro, 1 anello con brillante taglio antico e montato in oro giallo, 1 spilla in oro giallo lavorato e smalto alta circa 7 cm a forma di leopardo con brillanti, rubini e zaffiri, 1 collana montata in oro con uno smeraldo a goccia, 1 collana di perle coltivate lunga 60 cm, 1 collana lunga formata da fili di zaffiri e smeraldi intrecciati e intervallati da anelli di oro giallo, lunga circa 50 cm, diverse collane di pietre dure, catene d’oro e bracciali rigidi e a catena sempre in oro, oltre a diverse paia di orecchini in oro giallo e oro bianco senza “buco”, diversi anelli a fascia, 1 servizio da tè in argento composto da teiera, zuccheriera, lattiera e vassoio; – l’asse ereditario doveva ricostituirsi con i seguenti cespiti immobiliari: porzione immobiliare facente parte del fabbricato sito in Roma alla Via (omissis), appartamento posto al terzo piano, distinto con il numero interno 8, composto di quattro camere ed accessori, confinante con vano scala, appartamento int. 7, affaccio su cortile interno, nonché locale soffitta posto al piano della terrazza distinto con il numero interno 9, confinante con corridoio, vano scala e altre due soffitte del piano, censiti nel NCEU del Comune di Roma alla partita (omissis), categ. A/2, classe 3, vani 7,5; terreno agricolo sito nel Comune di Gradoli (VT) – Loc. Peschiera con sovrastanti due piccoli fabbricati rurali ad uso ricovero attrezzi, di are 70,50, confinante con strada del lago, strada provinciale e fosso, censito nel catasto alla partita (omissis), sem. irrig. Di 1 di are 49, centiare 70, RD £ 161525, RA £ 69580, (omissis), fabbr. Rurale di are 4, foglio (omissis), sem. irrig. Di 1 di are 14, RD £ 45500, RA £ 19600; – tanto perché con atto di compravendita del (omissis) a rogito Notaio Fr. Ba., Lu. Al. vendeva apparentemente al figlio Ca. l’appartamento posto al terzo piano, distinto con il numero interno 8, e il locale soffitta posto al piano della terrazza distinto con il numero interno 9 del civico 49 scala B del fabbricato sito in Roma alla Via (omissis) per il fittizio prezzo di £ 410.000.000 che in realtà non venne mai corrisposto da Ma. Ca.; – parimenti con atto di compravendita del (omissis) a rogito Notaio La. Gi., Lu. Al. vendeva apparentemente al figlio Ca. la nuda proprietà dei 5/6 del fondo rustico in Gradoli alla Loc. Peschiera ma in realtà non venne mai corrisposto da Ma. Ca. alcun prezzo; – l’eventuale prova del pagamento di parte del prezzo non avrebbe impedito di ravvisare un negotium mixtum cum donatione che abilitava comunque a ravvisare la lesione di legittima e la necessità di riduzione delle donazioni nonché a reintegrare la quota di riserva; – aveva interesse a sciogliere la comunione ereditaria sulla massa che gli spettava nella misura del 50% della quota disponibile. Si costituiva Ma. Ca. eccependo che: – Lu. Al. aveva inteso regolare la sua successione con il testamento olografo pubblicato il 25/3/11 dal Notaio V. Pa. di Roma, rep. (omissis), che istituiva entrambi i figli eredi universali attribuendo a Ma. Ca. la legittima e la disponibile mentre a Ma. Pa. la sola legittima, con l’effetto che al primo spettavano i due terzi dell’intero asse ereditario e alla seconda un solo terzo; – nel rispetto di siffatte quote la comunione ereditaria incidentale si sarebbe formata solo con quei beni che nel testamento non venivano destinati in via esclusiva ad esso Ca. come le quote sociali della “G.B. Ma. M.N. & R.I.A.” s.r.l.; – il solo rapporto di conto corrente presso la Banca di credito cooperativo di Pitigliano era cointestato, mentre quello presso il Gruppo Credito Emiliano gli risultava estinto da tempo così come quello presso la Banca Popolare di Bergamo dove in passato le veniva accreditata la pensione che transitò su un nuovo rapporto di conto corrente presso la Banca Intesa, ancora quello presso il Banco di Sicilia gli risultava inesistente, così come il deposito titoli di 227 azioni ordinarie e 140 azioni privilegiate Unipol presso la Banca Popolare di Bergamo; – l’elencazione dei mobili e dei gioielli trascurava che molti dei beni appartenuti a Lu. Al. erano stati da ella venduti, essendo rimasti nella sua disponibilità i soli mobili indicati nel testamento tra cui: il commode fine 1700, il bureau del 700, la madia prima metà 1900 restaurata, il piccolo mobile bar fine 1700 e il pianoforte Schiller lasciati a Ma. Pa. a titolo di legato in conto di legittima, mentre il bureau fine 1700, il troumont stile 700 veneziano dell’800, il commode fine 1700 gli erano stati attribuiti e avevano valore inferiore ai beni attribuiti a Ma. Pa.; – l’appartamento e il locale soffitta in Roma alla Via Eusebio Chini e la nuda proprietà dei 5/6 del fondo rustico in Gradoli alla Loc. Peschiera erano stati acquistati pagando prezzi regolarmente quietanzati, in particolare per quest’ultimo mediante pagamento di nove rate del residuo mutuo acceso da Lu. Al. con la Banca di Credito Cooperativo di Pitigliano in data (omissis) a rogito Notaio Fo. di Viterbo; – la stessa domanda di riduzione era genericamente formulata; – la stessa Ma. Pa., quando era ancora studentessa, acquistò, grazie all’intervento esclusivo di Lu. Al., con atto a rogito Notaio Ba. di Roma rep. (omissis), da Ro. Mo. la piena proprietà dell’appartamento int. 6 e del box distinto con il numero romano XXIII facenti parte del fabbricato sito in Roma alla Via (omissis), censito nel NCEU del Comune di Roma alla partita (omissis), rispettivamente: p.lla (omissis), vani 7,5, r.c. £ 6.450 (l’appartamento e la soffitta), p.lla (omissis), classe 9, categ. 0/6, mq 11, r.c. £ 650 (il box); – Ma. Pa. acquistò anche con atto apparentemente a titolo oneroso a rogito Notaio P. La. di Viterbo del 30/8/99, da Ma. Ma. Ma., da Lu. Al. e da egli stesso Ma. Ca. la piena proprietà dei 5/6, essendo già proprietaria del restante terzo dell’abitazione sita nel Comune di Gradoli in via (omissis), al piano terreno, primo ed annessi due locali soffitte di vani catastali undici, confinante con proprietà Ci., Piazza V. Emanuele e Via San Vittore, distinta nel NCEU del Comune di Gradoli alla partita (omissis), classe 2, vani 11, r.c. £ 2.255.000, ricevendo in realtà in donazione la quota di 1/6 da Lu. Al.; – dovevano ripartirsi pro-quota tra gli eredi i pesi dell’eredità tra cui le spese funebri per € 6.531,60, € 364,00 per la badante, € 300,00 per la clinica, tutte sostenute da egli Ma. Ca.. Concludeva Ma. Ca., perché previa chiamata in causa di Ma. Ma. Ma., fosse rigettata la domanda di simulazione e di riduzione formulate dall’attrice, e, in via riconvenzionale, fosse dichiarato che l’acquisto dell’appartamento int. 6 e del box distinto con il numero romano XXIII facenti parte del fabbricato sito in Roma alla Via (omissis) costituiva donazione indiretta lesiva della sua quota di riserva e fosse ridotta dichiarandone l’inefficacia, fosse dichiarato che l’acquisto di 1/6 della nuda proprietà del fondo rustico in Gradoli alla Loc. Peschiera da Lu. Al. dissimulava una donazione nulla per difetto di forma e lesiva della sua quota di riserva e fosse ridotta dichiarandone l’inefficacia, fosse accertato il suo diritto al rimborso di pesi ereditari per € 2.398,53, e fosse infine disposto lo scioglimento della comunione».
È stata autorizzata la chiamata in giudizio di Ma. Ma. Ma., che non si è costituita ed è stata dichiarata contumace.
La causa, istruita documentalmente, con espletamento dell’interrogatorio formale di Ma. Ma. Ma. e di Ma. Pa. e CTU, è stata così decisa con la suddetta sentenza, con la quale il Tribunale di Roma ha ritenuto infondate le domande di simulazione, di riduzione e di reintegrazione delle quote di legittima delle parti e ha ripartito tra le stesse i debiti ereditari, ponendoli a carico di Ma. Pa. nella misura di 1/3:
«- dichiara aperta la successione di Lu. Al., deceduta in Macerata il 6/2/11; – dichiara regolata la sua successione dal testamento olografo pubblicato il 25/3/11 dal Notaio V. Pa. di Roma, rep. (omissis); – condanna Ma. Pa. a rimborsare a Ma. Ca. debiti e pesi, ereditari nella misura di € 2.177,20, oltre interessi dalla domanda al soddisfo; – rigetta ogni altra domanda; – compensa per intero le spese del giudizio; – pone definitivamente a carico delle parti costituite pro-quota e solidalmente verso il CTU le spese e competenze liquidate in suo favore con provvedimento del 5/6/14».
