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Corte appello Roma sez. IV, 20/09/2023, n.5941

Massima

La creazione di un fondo patrimoniale, anche se effettuata da entrambi i coniugi, costituisce un atto a titolo gratuito. Tale atto, rendendo i beni conferiti aggredibili solo a determinate condizioni (art. 170 c.c.), riduce la garanzia generale spettante ai creditori e, pertanto, può essere dichiarato inefficace attraverso l’esperimento di un’azione revocatoria ordinaria. Il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria (c.d. eventus damni) ricorre, non soltanto nell’ipotesi in cui l’atto di disposizione riduca significativamente il patrimonio, ma anche quando determini una mera variazione quantitativa o qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore difficoltà nel soddisfacimento del credito. Pertanto, sul creditore grava l’onere di dimostrare tali modificazioni della garanzia patrimoniale mentre il debitore deve provare la capienza del suo patrimonio residuo. Laddove il fondo patrimoniale sia costituito successivamente all’assunzione del debito, ai fini della cd. “scientia damni”, è sufficiente la prospettazione di un danno meramente potenziale, essendo irrilevante tanto l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la partecipazione del terzo.

Supporto alla lettura

Azione revocatoria

L’azione revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, con cui il creditore chiede la revoca e conseguente dichiarazione di inefficacia di atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, che diminuiscano la garanzia del creditore, ossia la sua possibilità di soddisfarsi sul patrimonio del debitore. A differenza dell’azione surrogatoria, il cui esito è a favore di tutti i creditori, l’azione revocatoria opera ad esclusivo vantaggio del creditore che ha agito. L’atto revocato rimane perfettamente valido, ma esso è inefficace nei confronti del creditore che ha agito, che potrà soddisfarsi sul bene oggetto dell’atto revocato come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore e sottoporlo ad esecuzione forzata (art. 2902 c.c.). In sostanza il terzo che acquista non potrà avvalersi dello scudo della trascrizione a protezione del bene quale regime di pubblicità dell’atto poiché inopponibile al creditore che ha esperito vittoriosamente l’azione revocatoria. Il bene sarà esposto quindi ad azioni esecutive e conservative.

Ambito oggettivo di applicazione

1. – La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata: “Vista l’azione promossa da Do Bank spa quale rappresentante di UniCredit spa che ha chiesto, ex art. 2901 c.c., la declaratoria di inefficacia nei confronti della banca dell’atto specificatamente indicato – con i quali i coniugi A. K. A. e R. E. M. in data 3.4.2009, hanno costituito un Fondo Patrimoniale; ha chiesto la declaratoria di inefficacia, nei confronti della banca, della convenzione di Fondo Patrimoniale del 3.4.2009 con riguardo al cespite ivi indicato.

Considerato che la parte attrice ha premesso di essere creditrice di A. K. A. in forza di titolo esecutivo – decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 2465/2013, per la somma di E 271.000,00 oltre interessi – quale fideiussore, costituito con atto del 22.10.2004 fino alla concorrenza di E 195.000,00 e successivamente, con atto del 16.12.2005, fino alla concorrenza di E 377.000,00, di Stima Casa servizi Immobiliari spa, poi Sviluppo Franchising srl; ha ripercorso la vicenda che ha dato luogo all’obbligazione; ha dedotto che il fondo sarebbe stato costituito al fine di sottrarre la garanzia costituita dal bene oggetto del fondo ai creditori; ha allegato la sussistenza degli elementi per esperire l’azione revocatoria.

Vista la costituzione in giudizio dei convenuti che hanno contestato la pretesa chiedendo il rigetto della domanda. In particolare i convenuti hanno contestato che la costituzione del fondo sia stata precostituita per sottrarre il bene ai creditori”.

2. – All’esito del giudizio il Tribunale ha, in accoglimento dell’azione di revocazione ex art. 2901 c.c., dichiarato l’inefficacia nei confronti di do Bank spa quale mandataria di UniCredit spa l’atto a rogito notaio Farinaro di Roma rep 221952, Racc. 34522, trascritto presso la Conservatoria dei RRII di Roma 1, formalità del 23.9.2009 n. 123695/68926 reg. Gen 123695, reg. Part. 68926 avente ad oggetto l’immobile ivi indicato; ha altresì condannato i convenuti, in solido tra loro, al rimborso delle spese di lite a favore di Unipol Banca s.p.a. liquidate in complessivi E 3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.