Con atto di citazione ritualmente notificato Ma. Pa. ha proposto appello contro la sentenza citata deducendone l’erroneità sulla base di quattro motivi, che saranno in seguito esaminati, e ne ha chiesto la parziale riforma, con accoglimento delle seguenti conclusioni: «1. In via preliminare, nel merito accertare e dichiarare che gli atti di vendita degli immobili siti in Roma, in Via (omissis) e in Gradoli (VT) -Loc. Peschiera, disposti dalla Sig.ra Lu. Al. nei confronti del Sig. Ca. Ma. sono stati compiuti per dissimulare atti di donazione in favore di questi, con ogni conseguenza quanto all’efficacia dei medesimi. 2. In via principale, nel merito, previo accertamento della consistenza del patrimonio ereditario, accertare e dichiarare che le suindicate donazioni immobiliari sono lesive quota di riserva spettante alla sig.ra Pa. Ma. in qualità di figlia legittima della de cuius, ai sensi e per gli effetti dell’art. 537 c.c. e, di conseguenza dichiarare inefficaci nonché inopponibili ex tunc nei confronti della Sig.ra Pa. Ma. le donazioni immobiliari de quibus disposte dalla sig.ra Lu. Al. in favore del figlio Ca. Ma., in tutto o nei limiti della quota di riserva come calcolata sul patrimonio disponibile, ai sensi e per gli effetti dell’art. 555 c.c.; 3. In via subordinata, nel merito nella ipotesi di accoglimento parziale delle precedenti domande accertare che gli atti di disposizione immobiliare di cui sopra hanno costituito negotia mixta cum donatione, e per l’effetto disporre la riduzione in favore dell’attrice sulla frazione dell’immobile che la de cuius intese donare al convenuto, con riferimento ai valori immobiliari al momento dell’apertura della successione; 4. Previa disposizione dell’inventario di tutti i beni mobili, disporre la reintegrazione del patrimonio ereditario disponibile, accertare e dichiarare, ai sensi dell’art. 713 c.c., lo scioglimento della comunione ereditaria in essere tra al sig.ra Pa. Ma. ed il fratello germano Ca. Ma., per l’effetto, dichiarare il diritto della sig.ra Pa. Ma. a succedere in concorso con il Sig. Ca. Ma. nella universalità di beni della de cuius, con attribuzione del 50% del patrimonio disponibile, secondo un comodo progetto di divisione da disporsi con l’ausilio di un Consulente Tecnico da nominarsi d’ufficio; 5. Nel merito, ordinare la correlativa divisione in relazione alle singole quote e, in caso di ravvisata non materiale divisibilità dei beni, ordinare la vendita all’incanto dei beni immobili e mobili, con formazione successiva di separate masse liquide da ripartire tra i singoli condividenti; 6. In ogni caso, porre ogni spesa a carico della massa e, in caso di infondata contestazione sul diritto a dividere, ovvero di inaccoglibili contestazioni durante le operazioni di divisione, condannare l’opponente alle relative spese legali e di procedura. Con riserva di emendare ed integrare le presenti conclusioni. Con vittoria di spese e compensi […] relativi a entrambi i gradi di giudizio, da distrarsi […]».
Ma. Ca. si è costituito, ha resistito all’appello, chiedendone il rigetto, ha proposto appello incidentale avverso la sentenza di primo grado, deducendone l’erroneità sulla base di tre motivi, e ne ha chiesto la riforma, con accoglimento delle domande formulate in via riconvenzionale ai punti 5), 6) e 7) della comparsa di costituzione e risposta del giudizio di primo grado, che di seguito si trascrivono, fatta eccezione per quella di condanna al pagamento della quota di spese funebri accolta dal Tribunale: «[…]; 5) in via riconvenzionale, accertare e dichiarare che l’atto a rogito Notar Ba. di Roma Rep. (omissis), con il quale la sig.ra Pa. Ma. ha acquistato dal sig. Ro. Mo. la piena proprietà dell’appartamento int. 6, del locale soffitta distinto sempre con il numero 6 e del box facenti parte del fabbricato sito in Roma Via (omissis)censito nel N.C.E.U. del Comune di Roma alla partita (omissis), rispettivamente: particella (omissis), vani 7,5 r.c. L. 6.450 (l’appartamento e la soffitta); particella (omissis), categ. C/6, mq 11, r.c. L. 650 (il box), integra una donazione indiretta intervenuta tra la de cuius e l’attrice lesiva della quota di riserva del sig. Ca. Ma. e per l’effetto, accertata l’entità del patrimonio relitto, ridurla dichiarandone l’inefficacia relativa nei confronti di quest’ultimo reintegrandolo nella suddetta quota con obbligo di restituzione dei frutti ex art. 561 c.c. e, difettando la relativa dispensa, obbligare quest’ultima ad imputare detto immobile alla propria quota di legittima e ad effettuare la conseguente collazione, non essendo stata all’uopo dispensata, con obbligo di versare alla massa ereditaria l’eccedenza; 6) sempre in via riconvenzionale, accertare e dichiarare che l’atto a rogito Notar P. La. di Viterbo, Rep. (omissis) con il quale la sig.ra Pa. Ma. ha acquistato dalla sig.ra Ma. Ma. Ma., dalla sig.ra Lu. Al. e dal sig. Ca. Ma. la piena proprietà dei 5/6 (rispettivamente 3/6 dalla prima ed 1/6 ciascuno dagli altri due), dell’abitazione sita nel Comune di Gradoli in Via (omissis) distinta nel N.C.E.U. del Comune di Gradoli, alla partita (omissis), Vani 11, R.C. lire 2.255.000 dissimula una donazione nulla per difetto di forma ex art. 48 Legge Notarile n. 89/13 con riferimento alla quota di 1/6 ceduta dalla de cuius all’attrice, lesiva della quota di riserva del sig. Ca. Ma. e, per l’effetto, accertata l’entità del patrimonio relitto, dichiarare che quest’ultima quota deve essere integrata anche tenendo conto della predetta frazione di immobile con obbligo di restituzione dei frutti ex art. 561 c.c. ovvero, in subordine, laddove la predetta donazione venga ritenuta valida, dichiararne l’inefficacia relativa nei confronti del sig. Ca. Ma. reintegrandolo nella suddetta quota di riserva con obbligo di restituzione dei frutti ex art. 561 c.c. e, difettando la relativa dispensa, obbligare l’attrice ad imputare detto immobile alla propria quota di legittima e ad effettuare la conseguente collazione, non essendo stata all’uopo dispensata, con obbligo di versare alla massa ereditaria l’eccedenza; 7) sempre in via riconvenzionale, accertare e dichiarare il credito vantato dal sig. Ca. Ma. nei confronti della coerede Pa. Ma. per il rimborso, in base alle quote stabilite nel testamento, di tutte le spese poste a carico dell’eredità allo stato ammontanti a complessivi € 7.195,60 anticipate dal primo per far fronte alle spese funebri della madre pari ad € 6.531,60, a quelle per la badante che ha assistito la sig.ra Al. durante gli ultimi giorni di vita attualmente pari ad € 364,00 ed a quelle per l’anticipo del ricovero in clinica della madre pari ad € 300,00 e per l’effetto condannare l’attrice a rimborsare al convenuto, nella misura di un terzo, la somma di € 2.398,53 o quella diversa somma maggiore o minore che risulterà in corso di causa, oltre interessi dalla data della domanda sino all’effettivo soddisfo; 8) […]».
In via istruttoria Ma. Ca. ha chiesto la rinnovazione della CTU.
Bu. Fr. e Bu. An., nella loro qualità di eredi della Sig.ra Ma. Ma. Ma., regolarmente evocati in giudizio, non si sono costituiti e sono stati dichiarati contumaci.
La causa è stata, da ultimo, trattenuta in decisione all’udienza del 24 gennaio 2023 senza concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., avendovi le parti rinunciato ed essendosi riportate ai propri scritti e alle note autorizzate depositate in occasione delle precedenti udienze, originariamente fissate per la decisione a seguito di trattazione orale ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.
2. – L’eccezione di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. sollevata da Ma. Ca. deve essere respinta, in quanto dalla lettura dell’atto di appello è possibile identificare con chiarezza quali siano le parti della sentenza di cui si chiede la modifica, le specifiche ragioni in fatto e in diritto che stanno alla base di tale richiesta e il risultato finale che Ma. Pa. vuole conseguire, trasfuso nelle conclusioni.
3. – L’appello principale di Ma. Pa., che contiene quattro motivi, è parzialmente fondato.
3.1. – I primi tre motivi di appello possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, avendo a oggetto il medesimo capo della decisione, con il quale il Tribunale ha ritenuto che la compravendita del 15 settembre 1997 da Lu. Al. a Ma. Ca. dell’appartamento sito in Via (omissis), e la compravendita del 2 febbraio 2007 dei 5/6 della nuda proprietà del terreno agricolo sito nel Comune di Gradoli (VT) – Loc. Peschiera con sovrastanti due piccoli fabbricati rurali da Lu. Al. a Ma. Ca. non dissimulano una donazione sulla scorta delle seguenti argomentazioni:
«Non possono considerarsi come mai fuoriusciti dal patrimonio di Lu. Al. e quindi rientranti tra i cespiti caduti in successione gli immobili da ella alienati in vita. Più segnatamente, la compravendita del 15/9/97 da Lu. Al. a Ma. Ca. dell’appartamento in Roma alla Via (omissis), non dissimula una donazione non sussistendo evidenze contrarie al tenore della dichiarazione resa dalle parti per cui il prezzo di £ 410.000.000 venne versato dalla parte acquirente alla parte alienante che rilasciava quietanza liberatoria prima della formazione dell’atto. In particolare, il prezzo di £ 410.000.000 indicato nell’atto quale valore della piena proprietà del cespite, lungi dal costituire indizio di simulazione in quanto si discosterebbe dal valore di mercato, esprime in realtà il valore catastale, convenzionalmente determinato in passato, dal prodotto della rendita catastale rivalutata per un moltiplicatore dato dalla categoria catastale di appartenenza del bene. In tale contesto il rapporto di parentela tra venditore e compratore non può di per sé costituire indizio valorizzabile nel senso della gratuità del trasferimento. Analoghe considerazioni devono valere per la compravendita dei 5/6 della nuda proprietà del terreno agricolo sito nel Comune di Gradoli (VT) – Loc. Peschiera con sovrastanti due piccoli fabbricati rurali del 2/2/07, per la quale esiste oltretutto specificazione nello stesso atto che il prezzo di € 60.208,82 venne pagato quanto ad € 47.119,18 mediante il pagamento di sette rate comprensive di capitale ed interessi del mutuo concesso dalla BCC di Pitigliano mediante addebito nel conto corrente intestato a Ma. Ca. presso l’Agenzia di Latera n. (omissis) e quanto alla residua somma di € 13.089,64 mediante accollo delle ultime due rate, e di tanto viene fornito riscontro».
Con il primo motivo di appello, rubricato «Violazione e falsa applicazione dell’art. 1414 c.c.», Ma. Pa. sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, l’esponente, avendo agito in qualità di legittimaria, assume la qualità di terzo rispetto alle parti contraenti Lu. Al. e Ma. Ca. e può, pertanto, fornire la prova della natura simulata degli atti di compravendita citati senza limiti a norma dell’art. 1417 c.c.; conseguentemente, il giudice di primo grado avrebbe dovuto accogliere la domanda proposta dall’attrice avente a oggetto la declaratoria della natura simulata delle compravendite in questione, essendovi indizi gravi, precisi e concordanti che avvalorerebbero tale affermazione, come evidenziato con il secondo e il terzo motivo di appello.
Con il secondo motivo di appello, rubricato «Errata valutazione degli elementi indiziari e delle emergenze documentali», Ma. Pa. sostiene che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, il giudice di primo grado avrebbe dovuto dichiarare che la compravendita del 15 settembre 1997 da Al. Lu. a Ma. Ca. dell’appartamento sito in Roma, via (omissis), con soffitta interno n. 9, dissimula una donazione, in quanto: a) la dichiarazione resa dalle pari contraenti riguardo all’avvenuto pagamento del prezzo pattuito di lire 410.000.000, ancorché contenuta nel rogito del 15 settembre 1997, non è idonea a provare l’effettivo pagamento del prezzo, essendo stata tale circostanza contestata dalla legittimaria; b) vi è motivo di presumere che il prezzo non sia stato pagato, non avendo Ma. Ca. offerto la prova del pagamento. Analoghe considerazioni Ma. Pa. ha svolto riguardo alla compravendita del 2 febbraio 2007 avente a oggetto l’acquisto dei 5/6 della nuda proprietà del terreno agricolo sito nel Comune di Gradoli (VT), loc. Peschiera, con sovrastanti due piccoli fabbricati rurali, posto che anche in questo caso Ma. Ca. non avrebbe fornito la prova del pagamento dei sette ratei di muto comprensivi di sorte e interessi effettuato in luogo di Al. Lu., per estinguere le corrispondenti rate di mutuo da quest’ultima contratto per l’acquisto del terreno de quo.
Con il terzo motivo di appello, rubricato «Errata valutazione delle emergenze documentali», Ma. Pa. censura il capo della decisione sopra trascritto, nella parte in cui il Tribunale ha escluso che la compravendita del 2 febbraio 2007 da ultimo citata dissimuli una donazione, deducendo che il carattere oneroso del negozio posto in essere tra Al. Lu. e Ma. Ca. non è stato provato, in quanto Ma. Ca. ha effettuato il pagamento del prezzo della compravendita versandolo dal proprio conto personale su altro conto cointestato con la madre Lu. Al., dal quale l’istituto mutuante avrebbe, poi, addebitato le rate del mutuo acceso da Lu. Al. indicate nel contratto del 2 febbraio 2007. Deduce, inoltre, l’appellante che il capo della decisione impugnato è frutto anche di un’errata valutazione della CTU disposta nel corso dell’istruttoria, avendo il consulente d’ufficio evidenziato nella propria relazione che le compravendite stipulate tra Al. Lu. e Ma. Ca. sono simulate.
I motivi di appello in esame sono parzialmente fondati.
3.1.1. – Il primo motivo di appello è fondato.
Ed invero, dalla lettura delle conclusioni rassegnate da Ma. Pa. nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado sopra trascritte (§ 1.) si evince che la stessa ha agito in giudizio nei confronti di Ma. Ca. in qualità di legittimaria, chiedendo al Tribunale adito di dichiarare la simulazione delle vendite fatte dalla madre Al. Lu. al fratello Ca. con atti del 15 settembre 1997 e del 2 febbraio 2007, celanti in realtà una donazione e, sulla premessa che detti atti simulati comportassero una diminuzione della sua quota di riserva, ha svolto una domanda di riduzione e di inefficacia e inopponibilità delle donazioni dissimulate, diretta a far dichiarare che gli immobili siti in Via (omissis) e in Gradoli, località Peschiera acquistati da Ma. Ca. fanno parte dell’asse ereditario e debbono essere presi in considerazione ai fini del calcolo della quota di un terzo a lei spettante ai sensi dell’art. 537 c.c.