3. – A fondamento della decisione il primo giudice ha svolto le considerazioni che seguono:

“Ritenuto che la domanda della parte attrice appare fondata, sussistendo i presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria.

Ritenuto documentato il credito della parte attrice nei confronti del convenuto A. K. A. relativo all’obbligazione fideiussoria già sussistente in epoca antecedente la costituzione del fondo.

Considerato che a norma dell’art. 2901 c.c. il creditore può chiedere la declaratoria di inefficacia degli atti di disposizione del patrimonio da parte del debitore, suscettibili di recare pregiudizio alle sue ragioni, ove dimostri che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio che l’atto arrecava o dimostri che l’atto fosse preordinato a detto pregiudizio, ove anteriore a sorgere del credito.

Ritenuto ragionevolmente presumibile che A. K. A., nella qualità di fideiussore e di amministratore della società debitrice fosse consapevole della propria obbligazione e che la costituzione di fondo è un atto di disposizione del proprio patrimonio.

Ritenuto, pertanto, che il convenuto ben fosse consapevole che la costituzione del fondo fosse atto suscettibile di recare pregiudizio alla banca ove fosse chiamato ad assolvere l’onere di garanzia che si era precedentemente assunto; che, pertanto, deve dichiararsi inefficace nei confronti della banca attrice dell’atto mediante il quale i convenuti hanno, in data 3.4.2009, costituito fondo patrimoniale.

Ritenuto che le spese processuali debbano essere poste a carico della parte soccombente”.

4. – Hanno proposto appello A. K. A. e R. E. M. rassegnando le seguenti conclusioni: “Voglia la Corte adita, in accoglimento dei motivi d’appello sopra esposti, riformare integralmente la sentenza impugnata e per l’effetto rigettare la domanda revocatoria proposta dalla Unicredit S.p.A. e per essa la doBank S.P.A. (già UniCredit Credit Management Bank S.p.A.), quale mandataria di UniCredit S.p.A. Con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio”.

5. – Ha resistito Unicredit s.p.a., e per essa quale mandataria, doValue s.p.a, concludendo per l’integrale rigetto dell’avverso appello, con conseguente conferma della impugnata sentenza n. 5608/2020 del Tribunale di Roma e con vittoria di spese ed onorari del presente grado.

All’udienza del 14/04/2023 le parti precisavano le conclusioni e venivano loro assegnati i termini di gg. 60 per il deposito di comparse conclusionali e di gg. 20 per memorie di replica.

6. – L’appello proposto dai coniugi A. K. A. e R. E. M. contiene due motivi di censura.

6.1. – Il primo è intitolato: “Sulla erroneità della sentenza laddove ha ritenuto sussistenti l’eventus damni e la scientia damni”.

a) Sull’insussistenza del c.d. eventus damni gli appellanti sostengono che la costituzione del fondo patrimoniale non avrebbe determinato la perdita o anche la sola diminuzione della propria garanzia patrimoniale. Le loro condizioni patrimoniali non sarebbero tali da far emergere alcuna difficoltà economica volta a rendere anche solo più difficoltosa un’eventuale futura azione esecutiva nei loro confronti. In particolare, A. K. A. risulta titolare di una quota societaria dell’Agenzia Tuscolana srl, di cui è anche a.u. e con la quale continua a svolgere attività imprenditoriale.

Tale circostanza sarebbe incompatibile con la presunta volontà di sottrarre dal proprio patrimonio garanzie patrimoniali; inoltre, l’appellata avrebbe dovuto, prima di agire sul fondo patrimoniale oggetto del presente giudizio, assoggettare a pignoramento le quote societarie di proprietà di A. K. A..

b) Esclusa la ricorrenza di un pregiudizio alle ragioni creditorie dell’appellata dovrebbe consequenzialmente escludersi la sussistenza della c.d. scientia damni.

In particolare, dovrebbe escludersi la dolosa preordinazione a recare pregiudizio alle ragioni creditorie dell’appellata in capo ad A. K. A., il quale risulta avere avanzato molteplici proposte di rientro dal debito maturato anche in data successiva alla costituzione del fondo patrimoniale. Inoltre il titolo esecutivo rappresentato dal d.i. risulta ottenuto dalla creditrice successivamente alla costituzione del fondo patrimoniale.