Ma. Pa. può, quindi, considerarsi terzo ai fini della prova della simulazione, alla stregua dei seguenti principi, affermati dalla S.C. con orientamento consolidato e risalente nel tempo: I. «Dall’esercizio dell’azione di simulazione da parte dell’erede per l’accertamento di dissimulate donazioni non deriva necessariamente che egli sia terzo, al fine dei limiti alla prova testimoniale stabiliti dall’art. 1417 c.c., perché, se l’erede agisce per lo scioglimento della comunione, previa collazione delle donazioni – anche dissimulate – per ricostituire il patrimonio ereditario e ristabilire l’uguaglianza tra coeredi, subentra nella posizione del “de cuius”, traendo un vantaggio dalla stessa qualità di coerede rispetto alla quale non può avvantaggiarsi delle condizioni previste dall’art. 1415 c.c.; è invece terzo, se agisce in riduzione, per pretesa lesione di legittima, perché la riserva è un suo diritto personale, riconosciutogli dalla legge, e perciò può provare la simulazione con ogni mezzo» (Cass. 21 dicembre 2021, n. 41132); II. «Il successore a titolo universale “mortis causa” subentra nella posizione giuridica del “de cuius” ed è soggetto, pertanto, in tema di simulazione del negozio posto in essere dal suo dante causa, alle limitazioni della prova per testi e per presunzioni alle quali era soggetto quest’ultimo come parte contraente. L’erede legittimario, invece, che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal “de cuius” celante in realtà una donazione, agisce per la tutela di un proprio diritto e deve considerarsi terzo rispetto alle parti contraenti, con conseguente ammissibilità senza limiti della prova testimoniale e per presunzioni quando, contestualmente all’azione di simulazione, proponga – sulla premessa che l’atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva – una domanda di riduzione (o di nullità o di inefficacia) della donazione dissimulata, diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell’asse ereditario e che la quota spettantegli va calcolata tenendo conto del bene stesso, e non pure quando proponga in via principale ed autonoma solo la domanda di simulazione, la quale sia quindi semplicemente preordinata a consentire la proposizione della domanda di riduzione in un futuro giudizio» (Cass. 28 ottobre 2004, n. 20868; in senso conforme, Cass. 13 novembre 2009, n. 24134); III. «L’erede che agisca per la nullità del contratto di compravendita stipulato dal “de cuius” perché dissimulante una donazione e per la ricostruzione del patrimonio ereditario e la conseguente divisione dello stesso, senza anche far valere, rispetto alla donazione impugnata, la lesione del suo diritto di legittimario, non propone, nemmeno per implicito, una domanda di riduzione della donazione per lesione di legittima, azione che trova la sua “causa petendi” nella deduzione della qualità di legittimario e nella asserzione che la disposizione impugnata lede la quota di riserva; ne consegue che egli non può considerarsi terzo rispetto al negozio di cessione e che soggiace, pertanto, ai limiti di prova della simulazione stabiliti dalla legge nei confronti dei contraenti» (Cass. 12 giugno 2007, n. 13706; in senso conforme, Cass. 31 luglio 2020, n. 16535);
«L’erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal “de cuius”, diretta a dissimulare, in realtà, una donazione, agisce per la tutela di un proprio diritto ed è terzo rispetto alle parti contraenti, sicché la prova testimoniale e per presunzioni è ammissibile senza limiti quando, sulla premessa che l’atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva, proponga contestualmente all’azione di simulazione una domanda di riduzione della donazione dissimulata, diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell’asse ereditario e che la quota a lui spettante va calcolata tenendo conto del bene stesso» (Cass. 22 settembre 2014, n. 19912; Cass. 11 gennaio 2018, n. 536; Cass. 13 giugno 2018, n. 15510; Cass. 21 dicembre 2021, n. 41132); «Il legittimario è ammesso a provare, nella veste di terzo, la simulazione di una vendita fatta dal “de cuius” per testimoni e presunzioni, senza soggiacere ai limiti fissati dagli artt. 2721 e 2729 c.c., a condizione che la simulazione sia fatta valere per un’esigenza coordinata con la tutela della quota di riserva tramite la riunione fittizia; egli, pertanto, va considerato terzo anche quando l’accertamento della simulazione sia preordinato solamente all’inclusione del bene, oggetto della donazione dissimulata, nella massa di calcolo della legittima e, così, a determinare l’eventuale riduzione delle porzioni dei coeredi concorrenti nella successione “ab intestato”, in conformità a quanto dispone l’art. 553 c.c.» (Cass. 9 maggio 2019, n. 12317; Cass. 31 luglio 2020, n. 16535; Cass. 4 maggio 2023, n. 11659); VI.) «Il divieto della prova testimoniale della simulazione sancito dagli artt. 1417 e 2722 cod. civ. nei confronti delle parti opera anche nei confronti dell’erede che agisca per l’acquisizione al patrimonio ereditario di beni che hanno formato oggetto del negozio simulato cui ha partecipato il “de cuius”, in quanto l’erede si avvale di un titolo che lo pone nell’identica posizione giuridica del suo dante causa, per cui egli non è “terzo” rispetto al negozio simulato, ma parte a tutti gli effetti. Pertanto, l’erede non può valersi della prova per testi e per presunzioni, sempre che la controparte si opponga all’assunzione del mezzo istruttorio vietato, essendo stabilito il divieto ad esclusiva tutela degli interessi privati» (Cass. 13 luglio 1995, n. 7666; Cass. 19 febbraio 1997, n. 1538; Cass. 19 gennaio 2000, n. 551; Cass. 21 maggio 2007, n. 11771; Cass. 17 luglio 2014, n. 16377; Cass. 8 giugno 2017, n. 14274).
Avendo, quindi, Ma. Pa. agito in giudizio nei confronti di Ma. Ca. in qualità di legittimaria, la stessa ben può fornire la prova della natura simulata delle compravendite di cui si discute per presunzioni o mediante la prova testimoniale, alla stregua della giurisprudenza appena richiamata, come dedotto con il primo motivo di appello, che merita, pertanto, di essere accolto.
3.1.2. – Il secondo motivo di appello è, invece, parzialmente fondato e può essere accolto nei termini che seguono.
3.1.2.1. – Per quanto concerne la natura simulata dell’atto di compravendita stipulato in data 15 settembre 1997 tra Al. Lu. e Ma. Ca., avente a oggetto l’appartamento di Via (omissis), con soffitta interno 9, si premette che la de cuius (parte venditrice) ha dichiarato nell’atto che «la vendita è convenuta per il prezzo di lire 410.000.000 […] che la parte venditrice dichiara di avere già ricevuto dalla parte acquirente, alla quale rilascia liberatoria quietanza, con espressa rinuncia all’ipoteca legale».
Tale circostanza, tuttavia, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale nella sentenza impugnata, non è sufficiente per affermare la natura onerosa del contratto, viste le contestazioni sollevate da Ma. Pa. riguardo al fatto che Ma. Ca. non ha offerto la prova del pagamento del prezzo della compravendita.
Sulla questione la giurisprudenza di legittimità ha, infatti, affermato che la dichiarazione resa dal venditore relativa al versamento del prezzo non ha carattere vincolante per il legittimario pretermesso, il quale può, quindi, dare dimostrazione del carattere fittizio della compravendita anche per presunzioni, desumibili, ad esempio, dal fatto che il compratore non abbia fornito la prova del pagamento del prezzo della compravendita (Cass. 25 giugno 2010, n. 15346: «In tema di azione diretta a far valere la simulazione di una compravendita che sia proposta dal creditore di una delle parti del contratto stesso, alla dichiarazione relativa al versamento del prezzo, pur contenuta in un rogito notarile di una compravendita immobiliare, non può attribuirsi valore vincolante nei confronti del creditore, atteso che questi è terzo rispetto ai soggetti che hanno posto in essere il contratto, e che possono trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l’onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione (Cass. 11372/05). Ciò vale anche in relazione all’azione di riduzione promossa dal legittimario preferito, che deve considerarsi terzo rispetto alle parti contraenti (Cass. 20868/04; n. 6632/06; n. 7834/08), di talché ben possono trarsi elementi di valutazione circa il carattere apparente del contratto dalla mancata dimostrazione da parte del compratore del relativo pagamento (Cass. 1413/06)»; Cass. 2 marzo 2017, n. 5326:
«Qualora l’azione di simulazione proposta dal creditore di una delle parti di un contratto di compravendita immobiliare fondi su elementi presuntivi che, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 2697 c.c., indichino il carattere fittizio dell’alienazione, l’acquirente ha l’onere di provare l’effettivo pagamento del prezzo, potendosi, in mancanza, trarre elementi di valutazione circa il carattere apparente del contratto; tale onere probatorio non può, tuttavia, ritenersi soddisfatto dalla dichiarazione relativa al versamento del prezzo contenuta nel rogito notarile, in quanto il creditore che agisce per far valere la simulazione è terzo rispetto ai soggetti contraenti»; v. anche Cass. 13 giugno 2018, n. 15510; Cass. 14 novembre 2019, n. 29540).
Ebbene, nel caso di specie, in linea con quanto dedotto dall’appellante e contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, ritiene il Collegio che dal rapporto di parentela intercorrente tra Al. Lu. e Ma. Ca., dal notevole divario esistente tra il valore commerciale dell’immobile compravenduto e il prezzo di acquisto di particolare favore indicato nel rogito (posto in risalto dallo stesso Tribunale nella sentenza impugnata) e dal fatto che Ma. Ca., a fronte delle contestazioni sollevate dall’attrice a riguardo, non abbia allegato l’estratto del proprio conto con l’annotazione dell’addebito e dell’accredito dell’importo corrispondente al quantum del prezzo di lire 410.000.000 asseritamente corrisposto a Al. Lu. (cosa che, invece, ha fatto per dimostrare il pagamento del prezzo corrisposto per l’acquisto del 5/6 della nuda proprietà del terreno agricolo sito in località Peschiera del Comune di Gradoli) si possano desumere indizi gravi, precisi e concordanti atti a confermare che l’atto di compravendita in questione dissimuli una donazione.
Conseguentemente, in accoglimento del motivo di appello in esame e a parziale riforma della sentenza impugnata, deve dichiararsi che l’atto di compravendita stipulato in data 15 settembre 1997 tra Al. Lu. e Ma. Ca., avente a oggetto l’appartamento di Via (omissis), con soffitta interno 9, dissimula una donazione fatta da Al. Lu. a Ma. Ca..
3.1.2.2. – Per quanto concerne, invece, l’atto di compravendita stipulato in data 2 febbraio 2007, con il quale la defunta Al. Lu. ha venduto a Ma. Ca. la nuda proprietà per la quota dei 5/6 del fondo rustico sito in Località Peschiera del Comune di Gradoli, si premette che all’art. 5 del suddetto atto le parti hanno dichiarato, «sotto la loro personale responsabilità, […], che il prezzo della compravendita è stato convenuto tra le parti in € 60.208,82 […]. Detto prezzo viene pagato come segue: a – € 47.119,18 sono stati versati dall’acquirente mediante il pagamento alle date del 31/10/03, 11/05/04, 29/10/04, 29/04/05, 11/10/05, 28/04/06, 2/11/06 di n. 7 rate comprensive di capitale e interesse del mutuo concesso alla venditrice dalla BCC di Pitigliano di cui sopra mediante addebito nel conto corrente acceso presso l’Agenzia di Latera n. (omissis) intestato a Ma. Ca.; b – quanto ai residuali € 13.089,64, l’acquirente si accolla le ultime due quote di pari importo di capitale del mutuo come sopra concesso alla venditrice. L’acquirente si obbliga a pagare dette rate alle scadenze del 30/04/07 e 31/10/07 con pieno esonero da ogni responsabilità per la venditrice. Regolato in tal modo l’intero prezzo, la parte venditrice rilascia quietanza di saldo con rinuncia all’ipoteca legale. […]».
Orbene, con riferimento a detto contratto, la dichiarazione relativa al versamento del prezzo, contenuta nel rogito, ben può considerarsi idonea a dimostrare la natura onerosa del contratto e a escludere che la compravendita dissimuli una donazione dell’immobile, in linea con quanto affermato dal Tribunale.
Ma. Ca. ha offerto, infatti, la prova del pagamento delle sette rate di mutuo contestato da Ma. Pa. mediante il deposito dei documenti 4, 5 e 6 del fascicolo di parte di primo grado, da cui si evince che lo stesso ha versato somme per complessivi euro 52.750,00 provenienti dal proprio conto personale sul conto cointestato con la madre, sul quale l’istituto mutuante (BCC di Pitigliano) ha, poi, addebitato le rate di mutuo (v. anche pagina 18 della relazione del CTU in atti), come, peraltro, riconosciuto da Ma. Pa. nelle memorie difensive del 14 ottobre 2022.
A riguardo priva di pregio è l’affermazione di Ma. Pa., svolta con il terzo motivo di appello, secondo cui l’importo versato da Ma. Ca. sul conto n. (omissis) cointestato a Iacobucci Lu. e a Ma. Ca. non avrebbe accresciuto il patrimonio della venditrice in misura corrispondente, potendo la Iacobucci disporre solo della metà di quanto versato da Ma. Ca., stante il disposto dell’art. 1298 c.c. (in base al quale «Nei rapporti interni, l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori e i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente») e alla stregua del principio affermato dalla S.C., secondo cui «Nel conto corrente (bancario e di deposito titoli) intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti sono regolati non dall’art. 1854 cod. civ., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell’art. 1298 cod. civ., in base al quale, in mancanza di prova contraria, le parti di ciascuno si presumono uguali, sicché ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto» (Cass. 2 dicembre 2013, n. 26991; Cass. 4 gennaio 2018, n. 77).
Nella specie non viene, infatti, in rilievo l’orientamento giurisprudenziale invocato dall’appellante, in quanto la presunzione iuris tantum di cui all’art. 1298 c.c., come condivisibilmente osservato dall’appellato, è superata dall’art. 5 del contratto di compravendita del 2 febbraio 2007, da cui si evince: a) che gli importi versati da Ma. Ca. di cui ai documenti 4, 5 e 6 del fascicolo di parte del convenuto sul conto cointestato con la de cuius sono di esclusiva pertinenza di Iacobucci Lu.; b) che Ia. Lu. ben ha potuto disporre per intero delle suddette somme per il pagamento delle sette rate di mutuo di cui all’art. 5 del contratto di compravendita, visto il consenso espresso manifestato in tal senso da Ma. Ca. nella clausola citata.
Per quanto precede, il motivo di appello in esame non è, per tale parte, meritevole di accoglimento.
3.1.3. – Il terzo motivo di appello è infondato.
Ed invero, per quanto riguarda le considerazioni svolte da Ma. Pa. riguardo al fatto che le somme corrisposte da Ma. Ca. a titolo di pagamento del prezzo della compravendita del 2 febbraio 2007 non sarebbero entrate per il loro intero ammontare nella sfera giuridico-patrimoniale di Al. Lu., stante il disposto dell’art. 1298 c.c., l’appello deve essere respinto.
Si rinvia, in proposito, alle considerazioni svolte al § 3.1.2.2.
Priva di pregio è, inoltre, l’affermazione di Ma. Pa., secondo cui il Tribunale avrebbe dovuto desumere la natura simulata dell’atto di compravendita de quo dalle risultanze delle indagini peritali svolte, avendo il CTU ritenuto di inserire nella massa immobiliare anche gli immobili di Roma e della Peschiera sulla scorta delle espressioni utilizzate da Al. Lu. nel testamento e nella busta manoscritta del 7 novembre 2006,
Contrariamente, infatti, a quanto sembrerebbe ritenere l’appellante, le considerazioni del CTU a riguardo non erano vincolanti per il giudice di primo grado, né lo sono vincolanti per questa Corte, esulando dai compiti del CTU la formulazione di valutazioni e/o apprezzamenti giuridici riguardo alla fondatezza delle deduzioni e delle domande delle parti (Cass. Cass., Sez. Lav., 2 maggio 1990, n. 3615; Cass., Sez. Lav., 4 febbraio 1999, n. 996; Cass. 2 marzo 2006, n. 4660).
Rileva, altresì, il Collegio che le valutazioni giuridiche espresse dal CTU in merito alla natura dissimulata della compravendita degli immobili ad uso rurale siti in località Peschiera non sono condivisibili per le ragioni esposte al § 3.1.2.2., al quale si rinvia.
Per quanto precede il motivo di appello in esame deve essere respinto e rimane assorbito l’esame delle censure mosse da Ma. Ca. riguardo alla congruità della stima del complesso immobiliare de quo fatta dal consulente di ufficio.
3.2. – Con il quarto motivo di appello, rubricato «Violazione degli artt. 555 e 536 c.c.», Ma. Pa., sul presupposto dell’accoglimento dei precedenti motivi di gravame, ha riproposto la domanda di riduzione svolta in primo grado, rilevando che, mediante gli atti di compravendita stipulati tra Al. Lu. e Ma. Ca. del 15 settembre 1997 e del 2 febbraio 2007, dissimulanti donazioni fatte dalla madre in favore del fratello, vi è stato un depauperamento della comunione ereditaria e del relictum, divenuto insufficiente a soddisfare la quota di legittima alla medesima spettante.
La domanda di riduzione in questione, nonostante la fondatezza dei precedenti motivi di appello nei termini di cui ai §§ 3.1.1.-3.1.2.1., non può essere accolta, tenuto conto della parziale fondatezza dell’appello incidentale di Ma. Ca..
Si rinvia, a riguardo, alle considerazioni svolte al successivo § 5.
4. – L’appello incidentale di Ma. Ca., che contiene tre motivi, è parzialmente fondato.
4.1. – Con il primo motivo di appello, rubricato «Illegittimità, erroneità ed ingiustizia della sentenza nella valutazione delle risultanze istruttorie che hanno portato il Tribunale ad escludere che l’atto di compravendita del 30.09.1988 a rogito Notar Ba. di Roma integri una donazione indiretta tra la sig.ra Pa. Ma. e la propria madre sig.ra Lu. Al.», Ma. Ca. censura il seguente capo della decisione, con il quale il Tribunale ha escluso che la compravendita dell’appartamento di Via (omissis) da Mo. Ro. a Ma. Pa. integri una donazione indiretta dell’immobile:
«[…]. Specularmente, la compravendita del 30/9/88 da Mo. Ro. a Ma. Pa. dell’appartamento in Roma alla Via (omissis), ove pure potesse riqualificarsi come donazione indiretta per essere stata quest’ultima semplice studentessa priva di redditi al momento dell’acquisto, non vi è prova che sia riferibile a Lu. Al.. È vero, infatti, che la giurisprudenza ha da tempo accettato la distinzione tra donazione indiretta valida e donazione nulla per difetto di forma nella condotta del genitore che assuma l’onere dell’acquisto immobiliare destinato al proprio figlio, pretendendo per la configurazione della donazione indiretta affrancata dagli stringenti requisiti di forma un negozio che abbia la forma di un atto tipico che realizzi il risultato sostanziale della donazione, quale può essere anche l’atto di compravendita da un terzo al prezzo messo a disposizione dal genitore che venga corrisposto dal donante al donatario allo specifico scopo dell’acquisto del bene o mediante il versamento diretto dell’importo all’alienante o mediante la previsione della destinazione della somma donata al trasferimento immobiliare. Tuttavia, non vi sono elementi per riferire al patrimonio di Lu. Al. il prezzo di £ 170.000.000 versato a Mo. Ro., tanto più che è verosimile la difesa della stessa Ma. Pa. che ha indicato nel patrimonio della società di famiglia costituita dal padre da poco deceduto la provenienza della provvista, in funzione anche di regolazione dell’assetto successorio paterno. Del resto, il testamento olografo di Lu. Al. pubblicato il 25/3/11 non trascura di ricordare che l’appartamento venne “…. acquistato con i fondi della società G.B. Ma. s.r.l. di cui all’epoca oltre a me e a Pa. era socio anche Ca.”, assetto societario che specie per una studentessa trovava giustificazione solo in una regolazione della successione paterna che si completava con l’acquisizione immobiliare a beneficio di Ma. Pa.».