Le esposte doglianze risultano senz’altro infondate.

a) La sentenza oggetto di gravame ha in maniera corretta e adeguata ritenuto sussistenti i presupposti dell’azione revocatoria.

Va al riguardo premesso che il negozio costitutivo del fondo patrimoniale, anche quando proviene da entrambi i coniugi, è atto a titolo gratuito, che può essere dichiarato inefficace nei confronti dei creditori a mezzo di azione revocatoria ordinaria, in quanto rende i beni conferiti aggredibili solo a determinate condizioni (art. 170 c.c.), così riducendo la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio dei costituenti.

Ed il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria (c.d. eventus damni) ricorre non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, con la conseguenza che grava sul creditore l’onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (tra le altre v. Cass., sez. 6- 3, 18.6.2019 n. 16221).

Né è richiesta, quale ulteriore requisito, anche l’impossibilità o difficoltà del creditore di conseguire aliunde la prestazione, avvalendosi di rapporti con soggetti diversi.

Pertanto, nel caso di solidarietà passiva, inclusa quella discendente da fideiussione senza beneficio di escussione, l’eventus damni va accertato con esclusivo riferimento alla situazione patrimoniale del debitore convenuto con quella azione, non rilevando l’indagine sull’eventuale solvibilità dei coobbligati (Cass., sez. 2, 22.03.2011, n. 6486; Id., sez. 1, 31.05.2007, n. 12770).

Nel caso in esame l’attore ha documentato come A. A. K. abbia vincolato nel fondo patrimoniale l’unico bene immobile di proprietà, mentre quest’ultimo non risulta avere soddisfatto l’onere gravante sul debitore che voglia sottrarsi agli effetti dell’azione revocatoria – di provare che il proprio patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni della creditrice Unicredit s.p.a., creditrice che ha agito in via monitoria innanzi al Tribunale di Roma ottenendo in data 8/2/2013 il d.i. n. 2465/13 con il quale ha ingiunto in solido a Sviluppo Franchising srl (società priva di beni immobili e posta in liquidazione) ad A. A. K. il pagamento in suo favore della somma di euro 271.566,42, oltre interessi.

A fronte di ciò l’appellante si è limitato ad allegare di essere titolare delle quote della società Agenzia Tuscolana s.r.l., società con un modesto capitale sociale di euro 10.000 (e di cui si sconosce la consistenza patrimoniale in assenza, tra l’altro, dell’allegazione dei bilanci: dalla visura camerale in atti gli ultimi bilanci depositati risalgono addirittura agli esercizi 2006-2007).

b) Va poi considerato che: “In tema di revocatoria ordinaria nei confronti di fondo patrimoniale costituito successivamente all’assunzione del debito, è sufficiente, ai fini della cd. “scientia damni“, la semplice consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, ovvero la previsione di un mero danno potenziale, rimanendo, invece, irrilevanti tanto l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo” (Cass., sez. 3, 30/06/2015, n. 13343; Id., sez. 1, 2/04/2021 n. 9112).

Negli stessi termini: “Il negozio costitutivo del fondo patrimoniale, anche quando proviene da entrambi i coniugi, è atto a titolo gratuito, che può essere dichiarato inefficace nei confronti dei creditori a mezzo di azione revocatoria ordinaria; ne consegue che, avendo l'”actio pauliana” la funzione di ricostituire la garanzia generica fornita dal patrimonio del debitore, a determinare l'”eventus damni” è sufficiente anche la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore integrata con la costituzione in fondo patrimoniale di bene immobile (nel caso l’unico) di proprietà dei coniugi, in tal caso determinandosi, in presenza di già prestata fideiussione in favore di terzi, il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva, della cui insussistenza incombe al convenuto, che nell’azione esecutiva l’eccepisca, fornire la prova. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, trattandosi di ipotesi di costituzione in fondo patrimoniale successiva all’assunzione del debito (nel caso, l’obbligazione fideiussoria), è sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (“scientia damni“), la cui prova può essere fornita anche tramite presunzioni, senza che assumano viceversa rilevanza l’intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (“consilium fraudis“) né la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo” (Cass., sez. 3, 17/01/2007, n. 966).