Sostiene Ma. Ca. che per tale parte la sentenza di primo grado non è condivisibile, posto che il Tribunale non avrebbe dovuto fondare la propria decisione sulle dichiarazioni rese da Ma. Pa. in sede di interrogatorio formale, secondo cui la stessa avrebbe acquistato l’appartamento con disponibilità ricavate dalla successione paterna, risultando per tabulas che l’acquisto era stato effettuato con fondi della società G.B. Ma. s.r.l., di pertinenza della de cuius e frutto dell’attività lavorativa svolta da Al. Lu. nel laboratorio di analisi cliniche di cui era titolare e che solo per ragioni fiscali era stato costituito in forma societaria.
Conseguentemente, prosegue Ma. Ca., vista la natura simulata dell’atto di compravendita del 30 settembre 1988, il giudice di primo grado avrebbe dovuto accogliere la domanda di reintegrazione della quota di riserva dal medesimo proposta.
Il motivo di gravame in esame è fondato.
Ai fini della decisione è opportuno rammentare che Ma. Pa. in sede di interrogatorio formale ha reso le seguenti dichiarazioni: sul cap. 1.: «No, non è vero quanto mi si legge, non è stato acquistato con i soldi provenienti dall’attività lavorativa da lei (di Lu. Al.) svolta nel laboratorio di analisi in Roma, […], preciso che non erano i proventi personali della signora Lu. Al.»; sul cap. 2.: «è vero»; sul cap. 3: «Lu. Al. non ha percepito denaro in relazione alla compravendita che mi viene indicata, ma aveva in precedenza ricevuto come “una sorta di scambio alla pari” da me una quota di un altro immobile senza che io percepissi denaro. Preciso che si tratta del fabbricato “La Peschiera” sul Lago di Bolsena che dopo la morte di mio padre apparteneva per il 50% a Ma. Ma. Ma. ed il restante 50% a me Pa. Ma., a mia madre Lu. Al. e a mio fratello Ca. Ma.. Dico anche che tra l’88 e l’89 mia madre ha espresso il desiderio di divenire proprietaria per l’intero. Ma. Ma. Ma. ed io donammo le nostre quote, mentre mio fratello Ca. rifiutò di farlo. ADR Preciso, in relazione al capitolo 1, che la provvista di denaro per l’acquisto del fabbricato/appartamento di Via (omissis) proveniva da una parte dal finanziamento che lo Studio Medico aveva ricevuto da una società di leasing per l’acquisto di un macchinario. Dico anche, alla morte di mio padre, il nostro commercialista, al fine di pareggiare le quote tra me e mio fratello, consigliò di acquistare l’immobile a mio nome con un finanziamento che sarebbe stato utile anche allo Studio medico».
Orbene, dal tenore letterale di tali dichiarazioni si evince che Ma. Pa. con l’atto di compravendita del 30 settembre 1988 ha acquistato da Mo. Ro. l’appartamento sito in Via (omissis), non con risorse proprie, ma con denaro messo a sua disposizione dalla madre Al. Lu. e ricavato dalla società di famiglia (lo Studio medico), per compensare la cessione alla Al. della quota di sua proprietà dell’immobile sito in località “La Peschiera” di Gradoli e per riequilibrare le quote pervenute a Ma. Pa. e a Ma. Ca. dall’eredità paterna e non per “animus donandi”.
Rileva, tuttavia, il Collegio che, in linea con quanto dedotto da Ma. Ca. e contrariamente a quanto affermato dal Tribunale nel capo della decisione impugnato, le dichiarazioni rese da Ma. Pa. non hanno trovato riscontro all’esito dell’istruttoria, in quanto: a) non vi è prova che le somme utilizzate per l’acquisto provengano dall’asse ereditario paterno e/o che costituiscano il corrispettivo per la cessione ad Al. Lu. della quota dell’immobile sito in località “La Peschiera” di pertinenza di Ma. Pa.; b) la prova della provenienza delle suddette somme non può essere desunta dal testamento olografo di Al. Lu., nel quale si legge che l’immobile di Via (omissis) è stato acquistato da Ma. Pa. «con i fondi della società G.B. Ma. s.r.l., di cui all’epoca oltre a me e a Pa. era socio anche Ca.», non costituendo la relativa affermazione idonea controdichiarazione, sia perché il testamento, essendo un atto unilaterale, non può ritenersi equivalente a una controdichiarazione delle parti contraenti avente ad oggetto l’accordo simulatorio, sia perché il testamento è un atto mortis causa ontologicamente diverso dall’atto inter vivos richiesto per la prova della natura simulata dell’atto di compravendita di cui si discute (sulla questione, Cass. 10 agosto 2006, n. 18131); c) la prova della provenienza delle suddette somme non può essere desunta dalle dichiarazioni rese da Ma. Pa. in sede di interrogatorio formale, posto che, come osservato da Ma. Ca., la risposta data dalla parte all’interrogatorio deferitole non può fornire la prova di fatti favorevoli alla parte stessa e non è idonea, quindi, a invertire, in relazione a tali fatti, l’onere della prova, il quale continua a gravare su detta parte, che, se intende far derivare dalle proprie affermazioni conseguenze giuridiche in proprio favore, deve dare la dimostrazione dei fatti da essa affermati, senza poter pretendere che, per effetto di dette affermazioni, debba essere la controparte a fornire la prova dell’inesistenza di tali fatti (Cass. 27 aprile 1979, n. 2454; Cass. 9 gennaio 2002, n. 200; Cass. 13 aprile 2005, n. 7614).
Conseguentemente, in accoglimento del motivo di appello in esame, deve dichiararsi che l’atto di compravendita in questione dissimula una donazione indiretta dell’immobile.
Trovano, quindi, applicazione i seguenti principi affermati dalla S.C.: –
«Nell’ipotesi di donazione indiretta di un immobile, realizzata mediante l’acquisto del bene con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, la compravendita costituisce lo strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario, che ha quindi ad oggetto il bene e non già il denaro. Tuttavia, alla riduzione di siffatta liberalità indiretta non si applica il principio della quota legittima in natura (connaturata all’azione nell’ipotesi di donazione ordinaria di immobile ex art. 560 cod. civ.), poiché l’azione non mette in discussione la titolarità dei beni donati e l’acquisizione riguarda il loro controvalore, mediante il metodo dell’imputazione; pertanto mancando il meccanismo di recupero reale della titolarità del bene, il valore dell’investimento finanziato con la donazione indiretta dev’essere ottenuto dal legittimario leso con le modalità tipiche del diritto di credito, con la conseguenza che, nell’ipotesi di fallimento del beneficiario, la domanda è sottoposta al rito concorsuale dell’accertamento del passivo ex artt. 52 e 93 della legge fall.» (Cass. 12 maggio 2010, n. 11496); – «In tema di tutela del legittimario, ai fini della reintegrazione della quota di riserva, qualora il donatario beneficiario della disposizione lesiva abbia alienato l’immobile donatogli, il legittimario, se ricorrono le condizioni stabilite dall’art. 563 c.c., può chiederne la restituzione anche ai successivi acquirenti che sono, invece, al riparo da ogni pretesa restitutoria del legittimario nella diversa ipotesi di riduzione di una donazione indiretta; infatti, in tale ultima ipotesi, poiché l’azione di riduzione non mette in discussione la titolarità del bene, il valore dell’investimento finanziato con la donazione indiretta dev’essere ottenuto dal legittimario leso con le modalità tipiche del diritto di credito» (Cass. 2 dicembre 2022, n. 35461).
L’accoglimento del motivo di appello in esame non comporta, quindi, l’applicabilità del principio della quota legittima in natura, connaturata all’azione nell’ipotesi di donazione ordinaria di immobile ex art. 560 c.c., vertendosi in materia di donazione indiretta dell’immobile.