Alla stregua di tali consolidati principi giurisprudenziali ritiene questo Collegio che ben possano essere condivise le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado nella sentenza oggetto di gravame circa la sicura consapevolezza di A. A. K. al momento della costituzione del fondo patrimoniale del grave indebitamento della società Sviluppo Franchising srl (già SI Stima Casa Servizi Immobiliari spa) della quale era a.u. e per la quale aveva in data 22/10/2004 prestato, a garanzia delle linee di credito concesse a quella società dall’istituto di credito, fideiussione sino alla concorrenza dell’importo di euro 195.0000 (importo aumentato sino a euro 377.000 in data 16/12/2005).

Invero come documentato in maniera incontestata dall’istituto di credito nel giudizio di primo grado – nel corso del rapporto, il conto corrente n. —omissis— aveva maturato un’ingente esposizione debitoria e in data 23 febbraio 2009, per far fronte alla suddetta esposizione, la SI Stimacasa Servizi Immobiliari S.p.A. – riconoscendo il proprio debito – ha avanzato formale proposta di rientro rateale del debito maturato. Tale proposta veniva sottoscritta da A. K. A. in qualità di a.u. e legale rappresentante p.t. della società, nonché in proprio nella qualità di fideiussore della stessa.

Orbene, in una situazione di conclamata crisi finanziaria, cioè a distanza di meno di due mesi da quella formale proposta di rientro rateale dell’ingente debito già maturato – piano di rientro in seguito non rispettato (tant’è che in data 25/01/2010 l’istituto di credito recedeva dal contratto di conto corrente e intimava l’immediato pagamento del debito maturato, all’epoca pari a euro 274.530,50), veniva costituito il predetto fondo patrimoniale con il conferimento in esso dell’unico bene immobile intestato al debitore e senza che sia stata dedotta a ragione della costituzione del predetto fondo patrimoniale alcuna valida e specifica esigenza riconducibile ai bisogni della famiglia, risultando tra l’altro a tale epoca i coniugi sposati da lungo tempo (2001).

Tanto basta a integrare il requisito soggettivo richiesto dall’art. 2901 c.c. ai fini della revocabilità dell’atto, non essendo necessario accertare tanto l’eventuale intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo.

6.2 Il secondo motivo è intitolato: “Sull’illegittimità della sentenza per omessa pronuncia in ordine all’eccezione di carenza di legittimazione passiva della Sig.ra R. E. M.”.

Ad avviso degli appellanti il giudice di prime cure non si sarebbe pronunciato sull’eccezione in parola e ciò nonostante il presupposto soggettivo richiamato dall’art. 2901, comma 1, n. 1, c.c. (secondo cui il debitore dev’essere a conoscenza del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore con l’atto dispositivo) non riguarderebbe comunque la posizione di R. E. M., persona estranea ai fatti in quanto non debitrice della banca appellata.

La fideiussione a favore di Sviluppo Franchising s.r.l. era stata rilasciata dal solo A. K. A. e l’istituto di credito aveva ottenuto ingiunzione di pagamento dal Tribunale di Roma esclusivamente nei confronti di quest’ultimo, mentre R. E. M. non assumeva la veste di litisconsorte necessaria passiva dell’azione revocatoria.

Sul punto la difesa cita Cass. n. 10052/2009 secondo cui l’azione revocatoria diretta a far valere l’inefficacia della costituzione di un fondo patrimoniale può incidere soltanto sulla posizione soggettiva del coniuge debitore, essendo l’altro coniuge estraneo all’azione, ancorché egli sia stato uno dei contraenti nell’atto di costituzione del fondo.

In quanto estranea all’azione la coniuge R. E. M. sarebbe stata anche ingiustamente condannata al pagamento delle spese del giudizio.

Il motivo è manifestamente infondato.

Tale eccezione risulta implicitamente rigettata dal giudice con la sua decisione.

Invero il presente giudizio risulta correttamente introdotto nei confronti di entrambi i coniugi (parti dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale e attualmente comproprietari dell’immobile de quo in regime di comunione legale dei beni: cfr. rapporto catastale in atti), atteso che il consolidato e condivisibile orientamento della Corte di Cassazione (considerandosi ormai superato quello minoritario cui fanno riferimento gli appellanti citando una sentenza risalente al 2009) ritiene sussistente il litisconsorzio necessario tra le parti dell’atto oggetto di revocatoria anche nel caso di giudizio promosso dal creditore personale di uno dei coniugi e ciò per plurime ragioni.