4.2. – Con il secondo motivo di appello, rubricato «Illegittimità, erroneità ed ingiustizia della sentenza nella valutazione delle risultanze istruttorie che hanno portato il Tribunale ad escludere che l’atto di compravendita del 30.08.1999 a rogito Notar La. di Viterbo dissimuli una donazione nulla per difetto di forma», Ma. Ca. censura il seguente capo della decisione, con il quale il Tribunale ha escluso che la compravendita dei diritti di 1/6 dell’abitazione sita nel Comune di Gradoli, Via (omissis), effettuata da Al. Lu. a Ma. Pa. dissimuli una donazione:
«[…]. Deve pure escludersi che l’acquisto con atto a rogito Notaio P. La. di Viterbo del 30/8/99 da Lu. Al. dei diritti di 1/6 dell’abitazione sita nel Comune di Gradoli in via (omissis) distinta nel NCEU del Comune di Gradoli alla partita (omissis), dissimuli una donazione non sussistendo evidenze contrarie al tenore della dichiarazione resa dalle parti per cui il prezzo era stato già ricevuto dalla parte alienante che rilasciava quietanza a saldo. La stessa Ma. Pa. chiarisce che l’onerosità discendeva dal precedente trasferimento immobiliare della quota dell’eredità paterna a lei pervenuta del terreno in Gradoli con sovrastanti due fabbricati rurali distinta nel NCT del Comune di Gradoli al foglio (omissis) che era stata ceduta alla madre Lu. Al.. Ne è in contrario valorizzabile la dichiarazione di Ma. Ma. Ma. che avrebbe sentito Lu. Al. dire che “… le regalava la sua quota”, tanto più che lo riferisce in sede di interrogatorio formale con dichiarazione priva di valore confessorio perché non sfavorevole ad essa Ma. Ma. Ma.. L’assenza di testimoni all’atto impugnato di simulazione conferma che le parti abbiano effettivamente inteso vendere piuttosto che donare, giacché per la legge notarile i testimoni sarebbero stati necessari per garantire i requisiti di forma della donazione, sicché la loro presenza all’atto avrebbe semmai costituito indizio dell’intento di liberalità».
Sostiene, in particolare, Ma. Ca. che il Tribunale non avrebbe dovuto desumere la natura onerosa della cessione dal tenore della quietanza contenuta nel rogito, viste le dichiarazioni rese da Ma. Pa. in sede di interrogatorio formale (sopra trascritte) e da Ma. Ma. Ma. e in considerazione del fatto che Ma. Pa. non ha fornito la prova del pagamento del prezzo in favore della de cuius Al. Lu.. Deduce, inoltre, l’appellante che il Tribunale non avrebbe dovuto attribuire rilievo, ai fini della decisione, all’assenza di testimoni, che confermerebbe la volontà delle parti di concludere un atto a titolo oneroso (compravendita), visto che il contratto de quo dissimulava una donazione solo con riferimento al trasferimento della quota di 1/6 dalla Al. alla figlia Ma. Pa. e non anche in relazione alle restanti quote, che pacificamente avevano formato oggetto di una effettiva compravendita. Conseguentemente, prosegue Ma. Ca., vista la natura simulata dell’atto di compravendita del 30 agosto 1999 limitatamente al trasferimento della quota di 1/6 da Al. Lu. alla figlia Ma. Pa., il Tribunale avrebbe dovuto accogliere la domanda di reintegrazione della quota di riserva dal medesimo proposta.
Il motivo è fondato.
In effetti, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale richiamato al § 3.1.2.1., il carattere oneroso della cessione della quota di 1/6 citata da Al. Lu. a Ma. Pa. non può essere desunto dalla sola dichiarazione contenuta nell’art. 3 del contratto di compravendita del 30 agosto 1999 («Il prezzo è convenuto in lire 197.330.000 che la parte venditrice dichiara di avere già ricevuto dalla parte acquirente, alla quale rilascia quietanza a saldo»), viste le contestazioni sollevato a riguardo da Ma. Ca..
Sarebbe stato, quindi, onere di Ma. Pa. dare dimostrazione del pagamento della quota del prezzo spettante alla madre Al. Lu..
Tale prova, tuttavia, come dedotto dall’appellante incidentale, non è stata fornita, avendo la stessa Ma. Pa. dichiarato in sede di interrogatorio formale di non avere corrisposto alcunché alla madre, adducendo, a riguardo, giustificazioni che non consentono di ritenere che il trasferimento della quota de qua sia stato fatto a titolo oneroso, come evidenziato al precedente § 4.1., al quale si rinvia.
Conseguentemente, in accoglimento del motivo di appello in esame, deve dichiararsi che l’atto di compravendita del 30 agosto 1999 a rogito Notar La. di Viterbo dissimula una donazione limitatamente alla quota di 1/6 dei diritti di comproprietà di Al. Lu. sull’immobile sito in Via (omissis), Gradoli, da ritenere per tale parte nulla per difetto di forma, essendo mancata l’assistenza di due testimoni prescritta dall’art. 48 della legge notarile (Cass. 30 giugno 2014, n. 14799).
4.3. – Con il terzo motivo di appello, rubricato «Illegittimità, erroneità ed ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha ritenuto non rientranti tra i debiti ereditari previsti dall’art. 752 c. c. le spese sostenute per la badante che ha assistito la sig.ra Al. durante gli ultimi giorni di vita pari ad € 364, 00, le spese per l’anticipo del ricovero in clinica di quest’ultima pari ad € 300,00 nonché infine il pagamento delle retribuzioni mensili di € 800,00 ciascuna ed il trattamento di fine rapporto di € 1.550,00 in favore della badante che aveva assistito la sig.ra Al. dal 01.09.2009 al 31.01.2011», Ma. Ca. censura il seguente capo della decisione, con il quale il Tribunale ha respinto la domanda di rimborso della quota a carico di Ma. Pa. delle spese dal medesimo sostenute per le esigenze della de cuius, sul rilievo che dette spese non fossero ripetibili, in quanto sostenute in adempimento di un’obbligazione naturale ex art. 2034 c.c.:
«Infine, Ma. Pa. deve concorrere per 1/3 al pagamento dei debiti ereditari ex art. 752 c.c., non risultando previsto nel testamento un concorso proporzionale diverso da quello delle rispettive quote ereditarie fissato dallo stesso testatore nella misura di 2/3 per Ma. Ca. e di 1/3 per Ma. Pa.. Ne consegue che avendo Ma. Ca. provato di aver anticipato la somma di € 6.000,00 per il servizio funebre di cui alla fattura n. (omissis), di € 240,00 per l’incisione epigrafe a mano di cui alla ricevuta fiscale n. (omissis), di € 291,60 per necrologio di cui alla fattura n. 3074/11, avrà diritto al rimborso dal coerede Ma. Pa. della somma di € 2.177,20 (6.531,60 x 1/3), rientrando pacificamente tra i debiti ereditari gli esborsi funerari. Al contrario, non sono ricomprese tra i debiti e i pesi ereditari le spese necessitate dall’assistenza dell’anziana madre, e segnatamente l’esborso di € 300,00 per la degenza in clinica di cui all’assegno del 3/1/11, di € 364,00 per 52 ore di assistenza della badante di cui alla ricevuta del marzo 2011, nonché di € 800,00 mensili dal 1/9/09 al 31/1/11 e di € 1.150,00 per TFR di cui alla dichiarazione di Ge. Sa. del 28/5/11, costituendo esecuzione di dovere morale, atteso che rientra nel quadro dell’obbligazione naturale prevista dal primo comma dell’art. 2034 c.c. il comportamento dell’erede legittimo che esegua spontaneamente simili prestazioni».
Deduce, a riguardo, Ma. Ca. che nella specie non viene in rilievo la disciplina dell’art. 2034 c.c., in quanto lo stesso ha corrisposto alla sig.ra Sa., badante della madre, le somme dovute a titolo di retribuzioni per il periodo compreso dal 1° settembre 2009 al 31 gennaio 2011 e a titolo di TFR in base al rapporto di lavoro domestico intercorrente tra queste ultime, essendo a ciò tenuto a norma dell’art. 752 c.c. e non in forza di un dovere morale nei confronti del proprio genitore.
Il motivo è inammissibile ex art. 345 c.p.c., essendo volto all’accoglimento di una domanda non formulata nella comparsa di costituzione iniziale, nella quale Ma. Ca. aveva chiesto solo il rimborso di euro 364,00 per spese di assistenza della madre durante gli ultimi giorni di vita e non anche il rimborso degli importi de quibus.
Tra l’altro la domanda è infondata anche nel merito, perché il doc. n. 14 del fascicolo di parte di primo grado posto a fondamento del motivo di appello in esame si riferisce solo il rimborso di euro 364,00 per spese di assistenza della madre durante gli ultimi giorni di vita e non anche al pagamento delle retribuzioni e del TFR asseritamente anticipati dall’appellante incidentale.
5. – In conclusione, ritenuta la parziale fondatezza dell’appello principale di Ma. Pa., deve dichiararsi che l’atto di compravendita stipulato in data 15 settembre 1997 tra Al. Lu. e Ma. Ca., avente a oggetto l’appartamento di Via (omissis), con soffitta interno 9, dissimula una donazione fatta da Al. Lu. a Ma. Ca..
Ritenuta la parziale fondatezza dell’appello principale di Ma. Ca., deve dichiararsi: – che l’atto di compravendita stipulato in data 30 settembre 1988 a rogito Notar Ba. di Roma integra una donazione indiretta tra Ma. Pa. e Al. Lu.; – che l’atto di compravendita del 30 agosto 1999 a rogito Notar La. di Viterbo dissimula una donazione limitatamente alla quota di 1/6 dei diritti di comproprietà di Al. Lu. sull’immobile sito in Via (omissis), Gradoli, da ritenere per tale parte nulla per difetto di forma, essendo mancata l’assistenza di due testimoni prescritta dall’art. 48 della legge notarile.
Si rammenta a questo punto che, vertendosi nell’ipotesi regolata dall’art. 537 c.c., comma 2, la quota di legittima riservata a Ma. Pa. e a Ma. Ca. è pari un terzo ciascuno del patrimonio della defunta.
La residua quota disponibile di 1/3 è stata attribuita da Al. Lu. a Ma. Ca. con il testamento olografo del 25 marzo 2011.
Per calcolare il valore della quota di legittima spettante a Ma. Pa. e a Ma. Ca. occorre procedere alle tre operazioni esplicate all’art. 556 c.c. ed è necessario pertanto: – formare la massa dei beni relitti appartenenti al defunto al tempo della morte, determinandone il momento in cui si fissa il diritto del legittimario; – detrarre i debiti contratti dal de cuius, ivi compresi quelli sorti in occasione della morte (tra i quali, spese funerarie, di sepoltura, per la pubblicazione del testamento, ed altre) e quelli che il defunto aveva nei confronti del legittimario; – procedere alla riunione fittizia delle donazioni al fine di specificarne il valore contabile al tempo dell’apertura della successione ai sensi del combinato disposto degli artt. 556,747 e 750 c.c.
In altri termini, al valore dei beni relitti al netto dei debiti debbono essere aggiunti i beni di cui il defunto ha disposto in vita a titolo di donazione.
In applicazione dei principi sopra enunciati, il patrimonio ereditario della defunta Al. Lu. deve considerarsi composto, ai fini della quota di riserva spettante ai fratelli Ma. ai sensi dell’art. 537 c.c., comma 2, dai beni mobili analiticamente indicati nella sentenza impugnata, del valore di complessivi euro 8.100,00, e dai beni donati tramite compravendite simulate e donazione indiretta sopra indicati, stimati dal CTU in complessivi euro 1.329.917,50 (di cui euro 633.420,00 per l’immobile di Via (omissis) donato a Ma. Ca., ed euro 643.330,00 ed euro 53.167,50 per gli immobili donati a Ma. Pa.), detratti euro 6.531,60 per debiti ereditari, e ha un valore complessivo di euro 1.331.485,90 al momento dell’apertura della successione (relictum + donatum – debiti ereditari).
In proposito è opportuno aggiungere che il Collegio non ha motivo di discostarsi dalla stima dei suddetti beni fornita dal CTU nominato nel giudizio di primo grado, essendo stata effettuata la stima in modo corretto, con l’ausilio di un esperto antiquario per quanto riguarda il pianoforte e i beni mobili, nonché, per quanto riguarda i beni immobili, sulla base un attento studio dei luoghi e degli atti di causa, con un procedimento comparativo, articolato nel reperimento di dati relativi a prezzi di mercato di immobili analoghi, con caratteristiche simili o assimilabili a quelle in esame e posizioni di mercato similari, verificati in epoca prossima a quella di riferimento della stima, tenendo conto dell’ubicazione e delle caratteristiche di zona relativamente all’assetto urbanistico (servizi e collegamenti), al contesto ambientale ed economico-sociale, alle condizioni di mercato, e alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche degli immobili oggetto della stima.
Le contrarie affermazioni di Ma. Ca., secondo cui il valore del pianoforte attribuito dalla de cuius alla sorella sarebbe stato sottostimato, mentre il valore dell’immobile oggetto del contratto di compravendita del 15 settembre 1997 sarebbe frutto di un macroscopico errore non sono, infatti, sufficienti per disattendere le conclusioni cui è pervenuto il perito d’ufficio nominato dal Tribunale, vista l’estrema genericità delle censure dell’appellante incidentale, che si è limitato a richiamare per relationem il contenuto dell’elaborato del proprio CTP, senza allegare alcun elemento a sostegno di quanto dedotto (quotazioni immobiliari estratte dalle banche dati dell’Agenzia delle Entrate o di agenzie immobiliari; listino dei pianoforti Schiller).
La quota di legittima spettante a Ma. Pa. e a Ma. Ca. è pari, quindi, ad euro 443.828,63 ciascuno (= euro 1.331.485,90 : 3); il valore dei beni donati a Ma. Pa. dalla de cuius Al. Lu. è pari ad euro 696.497,50; il valore dei beni donati a Ma. Ca. da Al. Lu. è pari ad euro 633.420,00.
Ritenuto, pertanto, che entrambi hanno ricevuto dalla madre per donazione beni di valore superiore alla quota di legittima ad essi spettante, le domande di riduzione dai medesimi proposte debbono essere respinte.
Deve essere, parimenti, respinta la domanda di attribuzione del 50% del patrimonio disponibile riproposta nel presente grado di giudizio da Ma. Pa., avendo la de cuius attribuito la disponibile al fratello Ma. Ca..
Avendo, infine, Ma. Ca. chiesto dichiararsi l’obbligo di Ma. Pa. di versare alla massa ereditaria l’eccedenza rispetto alla quota di legittima alla medesima spettante, non essendo stata dispensata dal conferimento di quanto ricevuto dalla defunta per donazione (art. 737 c.c., primo comma), Ma. Pa. deve essere condannata al pagamento, in favore di Ma. Ca., della suddetta differenza di euro 252.668,87 in favore di Ma. Ca., oltre interessi legali dal passaggio in giudicato della presente sentenza al saldo, fermo restando il diritto di Ma. Pa. e Ma. Ca. di ritenere i beni immobili ricevuti in donazione da Al. Lu. a norma del primo comma dell’art. 746 c.c.
6. – Vista la parziale soccombenza reciproca e le oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, appare equo compensare tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Nulla sulle spese per gli appellati contumaci, non essendo destinatari delle impugnazioni.
P.Q.M.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Ma. Pa. e sull’appello incidentale proposto da Ma. Ca. contro la sentenza indicata in oggetto, nonché sull’appello incidentale spiegato da Ma. Ca., ogni altra conclusione disattesa, così provvede:
– a parziale accoglimento dell’appello di Ma. Pa., dichiara che l’atto di compravendita stipulato in data 15 settembre 1997 tra Al. Lu. e Ma. Ca., avente a oggetto l’appartamento di Via (omissis), con soffitta interno 9, dissimula una donazione fatta da Al. Lu. a Ma. Ca.;
– a parziale accoglimento dell’appello di Ma. Ca., dichiara: a) che l’atto di compravendita stipulato in data 30 settembre 1988 a rogito Notar Ba. di Roma integra una donazione indiretta tra Ma. Pa. e Al. Lu.; b) che l’atto di compravendita del 30 agosto 1999 a rogito Notar La. di Viterbo dissimula una donazione limitatamente alla quota di 1/6 dei diritti di comproprietà di Al. Lu. sull’immobile sito in Via (omissis), Gradoli;
– dichiara che la collazione delle donazioni di cui ai capi che precedono va fatta con imputazione del valore degli immobili al valore delle porzioni spettanti a Ma. Pa. e a Ma. Ca., fermo restando il diritto di Ma. Pa. e Ma. Ca. di ritenere i beni immobili ricevuti in donazione da Al. Lu. di cui ai capi precedenti a norma del primo comma dell’art. 746 c.c.;
– condanna Ma. Pa. al pagamento, in favore di Ma. Ca., di euro 252.668,87 per i titoli di cui in motivazione in favore di Ma. Ca., oltre interessi legali dal passaggio in giudicato della presente sentenza al saldo;
– conferma per il resto la sentenza impugnata;
– compensa tra le parti le spese di lite dei due gradi di giudizio;
– nulla sulle spese per Bu. Fr. e Bu. An. in qualità di eredi di Ma. Ma. Ma.;
Così deciso in Roma il giorno 24 luglio 2023.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 10 AGO. 2023.