A tal riguardo si afferma che: “In tema di azione revocatoria del fondo patrimoniale, la natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla sua costituzione in vista del soddisfacimento dei bisogni della famiglia e la conseguente necessità che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il fondo è stato costituito comportano che, nel relativo giudizio per la dichiarazione della sua inefficacia, la legittimazione passiva va riconosciuta ad entrambi i coniugi, anche se l’atto costitutivo sia stato stipulato da uno solo di essi, spettando ad entrambi, ai sensi dell’art. 168 c.c., la proprietà dei beni che costituiscono oggetto della convenzione, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo, con la precisazione che anche nell’ipotesi in cui la costituzione del fondo non comporti un effetto traslativo, essendosi il coniuge (o il terzo costituente) riservato la proprietà dei beni, è configurabile un interesse del coniuge non proprietario alla partecipazione al giudizio, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia” (Cass., sez. 6-3, 22/02/2022, n. 7768; Id., sez. 3, 24/03/2023, n. 8447; Id., sez. 3, 03/08/2017, n. 19330; Id., sez. 1, 27/01/2012, n. 1242; Id., sez. 3, 18/10/2011, n. 21494; Id., sez. 1, 13/07/2006, n. 15917).

Da ultimo è stato ribadito che “L’azione revocatoria intentata dal creditore di uno dei coniugi nei riguardi dell’atto con cui un bene della comunione legale sia stato conferito in un fondo patrimoniale dev’essere rivolta (notificata ed eventualmente trascritta ex art. 2652, comma 1, n. 5 c.c.) nei confronti di entrambi i coniugi, essendo preordinata alla pronuncia d’inefficacia dell’atto nel suo complesso (vale a dire non limitatamente a un’inesistente quota pari alla metà del bene), siccome funzionale ad un’espropriazione forzata da compiersi anch’essa, necessariamente, sull’intero bene” (Cass., sez. 3, 07/04/2023, n. 9536).

7. – Le spese del grado seguono la soccombenza e vanno liquidate, in solido, a carico degli appellanti, in conformità alle tariffe forensi di cui al DM n. 55 del 2014, aggiornate dal D.M. n.147/2022, sulla base del valore della causa ragguagliato al credito a cautela del quale è promossa revocatoria, e quindi con riguardo allo scaglione di riferimento da E 260.001,00 a E 520.000,00, tenuto conto del limite della garanzia fideiussoria prestata da A. K. A..

Si applicano i valori medi per tutte le fasi, eccetto la fase di trattazione che, per l’esigua attività svolta in questo grado in tale fase, va liquidata in base ai valori minimi.

8. – Trattandosi di procedimento di appello introdotto dopo la data del 31.1.13 (entrata in vigore della L. n. 228/12) deve darsi atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater TU approvato con DPR n. 115/02 come modificato dall’art. 1 comma 17 L. n. 228/12 a carico dell’appellante.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da A. K. A. R. E. M. dei confronti di Unicredit S.p.A., e per essa quale mandataria, doValue S.p.A, contro la sentenza del Tribunale Ordinario di Roma n. 5608/2020 pubblicata il 01/04/2020, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:

1) rigetta l’appello e conferma la sentenza impugnata;

2) condanna A. K. A. e R.E. M., in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore di Unicredit S.p.A., e per essa quale mandataria doValue S.p.A., liquidate in complessivi E 17.179,00 di cui E 4.389,00 per la fase di studio, E 2.552,00 per la fase introduttiva, E 2.940,00 per la fase di trattazione, E 7.298,00 per la fase di decisione, oltre rimborso forfetario al 15%, iva e cap come per legge;

3) dichiara che sussistono i requisiti di cui all’art. 13 comma 1 quater TU approvato con DPR n. 115/02 come modificato dall’art. 1 comma 17 L. n. 228/12, per il pagamento a carico dell’appellante di un ulteriore importo pari a quello dovuto a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma il giorno 13/9/2023.

Allegati

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